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Cgia, disastro seconde case: in tre anni le tasse aumentate fino al 236%

    Con l'introduzione dell' Imu e della Tasi , tra il 2011 e il 2014 la tassazione sugli immobili diversi dall'abitazione principale ha visito una crescita impressionante. Lo afferma la Cgia di Mestre, secondo cui nei tre anni in questione c'è stato un aumento del 236% sulle seconde case locate a

 

 
Con l’introduzione dell’ Imu e della Tasi , tra il 2011 e il 2014 la tassazione sugli immobili diversi dall’abitazione principale ha visito una crescita impressionante. Lo afferma la Cgia di Mestre, secondo cui nei tre anni in questione c’è stato un aumento del 236% sulle seconde case locate a canone concordato, del 150% sulle seconde case locate a canone libero, del 144% sugli uffici e gli studi privati.
Secondo la Cgia , l’aumento su negozi e botteghe è stato del 140%, del 115% sulle seconde case sfitte, del 108 % sui laboratori artigianali, del 96% su alberghi, pensioni e capannoni commerciali e del 95% su opifici, capannoni artigianali/industriali e fabbriche. I calcoli hanno preso come riferimento iniziale il 2011, ultimo anno in cui abbiamo pagato l’Ici. Per gli immobili ad uso produttivo, i risultati non tengono conto del risparmio fiscale concesso dalla legge. Nel 2014, ad esempio, la Tasi è per le aziende completamente deducibile dal reddito di impresa, mentre l’Imu lo è solo per una quota pari al 20 per cento.
“Tendenzialmente – precisa il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – i sindaci hanno mantenuto relativamente basso il livello di tassazione sulle prime case, innalzando, invece, quello sugli immobili ad uso produttivo e sulle abitazioni diverse dalla principale. Ricordo che in queste ultime non rientrano solo quelle di proprietà di famiglie benestanti che hanno acquistato la seconda casa al mare o in montagna, ma troviamo anche quelle di persone che hanno ereditato l’immobile dopo la scomparsa dei genitori o sono diventate seconde case perché nel frattempo i proprietari hanno cambiato residenza a causa del trasferimento in un’altra città per motivi di lavoro”.
In termini assoluti, fa notare lo studio della CGIA, il peso dell’Imu più Tasi si fa sentire soprattutto sugli immobili ad uso produttivo. Quest’anno il titolare di un albergo/pensione è chiamato a pagare mediamente 11.855 euro, la proprietà che gestisce un supermercato 7.931 euro, l’azienda proprietaria di una grande fabbrica 6.385 euro, mentre il titolare di un capannone artigianale/industriale deve versare attorno ai 4.000 euro. Sulle seconde case sfitte (prevalentemente abitazioni di villeggiatura ubicate in zone di mare o di montagna) il carico fiscale Imu più Tasi costa mediamente 932 euro, quello delle abitazioni locate a canone libero 911 euro, mentre per le abitazioni locate a canone concordato 773 euro.
Da un punto di vista metodologico, segnala infine la Cgia, per ciascuna tipologia di imposta è stata utilizzata l’aliquota media risultante dall’analisi delle delibere dei Comuni capoluogo di provincia. Per ogni tipologia immobiliare, invece, la rendita catastale media è stata ricavata dalla banca dati dell’Agenzia delle Entrate. In riferimento alle abitazioni, si è stimata una rendita corrispondente alla media ponderata delle rendite medie delle unità abitative di categoria A2 e A3.
 vai all’articolo originale, monitorimmobiliare.it

 

 

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