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L’impresa 3.0 che favorisce la rilocalizzazione

3.0Parlare di rivoluzione e di Terza Rivoluzione Industriale è appena descrivere ciò che sta succedendo con l’arrivo delle stampanti 3D. Ciò che stanno introducendo nei processi produttivi dell’industria ha dell’incredibile: un oggetto che si forma, anzi che prende forma nello spazio, un sottilissimo strato alla volta. Cambierà tutto. Non solo perché per creare una pala di turbina o un intero blocco motore ci vorrà molto meno tempo perché non bisogna più fare stampi e colate, ma soprattutto perché con questo sistema non si getta più via l’80% del materiale. Vengono tagliati drasticamente i tempi dall’ordine di un prodotto alla sua consegna. Vengono tagliati gli spostamenti, stravolte le esigenze logistiche. Ridisegnata la mappa delle localizzazioni industriali. Un recente studio del Boston Consulting Group azzarda che in determinati settori come macchinari, computer, produzione di componenti metalliche una quota non indifferente di prodotti (tra il 10 e il 30%) che oggi gli Usa importano dalla Cina potrebbero invece essere di nuovo prodotti sul suolo americano entro il 2020. Roba da raddoppiare l’output industriale degli States. E’ una rivoluzione così grande che la si può provare a descrivere solo per approssimazioni successive. L’altro grande aspetto dell’industria 3.0 è la svolta ad U che compie rispetto alle due precedenti rivoluzioni. Sia la prima, quella del 18esimo secolo che meccanizzò la tessitura, sia quella
del fordismo agli inizi del secolo scorso, con l’introduzione della catena di montaggio, andavano infatti nella stessa direzione: quella di una produzione di massa. Entrambe hanno permesso di moltiplicare in quantità sempre crescenti le repliche di un unico prodotto: il paradigma è la Ford T, che all’epoca potè abbattere i prezzi a patto di averla di un solo colore, ossia nera. Oggi invece si va all’opposto: se non c’è più uno stampo che va progettato e poi a sua volta prodotto e che dà i suoi frutti quante più repliche dello stesso oggetto è in grado di sfornare, se tutto questo è ormai solo un software e una stampante 3D e un po’ di materia prima, allora si può tornare a variare un pezzo, la sua forma, le dimensioni, in pochi attimi, solo al pc. E il concetto di economia di scala andrà drasticamente riscritto. La nuova tecnologia abbatte in modo significativo i costi e i tempi di produzione
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Si fa presto a dire green job. Da MCE la guida alle vere professioni verdi

green economyCome orientarsi nell’ambito della green e white economy, settori che creeranno oltre 1.300.000 posti di lavoro in Europa entro il 2020
L’Italia è uno dei paesi leader su scala mondiale per quanto riguarda la progettazione, sviluppo e distribuzione di tecnologie e prodotti relativi all’efficienza energetica. E’ uno dei settori che rappresentano il fiore all’occhiello dell’eccellenza italiana agli occhi del mondo.
Un settore così dinamico porta con sé la creazione di nuovi posti di lavoro. Non è però così facile sapersi districare nella burocrazia che legifera in materia di aggiornamento professionale, patentini per ingegneri, certificatori, impiantisti e altre figure chiave che operano in questo settore. Il risultato è che il più delle volte un neolaureato interessato a intraprendere una delle sopracitate carriere si trova disorientato.
Per questo motivo Mostra Convegno Expocomfort, la più importante manifestazione biennale nell’impiantistica civile e industriale, nella climatizzazione e nelle energie rinnovabili, ha elaborato una guida contenente i consigli per sapersi orientare nel labirinto della normativa italiana e iniziare a intraprendere una fruttuosa e stimolante carriera nella white e green economy.
La «Green Economy» creerà fra oggi e il 2020 oltre 250.000 posti di lavoro in Europa, a cui sono da aggiungere altri 1.061.000 posti che saranno creati dalla White Economy, cioè nel settore dell’efficienza energetica.
Le figure professionali della green economy
Le professioni «green» si identificano in circa 54 figure professionali differenti. Secondo lo United Nations Environmental Programme (UNEP) si definiscono green jobs molteplici lavori diversi nel settore agricolo, manifatturiero, della ricerca e sviluppo, amministrativo e delle attività di servizio che contribuiscono sostanzialmente a preservare e rafforzare la qualità dell’ambiente, a proteggere l’ecosistema e la biodiversità, a ridurre i consumi di energia, materiali e materie prime come l’acqua a minimizzare e a ridurre i processi di inquinamento dell’ambiente.
Ciò porta allo sviluppo della green e white economy influenzando l’occupazione in due modi: la creazione di nuove professionalità come l’Esperto di Gestione dell’Energia, l’Energy Auditor e il Certificatore Energetico; la trasformazione e l’adattamento di figure professionali esistenti che richiedono nuove qualifiche, come il Frigorista e l’Installatore.
La guida sottolinea che la grande maggioranza delle occupazioni create dallo sviluppo delle fonti rinnovabili sono in realtà lavori tradizionali (commessi, meccanici, camionisti). Ci sono perciò professioni che non richiedono l’acquisizione di nuove competenze per lavorare in un’azienda green.
Altre figure invece provengono da altri settori in crisi e godono di una condizione di rivitalizzazione grazie all’acquisizione di nuove competenze.
Infine, ci sono coloro che lavorano a diretto contatto con le nuove tecnologie verdi e che per questo hanno anche bisogno di qualifiche, corsi di formazione e di aggiornamento.
I processi in cui sono coinvolte le professioni green e white
Le aziende green si occupano solitamente di un unico processo. L’insieme di questi processi crea un unicum che va a formare una intera filiera di settore. Ogni processo, indispensabile per la vitalità e mantenimento dell’intera filiera, necessita di figure professionali differenti: Ricerca e Sviluppo; Manifattura; Project development; Procedure per le autorizzazioni; Finanziamenti; Installazione; Operatività e mantenimento; Regolazioni; Commercio e certificati green.
L’aggiornamento
Un settore così innovativo richiede un continuo aggiornamento delle figure professionali coinvolte. L’offerta formativa conta di innumerevoli corsi. A fine 2009 si contavano già 2033 percorsi diversi, fra i quali diventa difficile orientarsi. Fra questi 1129 erano corsi di formazione, 696 corsi universitari, 208 percorsi post-laurea.
Le professioni del futuro
Fra le professioni che richiedono un alto grado di specializzazione green e necessarie certificazioni e qualifiche, la guida di MCE annovera le seguenti figure.
Manager del Governo del Territorio: opera in connessione con la pianificazione del territorio e delle infrastrutture, con la pianificazione urbanistica, con la promozione dello sviluppo economico. Coordina la promozione all’uso delle diverse risorse. Formazione: Laurea di 2° livello in Ingegneria dell’Ambiente e del Territorio, Master di 2 anni in temi di gestione delle risorse, dell’ambiente, del rischio, della sostenibilità.
Manager esperto nella Programmazione energetico-ambientale-territoriale: programma, gestisce e coordina gli interventi relativi alla produzione e all’utilizzo di energie rinnovabili nel territorio. Formazione: Laurea 2° livello in Ingegneria Meccanica, dell’ambiente e del territorio; Master di 2 anni in temi di gestione dell’energia, delle risorse, della sostenibilità.
Esperto di Progettazione di Sistemi di Energie Rinnovabili: gestisce e coordina la progettazione di diversi sistemi di energia rinnovabile, intervenendo sulla distribuzione delle energie in un determinato territorio e sulla loro composizione/combinazione. Formazione: Laurea di 2° livello in Ingegneria Meccanica. Master in Fonti Rinnovabili.

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