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SALVIAMO IL CENTRO ANTIVIOLENZA DI TOR BELLA MONACA


Facciamo in modo che questo sfratto venga bloccato e il centro continui a vivere.




La Botta: Santoro racconta le piazze di spaccio romane di Ponte di Nona e Tor Bella Monaca

Roma come Napoli, Tor Bella Monaca come Scampia, l’inchiesta trasmessa da Rai2 mostra il livello di degrado raggiunto dalle periferie della Capitale.

Un servizio destinato a rimanere negli annali del giornalismo di inchiesta quello mandato in onda ieri sera, 15 dicembre, su Rai2, nel corso della seconda puntata della trasmissione Italia condotta da Michele Santoro. Il video, facilmente reperibile sul sito serviziopubblico.it e di cui forniamo un’anticipazione, mostra senza alcun tipo di censura, il degrado, l’abbandono e la miseria in cui versano alcune periferie romane. Luoghi come #Tor Bella Monaca, #Ponte di Nona e San Basilio, divenuti delle vere e proprie ‘nuove Scampia’, dove ci sono piazze di spaccio a cielo aperto e i pusher si lasciano intervistare mentre confezionano dosi di cocaina ed eroina, oppure ‘pippano’ indisturbati anche in mezzo alla strada.
Il contenuto dell’inchiesta

La seconda puntata di Italia si apre con le immagini che arrivano da Ponte di Nona, quartiere dormitorio costruito in spregio di qualsiasi piano regolatore fuori dal Grande Raccordo Anulare a Roma Est, vicino al solito, immenso, centro commerciale. Siringhe, sporcizia e perquisizioni dei Carabinieri. Ad un certo punto, l’inviata santoriana Francesca Fagnani, appostata con un collega nei pressi di una piazza di spaccio, viene avvistata dalle vedette (bambini, minorenni e persino madri con le carrozzine) e minacciata ripetutamente da uno spacciatore: “Te la ficco in c… la telecamera”.

Immagini quasi ‘normali’ per chi abita le periferie della Capitale, ma che sembrano tratte direttamente da ‘Gomorra’. E, infatti, a discutere in studio col conduttore c’è proprio Roberto Saviano, autore dell’omonimo best seller da cui sono stati tratti un film e una serie di grande successo. Ed è proprio Saviano a certificare che il ‘modello Scampia’ è stato fotocopiato anche a Roma, reso possibile dall’assenza totale delle istituzioni. “Dire che non c’è mafia a Roma è una follia – afferma lo scrittore napoletano – la droga nelle periferie romane arriva dai cartelli calabresi, campani e siciliani”. Chiacchiere a parte, comunque, a parlare sono le immagini e l’umanità ‘corrotta e piegata’ che abita quei luoghi.

Esemplare è la storia di Dario (condannato a 6 anni di carcere) e della madre, una famiglia di spacciatori per necessità. Uniche anche le interviste ‘volanti’ fatte ad alcuni dei molti ragazzi costretti agli arresti domiciliari, ma disposti a tutto, alla galera ma anche a morire, pur di fuggire da quell’inferno. Da Pulitzer l’intervista strappata alla madre e alla ex compagna di un ragazzo pregiudicato ucciso in strada dall’ex marito di lei, imbottito di cocaina, morto anche lui nel conflitto a fuoco. Un altro mondo rispetto a quello patinato raccontato dalle tv.
Aloha ‘pippa’ in strada a Tor Bella Monaca

Altro quartiere, ma stesse scene a Tor Bella Monaca. Qui l’inviata Dina Lauricella entra in confidenza con un certo ‘Aloha’, un personaggio di certo molto conosciuto in zona e nell’ambiente, che non si fa problemi ad aprire un ‘pezzo di coca’ e farsi una sniffata in mezzo alla strada, davanti a decine di persone di ogni età. Sempre a ‘Torbella’, non si sa come, la Lauricella viene invitata a casa di alcuni spacciatori incappucciati che, tranquillamente, raccontano come funziona il mercato della cocaina e della ‘robba’ (eroina ndr) mentre preparano con mani sapienti le dosi, i ‘pezzi’ appunto’, destinati alla vendita. “Qui si spaccia per fame, non per soldi”, dicono. E forse non hanno tutti i torti. #La Botta

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TorPiùBella

NottInSogni
6 incontri in cui sognare un quartiere diverso… per poi realizzarlo.

NottInSogni sono le Notti che vorremmo vivere in questo quartiere; oggi desolato, chiuso in sè stesso e incapace di narrare e immaginare una realtà diversa.
Siamo partiti dalla volontà di sradicare una convinzione: “a Tor Bella Monaca si può solo dormire”. Quando si riesce a dormire! Perchè le notti dell’oggi sono insonni, passano con le pale degli elicotteri che fendono l’aria, dei fumi tossici dei cassonetti, sempre traboccanti di immondizia.
E allora se le notti sono insonni perché non passarle insieme, a riflettere su ciò che siamo e su ciò che potremmo essere e a guardare oltre le nostre torri, capendo i problemi e cercando le soluzioni.

PARTECIPO DUNQUE SONO

Venerdì 9 settembre 2016 ore 21 Parco di via Cigola
Cos’è Tor Bella oggi? Quali sono i suoi punti di forza e quali invece i lati da curare?
In questi mesi se lo sono chiesto gli studenti dell’Università de La Sapienza coordinati dal prof. Carlo Cellamare mappando il quartiere secondo 5 aree tematiche. I lavori di quella ricerca saranno esposti agli abitanti affinché dalla conoscenza del quartiere possa nascere la volontà di custodire e di impegnarsi per esso; in una parola partecipare.

Ne parleremo inoltre con Simone Budini docente di Filosofia Politica alla Pontificia Salesiana, Emiliano Sbaraglia professore presso la scuola di via dell’Archeologia e Gervasio Capogrossi, segretario CGIL Roma Est Valle dell’Aniene.

TorPiùBella

Partenza alle 10:30 di sabato 10 Settembre dal parco di Via Cigola per un viaggio attraverso i secoli alla scoperta di una Tor Bella Monaca meno nota.
Dalle fondamenta dell’Antica Roma fino alle torri attuali erette negli anni ’80 passando per la storia medievale. Una narrazione diversa, una riscoperta delle nostre radici per guardare un quartiere diverso!
Le nostre guide saranno Carlo Cellamare, Michela Rustici e Francesco Montillo.




Geografia commossa della periferia

La pulizia autorganizzata di palazzi e aree verdi, la biblioteca autogestita, il centro sociale El Chè(ntro) e lo spazio culturale Cubolibro (foto). Bisognerebbe ripensare la periferia romana, a cominciare da Tor Bella Monaca – di cui molti si sono “occupati” improvvisamente in questi giorni per “analizzare” i risultati elettorali -, fuori dagli stereotipi e dai luoghi comuni.
A dir la verità, a me non è mai piaciuta molto la periferia romana, ma penso che sia un dovere civile, soprattutto per chi lavora in un’università romana, occuparsene.

La periferia romana è una città vasta, faticosa, complicata e non propriamente “bella”. A tratti repulsiva. In particolare se confrontata con il centro storico che, come si sa, una sua bellezza ce l’ha, anche se è un luogo non meno complicato e per altri versi problematico. Ho imparato però col tempo a conoscerla e penso anche che sia un importante terreno di lavoro e di coinvolgimento, soprattutto per chi si occupa di ricerca e vive in questa città. L’Università non può essere un luogo autoreferenziale e in sé concluso, ma si deve impegnare nella propria città, nel proprio territorio, a servizio della propria città e degli abitanti che ci vivono. A Roma l’Università si occupa troppo poco di Roma. Ed è spesso una ricerca “dalla distanza”, fatta sui dati statistici, sulle mappe, su informazioni indirette.

Per fare una buona ricerca bisogna invece andare sul campo. Sul campo si capiscono molte più cose. Seguendo la vita quotidiana, parlando con le persone, incontrando chi vi svolge attività e servizi, conoscendo i conflitti, studiando le pratiche urbane, partecipando delle situazioni vissute si può conoscere molto meglio la realtà e si può accedere anche all’invisibile, a quelle dimensioni immateriali e simboliche che non si vedono a occhio nudo, ma solo partecipando della vita quotidiana, e che spesso sono i fatti più rilevanti, anche per un urbanista, anche per fare una buona progettazione o riqualificazione (ormai sempre attenti a non usare termini che diventano mode o slogan, come l’incipiente “rigenerazione urbana” o la “smart city”). Bisogna costruire un rapporto empatico col territorio e con gli abitanti, anche se questo non significa lasciarsi “annebbiare la vista”, ma mantenere sempre uno sguardo attento e critico. E così camminare è un modo per conoscere, per praticare un luogo, per esplorare, per fare esperienza, per entrare nella dimensione dei vissuti. Con una certa soddisfazione ho sentito dire recentemente a un mio tesista: “Effettivamente, ho fatto la mia tesi con i piedi …”.

Per governare una città bisogna conoscerla, ma conoscerla dal di dentro. E questo vale anche per lo studio e la ricerca. Da alcuni anni, sto cercando di conoscere e partecipare la periferia romana, con tutte le sue ambiguità e contraddizioni.

Ho conosciuto la periferia abusiva, anzi ormai la periferia “ex-abusiva”, anche se della città abusiva ne rimangono tutti i caratteri, così emblematica della realtà romana, una realtà con mille ambiguità e contraddizioni. Ho studiato le “centralità”, i centri commerciali e i nuovi quartieri esplosi a partire dalle amministrazioni di centro-sinistra Rutelli e Veltroni.

Ho conosciuto altre periferie, ma alla fine ho pensato che bisognava conoscere le realtà più problematiche e così sono andato a Tor Bella Monaca. Non ringrazierò mai abbastanza i nostri dottorandi che studiano e ci fanno conoscere dal di dentro tante realtà diverse della città (in questo caso non ringrazierò mai abbastanza Francesco Montillo che ci ha fatto conoscere Tor Bella Monaca e i suoi abitanti).

Tor Bella Monaca è un quartiere di circa 30-35.000 abitanti e, per il suo carattere di edilizia economica e popolare, costituisce quindi una concentrazione quasi massiva del disagio sociale e del disagio abitativo: mancanza di lavoro, bassi redditi, economia illegale, spaccio della droga, alta concentrazione di persone agli arresti domiciliari, la più alta concentrazione di persone con disabilità a Roma, elevato abbandono scolastico, degrado fisico degli edifici, carenza di aree verdi attrezzate a fronte di una grande disponibilità di spazi verdi , ecc. Alla ghettizzazione corrisponde anche un’immagine stereotipata, molto diffusa in tutta la città, ma a cui fa da contraltare, come è ovvio che sia, una realtà molto più complessa, articolata e ricca, che si rilegge nella quotidianità della vita ordinaria e che gli stessi abitanti tentano di restituire a se stessi e alla città. D’altra parte, oltre agli innegabili problemi, è anche un luogo molto vitale, ricco di iniziative, di protagonismo sociale, di potenzialità e risorse, di produzione culturale (in particolare nel campo della musica) che in genere dall’esterno non vengono minimamente percepite.

Per evidenziare la complessità della situazione e la problematicità dei vissuti quotidiani, basti pensare alla difficoltà di vivere gli spazi pubblici, sebbene presenti all’interno del quartiere. Lo spazio pubblico è il luogo conteso dagli abitanti allo spaccio, rappresenta il luogo della lotta quotidiana con la droga. Per questo è spesso un luogo non piacevole, da evitare; e contemporaneamente il luogo da riconquistare.

Tor Bella Monaca è il quartiere “pubblico” meno “pubblico” che abbia mai conosciuto. La percezione della distanza delle istituzioni e dell’amministrazione pubblica non è così forte altrove come qui. La percentuale di occupazioni, la mancanza di manutenzione, la pulizia autogestita (e non “pubblica”), le morosità e la deregulation a tratti totale, la mancanza di presidi, la mancanza di interlocutori a cui rivolgersi o che ti rispondano, la mancata riassegnazione delle case lasciate libere fanno di questo posto l’emblema dell’assenza del “pubblico”. Se non ci fossero gli edifici a testimoniare che il “pubblico” c’è, o ci sarebbe, o una volta c’è stato.

Tanto più sono luoghi disertati dalla politica, che ha lasciato il campo delle periferie ormai da molti anni ed è venuta meno alla sua funzione fondamentale di mediazione tra i territori e i luoghi della decisione, del governo.

In questa situazione emergono con forza, purtroppo, la rabbia, il senso di abbandono, la necessità di autorganizzarsi. Si struttura, come d’altronde in tanti altre parti di Roma, la città fai-da-te, con tutti i pro e contro che questo comporta, perché questo significa conflitti, fatica di vivere, messa in crisi della solidarietà. Se, da una parte, vediamo processi di riappropriazione, dall’altra la legge del più forte rischia di essere sempre sull’orizzonte di vita delle persone.

Allo stesso tempo, frequentando questi quartieri ed in particolare Tor Bella Monaca, ho conosciuto alcune realtà che io ritengo eccezionali, smentendo radicalmente quell’immagine così negativa ed omologante che spesso se ne ha o che i giornali o altri mass media o molti politici hanno convenienza a mostrare.

A Tor Bella Monaca, nonostante la maggior parte degli abitanti (eccetto i morosi, ovviamente) pagano con l’affitto una quota destinata alla pulizia delle scale e alla manutenzione degli spazi comuni, la manutenzione e la pulizia delle scale non viene fatta. Ed è già questo un fatto grave. Gli abitanti si sono quindi organizzati per provvedere in autonomia (nonostante se ne parli male, si tenti di trasmettere l’immagine generalizzata di persone violente e “degradate”). Generalmente le famiglie si organizzano per scale, si autotassano (per quello che possono), raccolgono i soldi e li utilizzano per pagare una persona (possibilmente della stessa scala; almeno è un’economia che va a vantaggio degli abitanti) che provveda alla pulizia della scala. Ancor più complicato è autorganizzarsi per provvedere alla manutenzione degli spazi comuni ed in particolare delle aree verdi. Però, nonostante tutte le difficoltà, ci riescono. E così scopri che una torre con 75-77 appartamenti (ben 75-77!) si riesce ad organizzare e tiene in condizioni esemplari la propria area verde. Uno sforzo non indifferente e un’impresa eccezionale.

Non meno eccezionale è l’impegno dell’associazione Tor Più Bella nella zona di via Santa Rita da Cascia o di un gruppo di abitanti particolarmente agguerriti nella zona di via San Biagio Platani. In entrambi i casi (ma non sono gli unici) gli abitanti fanno una battaglia quotidiana per mantenere la qualità e curare e rendere fruibile a tutti alcuni spazi condominiali, gli spazi pertinenziali, alcune aree verdi e persino i parchetti vicini, abbandonati dal Comune, dal servizio giardini e dagli altri soggetti istituzionali che dovrebbero occuparsene. Si tratta di una battaglia quotidiana perché significa fronteggiare quotidianamente lo spaccio della droga che tende a colonizzare e a degradare lo spazio comune (distruggere i lampioni, eliminare le luci, rovinare i portoni per lasciare passanti gli accessi, ecc.) per poter svolgere liberamente i propri traffici illeciti. È una battaglia quotidiana (e gli abitanti utilizzano espressioni proprie di uno stato di guerra) e spesso assume forme molto violente, dove in gioco è l’incolumità delle persone.

Se l’espressione non suonasse troppo romantica, apologetica o altisonante, non esiterei a considerare queste persone “eroi della vita quotidiana”, e a cui varrebbe la pena consegnare “medaglie al valor civile”, per l’enorme lavoro di ricostruzione di condizioni di socialità e di spazi di servizio per il territorio e le comunità locali. Mentre spesso si tratta di persone considerate “fastidiose” e “pericolose” per le istituzioni, per la loro capacità critica e per la denuncia delle disfunzioni, e per questo paradossalmente poste sotto controllo dalla Polizia. Chi dovrebbe essere aiutato è controllato.

Così scopriamo che a Tor Bella Monaca c’è una dei licei scientifici migliori di Roma, con un enorme bacino di utenza nella periferia orientale, con una dotazione di laboratori e attrezzature da fare invidia a un liceo della “città borghese”, con un preside, uno staff e un gruppo di professori molto impegnati e di qualità. La scuola, nella periferia romana, è il primo vero (se non l’unico) presidio di “pubblico”.

Analogamente c’è un grande lavoro del locale sindacato Asia, con Maria Vittoria e molte altre persone molto impegnate, con una presenza fondamentale sul territorio, rispetto alla quale le istituzioni pubbliche non reggono minimamente il confronto. Si occupano del problema della casa, delle assegnazioni, di scoraggiare occupazioni abusive fatte solo per interesse e per traffici a favore del mercato nero e di sostenere invece chi ne ha effettivamente bisogno (segnalando anche all’Ater e al Comune quando le case risultano vuote o inutilizzate, ma non vengono riassegnate). Un lavoro quotidiano molto oneroso.

Così come bisogna segnalare il lavoro del centro sociale El Chè(ntro), ma soprattutto di Claudia e del Cubolibro (leggi anche Il cubo magico di Tor bella Monaca). In tutto il quartiere di Tor Bella Monaca (30-35.00 abitanti, con la presenza del Municipio e di altre strutture pubbliche), un quartiere appunto tutto “pubblico”, non esiste la biblioteca comunale. Un gruppo di persone, soprattutto giovani, ha pensato bene quindi di mettere in piedi una biblioteca “pubblica”, anche se fatta da “privati”, raccogliendo donazioni, anche dagli stessi abitanti. Fornisce libri e sostiene i bambini nelle attività extrascolastiche. Ovviamente potrebbe essere considerato “irregolare”, ma è l’unico servizio “pubblico” di questo tipo. E così si scopre che a Roma esiste una rete di biblioteche autorganizzate (con proprio sito, ecc.), e che addirittura svolgono il prestito interbibliotecario. Si tratta di prospettive eccezionali, soprattutto se confrontate con l’assenza del “pubblico”.

Eppure, poiché si tratta di realtà un po’ “irregolari”, vengono perseguiti o controllate o tenute sotto pressione (sull’onda delle recenti disposizioni del Commissario al Comune). È veramente una situazione paradossale. Piuttosto che sostenute per il servizio che svolgono, spesso sostitutivo delle assenze pubbliche, vengono perseguite.

Tutte queste realtà sono spesso invece presidio di civiltà e di solidarietà.

Forse bisognerebbe ripensare totalmente la periferia romana, il cuore della città, fuori dagli stereotipi e dai luoghi comuni, da una conoscenza generica e preconcetta. Forse bisognerebbe guardare con occhi diversi a questo mondo della periferia romana, così articolato e complesso, soprattutto dal suo interno. E scoprire una quantità di risorse, impegno e progettualità che è la sua potenzialità di riscatto e la reale prospettiva di cambiamento.

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Periferie giovedì 26 maggio parliamo noi

Periferie: adesso parliamo noi

26 maggio 2016 – ore 16.00 Città dell’Altra Economia

Largo Dino Frisullo-Testaccio

PRESENTAZIONE
I Perché del Parliamo Noi: valutazioni e risposte Pino Galeota

INTRODUZIONE
Riconoscere le Comunità territoriali nella città policentrica Roberta Cipollini
Un Quadro di lavoro condiviso e vocazionale Francesco Truglia
La centralità dell’Animazione sociale e delle Comunità locali Eugenio De Crescenzo
CONTRIBUTI
Prima le Persone Pasquale De Muro
Riorganizzazione della Governance Alfredo Fioritto
Mettere mano all’organizzazione Comunale Luca Lo Bianco
Coesione sociale e comunità territoriale Carlo Cellammare
Le opportunità delle reti Stefano Panunzi & Federico Canoppia
Il verde urbano fattore di sviluppo e di inclusione Roberto Pallottini
Legalità e sicurezza: quale e come Maurizio Fiasco

Coordinamento Periferie: Corviale, Statuario Torbellamonaca, Torpignattara, Torrespaccata

“Le attivita dei diversi settori Istituzionali devono cooperare e promuovere partecipazione e socialità.

La legalità e la sicurezza urbana non si costruisce con l’intervento esclusivo della Magistratura e delle forze dell’ordine ma realizzando opere e progetti che aiutino a ridurre le situazioni di marginalità e disagio sui territori.

Si tratta in sostanza di costruire una migliore qualità della vita,

con migliori relazioni interpersonali e maggiore vivibilità dello spazio urbano.

Agli interventi assistenziali debbono essere affiancate attività sul territorio che riescono a realizzare migliori livelli di socialità, attuando politiche di prevenzione del disagio ed accompagnando i soggetti più deboli verso una piena inclusione della realtà che li circonda.

Per le istituzioni si apre così uno spazio inedito che mette i servizi sociali in relazione alla cultura,

all’urbanistica, alla difesa dell’ambiente, alla sicurezza….e alla legalità.”

Maurizio Bartolucci Roma Sicura 1998

Nel corso di questi anni, salvo rare e positive eccezioni, abbiamo assistito al connubio periferie uguale emergenze. La risposta è sempre stata, nel migliore dei casi, una mera amministrazione del problema. Spesso con interventi che avevano il solo scopo del ripristino di sicurezza e legalità e quindi senza nessuna capacità progettuale di indirizzo e di scelta che avesse l’orizzonte lungo e work in progress per la città del futuro. Le periferie, vecchie e nuove, in questi anni hanno subito mutazioni, cambiamenti, migrazioni che non conosciamo. Un fiato corto che relega il tema da affrontare al come “sedare” conflitti, esplosioni e violenze che di volta in volta si verificano. Una risposta emergenziale che non giunge mai al come intervenire. Programmazione, pianificazione, inchiesta, analisi dei territori sono concetti ormai, da tempo, non frequentati pur essendo essenziali per la rigenerazione urbana di cui tanti parlano. Noi ci siamo conosciuti sul campo nel marzo 2015 quando organizzammo 50 piazze contro le mafie, purtroppo unica e pubblica risposta a mafia capitale. E’ da questo rapporto che abbiamo condiviso la necessità di dire la nostra sul tema periferie. Nella nostra proposta quei concetti li abbiamo usati e declinati avendo ben presente che il cambio di paradigma che riteniamo necessario e urgente richiede disponibilità culturale, conoscenza delle situazioni, condivisioni e assunzioni di responsabilità. Nel nostro dna c’è la consapevolezza della necessità di collaborare insieme istituzioni, società civile e settori produttivi a forte valenza sociale. Concetti che ci hanno consentito di cooperare e di incontrare altre competenze e passioni che esistono e che ci hanno arricchito. Inviteremo i candidati sindaci a venire ad ascoltare perché le valutazioni e il “da fare” spetta a loro. Affermiamo che su questi contenuti c’è la nostra disponibilità alla collaborazione, con chiunque sarà eletto o sarà all’opposizione.

Il racconto delle periferie

Corviale, Statuario, Torbellamonaca, Torpignattara, TorreSpaccata




Ecco l’altra Torbella

Miglior differenziata, libri, club e fai-da-te. E ora riapre il teatro.
Alemanno la voleva abbattere, migliaia di abitanti si danno da fare per staccarsi l’etichetta di Bronx.
È la Tor Bella Monaca che non t’aspetti quella che si svela dietro il grigiore delle torri “M” e “R” che scalano il cielo con quindici piani e migliaia di inquilini. È l’altra faccia di una periferia conosciuta come il “Bronx capitolino”, il porto franco dell’illegalità, ma con record ed eccellenze sconosciute ai più.

È il quartiere con la più alta percentuale di raccolta differenziata: nel 2015 ha raggiunto il 55% e oltre il 35 lo ha fatto grazie al porta a porta. Ha la popolazione più giovane della città, un tasso di matrimoni civili tra stranieri — se ne celebrano oltre 200 ogni anno — che non ha eguali negli altri municipi, ha un solo istituto di credito — la Bcc di via Aspertini — per circa 30mila abitanti con il bancomat più utilizzato di tutte le filiali del gruppo in Italia, una biblioteca “Marie Anne Erize” di 4.500 volumi “l’ha patrocinata — racconta la presidente Stefania Catallo — l’ambasciata francese e argentina, qui si possono scoprire Proust, Moravia, la letteratura russa e americana”. Benvenuti nell’altra “Torbella”, così l’apostrofano i romani.

Nel quartiere simbolo dell’associazionismo dove molti si rimboccano le maniche e provano a fare piuttosto che recriminare. “Sono 80 i comitati attivi nel quartiere — ci tiene a ricordare il presidente del municipio VI, Marco Scipioni che a Tor Bella Monaca è nato e cresciuto — trovi giovani, anziani, immigrati, attivisti e artisti che lottano per trasformare quello che per molti è un ‘non-luogo’ scollegato dalla città in una fucina di idee e iniziative”. Le mamme del comparto R5 a suon di volantinaggi sono riuscite a far riaprire lo scorso 30 maggio le porte della ludoteca ‘Il sommergibile giallo”. Al centro anziani ‘Ai pini’ incontri la popolazione più longeva di Roma, il più anziano ha 108 anni.
Tor Bella Monaca, i record buoni del quartiere
E tra loro ci sono anche i fondatori della Bcc filiale di Tor Bella Monaca che hanno avuto il coraggio di fondare una cassa cooperativa in un territorio dove nessuno ha mai voluto investire. Troppo rischioso aprire in questa borgata considerata il fortino dello spaccio, l’enclave malata dove i problemi mai risolti da decine di amministrazioni si sono accumulati negli anni insieme alle risse, alle occupazioni abusive, al disagio sociale. La Bcc invece nel ‘92 ha sfidato gli eventi e oggi conta 10mila correntisti. “È la sede — racconta il direttore Andrea Fucili — con più clienti di tutta Roma. Carichiamo i due bancomat ogni giorno, perché quello dopo già sono completamente vuoti”. La fama di borgata inquietante, Tor Bella Monaca prova a cancellarla anche con il suo teatro — qui ha recitato tutta la nouvelle vague di talenti romani — che a marzo alzerà di nuovo il sipario.

Uno spazio che accoglie anche le performance artistiche delle scuole come quelle dell’istituto Amaldi, fiore all’occhiello dell’istruzione romana dove iniziano a iscriversi anche ragazzi di altri quartieri. Finita quasi sempre sui giornali per i blitz anti-spaccio e per il progetto dell’ex sindaco Alemanno di buttar giù i palazzoni, provando così anche a cancellare la vergogna dell’urbanistica sbagliata degli anni Sessanta; Torbella è un territorio che prova a riscattarsi con il fai-da-te. Franco Appettito, titolare della ferramenta in via Amaretta, non ne poteva più di vedere quella
grossa buca aperta nell’asfalto di via Villabate così “ho donato — dice — per amore del quartiere 10 sacchetti di cemento e la manodopera di due operai per chiudere quel cratere che nessuno riusciva a sistemare”. C’è una grande vivacità dietro le finestre opache di un quartiere spesso dimenticato. E come nei film di Kieslowski, la bellezza delle esistenze colora anche i più grigi e anonimi casermoni di periferia.

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