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Speciale agenda urbana europea, l’Europa riparte dalle città

ueAperta, inclusiva, partecipata: la nuova Agenda urbana europea che si inizia a delineare in questi mesi è il risultato di un cambio di paradigma che vede la Commissione europea impegnata a recuperare un dialogo stretto con quei contesti urbani che rappresentano la principale speranza di ripresa per l’economia Ue.

La due giorni di Cities – Cities of Tomorrow: Investing in Europe, la conferenza organizzata a Bruxelles dalla DG Politiche regionali e urbane della Commissione europea, ha fatto il punto sullo stato di salute delle città europee e sugli strumenti necessari per rilanciare una politica urbana europea che aggiorni approcci come quelli della Carta di Lipsia e della ville durable che hanno tenuto banco nell’ultimo decennio.

Perché un’agenda urbana europea?
Rafforzare la dimensione urbana europea rappresenta l’unico modo per affrontare efficacemente le sfide che le città si trovano ad affrontare soprattutto col perdurare della crisi economica che manifesta proprio sui contesti urbani i suoi effetti più significativi. A problemi come la scarsità di housing sociale, la mancanza di trasporti pubblici di qualità e la lentezza dei meccanismi di governance sono però proprio le città di tutta Europa a sperimentare dal basso soluzioni che ristabiliscono la cooperazione tra diversi livelli istituzionali e rimettono di nuovo le persone al centro delle politiche.

A tali costatazioni, scontate per gli osservatori più attenti del dibattito visto dal fronte urbano, è seguita una progressiva presa di coscienza del tema da parte delle istituzioni europee, dall’approvazione della risoluzione del Parlamento europeo nel 2011 che invitava la Commissione a migliorare il coinvolgimento dei livelli urbani fino al rafforzamento della cooperazione tra le presidenze di turno del Consiglio (Grecia in testa) sul tema della povertà urbana.

Con l’avvio del nuovo periodo di programmazione, che aumenta la dotazione finanziaria delle città assegnandogli una quota minima del 5% del Fesr, la necessità di un approccio trasversale dei vari dicasteri della Commissione europea ai temi urbani è diventata una necessità invocata da sempre più parti: Stati membri, amministrazioni locali e stakeholders chiedono alla Commissione europea di mettere in comune risorse e strategie per concentrare in maniera interdipendente politiche e azioni, esattamente come dovrebbero fare le città fra loro.

Un’Europa come network di grandi centri urbani più che come insieme di Stati è la visione condivisa da chi già fa rete nei confini europei, come Eurocities, e da chi guarda all’Europa urbana come ad un modello unico per il resto del mondo.

Tra questi ultimi, Jon Clos di UN Habitat e Raymond Barber (If mayors ruled the world) sono i sostenitori più accesi di un’Europa ambasciatrice dell’urbanità, capace di mettere la sua storia e il protagonismo decisionale dei suoi sindaci al centro di un confronto sul futuro dell’urbanizzazione mondiale.
Politiche integrate di qualità per attirare investimenti e, dall’altro versante, sostegno all’uscita dalla povertà delle periferie urbane sono i pilastri di un’azione declinata con strategie e approcci diversi da città di tutta Europa.

La definizione di un’Agenda urbana attraverso un confronto attivo tra quanto realizzato dai diversi contesti urbani servirà proprio a stabilire obiettivi specifici con target misurabili ma sarà anche al contempo un quadro di riferimento in cui inserire politiche e strumenti già esistenti o in divenire.

A colpire l’osservatore esterno è l’apertura di un dibattito che vede la Commissione europea ancora incerta su forme e sistemi di monitoraggio di tale Agenda ma decisa ad insistere sulle esperienze di maggiore successo degli ultimi anni (come il Programma Urbact) e a basare su tali modelli operativi (basati sulla partecipazione degli stakeholders e la condivisione delle scelte in vista di un piano d’azione) anche l’implementazione di strumenti finora non ancora decollati come il Reference Framework for Sustainable Cities.

Le città europee e l’Agenda urbana

Intervista al sindaco di Goteborg Anneli Hulthén

In che modo Goteborg sta affrontando le sfide dell’Agenda urbana europea?
Anneli-Hulten-440x314 goteborgL’intero budget dell’amministrazione di Goteborg è basato sulla sostenibilità sulle tre prospettive e cerchiamo di tradurre tali prospettive in tre obiettivi concreti: problemi sociali, questioni ambientali e sfide economici. Cerchiamo di affrontare tutte queste sfide assieme

Quali sono le sfide che state affrontando in termini di inclusione sociale?
Stiamo fronteggiando grandi sfide sul fronte dell’integrazione sociale in quanto a Goteborg il 20% della popolazione provengono da paesi diversi dalla Svezia. Ciò significa che abbiamo circa 120 diverse lingue e ciò mette fortemente sotto pressione il sistema educativo poiché è difficile fornire una buona istruzione a tutti quando abbiamo così tanti gruppi linguistici e differenze culturali. Addirittura a volte ci sono alunni che arrivano nel nostro paese a 12-13 anni e non sono abituati al sistema educativo svedese. Proviamo a vincere le sfide dell’integrazione al massimo attraverso l’insegnamento della lingua svedese o insegnando nella loro lingua specialmente matematica o inglese. Senza dubbio la sfida educativa è quella più importante per noi

Le città svedesi sono viste spesso a livello europeo come un modello di gestione positiva di servizi sociali: in che modo la crisi economica sta colpendo il livello di servizi sociali? State notando conseguenze particolari rispetto al passato?
L’economia dei comuni svedesi si è mantenuta abbastanza buona anche durante la crisi economica ma ciò non significa che abbiamo la possibilità di fare tutto ciò che vorremmo sul fronte delle questioni sociali. Il tasso di disoccupazione in Svezia e nelle sue città è particolarmente alto in Svezia, soprattutto fra i giovani: oltre il 25 per cento dei giovani non hanno un lavoro e questa è una cifra decisamente elevata. La forte disoccupazione mette una certa pressione sui comuni perché siamo quelli a cui tocca erogare un sostegno economico a coloro che non hanno lavoro. Quindi anche se l’economia ha tenuto bene, soprattutto in confronto a molte altre città europee, gestire il sistema di sicurezza sociale è una sfida continua.

In modo l’innovazione urbana può contribuire a restituire fiducia ai giovani nei confronti dello sviluppo economico futuro?
Penso che si debba dare fiducia ai giovani perché credo che molte persone, soprattutto fra i giovani della mia città, hanno perso speranza nel futuro. Dobbiamo cominciare a ridargli di nuovo questa fiducia. E’ possibile riuscirci ma c’è bisogno che la politica sia migliore di quanto lo sia oggi e di quanto lo sia stata prima. Anche se c’è la crisi, quello che abbiamo imparato è che bisogna guardare avanti

Cosa può fare l’Unione europea per questo?
L’Unione europea dovrebbe rivolgersi in maniera più diretta ai suoi cittadini e ai contesti locali. A volte abbiamo bisogno di rivolgerci ai livelli nazionali, altre volte invece di rivolgerci direttamente proprio al livello europeo. Devono conoscere le sfide e i problemi che stiamo vivendo nelle città e questo non viene sempre comunicato dagli Stati membri alle istituzioni Ue

Intervista al sindaco di Lisbona Antonio Costa

antonio costa9 lisbonaIn che modo Lisbona si è preparata sul fronte delle politiche urbane al nuovo periodo economico europeo appena iniziato?
Abbiamo iniziato ad aprile 2012 organizzando una piattaforma con tutti gli stakeholders urbani, a partire dall’università, dalle associazioni imprenditoriali e di cittadini, con l’obiettivo di definire come articolare i grandi obiettivi di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva sul fronte locale con gli obiettivi di sviluppo europeo. Abbiamo identificato un nucleo di progetti che abbiamo sviluppato e che intendiamo proseguire nel nuovo periodo di programmazione economica 2014-2020.

La partecipazione dei cittadini è molto importante per quello che state facendo a livello di politiche urbane?
Sì, credo che questo nuovo ciclo esige un rafforzamento del partenariato e il modo più intelligente di articolare gli obiettivi è senza dubbio la mobilitazione di tutti: dell’università per l’innovazione, delle imprese per lo sviluppo di queste innovazioni generando crescita e lavoro e dell’amministrazione locale, il partner che può meglio sviluppare e applicare queste innovazioni nell’edilizia, nell’illuminazione pubblica, nella mobilità urbana, nell’inclusione delle fasce più svantaggiate.

Il vostro piano d’azione punta a migliorare la qualità della vita delle persone in tutti i quartieri della città: su cosa si sta concentrando l’amministrazione locale per realizzare questo obiettivo?
Ci siamo focalizzati su una parte della città perché se vogliamo fare tutto ciò che servirebbe in tutti i quartieri della città non arriveremo mai ad una realizzazione davvero concreta. Abbiamo selezionato, in funzione della nostra strategia di sviluppo della città, le aree principali di intervento. Si tratta soprattutto di zone nel centro storico, perché è la parte più importante per migliorare la competitività della città, ma ci stiamo concentrando anche sulle strategie di base per il coinvolgimento delle comunità nei quartieri della corona esterna della città per i quali è importante la mobilizzazione popolare e una nuova forma di sviluppo locale

Per quello che riguarda l’innovazione urbana e la smart city, che tipo di approccio state prediligendo?
La smart city dipende soprattutto da un concentrato di buone idee sulla città: la tecnologia non cambia da sola la città. E’ piuttosto uno strumento al servizio delle idee che abbiamo per migliorare la città

Queste risposte che state dando alla crisi, sul piano culturale e ambientale, possono essere dei modell utili anche per ‘Europa e per realizzare delle politiche diverse per le città?
Le politiche urbane offrono a tutti delle diverse soluzioni che possiamo conoscere e adattare alle nostre città. Quello che è importante è la diversità delle nostre politiche che diversifica gli strumenti che abbiamo per fare politica.

Intervista al sindaco di Gent Daniël Termont

gentse-burgemeester-Cosa si aspetta Gent dalla nuova agenda urbana europea?
Penso che se ne parli ancora troppo in generale ma è il momento di dare delle risposte concrete, vale a dire come è possibile realizzarla o quali sono i contatti da sviluppare tra Commissione europea e città. In Belgio il governo federale ha sempre costituito un tramite tra questi due livelli e molte città anche in altri paesi europei hanno testimoniato di aver riscontrato lo stesso problema nei loro contesti nazionali, con punti di vista diversi tra governi centrali e livelli urbani. E’ per questo che abbiamo proposto lo stabilimento di contatti diretti fra la Commissione europea e le grandi città europee, come anche con quelle più piccole che sono interessate, con l’obiettivo di realizzare accordi diretti tra Commissione e città per arrivare a risultati concreti e non limitarsi solo a discussioni teoriche.

Partecipazione civica, innovazione: quali sono gli elementi che vanno inseriti in questa Agenda urbana europea per condividere davvero delle esperienze positive?
Per Gand è molto importante lavorare con gli abitanti della città. Li chiamiamo in inglese smart citizens ed è il tema attorno a cui abbiamo organizzato l’assemblea generale di Eurocities a novembre scorso. C’erano circa 450 sindaci e amministratori locali provenienti da tutta Europa e a loro abbiamo proposto differenti esempi realizzati in città di collaborazione diretta con i residenti urbani, coinvolgendoli in quest’azione. Penso che lo stesso sistema di lavoro possa essere utilizzato anche nel rapporto con la Commissione europea, promuovendo un lavoro diretto con le città e favorendo un incontro costante con i commissari che non devono rimanere fermi a Bruxelles o a leggere i dossier nei propri uffici ma vengano ad incontrare le città e i cittadini per rendersi conto dei tanti progetti che vengono realizzati nei contesti urbani. In quel momento potranno avere degli indicatori concreti e delle cifre con le quali sarà possibile valutare l’azione urbana nell’ambito dell’Agenda europea.

Ciò si lega al discorso della qualità della vita, come i progetti Urbact sull’alimentazione sostenibile e la famosa iniziativa del giovedì vegetariano. Pensa che queste iniziative concrete che incidono sulla vita quotidiana dei cittadini, possano essere inserite in un quadro europeo che promuova la qualità della vita in maniera innovativa?
Certamente, ne sono convinto,. Ci sono molti esempi che possono migliorare la qualità della vita delle persone. Un solo esempio: Abbiamo un’Abbazia medievale ma non avevamo fondi per poterla tenere aperta in chiave turistica. Sono i residenti che abitano attorno all’Abbazia che mi hanno chiesto di prenderla in gestione e adesso hanno messo su un comitato di un centinaio di persone impegnato a tenere viva l’Abbazia, aprendola quotidianamente, organizzando concerti e attività socio-culturali. Sono convinto che possiamo migliorare la vita nella città grazie a tutti questi progetti ed è molto importante stabilire come scopo dell’azione pubblica il miglioramento della vita delle persone.

Non esiste Agenda urbana senza cittadini, insomma
Senza dubbio è impossibile che esista. E’ decisivo avere anche un piano politico per tutta la città. Le do un altro esempio. Come organizzare la partecipazione civica nella città: si può organizzare una riunione con duecento o trecento persone ma sono sempre gli stessi che prendono la parola mentre ci sono tanti altri che hanno buone idee ma non osano dirle. A Gent abbiamo diviso la città in 25 diversi quartieri e abbiamo lavorato in piccole zone, organizzando una serie di attività per favorire l’incontro tra le persone e fargli esprimere la loro opinione sul futuro della città. Anche questo è molto importante per migliorare il contesto urbano e per rafforzare quel sentimento di legame con la città, facendo sì che possano esprimere la propria opinione non solo ogni cinque anni quando ci sono le elezioni comunali.

 Simone d’Antonio  (da www.cittalia.it)

 
 

 

 

 




Guida sintetica sui finanziamenti comunitari

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guida ai finanziamenti europei 2014-2020




Europrogrammazione 2014-2020: Community Led Local Development

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Il nuovo quadro legislativo sulle politiche strutturali dell’UE nel periodo di programmazione 2014-2020 (politica di coesione, politica di sviluppo rurale e politica della pesca) rilancia fortemente l’approccio territoriale integrato, potenziando l’utilizzo del metodo LEADER sia nell’ambito dei Programmi di Sviluppo Rurale e applicandolo anche ai Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali (attraverso lo strumento Community Led Local Development – CLLD – oppure gli Integrated Territorial Investments).
Nella bozza di Accordo di partenariato inviata a Bruxelles il 9 dicembre, il Ministero della Coesione Territoriale ha fatto proprio questa focalizzazione degli interventi su scala sub-regionale, basata anche nell’ambito dei POR FESR e FSE sull’approccio LEADER.

A tale riguardo, vorrei segnalare un mio contributo sul mio blog in cui evidenzio:

– come sarebbero desiderabili degli aggiustamenti di “metodo”, da parte del prossimo Governo, per quanto concerne l’utilizzo del nuovo approccio CLLD,
– quanto sarebbe desiderabile un potenziamento dell’approccio “partecipativo”, anche adottando tecniche sempre più avanzate di coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali (secondo l’approccio “smart communities”),
– quanto l’adozione di tecniche di coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali non è solo una specie di “moda”, ma è anche il modo migliore di potenziare il commitment delle comunità locali nei confronti dei piani di sviluppo e di valorizzare adeguatamente la loro migliore conoscenza su problematiche e potenzialità dei territori in cui vivono (“people-centred approach” riconducibile come motivazioni allo “user-centred approach” adottato per migliorare i processi innovativi, secondo le intuizioni di Eric von Hippel ed altri esperti sostenitori della “open innovation”).

 lo sviluppo locale di tipo partecipativo




Il processo di valutazione

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La preparazione di un progetto europeo

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I fondi a gestione diretta e indiretta.

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Europrogettazione

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Salve le risorse dei fondi europei tutti i programmi hanno superato i target

ueStavolta, sembra che l’ Italia ce l’ abbia finalmente fatta. Tutti i 52 Programmi Operativi dei Fondi Strutturali europei hanno superato i target di spesa evitando la perdita di risorse legata alla scadenza del 31 dicembre 2013. In totale la spesa ha raggiunto il 52,7% delle risorse programmate, a fronte di un obiettivo minimo di spesa per il 2013 pari al 48,5%. Alla fine del 2012 la spesa era rimasta inchiodata, invece al 37%. Il quadro emerge dai dati aggiornati alla fine dell’ anno, relativi alla spesa certificata che misura lo stato di attuazione della politica di coesione per il complesso delle Regioni italiane. In sostanza fra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2013, sono state certificate alla Commissione europea spese pari a circa 6,8 miliari di euro, proseguendo nella forte accelerazione dell’ utilizzo delle risorse a disposizione dell’ Italia per il periodo 2007-2013. Un’ accelerazione evidenziata anche dai dati del bilancio comunitario che attestano pagamenti all’ Italia per oltre5 miliardi di euro nei primi 11 mesi del 2013, il che pone il nostro Paese al secondo posto della classifica tra i migliori utilizzatori del 2013 delle risorse. Soddisfatto il ministro per la Coesione Territoriale Carlo Trigilia, che sottolinea come «questo risultato sia stato raggiunto grazie all’ impegno delle amministrazioni pubbliche, regionali e centrali e alle sollecitazioni e al contributo del partenariato economico e sociale. Abbiamo utilizzato 7 miliardi contro la recessione»
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Bruxelles, portare le fonti pulite al 30% del mix energetico

fotovoltaicoLe commissioni Industria, ricerca e energia (Itre) e Ambiente e Salute (Envi) hanno anche stabilito di ridurre consumi ed emissioni di gas serra del 40%. Ora la parola va alla Commissione UE
Prosegue – non senza discussioni – il percorso dell’Unione Europea verso l’efficienza energetica e la riduzione dei consumi.
Riunite in seduta congiunta, ieri, giovedì 9 gennaio, le commissioni europee Industria, ricerca e energia (Itre) e Ambiente e Salute (Envi) hanno ratificato una risoluzione che prevede di portare le fonti pulite al 30% del mix energetico e ridurre consumi ed emissioni di gas serra del 40% rispetto ai livelli del 1990.
UN MESSAGGIO CHIARO ALLA COMMISSIONE UE. Passata con 66 voti a favore, 42 contrari e 3 astensioni, questa relazione finale “prosegue il lavoro avviato nel quadro del 20/20/20, che conteneva già tre obiettivi, comprendendo gli errori di gioventù di quel quadro e dando un messaggio chiaro alla Commissione europea”, come ha commentato la relatrice belga Anne Delvaux del Gruppo del Partito popolare europeo.

UN PROCESSO GIÀ AVVIATO. Viene quindi ribadita la necessità ed urgenza di obiettivi vincolanti, sulla scia di quanto contenuto nella “Relazione sulla tabella di marcia per l’energia 2050” della Commissione Itre, già approvata in plenaria la scorsa primavera (marzo 2013).

LA VOCE DEGLI AMBIENTALISTI. Tra i commenti alla seduta di ieri anche quelli di varie associazioni ambientaliste, da sempre in prima linea nella lotta all’inquinamento e al cambiamento climatico. Jason Anderson, responsabile clima ed energia presso la sede politica europea del gruppo WWF, ha sottolineato che “solo obiettivi vincolanti possono fornire un sufficiente livello di fiducia degli investitori nei settori dell’energia e dell’efficienza energetica verde dell’UE”.

L’APPELLO DI ITALIA, FRANCIA, GERMANIA, AUSTRIA, BELGIO, DANIMARCA, IRLANDA E PORTOGALLO. Ricordiamo inoltre che solo qualche giorno fa – mercoledì 8 – i ministri dell’energia e dell’ambiente di Italia, Francia, Germania, Austria, Belgio, Danimarca, Irlanda e Portogallo avevano inviato una lettera congiunta indirizzata a Connie Hedegaard, commissario UE per il clima, e Guenther Oettinger, commissario UE per l’energia, richiedendo a gran voce che l’Unione europea si ponesse un obiettivo vincolante sulle energie rinnovabili entro e non oltre il 2030. “Fissare un obiettivo vincolante al 2030 per l’uso di energie rinnovabili aiuterà a tagliare la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, facendo aumentare l’occupazione e la crescita economica”, scrivevano i ministri nella loro missiva.

DIVERSA LA POSIZIONE UK. Voce fuori dal coro è stata quella del Regno Unito, che – come ribadito dal segretario britannico per l’Energia e il Climate Change, Ed Davey, per il 2030 ha richiesto un unico obiettivo sul taglio dei gas serra.

PROSSIMI PASSI. Ora si attende la data del 22 gennaio, quando l’esecutivo comunitario presenterà le sue proposte sul cosiddetto “pacchetto clima ed energia” per il 2030.

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EUROPA CREATIVA (2014-2020)

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