Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

I disegni degli internati raccontano l’orrore dei campi di concentramento

      Nel mese di settembre del 1979, Arturo Benvenuti all’età di 56 anni, prende il suo camper e decide di ripercorrere “le viae crucis del novecento: un pellegrinaggio laico e riparatore lungo le stazioni di Auschwitz, Terezín, Mauthausen-Gusen, Buchenwald, Dachau, Gonars, Monigo, Renicci, Banjica, Ravensbrück, Jasenovac, Belsen, Gürs”. Il suo è un intento preciso, incontrare i

 

Auschwitz_I_entrance_snow

 

 

Nel mese di settembre del 1979, Arturo Benvenuti all’età di 56 anni, prende il suo camper e decide di ripercorrere “le viae crucis del novecento: un pellegrinaggio laico e riparatore lungo le stazioni di Auschwitz, Terezín, Mauthausen-Gusen, Buchenwald, Dachau, Gonars, Monigo, Renicci, Banjica, Ravensbrück, Jasenovac, Belsen, Gürs”. Il suo è un intento preciso, incontrare i sopravvissuti, recuperare le testimonianze perdute e restituire alla memoria del mondo, disegni autografi, realizzati dagli internati nei lager nazifascisti durante la loro prigionia. Un lavoro prezioso di documentazione durato quasi 40 anni che ha portato alla catalogazione di 250 tra disegni, bozzetti inediti, incisioni, schizzi. Le opere sono state realizzate in “condizioni materiali e spirituali proibitive ed a rischio della vita” quasi sempre, come è ben comprensibile, di nascosto. Dei tanti ed eccezionali fogli, eseguiti da artisti professionisti, ma anche da autentici “naifs”, l’autore ha cercato di individuare i dati essenziali, vale a dire il nome, il cognome, la data e il luogo di nascita. Pubblicato nel 2015 dalla BeccoGiallo edizioni, “K.Z. Disegni degli internati nei campi di concentramento nazifascisti” di Arturo Benvenuti “cerca di essere, soprattutto, un contributo alla giusta ‘rivolta’ da parte di chi sente di non potersi rassegnare, nonostante tutto, ad una realtà mostruosa e terrificante”. Nella sua prefazione, scritta nel 1981 in occasione della prima uscita del libro, Primo Levi scrive: “le immagini qui riprodotte non sono un equivalente o un surrogato: esse sostituiscono la parola con un vantaggio, dicono quello che la parola non sa dire. Alcune hanno la forza immediata dell’arte, ma tutte hanno la forza cruda dell’occhio che ha visto e che trasmette la sua indignazione”.

 

vai all’articolo originale


Articolo Originale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *