Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone
La campagna elettorale appena conclusa sarà ricordata per una parola: periferie. Cerchiamo di capire quanto sono importanti.
In questa campagna elettorale, la parola più utilizzata – a volte correttamente, a volte a sproposito – è stata periferie. Proprio nelle periferie il peso degli elettori si è rivelato decisivo per cambiare gli equilibri politici delle principali città italiane, soprattutto Roma e Torino. Ci sono due mappe molto interessanti realizzate da You Trend, dalle quali partiremo nella nostra analisi.
Virginia Raggi (wikimedia.org)
Virginia Raggi (wikimedia.org)
Roma, un monte innevato.
La prima, quella forse più ovvia dato il risultato finale, sembra un monte, dove le periferie rappresentano le pendici che salgono verso una punta innevata. Le “scure” periferie hanno votato la candidata del Movimento 5 Stelle, Virginia Raggi, per oltre il 60% (e anche fino al 79%). Al centro, invece, il divario con Roberto Giachetti, candidato del Partito Democratico, è stato più stretto ma comunque a vantaggio della Raggi, che ha trionfato al ballottaggio con il 67,15%. Oramai, purtroppo, constatiamo una scarsa affluenza alle urne. Roma ha di poco superato il 50% (per la precisione 50,15%), e in diverse municipalità si è scesi ampiamente sotto, come ad esempio nella 15, che ha toccato il 44,46%.
Le due Torino.
Diverso il discorso di Torino che, per certi aspetti, appare ancora più illuminante. Nella mappa di You Trend la città appare spaccata in due. Le periferie hanno votato per la pentastellata Chiara Appendino (c’è anche una mappa realizzata da Sky, ancora più dettagliata). A queste zone si aggiungono anche quartieri più “giovani” e multiculturali come Borgo Rossini e Vanchiglietta. Al contrario, zone come La Crocetta, San Salvario e in generale il centro e la collina hanno scelto il sindaco uscente PD, Piero Fassino.
Il dato dell’astensione, comunque migliore della Capitale, è pesante. Sebbene sia uniforme in tutte le zone della città, quasi un cittadino su due non è andato a votare (54,41% è l’affluenza finale). A poco valgono le indignazioni e gli attacchi verso chi non vota: sono cittadini anche quelli che non votano, e se quelli che non votano sono in tanti significa che c’è un problema politico, non ci vuole molto a capirlo. Per lo stesso motivo, considerare “voti di serie B” quelli del «centrodestra che ha votato 5 stelle» significa non voler ascoltare l’elettorato.
Chiara Appendino (chiaraappendino.it)
Chiara Appendino (chiaraappendino.it)
Le periferie hanno votato un po’ di più.
Sempre per restare attaccati ai numeri, emerge come nei quartieri in cui si è votato di più si siano imposte Raggi e Appendino. A Roma, dove Virginia Raggi ha prevalso ovunque, nelle municipalità 1 e 2 l’affluenza media è stata del 48,2%, qui la nuova sindaca ha ottenuto meno consensi. Nelle municipalità 6 e 10, dove ha stravinto, l’affluenza è stata del 49,83%.
Molto più interessante, invece, il dato di Torino. L’unica circoscrizione in cui Fassino ha vinto (superando il 59% dei consensi), cioè la 1 (Torino Centro), è anche quella dove si è votato di meno, con un’affluenza del 51,2%. In tutte le altre, dove Chiara Appendino ha prevalso con un picco del 64,76% nella Circoscrizione 5, l’affluenza è stata sempre superiore al 52%, con una media del 54,6%. Dove si è votato di più, si è scelto di mandare a casa Fassino. In generale, sono state le periferie ad alzare l’affluenza, premendo per il cambio di rotta, pur mantenendo una fiacca corsa alle urne.
Quanto contano le periferie.
Almeno nelle grandi città, si registra la netta risalita dell’importanza politica delle periferie. Eppure non è un concetto nuovo. Basta guardare le cronache degli ultimi anni per capire che le periferie sono il luogo in cui si misura la forza istituzionale di una città, quando non addirittura dello Stato.
Qualche anno fa, Torino visse una sorta di pogrom contro alcuni nomadi in zona Vallette, scaturito da un’aggressione poi rivelatasi inventata. Negli scorsi giorni, invece, in zona Falchera sono state sgomberate alcune famiglie in emergenza abitativa che occupavano appartamenti vuoti. Emergenza ancora più forte a Roma, dove sono frequenti gli sgomberi e la città è salita alla ribalta delle cronache, negli ultimi anni, per gli scontri “tra poveri”, cioè tra abitanti delle periferie – fortemente provati da crisi e disoccupazione – e stranieri (come, ad esempio, i fatti di Tor Sapienza).
Si tratta di zone dove il conflitto sociale è acuito dalle difficoltà economiche. Qui la politica deve (doveva) intervenire al più presto, la sua assenza (ricordata da Diego Novelli) ha contribuito ad allargare il divario tra “poveri” e “ricchi”, fino a registrare addirittura differenze di salute. Lo studio del professor Giuseppe Costa, epidemiologo dell’Università di Torino, pubblicato sul «Venerdì» di Repubblica, ha evidenziato un divario nell’aspettativa di vita: più bassa alle Vallette (77,8 anni), più alta in collina (82,1).ù
La retorica dell’aiuto.
Il rischio, ora, è che la “riscoperta” delle periferie, citate da tutti i candidati nelle città più grandi (anche Sala, appena eletto sindaco di Milano con il centrosinistra, ne ha parlato), diventi lo studio di un fenomeno folkloristico, nella stucchevole logica delle «periferie che vanno aiutate». Ebbene no, le periferie delle grandi città non vanno «aiutate», vanno «incluse», quindi coinvolte in politiche di integrazione, sviluppo e riqualificazione. Dove, precisiamo, riqualificazione non può coincidere soltanto con la costruzione di nuovi centri commerciali e grandi stradoni. Vanno sostenute le iniziative culturali, senza “imporle” dal centro, perché le energie ci sono, vanno bensì ascoltate. Basti pensare – tanto per fare due esempi torinesi – a Barriera di Milano o a Mirafiori, dove le iniziative sono variegate e stimolanti.
Il rapporto con le periferie, per Virginia Raggi, Chiara Appendino e tutti gli altri, sarà la vera sfida. Chi perderà le periferie, lo abbiamo visto, perderà la città, allontanando i cittadini dalla politica e dalle istituzioni. Qui si gioca il futuro delle metropoli e non è una scoperta di due giorni fa.