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di Marco Ehlardo L’emergenza in questo Paese è un grande business, in tutti i settori, e il settore dell’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati non ne è esente, rappresentandone uno degli esempi più lampanti. Il punto di vista di un operatore sociale precario I fatti che stanno emergendo dall’indagine Mafia Capitale,
di Marco Ehlardo
L’emergenza in questo Paese è un grande business, in tutti i settori, e il settore dell’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati non ne è esente, rappresentandone uno degli esempi più lampanti. Il punto di vista di un operatore sociale precario
I fatti che stanno emergendo dall’indagine Mafia Capitale, in particolare quelli sulla gestione dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, non avrebbero dovuto sorprendere nessuno degli addetti ai lavori.
A Napoli li chiamiamo “ segreti di Pulcinella ”: tutti li sanno ma nessuno ne parla.
D’altronde, questo è sempre stato un Paese che sul diritto di Asilo ha avuto un approccio schizofrenico, se non strumentale. Se i Costituenti ci hanno dato l’articolo 10 della Costituzione, che sul tema rimane uno dei testi più avanzati al mondo, i successivi legislatori (ai quali non mi sento di attribuire analoga iniziale maiuscola) non si sono mai degnati (e non è un caso) di produrre una conseguente legge organica sull’asilo, lasciandoci fanalino di coda nell’UE.
Una prima sistemazione normativa abbiamo incominciato ad averla solo negli anni novanta, fino ad arrivare alla Bossi-Fini , che rimane una pessima legge sull’immigrazione (se non altro perché puramente ideologica), ma che almeno un merito lo ha avuto: aver creato e stabilizzato un sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati, lo SPRAR.
Ma se in altri Paesi europei (che spesso continuano ad avere numeri ben più alti dei nostri, con buona pace dei media e di parte ormai maggioritaria della politica) i sistemi di accoglienza sono flessibili e in grado di affrontare qualsiasi entità del fenomeno, in Italia il sistema è sempre stato e rimane rigido.
Un caso? Ho sempre pensato di no. E questi giorni non hanno fatto altro che confermarlo.
L’emergenza in questo Paese è un grande business, in tutti i settori, e il settore dell’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati non ne è esente, rappresentandone uno degli esempi più lampanti.
Lo SPRAR è sempre stato sottodimensionato persino per l’ordinario, figuriamoci per i periodi di maggiore afflusso. Perché non ci sono abbastanza risorse economiche? Falso.
Il gioco è semplice: si tiene il sistema sottodimensionato ed alla prima emergenza si dà il via alla cosiddetta “accoglienza straordinaria”. E durante le emergenze, si sa, non si bada molto a quanti soldi si spendano, a come si spendono, e soprattutto a chi si danno (G8 della Maddalena docet). Finendo così per costare anche il doppio rispetto all’accoglienza ordinaria.
Per non parlare della qualità dei servizi di accoglienza (sempre che a qualcuno importi), drammaticamente più bassa, sia della media europea sia della media SPRAR.
A chi è convenuto tutto questo fino ad oggi? Certamente ad una parte della politica, che ne guadagna in clientele, voti, quando non tangenti, come pare stia emergendo in questo caso. Ma non solo alla politica, ed è questo il punto che andrebbe finalmente affrontato.
Il Terzo Settore è una risorsa ancora indispensabile per questo Paese , non fosse altro che per il progressivo disimpegno dello Stato dalla gestione diretta di gran parte dei servizi sociali. Al suo interno ha esperienze valide, efficaci, a volte innovative, e persone che hanno costruito, solo con la loro fatica e buona volontà, sistemi capaci di tenere ancora in piedi un welfare accettabile in Italia. Ma è, resta, e diventa sempre più fortemente un settore privato. Privato sociale, ma comunque privato. Un privato spurio, perché a volte nato come una costola della politica, e troppo spesso alla politica legato a doppio filo.
Dunque dovrebbe essere soggetto ad un principio fondamentale per chiunque (pubblico o privato) gestisca risorse pubbliche: la trasparenza.
Quanta parte del Terzo Settore ha fatto battaglie in questo campo? Quanta parte si è opposto ed ha combattuto il fenomeno degli affidamenti diretti di progetti da parte delle amministrazioni? Quanta parte ha chiesto un maggiore monitoraggio della propria gestione dei servizi, della loro efficacia, del loro reale impatto? Quanta parte può dire oggi di non sapere cosa sta uscendo fuori da questa indagine?
In tanti anni di lavoro in questo settore, almeno nel mio territorio, farei fatica a fare qualche nome.
Più comodo chiudere un occhio, con la sicurezza che anche gli altri lo faranno per te. Aver chiuso gli occhi però, più che miopia, è stata cecità.
Dunque, anche se la responsabilità principale resta di chi ha smantellato pezzo pezzo lo stato sociale di questo Paese, rendendo il Terzo Settore un attore che partecipa di fatto alle logiche di potere che sarebbe chiamato a vigilare , perché questo settore diventi davvero “terzo” c’è bisogno di trasparenza, di regole di affidamento chiare, di bandi puliti e, nel caso dei richiedenti asilo e rifugiati, di un sistema di accoglienza flessibile, monitorato nella gestione e nei risultati, con enti gestori realmente indipendenti dalle amministrazioni locali.
Non può essere la magistratura a restituire al Terzo Settore la propria vocazione originaria di servizio per gli ultimi e per gli esclusi e non di mera azienda, sia pur sociale. Né tantomeno possiamo aspettarcelo dalla politica. Deve essere lo stesso Terzo Settore a fare pulizia al proprio interno e ad iniziare una seria riflessione, al riparo da logiche di opportunità.
Deve essere lo stesso Terzo Settore a pretendere trasparenza su quello che fa, su quello che gestisce, sull’uso delle risorse economiche che si fa affidare. Deve fare una scelta definitiva: tornare a fare puro volontariato – rifiutando l’esternalizzazione dei servizi e costringendo lo Stato a rifarsene carico – o rimanere privato sociale, accettando però la sfida dell’indipendenza e della trasparenza.
E noi, quando avremo dimenticato questo scandalo, come i precedenti, continuiamo a domandarci in mano a chi affidiamo settori cruciali della nostra esistenza. Sarà utile anche al Terzo Settore, che ne sia consapevole o meno.
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