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Signore e signori - Delitti e prosecco.
di Ivano De Matteo. Con Marco Giallini, Michela Cescon, Massimiliano Gallo, Erika Blanc, Cristina Flutur Italia- Francia 2020
Giorgio (Giallini) è un romano emigrato in un paesino del Veneto e dirige l’azienda vinicola della famiglia della moglie Diletta (Cescon); è venerdì e dà alcune disposizioni alla segretaria (Giulia Corrocher) prima della sua partenza per un lungo week-end. Diletta è in chiesa, dove – dopo aver suonato nervosamente l’organo – prende gli ultimi accordi con il parroco, don Carlo (Vinicio Marchioni) per la festa in piazza con lotteria che ha organizzato per quel pomeriggio e che – come tutto – le crea una grande ansia. Il marito, dopo aver dato delle medicine per la suocera Miranda (Blank) al giovane tuttofare rumeno Adrian (Ioan Tiberiu Dobrica), aver discusso con il suo amico commissario Panti (Gallo) per una pistola che lui avrebbe mostrato in pubblico va al bar e –dopo aver salutato l’untuoso dottor De Santis (Bebo Storti), tempestato di telefonate della collerica Miranda che lui ha da poco operato ad un’anca e che si lagna dei dolori post-operatori – ordina delle paste e dei giochi alla pasticcera (Stephany Maciel Santana); dopo di che va a casa. Diletta passa, prima di rientrare, a trovare la madre che la aggredisce sostenendo che il genero sta facendo strane manovre finanziarie in azienda e non risponde alle sue convocazioni, sostiene che De Santis l’ha operata solo per spillarle quattrini e tratta – come sempre – male la paziente cameriera Sonia (Flutur) madre di Adrian. A casa, Diletta cerca di convincere il marito a stare con lei in quel pomeriggio impegnativo ma lui le oppone improrogabili incontri di lavoro e, dopo aver dato i dolci e i giochini ai figli – il settenne Matteo (Luca Dimulescu) e l’adolescente Beatrice (Monica Billiani) – parte per la sua vera meta: un week-end di sesso con la bella pasticcera. Il commissario sta pedinando, in macchina con un sottoposto (Edoardo Tidei), il corrotto dottore, dopodiché perquisisce il camion del trasportatore Ilia (Mariu Bizau), fratello di Sonja, chiudendo un occhio su quello – alimenti ma probabilmente anche altro – che contrabbanda. Durante la festa in piazza Adrian – che aveva appena litigato con la madre, che per dare una vita migliore a lui e al figlio piccolo che ha lasciato in Romania accetta (troppo passivamente, secondo il ragazzo) i maltrattamenti di Miranda – incontra Beatrice e si capisce che tra i due c’è qualcosa di più di un’amicizia ma la loro conversazione viene interrotta dalla madre della ragazza che irrompe quando vede la figlia bere la birra che lui le offre. Un improvviso acquazzone interrompe la festa e Diletta si rifugia in chiesa, dove intravede don Carlo – noto in paese per quelle imprese – che sta facendo l’amore con una parrocchiana. Sconvolta, torna a casa e si preoccupa perché la figlia non è tornata e quando, molto più tardi, lei suona il campanello (ha perso le chiavi che erano nella borsetta mentre chiacchierava con Adrian) le fa una scenata e le proibisce di uscire di nuovo; dopodiché si imbottisce di calmanti e va a letto. Di notte viene svegliata da un rumore, scende con la pistola del marito e, quando vede uno sconosciuto coperto da un cappuccio aggirarsi per la casa gli spara ferendolo gravemente: è Adrian e lei chiama in soccorso il prete e il marito. Questi, a sua volta, fa arrivare Panti e poco dopo viene convocato d’urgenza De Santis ma il ragazzo muore dissanguato. Una catena di reciproci ricatti, che coinvolgono anche Ilia, metterà tutto a tacere.
Ogni cinematografia ha degli registi/artigiani che sono un punto di riferimento per determinate zone di racconto. De Matteo può essere considerato tale per quanto riguarda il cinema di solido impegno sociale; nitido, preciso, mai predicatorio racconta le pecche del sistema – sia che si tratti delle ipocrisie dei buonisti da salotto (La bella gente), del tifo calcistico come copertura di inconfessate angosce (Ultimo stadio), delle nuove povertà conseguenti alle separazioni (Gli equilibristi) o della violenza domestica (La vita possibile) – senza manicheismo ma, anzi, con una empatia per tutti i personaggi delle sue storie. Che sia regista di qualità lo dimostra il suo I nostri ragazzi che, con mezzi molto più limitati, surclassa la patinatissima versione americana con Richard Gere dello stesso romanzo di Herman Koch, The dinner. Per Villetta con ospiti dichiara di aver rivisto, data l’ambientazione tra la buona borghesia veneta, il capolavoro Signore e signori di Pietro Germi; il film era un inevitabile punto di riferimento ma Di Matteo non ha la divertita ironia di Germi mentre Villetta con ospiti – ed è un notevole pregio – ha molti punti di contatto con i preziosi gialli di Claude Chabrol. Dall’autore di A doppia mandata, Stephane, una moglie infedele, Scandale – Delitti e champagne (che riusciva ad esempio, ne Il tagliagole, a restituirci l’umanità di un serial killer, timido e innamorato macellaio di provincia) De Matteo ha in comune una sorta di cinismo comprensivo che aggiunge rotondità e profondità al racconto.Il cast è adeguato ma, mentre i protagonisti maschili si appoggiano con mestiere alle loro collaudate maschere, la Blank, la rumena Flutur (nel 2012 vinse a Cannes con Oltre le colline di Cristian Mungiu) e, soprattutto, la Cescon dànno una prova esemplare.