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Rammendo delle periferie al centro del convegno di Fondazione Italcementi

“Rammendo e rigenerazione urbana per il nuovo Rinascimento” è il titolo del convegno promosso dalla Fondazione Italcementi in programma il prossimo 24 gennaio alla Fiera di Bergamo.

“Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l’energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee”.

(Renzo Piano)

È da queste considerazioni – e da un manifesto dell’architetto e Senatore Renzo Piano (leggi qui), che sarà presentato in anteprima in occasione del Convegno – che prende avvio l’appuntamento annuale della Fondazione Italcementi, chiamando alcuni dei protagonisti dell’impegno di analisi, progettazione e attuazione di politiche e iniziative volte a rigenerare le città e valorizzare le periferie urbane, a discutere e stimolare quella visione necessaria a innescare il nuovo Rinascimento, capace di ridefinire il tessuto delle città e di includere quelle classi sociali che attualmente vivono in modo conflittuale il processo di urbanizzazione.

Partendo dal contributo video di Renzo Piano, architetto e senatore a vita, approfondiranno il tema: Mario Cucinella, Architetto, Silvano Petrosino, Filosofo e Professore Università Cattolica, Emanuela Casti, Professore Ordinario di Geografia Università di Bergamo, Geminello Alvi, scrittore ed economista, Francesco Daveri, Economista ed editorialista del Corriere della Sera, Aldo Mazzocco, Amministratore Delegato di Beni Stabili, Giorgio Gori, Sindaco di Bergamo, Michele Molè, fondatore e direttore creativo Nemesi & Partners, progettista di Padiglione Italia, nell’ambito di un dibattito coordinato da Walter Mariotti, giornalista.

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An architet returns to Italy

The architect Renzo Piano has offices in Genoa, where he grew up; in Paris, where he currently lives; and in New York, where he is perhaps best known for having designed the Times Building, on Eighth Avenue. Piano spends a lot of time in New York—among his current projects is the new Columbia University campus that’s going up in West Harlem— and he was in the city when he got a call, a year and a half ago, from Italy’s President, Giorgio Napolitano. Napolitano wanted to appoint Piano a “senator for life.” The job comes with a salary and a vote in the Italian Senate, and since it’s “for life” there are no pesky reëlection campaigns. Was Piano interested? He was taken aback.
“For some funny reason, you don’t understand that you are aging,” Piano said the other day, in Rome. “So when President Napolitano called me, I said, ‘But I’m too young!’ And he laughed over the phone, and he said, ‘No, you are not too young.’ ”
Piano, who is seventy-seven, was sitting in his Senate office in the Palazzo Giustiniani, around the corner from the Pantheon. The room is almost entirely taken up by a large round table, and its walls are covered with drawings and plans. As soon as Piano became a senator, he handed over the office, along with his government salary, to six much younger architects and asked them to come up with ways to improve the periferie—the often run-down neighborhoods that ring Rome and Italy’s other major cities. The six were about to present their first year’s worth of work to the public, which was why Piano was in the capital.
“In the nineteen-sixties and seventies, the big challenge—in Europe certainly, but everywhere—was to establish as a principle that historic centers have to be preserved,” he went on. “But in the twothousands—probably for the next three, four, five decades—the real challenge is to transform the periphery. If we fail in doing this, it will be a real tragedy.”
Much as recent immigrants in France are shunted to the banlieues, in Italy they are pushed into the periferie. As immigration to Europe has soared, so, too, have tensions; in November, riot police were dispatched to Tor Sapienza, a neighborhood on the eastern edge of Rome, after residents attacked an immigrant center there. “The periphery is always accompanied by an adjective that is negative,” Piano said. “But the truth is the energy is there; the desire for change is there. There is always, even in the most difficult periphery, something good, and that is what you have to find, to bring up.”
In the early nineteen-seventies, Piano and his partner at the time, Richard Rogers, designed the Centre Georges Pompidou, in Paris. The building, with its inside-out construction, has been called “one of the most radical” of the twentieth century, and it transformed ideas about what a museum could be. Piano believes in the power of museums and libraries and concert halls. “They become places where people share values, where they stay together,” he said. “And this is what I call the civic role of architecture.”
Rome is full of what might be called un-civic architecture: projects that were started but not completed, like a halffinished sports complex that resembles a giant spinnaker; or completed and then abandoned, like the bicycle-sharing stations that dot the sidewalks but have no bikes. One of the projects Piano’s team came up with would use the space under an empty viaduct. The viaduct was supposed to improve tram service to the northeastern rim of the city, but the trams never arrived. Piano shrugged: “Typical.” Two of his young architects had drawn up plans to convert the viaduct into a sort of upside-down High Line, with a park running beneath. Only a tiny part of the project had been completed, but “in one year it’s not bad,” Piano said. He recalled his own years studying architecture, in the early-nineteen-sixties in Milan. He and his fellow-students were occupying the university, “so that was my job in the night,” he said. “And in the day I was working in a nice office.”
“The real point for students like me was to change the world,” he said. “It was a kind of mad, insane, but great utopia. And I think it’s good to grow up like this, because you grow with this idea that never leaves you, so when you are seventy-seven you still feel like a kid and this is what you want to do.”

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G124: un anno di ‘rammendo urbano’ per 6 giovani architetti

periferie

Un bando che ogni anno sceglierà 6 giovani architetti affiancati da Piano e da un team di professionsiti

Si è concluso il lavoro del primo gruppo G124 fondato dal senatore Renzo Piano e che ha coinvolto 6 giovani architetti nella riprogettazione delle periferie urbane

Un anno di lavoro per trovare una soluzione al degrado che affligge le periferie italiane; un gruppo, il G124, composto dall’architetto Renzo Piano e da sei giovani architetti selezionati attraverso un bando anonimo che annualmente permetterà ad altrettanti giovani progettisti di dare il proprio contributo alla riqualificazione del nostro Paese.

 

L’idea è nata a pochi giorni di distanza dalla nomina a Senatore a vita dell’architetto Renzo Piano che decide di intraprendere un progetto unico nel suo genere, basato sulla formazione continua di un gruppo di giovani architetti, con l’obiettivo di formare una nuova classe di persone e professionisti responsabili ed attenti al proprio territorio. Soprannominato G124, indicando simbolicamente la stanza numero 24 al 1° piano del senatore Piano a palazzo Giustiniani, il gruppo si è dedicato al “rammendo”, per usare le parole dello stesso architetto, di tre periferie italiane: Torino, Roma e Catania.

Un’occasione decisamente unica nel suo genere che vorrebbe rappresentare un punto di partenza per dettare le regole e definire gli obiettivi urbanistici e territoriali delle periferie di oggi, definite da Piano le “città di domani”.

 

G124

 

Vista la precaria situazione lavorativa dei giovani architetti italiani, a stupire ancora di più è il fatto che per i sei di G124 non c’è solo la gloria, ma un contratto annuale con tanto di stipendio, interamente finanziato dai soldi percepiti per l’attività parlamentare del Senatore Renzo Piano che, per garantire la massima trasparenza, ha pubblicato un rendiconto completo delle spese sostenute dal progetto.

Ad affiancare i sei prescelti di quest’anno ovvero l’arch. Michele Bondanelli, arch. Roberto Giuliano Corbia, arch. Francesco Lorenzi, arch. Roberta Pastore, arch. Federica Ravazzi e arch. Eloisa Susanna, anche un gruppo eterogeneo di esperti in numerosi campi e tre tutor d’eccezione scelti da Piano, quali l’arch. Massimo Alvisi, l’arch. Mario Cucinella e l’ing. Maurizio Milan, che volontariamente e senza percepire alcuno stipendio, hanno seguito il lavoro dei giovani.

 

Tre periferie di oggi, le tre città di domani

 

Torino---Borgata-Vittoria-2

TORINO – “La città qui è fatta per lavorare, non per vivere” è la prima testimonianza raccolta, in un brano di città dove le “strade hanno dimensione di tangenziali e più che unire dividono”.

Il caso studio di Torino ha interessato il quartiere di Borgata Vittoria, un’area in prevalenza residenziale densamente popolata, che insieme a Madonna di Campagna e Parco Dora si incastra tra il degrado di Barriera di Milano, Rebaudengo e Basse di Stura, da un lato, e le problematiche di Lucento e della nuova immigrazione dall’altro. Qui, i due membri del gruppo G124 Michele Bondanelli e Federica Ravazzi coordinati dall’ingegnere Maurizio Milan, hanno dato voce al “vivace tessuto associativo del quartiere”, che grazie alla ricca attività partecipativa, ha facilitato l’ascolto dei desideri e delle esigenze della popolazione.

Partendo dalle due scuole elementari del quartiere, il rammendo torinese ha cercato di rianimare gli spazi del tempo libero per trasformare i due istituti non solo nel centro educativo, ma anche in spazi per la condivisione ed il ritrovo. Servendosi di un “parco senza nome”, ribattezzato Parco G124, il progetto ha fatto convergere in questo luogo le energie del quartiere, riqualificando lo spazio verde, migliorando l’arredo urbano, la mobilità lenta e le piste ciclabili.

 

Roma - Sotto il Viadotto dei Presidenti 1

ROMA – “Non è un mondo dismesso, ma un mondo che non è nato. Perciò non bastano gli spazzini, bisogna portarci la gente, i valori comuni, l’urbanità”, sono le parole con cui la Repubblica descriveva il Viadotto incompiuto.

A Roma l’iniziativa ha preso il nome di «Sotto il Viadotto» e ha coinvolto il territorio che si estende tra il fiume Aniene e la Riserva Naturale della Marcigliana, dove la riqualificazione ha interessato il Viadotto dei Presidenti per il tratto che avrebbe dovuto collegare le aree periferiche a nord-est del quartiere Montesacro, ma che oggi è invece diventata una notevole barriera fisica.

A lavorarci sono stati i giovani progettisti Eloisa Susanna e Francesco Lorenzi, coordinati dall’architetto Massimo Alvisi che hanno trasformato il chilometro e 800 metri del viadotto in un parco lineare, senza ulteriore consumo di suolo, dove far nascere piste ciclabili, botteghe e laboratori di quartiere, officine per le biciclette, tutto rigorosamente costruito con materiali di recupero e autocostruzione, per mettere finalmente in contatto tra loro gli oltre 100mila abitanti che popolano i 2.500 ettari del quartiere.

 

 

Catania--quartiere-Librino-2

CATANIA – “Tra gli edifici degradati abbiamo trovato la bellezza nelle storie portate avanti dai volontari”. “Ecco tutti i problemi da ascoltare e da risolvere attraverso uno straordinario strumento: la creatività“.

Del quartiere Librino a Catania si sono occupati l’arch.Roberta Pastore e Roberto Giuliano Corbia con la supervisione dell’Arch. Mario Cucinella.

Perfetta sintesi delle periferie nate negli anni ’70, il quartiere Librino è una delle famose New Town, il sogno utopico di un periodo storico che vedeva nelle periferie il riscatto per un futuro migliore, ma che in realtà ha dato vita a spazi incompleti privi dei più elementari servizi pubblici.

Per Catania il gruppo G124 ha lavorato ad un rammendo invisibile, riqualificando prima di tutto il rapporto tra le persone che popolano un quartiere composto per la maggioranza da persone con meno di 33 anni. Un grande rammendo urbano e sociale che ha permesso di formare un percorso fisico, e non, che collega i punti nevralgici della vita del quartiere: la scuola, le strutture dello sport, gli orti sociali, i luoghi per il gioco, le piazze, il tutto collegato dal verde e da microinterventi sugli elementi urbani.

Venti punti per la riqualificazione

 

G124-Renzo-Piano-nella-stanza-24-a-Palazzo-Giustiniani

 

Sin dalle prime battute del progetto G124, l’architetto Renzo Piano ha parlato di rammendo delle periferie “piccole scintille, che però potrebbero stimolare l’orgoglio di chi quei luoghi li vive”, innescando “la rigenerazione anche attraverso mestieri nuovi, microimprese, start up, cantieri leggeri e diffusi, creando così nuova occupazione”.

Per affrontare un tema tanto complesso quanto importante il Gruppo G124 è partito da 20 punti annotati a mano in ordine sparso dall’architetto Piano, venti domande alle quali trovare una risposta, approfondite poi nel corso dell’anno di lavoro, tematiche che vanno dall’adeguamento energetico, alla funzione del verde, dal trasporto pubblico, ai processi partecipativi per coinvolgere gli abitanti.

 

  1. La crescita della città per implosione e non per esplosione. Basta alla crescita ormai insostenibile a “macchia d’olio”.
  2. Greenbelt: difesa del suolo agricolo attorno alla città.
  3. Greenbelt: difesa dei valori paesaggistici attorno alla città.
  4. Costruire sul costruito con un’opera di rammendo delle periferie.
  5. Trasformare i brownfield in greenfield. (e non l’opposto come si è fatto fino ad oggi).
  6. Trasformazione delle aree dismesse (industriali, ferroviarie, militari).
  7. Le aree costruite (abusivamente!) in zone a rischio.
  8. Trasporto pubblico nel rapporto centro/periferia/periferie: smettere di costruire parcheggi, favorire un uso dell’automobile intelligente attraverso i sistemi di car sharing e rendere sostenibile il trasporto pubblico.
  9. Consolidamento strutturale degli edifici a partire da quelli pubblici, come le scuole: sono 60mila le scuole a rischio sparse per l’Italia.
  10. Adeguamento energetico: si potrebbero ridurre in pochi anni i consumi energetici degli edifici del 70-80 per cento.
  11. L’autocostruzione. Promuovere cantieri leggeri e forme cooperative per il rammendo degli edifici.
  12. Il cambiamento delle periferie non può essere imposto dall’alto ma occorre prevedere processi partecipativi degli interessati.
  13. L’identità delle periferie: così spesso trascurate, dimenticate, trasformate in luoghi senza nessuna identità. In una stessa città ci sono periferie con identità differenti tra loro.
  14. Le procedure da seguire per la riuscita del progetto: l’attività di pianificazione.
  15. Il verde urbano dentro la cintura come verde agricolo/orti urbani.
  16. Il verde urbano dentro la cintura come sorgente di bellezza e di migliori condizioni climatiche.
  17. La microimpresa, i finanziamenti pubblici diffusi ed il regime fiscale dei progetti di rammendo.
  18. I finanziamenti Europei a cui non si accede per ignavia.
  19. I luoghi iconici della città, luoghi dell’urbanità: piazze, strade, ponti, parchi, fiumi che   mancano nelle periferie.
  20. Gli edifici iconici che fecondano la città, ma di rado le periferie. Scuole, università, musei, spazi musicali, biblioteche, ospedali, municipi, tribunali, carceri, etc.

Anche nel 2015 sarà attiva una nuova squadra G124 con nuovi partecipanti, nuovi tutor e nuovi obiettivi per continuare il percorso di rammendo urbano che, si spera, possa presto essere imitato da molte alte realtà urbane.

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Il rammendo delle periferie: il bilancio di un anno del gruppo di lavoro G124 guidato da Renzo Piano

periferie_magazineGrazie all’indennità di senatore, sei giovani architetti si sono occupati nell’ultimo anno di rendere più vivibili le periferie di Roma, Torino e Catania

Finalmente il tema dell’importanza del progetto e del ruolo dell’architettura, nel suo essere al servizio della società civile, torna ad essere di attualità, mostrando la sua fondamentale importanza”.
Così Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori in occasione della presentazione del primo rapporto annuale dedicato dalle “Periferie”, realizzato dal “Gruppo di lavoro G124” guidato dall’architetto e senatore a vita Renzo Piano.

“Iniziative come questa dimostrano la funzione che l’architettura può svolgere nel nostro Paese, recuperando, attraverso progetti di rigenerazione, il rapporto con i bisogni dei cittadini, forse dimenticato dopo anni di architettura magniloquente, ed il confronto con le comunità”.
“Dimostrano anche -continua – nella giornata in cui i lavoratori delle costruzioni sono tornati nelle piazze per chiedere interventi incisivi contro la gravissima crisi del comparto, la direzione verso cui deve andare il settore per poter agganciare la ripresa.”
A proposito dei giovani progettisti coinvolti nel “Gruppo di lavoro G124”, Freyrie sottolinea che “l’attenzione e la sensibilità che il senatore Piano ha dimostrato e dimostra nei confronti dei giovani architetti deve essere di stimolo per far ripartire al più presto la proposta di legge sulla qualità dell’architettura che premia la realizzazione delle opere pubbliche attraverso concorsi di progettazione o di idee, aprendo in tal modo ai giovani la strada del mercato della progettazione dalla quale sono oggi esclusi”.
RENZO PIANO: LE PERIFERIE LA SFIDA URBANISTICA DEI PROSSIMI DECENNI. “Credoche il grande progetto del nostro Paese sia quello delle periferie: la città del futuro, la città che sarà, quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. Sono ricche di umanità, qui si trova l’energia e qui abitano i giovani carichi di speranze e voglia di cambiare. Ma le periferie sono sempre abbinate ad aggettivi denigranti. Renderli luoghi felici e fecondi è il disegno che ho in mente”, spiega Renzo Piano. “Questa è la sfida urbanistica dei prossimi decenni: diventeranno o no parte della città? Riusciremo o no a renderle urbane, che vuole anche dire civili? Al contrario dei nostri centri storici, già protetti e salvaguardati, esse rappresentano la bellezza che ancora non c’è”.
PROGETTO DI RAMMENDO. “Anche oggi i miei progetti più importanti – ricorda Piano – sono la riqualificazione di periferie urbane, dalla Columbia University ad Harlem, al nuovo palazzo di giustizia nella banlieue di Parigi al polo ospedaliero di Sesto San Giovanni che sorgerà dove un tempo c’era la Falck. Un’area che gli anglosassoni chiamano brownfield, ovvero un terreno industriale dismesso. Questo è un punto importante nel nostro progetto di rammendo. Oggi la crescita delle città anziché esplosiva deve essere implosiva, bisogna completare le ex aree abbandonate dalle fabbriche, dalle ferrovie e dalle caserme, c’è un sacco di spazio a disposizione. Si deve intensificare la città, costruire sul costruito, sanare le ferite aperte. Di certo non bisogna costruire nuove periferie oltre a quelle esistenti: devono diventare città ma senza espandersi a macchia d’olio, vanno ricucite e fertilizzate con strutture pubbliche. È necessario mettere un limite a questo tipo di crescita, non possiamo più permetterci altre periferie remote, anche per ragioni economiche. Diventa insostenibile portare i trasporti pubblici, realizzare le fogne, aprire nuove scuole e persino raccogliere la spazzatura sempre più lontano dal centro”.
CASI STUDIATI DAI SEI GIOVANI ARCHITETTI NELLE PERIFERIE DI TORINO, ROMA E CATANIA. “Per questo – spiega l’archistar – con il mio stipendio da parlamentare ho messo a bottega sei giovani architetti che si sono occupati nell’ultimo anno di rendere più vivibili lembi di città a Roma, Torino e Catania. E il prossimo anno saranno altri ragazzi a raccoglierne il testimone e a continuare. Mi piace parlare di giovani perché sono loro e non io il motore di questa grande opera di rammendo e sono loro il mio progetto. Le periferie e i giovani sono le mie stelle guida in questa avventura da senatore, e non solo. Mi piace anche il concetto di bottega che ha una nobile e antica origine, una sorta di scuola del fare che in questo caso significa fare per il nostro Paese. Anche perché i nostri ragazzi devono capire quanto sono stati fortunati a nascere in Italia. Siamo eredi di una storia unica in tutto il pianeta, siamo nani sulle spalle di un gigante che è la nostra cultura”.
“Qualcosa – conclude Renzo Piano – noi del G124 abbiamo fatto, come potete leggere in questa pubblicazione: si tratta di piccoli interventi di rammendo che possono innescare la rigenerazione anche attraverso mestieri nuovi, microimprese, start up, cantieri leggeri e diffusi, creando così nuova occupazione. Si tratta solo di scintille, che però stimolano l’orgoglio di chi ci vive. Perché come scriveva Italo Calvino “ci sono frammenti di città felici che continuamente prendono forma e svaniscono, nascoste nelle città infelici”. Questi frammenti vanno scovati e valorizzati. Ci vuole l’amore, fosse pure sotto forma di rabbia, ci vuole l’identità, ci vuole l’orgoglio di essere periferia”.

PERIFERIE




Raoul Bova e Tor Sapienza

scusate

Tor Sapienza ci riguarda scrive giustamente in Carteinregola la nostra amica Anna Maria Bianchi (blogger romana). E riguarda in modo particolare noi di CorvialeDomani che dal 2008 abbiamo capito che dalla crisi si esce rilanciando le periferie perché, come dice Renzo Piano, è lì che c’è lo spazio, le energie, il bisogno su cui si può costruire un nuovo modello di sviluppo dopo la crisi irreversibile del modello industriale fossile.

Alfonso Pascale (politico, scrittore) nel suo articolo indica la strada di un nuovo welfare produttivo che realizzi obiettivi concreti nei quartieri periferici.

Noi di Corviale Domani abbiamo da tempo identificato questi obiettivi concreti e, dopo anni di lotte e proposte, abbiamo ottenuto che venissero inseriti nelle Linee guida dell’ATER per rigenerare Corviale.

Noi continuiamo, caparbi, a proporre temi, miglioramenti, osservazioni, progetti perché l’occasione dei lavori al palazzo ATER, finalmente assunti come priorità dalla regione, siano l’occasione per il rilancio produttivo dell’intero quadrante.

Ma di una cosa siamo assolutamente certi, e Tor Sapienza ci rafforza in questa consolidata convinzione: senza legalità e sicurezza non si fa la rigenerazione del palazzo. Ce l’hanno fatto capire i bambini con la loro accorata lettera a Cantone e don Ciotti. Ne siamo talmente convinti che su queste parole d’ordine apriremo i lavori di un seminario di riflessione e confronto che faremo al CESV (Centro servizi per il volontariato) il prossimo 4 dicembre (salva la data).

La partita ora è portare al centro del dibattito politico cittadino il tema delle periferie come occasione per sanare l’abbandono di anni rilanciando un’economia di nuovi servizi fondata sull’ambiente, il risparmio e l’autoproduzione energetica, il riciclo dei rifiuti, l’autoproduzione di cibo a chilometro zero.

Per fare tutto questo dobbiamo far conoscere le nostre lotte, i nostri progetti, le nostre idee. E’ una lotta impari contro un sistema dell’informazione concentrato solo sulle dispute di nomi tra chi saranno i prossimi assessori. Noi a questo proposito diciamo solo che al Campidoglio occorre un cambio di passo: meno vetrine e spot e più attenzione al cuore della città e dei suoi problemi. Cuore che ormai da tempo si è spostato fuori dal centro in quelle periferie dove vive e soffre la maggior parte dei romani.

E non è un caso se Scusate se esisto, ottima parabola della difficoltà di emergere per gli outsider, sia non solo ambientato ma interamente scritto sulla storia delle speranze di rigenerazione di Corviale.

Concludiamo, come nel film: “speriamo”.

https://www.youtube.com/watch?v=fDWSpqQiH4I

 

 




Il rammendo delle periferie

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Maturità 2014, Renzo Piano: «Siamo un paese straordinario ma fragile» – Tema svolto

pianoSiamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l’energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee. […] Le periferie sono la città del futuro, non fotogeniche d’accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio, ma ricche di umanità e quindi il destino delle città sono le periferie. […] Spesso alla parola “periferia” si associa il termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo lasciare in eredità? Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città?

Rifletti criticamente su questa posizione di Renzo Piano, articolando in modo motivato le tue considerazioni e convinzioni al riguardo

Svolgimento

Sulla fragilità dell’Italia si potrebbero scrivere interi saggi e interpretazioni senza venirne mai a capo. È una fragilità che parte dal profondo, dal nucleo stesso di un Paese che già geologicamente è soggetto a scosse telluriche devastanti a cadenza irregolare, come mostra l’attualità degli ultimi terremoti con gli strascichi di scandali e polemiche a seguire. La fragilità dell’Italia è diventata sempre piùsinonimo di una decadenza sociale quasi postmodernista, dove le città si trasformano nello specchio di una nazione sempre più indebolita nella sua istituzionalità: gli sforzi per il recupero artistico dei gioielli dei centri storici sembrano volutamente dimenticare che invece, ad essere valorizzate, dovrebbero essere anche e soprattutto le periferie delle città, dove si concentra la vita del maggior numero di persone. L’architetto Renzo Piano, nominato nel 2013 senatore a vita dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha espresso il suo pensiero in merito in un recente articolo, uscito sul Sole 24 Ore il 26 Gennaio 2014. Nelle sue parole, il celebre architetto sottolinea come la fragilità dell’Italia sia diventata espressione di un Paese sempre più svilito, che dovrebbe puntellarsi nel profondo della sua società per risollevarsi agli occhi dei suoi stessi abitanti e, di conseguenza, del mondo. Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l’energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee. La volontà di intervento nelle periferie, spiega Renzo Piano, è dettata soprattutto dalla necessità di un futuro migliore, a misura d’uomo: immancabile pensare alle questioni ambientali in città che si trasformano in colate di cemento da quartiere dormitorio, guardando ancora ad un’architettura e ad un’idea sociale di un’epoca ormai passata, durante la quale la concezione di lavoro e vita personale era diversa. Il futuro nebuloso richiede l’urgenza di cambiamento, il bisogno di rendere le periferie cittadine dei luoghi vivibili e ricchi di cultura: le periferie vanno animate e serve l’intervento di una politica che tenga lapolis, la città appunto, al centro dell’azione riparatrice. Non è un caso che il termine politica derivi da polis, da città. Norberto Bobbio sosteneva che bisogna essere «indipendenti» dalla politica,ma non «indifferenti» alla politica. Se c’è qualcosa che posso fare, è mettere a disposizione l’esperienza, che mi deriva da cinquant’anni di mestiere, per suggerire delle idee e per far guizzare qualche scintilla nella testa dei giovani.

La contrapposizione periferia/centro cittadino è il riflesso di un Paese che dovrebbe partire dall’intervento sulle città per riaffermarsi come nucleo primario europeo: dal recupero delle periferie, che saranno in futuro i centri delle nuove città, può iniziare anche la riaffermazione dell’Italia di fronte all’Europa. L’articolo di Renzo Piano non lo esplicita, ma il parallelo politico non può sfuggire: la fragilità intrinseca del Paese deve trasformarsi in scintille di forza, che accendano il fuoco di un cambiamento profondo e desiderato dalla maggior parte della società. Il rinnovamento deve partire da quella periferia della società che sono i giovani di oggi, disoccupati e sfiduciati da una crisi economica mondiale che si è abbattuta su governi incapaci di arginarla a livello locale: l’intento di Renzo Piano è quello di offrire un aiuto e uno spunto ai giovani, per farli diventare i nuovi centri sociali che siano in grado di scommettere sulle periferie cittadine, elevandole dalla mediocrità. L’articolo originale in cui è stata scritta questa frase pronunciata dal senatore a vita e “archistar” è del 26 gennaio 2014 ed è stato pubblicato sul Sole 24 Ore. E’ un articolo che parla delle periferie. Della bellezza dell’Italia e di tutti i suoi problemi. In qualche modo, è anche un articolo politico.

Malaparte

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link all’articolo originale di Renzo Piano

 

 

 




DA CORVIALE RIPARTE L’UTOPIA DI PERIFERIE UMANE

AgriculturalUrbanism2Da simbolo di degrado a segnale di riscossa: le periferie diventano il fulcro della partita per il rilancio economico/sociale.

Il là l’ha dato Renzo Piano pianocon l’ovvia e semplice constatazione che nelle periferie c’è lo spazio e il bisogno del cambiamento urbanistico.

Ed è dalle periferie che può partire la grande chance delle smart city, le città dal volto umano che aiutano a salvare l’ambiente producendo nel contempo benessere, servizi, occupazione e cibo a km zero.

E’ questa la partita che può aiutare Renzirenzi a lanciare il grande piano keynesianokeynes che immagina per riaccendere l’economia e l’occupazione: partire dai bisogni dei cittadini più disagiati per costruire una macchina urbanistica  e amministrativa che offra risposte in termini di servizi e di vivibilità.

Scuole e ricerca, innovazione e green economy: questi i cardini di un “rammendo” delle periferie delineato da Piano.

Non a caso sono le stesse parole d’ordine del consorzio di associazioni che con corviale_domani_11 ha da tempo impostato un progetto complessivo di rigenerazione del Quadrante di Corviale.

Un consorzio che si è confrontato con urbanisti, amministratori, economisti, ricercatori senza perdere mai il contatto con le esigenze di servizi e sicurezza degli abitanti.

Ritrovare le ragioni dell’utopia significa proprio questo: coniugare il rilancio urbanistico/economico con i bisogni dei cittadini.

L’articolo di Francesco Erbani su REPUBBLICAdel 27 maggio “Basta costruire, gli architetti ora rigenerano” non a caso parte proprio dai progetti su Corviale dell’architetto Daniel Modigliani modiglianicommissario dell’Ater di “aprire il pian terreno e installarvi servizi e altre attività e per consentire il passaggio dalla strada agli orti che sono alle spalle dell’edificio, così da alimentare le relazioni con il quartiere.” Un’idea quindi di interazione tra la città del cemento e la campagna dei 1.200 ettari di parco del Quadrante da sempre propugnata da Alfonso Pascale pascaledi Corviale Domani con la realtà delle Fattorie Sociali che proprio il 6 giugno s’incontrano al Forum del Terzo Settore per la costituzione di una rete cittadina anche in previsione dell’Expo 2015 dedicata all’alimentazione. expoErbani su Corviale prosegue con  Modigliani: “Sul tetto sono previsti verde e impianti per la raccolta dell’acqua e il risparmio energetico” riprendendo il progetto del prof. Stefano PanunziAnnuncio-partenza-Corviale dell’Università del Molise tante volte propugnato nei due Forum che la direttrice del servizio di Architettura del  Ministero dei Beni Culturali Maria Grazia Bellisario

The Making of / Artisti al lavoro in tv

ha promosso con Corviale Domani.Last but not least il progetto di rigenerazione di Corviale sarà il 2 giugno alla trasmissione “I visionari” di Corrado Augias.augias

Quale auspicio maggiore per far ripartire da Corviale l’utopia di periferie umane.

Tommaso Capezzone




Caudo: “Roma al lavoro con Piano per la high line verde di Talenti”

pianoL’ARCHISTAR Renzo Piano l’ha anticipato a Repubblica. Vuole riprogettare i due chilometri del “viadotto dei Presidenti”, una linea tranviaria mai più realizzata, un relitto urbano, che doveva collegare Saxa Rubra a Cinecittà. E pensa che possa diventare una high line verde, popolata di alberi e biciclette, dal parco delle Sabine al parco Talenti. Ma il suo interesse avvolge tutta la periferia, con gli altri suoi “strappi”. Per ricucirli.

Un’occasione unica per Roma.
“Assolutamente sì. Proprio sul “viadotto dei presidenti” abbiamo lavorato in questi mesi e raccolto un progetto proposto da due giovani architetti romani, Massimiliano Foffo e Alessandro Lungo” spiega l’assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo “In quel municipio, il III, abbiamo avviato quella che abbiamo chiamato la strategia municipale del riuso degli edifici dismessi e sottoutilizzati. Un censimento di tutti i palazzi vuoti e le infrastrutture abbandonate. E questo per noi è lo strumento per fare la rigenerazione urbana”.

Ora l’intervento di Piano è una chance importantissima, considerando la sua fama riconosciuta nel mondo intero.
“È proprio così. Pensiamo che il nostro progetto è assolutamente coerente con quello che dice Piano e dunque possiamo sviluppare insieme un intervento”.

Chiederete a Piano un’idea progettuale, dei disegni?
“Il lavoro che lui propone è già illustrato dal gruppo di giovani architetti che lavora con lui. Il contributo dell’équipe di Piano è fondamentale proprio per dare una maggiore concretezza e rilevanza al progetto”.

In che cosa consiste concretamente?
“Il viadotto dei Presidenti, costruito e abbandonato, è un’infrastruttura che nasconde al suo interno il tracciato per una linea di trasporto pubblico. Si tratta di rigenerare questo spazio con usi diversi, che vanno dal verde alle piste ciclabili, a servizi per i cittadini. Quella che oggi è una strada può diventare un’infrastruttura “porosa” e aprirsi agli spazi abitati intorno. Ed è l’inizio di un processo di riammagliatura delle parti slabbrate della periferia”.

Avete già contattato Piano?
“Sì, lo abbiamo cercato e ci parlerò oggi. Spero sia l’inizio di una collaborazione per le periferie. Abbiamo a disposizione per il III municipio un finanziamento europeo per il riciclo urbano. Si potrebbe trattare di una sinergia vincente”.

Quali sono i grandi progetti su cui punta il Campidoglio nei prossimi anni?
“Uno è la Città della Scienza in via Guido Reni, poi il rilancio dell’area Sdo di Pietralata, quindi riavviare tutti i cantieri bloccati lungo la Colombo, da Campidoglio 2 agli ex Mercati Generali, da piazza dei Navigatori all’ex Fiera di Roma fino alla Nuvola. Ma c’è anche l’ex Mattatoio di Testaccio per il quale proprio oggi sono partiti i lavori per la realizzazione della pedonalizzazione dello slar- go davanti all’ingresso principale, con un parcheggio a fianco del Monte dei Cocci”.

E in periferia?
“Interventi sulla città fuori al Raccordo, da Tor Vergata a Ciampino. Poi i nodi delle stazioni su ferro, da Ponte Mammolo a Marconi, vicino ai quali si costruiranno nuovi servizi”.

Quando si realizzerà la pedonalizzazione del Tridente?
“Noi stiamo finendo la predisposizione della pavimentazione e dell’arredo per la pedonalizzazione. Il passo seguente sarà quello di definire le regole per non danneggiare nessuno. Per consentire alle attività commerciali di poter avere ad esempio il carico e scarico delle merci. Mentre per gli abitanti bisogna individuare i parcheggi che saranno destinati a loro. Uno è quello del Galoppatoio e poi si potrebbero razionalizzare i posti auto sul lungotevere”.

E quando cominceranno i lavori per la nuova piazza Augusto Imperatore?

“Dopo l’approvazione del bilancio da parte del Consiglio comunale potremo fare la gara per selezionare l’impresa. Il nostro obiettivo è quello di aprire il cantiere entro quest’anno, il duemillesimo dalla morte di Augusto”.

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Piano: “Con lo stipendio da senatore farò lavorare sei giovani”

periferieL’architetto ha messo un bando anonimo su Internet. Poi ha scelto architetti trentenni, “non raccomandati”
Questo è un racconto di Natale della politica. Ci voleva, in fondo a un altro anno di storiacce e scandali. Sembrava impossibile a molti e ancor di più ai sei architetti di trent’anni, tre donne e tre uomini, che da oggi e per un anno potranno lavorare a rendere più belle le periferie grazie allo stipendio da senatore a vita di Renzo Piano. Con tanti cari saluti agli eroi dell’antipolitica a Cinque Stelle che, dopo aver menato vanto di una riduzione dello stipendio del dieci per cento, avevano polemizzato a lungo contro la scelta di “buttare via soldi pubblici per dare un vitalizio ad altri senatori a vita”.

Li abbiamo incontrati ieri gli eletti, nello studio dell’architetto a Genova. Avevano le facce di bambini convocati nella fabbrica di cioccolato di Willy Wonka. Ecco l’elenco: Francesco Giuliano Corbia, 29 anni, di Alghero, laurea a Firenze e master a Barcellona in urbanistica; Eloisa Susanna, 32 anni, Cosenza, laureata alla Sapienza e collaborazione nello studio di Massimiliano Fuksas; Michele Bondanelli, 38 anni, Argenta (Ferrara), studi a Venezia e specializzato nel restauro di centri storici; Federica Ravazzi, 29 anni, Alessandria, esperta in progettazione di scuole; Francesco Lorenzi, 29 anni, romano, laureato alla Sapienza, con esperienze in Spagna, Argentina e Polonia; Roberta Pastore, 32 anni, di Salerno, laureata a Napoli e ora impegnata nel nuovo auditorium di Salerno.

Sei magnifici giovani italiani di talento, quasi tutti con la valigia pronta per tornare all’estero, dove hanno già studiato e lavorato. Finché non è arrivato questo strano bando anonimo su Internet “per un progetto sulle carceri”, senza la firma di Piano, per evitare troppa pubblicità. “Non mi aspettavo davvero di finire qui oggi”, dice Roberta, “era soltanto uno dei cento curriculum che mandi in automatico e in genere rimangono senza risposta”.

“O ancora peggio – aggiunge Francesco – che ottengono soltanto proposte indecenti di sfruttamento selvaggio per progetti orrendi. Quando una domenica sera ha telefonato lo studio Piano per fissare l’incontro ho pensato come tutti a uno scherzo”. Era invece l’occasione che ti cambia la vita e forse anche il futuro di un pezzo di Paese. Perché i lavori dei sei giovani (coordinati da tre tutor, l’ingegnere Maurizio Milan e gli architetti Mario Cucinella e Massimo Alvisi) diventeranno proposte di legge, materiale per interrogazioni parlamentari, magari progetti concreti per le disastrate periferie di Roma, Milano, Napoli, Torino, Genova.

L’idea era maturata in Renzo Piano un’ora dopo la telefonata del 30 agosto nella quale il presidente Napolitano gli annunciava la nomina. “Era l’occasione per completare un percorso”, dice Piano, “prima la nomina ad ambasciatore dell’Unesco per le periferie, poi la Fondazione, dove ogni anno accogliamo decine di giovani architetti da tutto il mondo. È anche un modo per dare un segnale di controtendenza a una generazione d’italiani ricchi di qualità, ma ormai rassegnati a non vedere riconosciuti i propri meriti. Ormai l’Italia è l’unico paese d’Europa dove i concorsi, quelli veri, non si fanno più. Qui nessuno ha avuto bisogno di conoscere nessuno, di farsi raccomandare, sono stati selezionati fra oltre seicento candidati e quasi tutti con curriculum notevolissimi “.

Il rapporto fra città e periferia è l’argomento della vita per Piano. “Fin dalla nascita, sono nato a Pegli, periferia occidentale di Genova. Da studente sessantottino a Milano andavo rigorosamente in periferia per fare politica e anche per divertirmi, ad ascoltare il jazz al Capolinea, in fondo ai Navigli. E in fondo anche oggi i miei progetti più importanti sono la riqualificazione di ghetti o periferie urbane, dall’università di New York ad Harlem, al nuovo palazzo di giustizia di Parigi nella banlieue “. Senza contare la concorrenza.

Nei centri storici italiani hanno lavorato Michelangelo, Bernini, Brunelleschi, Filarete e così via, piuttosto bene. “Appunto, quella bellezza non è merito nostro, ce l’hanno lasciata in eredità. E per fortuna abbiamo smesso di distruggerla negli anni Settanta. Il nostro compito è lasciare a chi viene belle periferie. Le cose da fare sono tante e meravigliose, se soltanto ci fosse la volontà politica. Si potrebbero ridurre in pochi anni i consumi energetici degli edifici del 70-80 per cento, consolidare le 60mila scuole a rischio sparse per l’Italia, rivoluzionare e rendere sostenibile il trasporto pubblico, fecondare le periferie con migliaia di luoghi d’incontro come piazze, mercati, ma anche auditorium, musei, palazzi pubblici. Non è possibile che l’unico luogo d’incontro delle periferie siano i centri commerciali. Sono tutti interventi che creerebbero lavoro, ricchezza, risparmio. E proietterebbero l’Italia all’avanguardia della green economy mondiale”.

È un libro dei sogni che da oggi sei giovani architetti italiani proveranno a tradurre in materiale concreto di lavoro per una nuova politica. L’anno prossimo il progetto si rinnoverà con altri sei e così ogni anno. Per questo e molto altro, lunga vita a Renzo Piano.
di CURZIO MALTESE
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