1

Repair Café: qui ci si incontra per dare seconda vita agli oggetti

C’è chi arriva con il computer rotto, chi con la bicicletta o con un vecchio mobiletto da aggiustare, chi con una giacca da cucire o con un elettrodomestico che non funziona più. Ci si incontra davanti ad una tazza di caffè, scambiandosi informazioni e riparando insieme, si ritorna a casa con gli oggetti come nuovi.

Qualcuno di voi conosce i Repair Café? Io fino a poco tempo fa non ne conoscevo l’esistenza, sino a quando ad Innsbruck, durante il Premio Ambiente Euregio, ho avuto il piacere di incontrare Michaela Brötz che insieme alla sua associazione ha fondato i repair café in Tirolo durante i quali sono stati riparati quasi cinquemila oggetti!

Ecco cosa mi ha raccontato Michaela Brötz dell’incredibile esperienza dei Repair Café in Tirolo:
Come è nato il vostro progetto Repair Café?

Ho sentito parlare del Repair Café da un amico di Germania e l’idea mi è piaciuta subito. E bevendo un caffé con mia amica Roswitha, che sa cucire molto bene, abbiamo deciso di trovare altri persone interessate.

Per mia sorpresa non era un problema di trovare elettricisti, esperti di computer, meccanici per bici. Molte persone cercano un impegno, attività alternative.

L’8 Marzo 2014 abbiamo organizzato nostro primo Repair Cafe nel paesino di Pill (vicino a Innsbruck). Avevamo previsto 30-50 persone ma ne sono arrivate più di 150. Un successo grandioso con una reportage nella Tiroler Tageszeitung.

Dopo questa esperienza ci hanno contattato altre persone interessate a fondare altri Repair Café in Tirolo. Per questa ragione abbiamo costituito una piccola organizzazione, la Tiroler Bildungsforum (associazione indipendente per l’educazione).

Quanti e quali oggetti avete riparato fin ora?

Dall’ 8 Marzo 2014 fino ad oggi abbiamo riparato quasi 4800 oggetti. Vestiti, bici, computer, elettrodomestici, mobili …. tutto quello che si può portare. Non mi viene in mente nulla che non abbiamo ancora riparato!

Certo ci sono riparazioni che mi ricordo molto bene:

Al primo Repair Café che abbiamo organizzato, ad esempio, è venuta una donna anziana con un videoregistratore. Aveva almeno 80 anni. Io lavoravo all’entrata e quando la signora ritornava dal laboratorio le ho chiesto: “tutto a posto?” “No, mancava un elastico” mi ha risposto lei.

La mia proposta allora è stata: “Signora, ritornate in maggio, è il nostro prossimo Repair Café, lo ripareremo insieme.” “No” – disse lei – “gli esperti mi hanno mostrato come farlo. Comprerò l’elastico e lo farò da sola.”

Questo significa che i Repair Cafe non sono punti di servizio, ma occasioni per lavorare insieme e momenti di incontro.
Quante persone sono coinvolte e come funziona in pratica?

In un Repair Cafe lavorano almeno 4 ellettrici, 1 esperto per computer, 1 esperto Allround (per bici, mobili i meccanica), 2 biancheristi, 2 persone nel café, 1 persona alla entrata e una persona per l’organizzazione nel café.

In questo modo abbiamo organizzato 35 repair café in varie città e paesini, offrendo un buon servizio in tutto il Tirolo.

Non abbiamo un Team ma lavoriamo con ospiti locali che cercano esperti locali. Aiutiamo con il “marketing”, con l’organizzazione, con il coordinamento delle iniziative.
Obiettivi raggiunti e progetti futuri?

Obiettivi raggiunti: esiste un Repair Cafe in ciascuno dei 9 dipartimenti del Tirolo, da Lienz al Est fino a Landeck al Ovest. C’è un Repair Café quasi ogni settimana in un angolo di Tirolo.

Abbiamo trovato 450 volontari, tra esperti e ospiti, una cifra grandiosa!

Certo abbiamo vinto il Umweltpreis 2015 e siamo stati in televisione 3 volte, un eco grandioso!

Ma sopratutto i tirolesi amano i Repair Cafe e vengono con piacere i con diversi oggetti da riparare.

Quest’anno voglio mobilitare i giovani. Hanno quasi dimenticato che cosa significhi ‘riparare’? Per questa ragione lavoriamo con scuole. Un proggetto é la ‘ErklärBAR‘ – una tavola dove giovani possono aiutare a spiegare i nuovi media (SMartphone, Digicam, Laptop …) a persone più vecchie. I giovani amano di aiutare e questo é una ottima possibilità.
Se i nostri lettori volessero organizzare un Repair Café, da dove consigli di iniziare?

È davvero semplice fondare un Repair Cafe. Avete bisogno di volontari e di una location adatta, con elettricità dove poterlo realizzare. Finora abbiamo organizzato i nostri Repair Cafe in alberghi, scuole, in un campo profughi, all’aria aperta, in centri d’incontro giovanile, in un teatro, in un FABLAB, in un negozio… ognuno di questi spazi va bene!

Esiste un sito web al quale ci si può registrare (www.repaircafe.org) e avere diverse informazioni. Ci sono già alcune esperienze di Repair Cafe in Italia (ad esempio a Merano e a Pavia) e posso rispondere ai vari dubbi di chi vuole organizzare il suo primo repair café (scrivete a repaircafe@tsn.at).

I primi Repair Café sono nati in Olanda dall’idea di una ex giornalista diventata mamma, Martine Postma, che ha fondato la Repair Café Foundation.

Dalla consapevolezza della quantità di cose che quotidianamente buttiamo anche se ancora recuperabili, nascono così questi luoghi di incontro tra chi ha le abilità di riparare oggetti di ogni tipo e piccoli elettrodomestici e chi preferisci aggiustarli che buttarli.

Si sorseggia un caffè e nel mentre qualcuno ti aiuta ad aggiustare la bici o il computer.

Inutile dirlo, questo è uno di quegli esempi virtuosi che nascono dal basso e sono in grado di portare un cambiamento positivo alla società che ci piacciono tanto e che amiamo raccontare. I

Repair Cafè stanno nascendo anche in Italia e in Europa si diffonde sempre di più uno stile di vita anti-spreco nel quale gli oggetti ottengono una seconda vita grazie alla valorizzazione dell’artigianalità in un contesto sociale di incontro e amicizia.

link all’articolo




Vuoti a rendere nei supermercati in cambio di sconti e bonus

Ridare una nuova vita alle bottiglie vuote di vetro, plastica e ai contenitori di alluminio – incrementando così la raccolta differenziata – e avere in cambio un ritorno economico immediato, sotto forma di bonus o sconti.
Il sistema si chiama «vuoto a rendere», già realtà in alcuni territori (soprattutto all’estero) e che presto potrebbe essere attuato anche a Roma. Lo prevede una delibera che verrà presentata a settembre ed è firmata dal consigliere capitolino, Dario Nanni, che ha già avviato i primi confronti con le catene di distribuzione (in alcuni casi hanno già dato la loro disponibilità).
In pratica funzionerà così: una volta effettuato l’acquisto, il cliente restituirà il vuoto (che può essere una bottiglia o un contenitore di vetro, plastica e alluminio) allo stesso supermercato in cui è stato comprato il prodotto. Al momento della restituzione, al cittadino verrà corrisposto un bonus che avrà pieno valore economico oppure uno sconto o punti per le promozioni da riutilizzare nello stesso rivenditore in cui si è acquistato il prodotto, anche in un’ottica di fidelizzazione del cliente. I titolari delle catene di distribuzione che vogliono aderire al progetto stipuleranno con Roma Capitale una convenzione, impegnandosi ad attivare virtuosamente la filiera di recupero e riutilizzo dei vuoti in di vetro, plastica, alluminio, acciaio.
GLI ACCORDI
La convenzione fisserà il valore economico del bonus che sarà corrisposto ai consumatori al momento del reso. Vantaggi previsti non solo per i clienti, ma anche per gli stessi esercenti, che potranno usufruire di una riduzione della tariffa rifiuti. «Il quantum delle agevolazioni – si legge nella bozza di delibera – sarà determinato nell’ambito della convenzione e sarà comunque proporzionato alla quantità di rifiuti riutilizzati e riciclati». I diversi supermercati ed esercizi che aderiranno alla convenzione dovranno trasportare il materiale raccolto e pronto per il trattamento nei consorzi di riciclaggio. L’amministrazione, a sua volta, stilerà un regolamento che disciplini l’attuazione del sistema su tutto il territorio. Previsto nel provvedimento anche una campagna di sensibilizzazione nelle scuole.
I NUMERI
«Con l’adozione di questo sistema ci sarà un risparmio stimato attorno al 50% dei costi che oggi come amministrazione sosteniamo per differenziare questi prodotti», spiega Nanni. che sottolinea anche l’obiettivo sotteso al provvedimento: «Contribuire all’aumento della raccolta differenziata nella nostra città, offrendo altre opportunità ai cittadini». Oggi la raccolta differenziata nella Capitale si attesta attorno al 38-40%. Nel dettaglio, nella delibera si evidenzia che «a Roma si producono circa un milione e 750mila di tonnellate di rifiuti, dei quali 665mila tonnellate viene differenziato». «La strada per arrivare a livelli d’eccellenza è un insieme di buone pratiche, a partire dalla drastica riduzione degli imballaggi, passando per un abbattimento degli sprechi, sino al riutilizzo totale di tutto ciò che viene differenziato. La delibera che presenterò va in questa direzione», conclude Nanni. Il provvedimento, per avere il via libera, dovrà essere discusso e votato dall’Aula Giulio Cesare. Passaggio che è mancato nel 2012, quando venne presentato un provvedimento simile.

link all’articolo




Dalla frutta sprecata nei mercati nascono borse in “pelle” e oggetti di design

“Questa borsa è fatta con 23 pesche e 18 prugne”. L’idea di 6 studenti di design di Rotterdam: utilizzando le tecniche dei cuochi per creare decorazioni con la frutta e la verdura hanno creato un nuovo materiale, la “fruitleather” ovvero “pelle di frutta”.
“Questa borsa è fatta con 23 pesche e 18 prugne”. È quanto si legge sull’etichetta del prototipo di borsa realizzata in “Fruitleather Rotterdam” (letteralmente “Pelle di frutta Rotterdam”), il materiale creato da un collettivo di studenti di design della Willem de Kooning Academie di Rotterdam recuperando gli scarti di frutta e verdura. In un solo giorno in uno dei mercati ortofrutticoli all’aperto della città vengono buttati via più di 3.500 chili di frutta e verdura ammaccata, marcia e quindi non più vendibile. Gli ortolani la considerano ‘rifiuto’ e quindi la gettano nei bidoni della spazzatura. “Ma il cibo non è spazzatura, bisogna solo trovargli un nuovo scopo”, dicono Hugo, Koen, Milou, Aron, Bart e Maaike che hanno usato le loro competenze per cercare una soluzione al problema dello spreco di cibo. “E l’abbiamo trovata in un manuale di cucina”, ammettono.
Non buttare, crea. È questo il principio a cui si sono ispirati i giovani designer, impegnati su temi sociali, per realizzare la “fruitleather”. Come hanno fatto? Hanno copiato la tecnica con cui i cuochi creano con la frutta e la verdura le decorazioni per i loro piatti. Una di queste prevede di schiacciare, cuocere e far seccare la frutta per creare fogli commestibili da utilizzare come guarnizione. Producendo questi ‘fogli’ su larga scala, i 6 designer hanno inventato un materiale che può essere usato per creare oggetti, come la borsa. L’obiettivo è “creare consapevolezza sul problema dello spreco di cibo – scrive il collettivo sul sito del progetto – e far capire che esiste una soluzione”. Ora i ragazzi puntano a lavorare insieme alle aziende per migliorare il materiale così da poter ampliare la gamma di prodotti realizzabili.

link all’articolo




Fare società riducendo i rifiuti

On line la mappa “salvacibo” del quartiere Vanchiglia di Torino.

Nell’ambito del progetto “Fare società riducendo i rifiuti”, il progetto co-finanziato dalla Compagnia di San Paolo volto a informare e attivare iniziative sul tema della riduzione dei rifiuti, Eco dalle Città ha svolto un’indagine rivolta a negozianti, bar e ristoranti del quartiere Vanchiglia per documentare il loro impegno nel limitare lo spreco alimentare.

L’indagine prende dunque il via da alcune semplici domande che hanno i seguenti obiettivi: da una parte, determinare le azioni intraprese dai commercianti per ridurre gli sprechi, sapere se i negozianti prendono misure concrete per ridistribuire il cibo invenduto a fine giornata (aderendo per esempio a piattaforme web come LastMinuteSottoCasa e NextDoorHelp oppure collaborando con il gruppo Foodsharing di Torino); dall’altra individuare quanto sia diffuso presso i ristoratori l’utilizzo della “vaschetta salvacibo”.

Risultato dell’inchiesta sul borgo torinese è stata la creazione di una mappa consultabile on line che verrà arricchita e aggiornata nel corso dei mesi del progetto. Il suo fine è ben preciso: in primo luogo condividere le informazioni raccolte con gli abitanti di Vanchiglia e con la Social Street di via Santa Giulia e dintorni, in secondo luogo attivare e strutturare azioni di recupero e ridistribuzione delle eccedenze alimentari sul territorio.

Allo stato attuale, ad essere mappate sono state 21 attività segnalate con tre colori diversi sulla base dei comportamenti più o meno virtuosi in merito al tema della oggetto dell’indagine:

con il colore verde sono evidenziate tutte le attività che intraprendono azioni concrete per evitare che il cibo invenduto diventi un rifiuto;

con il colore blu sono segnalate le attività che, pur mostrando interesse alla tematica, intraprendono iniziative solo se stimolate dal cliente

Con il colore rosso, infine, le attività che non hanno, ad oggi, attuato azioni per limitare lo spreco di cibo.

La mappa mostra sul quartiere Vanchiglia una situazione di sostanziale sensibilità al tema.
Si passa, infatti, da coloro che si preoccupano, per esempio a fine giornata, di ridistribuire il cibo invenduto tra parenti e associazioni di volontariato, a chi fornisce regolarmente la “vaschetta salvacibo” ai clienti che non hanno terminato il piatto ordinato. Non mancano tuttavia, anche se fortunatamente rappresentano una minoranza, attività commerciali che, per motivazioni diverse, non rientrano nell’elenco delle attività sostenibili sul tema dei rifiuti alimentari.

mappa

link all’articolo




Alimenti, Benvenuti-D’Orazi (Ecoitaliasolidale): da Corviale nostre iniziative contro sprechi

“Proseguono le nostre iniziative che associano l’ambiente al sociale e che sono finalizzate alla diminuzione dello spreco alimentare, attraverso programmi concreti nell’ambito della solidarietà e dell’informazione'”. È’ quanto dichiarano, quest’oggi nella Giornata Nazionale di prevenzione dello sprecoalimentare, Piergiorgio Benvenuti e Ida D’Orazi, rispettivamente Presidente Nazionale e Vice Presidente Organizzativo del Movimento Ecologista ECOITALIASOLIDALE. “Intanto è’ necessario esprimere apprezzamento ed ottimismo per quanto concerne le linee di semplificazione normativa che si dovrebbero concretizzare nel corso dei prossimi mesi grazie all’operato del Ministero dell’Ambiente, proprio in materia di donazione degli alimenti invenduti. A tal riguardo preannunciamo l’istituzione nell’Ambito di ECOITALIASOLIDALE dell’Osservatorio sullo spreco alimentare nelle principali periferie delle città’ italiane, lavori che termineranno con un dossier a livello nazionale”. “Intendiamo ricordare come lo spreco alimentare domestico, cioè il cibo ancora buono che finisce direttamente nei rifiuti, vale oltre 8 miliardi di euro, circa mezzo punto di Pil nazionale. Mentre l’Istat conta ormai più di 10 milioni di italiani che vivono, e si alimentano, in condizioni di povertà. Dunque il valore degli alimenti sprecati sarebbe pari a 800 euro a testa. Proprio lo spreco alimentare – proseguono Benvenuti e D’Orazi- è diventata un’emergenza planetaria visto che ogni anno nel mondo si getta via un terzo del cibo prodotto (1,3 miliardi di tonnellate, secondo i dati forniti dalla Fao). “La nostra Associazione in concreto a Roma – prosegue Benvenuti e D’Orazi- si sta organizzando per avviare in collaborazione con il Centro Sociale Anziani Corviale, la Cooperativa Corviale 2000 e gli operatori Farmer’s Market il Progetto “Conviviale a basso costo” per garantire attraverso un servizio di volontariato, la raccolta di generi alimentari, offrendo pasti a chi non ha un reddito sufficiente. Un esempio ambizioso e che coniuga una proposta innovativa e và ad aggiungersi alle tante attività che si svolgono nel centro anziani rafforzandone nel contempo elementi di grande importanza quali, partecipazione, solidarietà, coinvolgimento e familiarità. Non ultimo vorremmo dare un importante impulso – concludono gli esponenti di ECOITALIASOLIDALE- all’informazione con percorsi formativi gratuiti sul tema partendo proprio dai più giovani”.