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William Kentridge sui muraglioni del Tevere

graffitoSono personalmente convinto che l’intervento di William Kentridge sui muraglioni del Tevere sia un’intuizione geniale, un’opera monumentale ed effimera allo stesso tempo che gioca sull’immaginario più nobile e identificante della città eterna, plasmando uno scenario urbano affascinante quanto dimenticato, con la materia che il luogo e il tempo hanno prodotto. Ma il mio giudizio sulla qualità dell’opera conta poco: sta il fatto che un grande artista si accinge a fare un omaggio alla città e una parte di questa ne sembra sdegnata. Una parte piccola – sul successo anche popolare sono pronto a scommettere – ma una parte che conta, che decide. Come in altre occasioni è già successo (ricordo il divieto opposto all’istallazione di Peter Greenaway a piazza del Popolo nel ’94) è proprio quella burocrazia che avrebbe il compito di promuovere l’arte a opporre argomenti che con l’arte non hanno nulla a che vedere. Nelle motivazioni di chi sta ostacolando l’iniziativa c’è una confusione evidente tra l’opera d’arte e il decoro urbano. Ho letto perfino che prima di pensare a richiamare l’attenzione sulle rive del Tevere si dovrebbero rimuovere detriti ed immondizia, obiezione mossa da chi non dovrebbe chiedere una simile azione ma più semplicemente compierla. E se l’intervento di un’artista serve anche a questo, a richiamare l’attenzione sui rimossi della nostra città, acquista, anzi, un valore ulteriore.
Non mi scandalizza il fatto che ci si possa dividere sul giudizio, anche dividere è compito dell’arte, ma mi fa rabbia questa costante abitudine a voler impedire che l’arte si esprima. Io stesso da assessore mi sono più volte scontrato con questa mentalità, per cui un’opera contemporanea vede riconosciuto il suo status all’interno di un museo ma viene negata (dalla stessa amministrazione) fuori dalle mura dell’istituzione, come una cosa oscena.
Mi fa rabbia ma purtroppo non mi stupisce più. È per questo che mi auguro, e io sarò tra i primi, che ci si muova in molti per sostenere l’iniziativa e che si usi l’occasione per stabilire un criterio, quello che solo in Italia pare sconosciuto, quello che l’arte diffusa, l’arte per tutti non è un’aggressione all’ambiente ma uno dei pochi lenimenti alle nostre pene. E che ogni decisione al riguardo deve essere affidata a chi l’arte la fa e non al custode di turno.
Umberto Croppi

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