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Le quote rosa in architettura sono un miraggio. Considerato da sempre uno dei settori più maschio-centrici in assoluto, quello dell'architettura e della progettazione urbanistica è un universo chiuso, dove le donne hanno ancora poca visibilità, poco spazio e laddove ce l'hanno sono discriminate. E' vero che i dati diffusi dal IV Rapporto
Le quote rosa in architettura sono un miraggio. Considerato da sempre uno dei settori più maschio-centrici in assoluto, quello dell’architettura e della progettazione urbanistica è un universo chiuso, dove le donne hanno ancora poca visibilità, poco spazio e laddove ce l’hanno sono discriminate. E’ vero che i dati diffusi dal IV Rapporto sulla professione dell’architetto a cura del Cresme e del Consiglio nazionale parlano di un incremento della presenza femminile (dei 152 mila architetti italiani quasi il 41%, ovvero circa 62 mila, è composto da donne, che rappresentano anche il 54% degli iscritti ai corsi di laurea di secondo livello in architettura), ma è altrettanto vero che le discriminazioni sono tutt’ora grandi ed evidenti: in base alle stime gli uomini hanno guadagnato nel 2013 il 60% in più delle donne.
Se dall’Italia ci spostiamo al resto d’Europa la situazione non cambia. Nel Regno Unito, la situazione è ancora peggiore: la presenza femminile negli studi di architettura, dal 2009 al 2011, è scesa dal 28% al 21%. Ma il dato più allarmante, a livello globale, è che è molto raro che le donne ricoprano ruoli di alto livello. Il che significa che edifici e sopratutto città sono pensate e progettate da uomini. Viene quindi da chiedersi, se così non fosse, le nostre città sarebbero diverse?
Se fossero le donne a progettare le città, come cambierebbe il paesaggio urbano?
Le donne forse non privilegerebbero i grattacieli
Parte da queste domande un interessante articolo-inchiesta pubblicato recentemente sul Guardian a firma di Susanna Rustin. E la prima testimonianza rilasciata dall’architetto Fiona Scott, co-fondatrice dello studio Gort Scott è emblematica: “Odio gli stereotipi del tipo ‘gli edifici progettati da uomini sono più avveniristici, mentre le donne preferiscono le forme morbide, curvilinee e i colori’. Ma penso anche che se chiedessimo a delle donne quale sarebbe il proprio ideale architettonico in poche parlerebbero di grattacieli alti e imponenti.”
Le donne, da discriminate, pensano ai discriminati
E’ innegabile, la mente di uomini e donne è profondamente diversa. E lo è anche perché le difficoltà che le donne devono affrontare sono maggiori, prima fra tutte quella di ‘farsi largo’ in un mondo professionale dominato da maschi. “I primi anni della mia carriera sono stati difficilissimi- rivela Scott- perché ho dovuto dimostrare ai miei colleghi di valere quanto se non più di loro, sono molti gli ostacoli e i pregiudizi che una donna deve affrontare.” Ed è proprio questo uno degli aspetti che si riflette nella progettazione: le donne, da discriminate, pensano ai discriminati. E immaginano quindi un ambiente urbano che consideri di più le minoranze: bambini, anziani, disabili. Una città più a misura d’uomo, con spazi ricreativi e più sicura. Meno sfarzo, più concretezza.
“L’esperienza di essere madri, di doverci occupare dei nostri figli, di doverci affannare per essere riconosciute sul lavoro, di aver provato più e più volte un sensazione di insicurezza quando ad esempio giriamo sole la notte, dà alle donne una maggiore sensibilità- dichiara la progettista e co-fondatrice del network Urbanistas Women Liane Hartley- e una maggiore capacità di guardare le cose da un punto di vista differente.” E’ chiaro, ribadisce Hartley, tutte le minoranze non possono essere considerate, e la questione dovrebbe essere non come sarebbero le città se fossero progettate da donne, ma come sarebbero le città se fossero ascoltate più voci, differenti fra loro.
Città più verdi e funzionali
A conti fatti, quindi, le nostre città sarebbero diverse? Ad esserne convinto è il Women’s Design Service, uno dei primi studi di progettazione formato da sole donne, nato nella metà degli anni ’80 proprio con l’obiettivo di imprimere una svolta in un mondo dominato da architetti di sesso maschile. Secondo Cathrine Greig, parte del team WDS, le donne sarebbero in grado di concepire spazi meno sfarzosi e sicuramente più rispondenti alle esigenze sociali. Se dovessi pensare a una città progettata da una donna la immagino con più verde, più parchi giochi, più servizi accessibili alla comunità e uno sguardo particolare alla mobilità sostenibile.”
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