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Il nuovo volto di Causi alla guida del bilancio in Campidoglio

Per lavoro seguo i rapporti istituzionali per conto dell’ AGCI Lazio (associazione generale cooperative italiane), li seguo dall’1986 e quindi anche quelli con il Campidoglio che, all’epoca, era il Comune di Roma, non ancora Roma Capitale, ancora per tutti bruco e non ancora farfalla.

Come è facile immaginare se ne vedevano di tutti i colori. Noi, le così dette parti sociali, eravamo invitati a consumare il così detto “rito della concertazione” che in genere consisteva in riunioni organizzate per comunicarci delle decisioni prese, la parte importante della concertazione era quella occulta, che avveniva prima della riunione convocata. Pochi eletti, più o meno sempre gli stessi, venivano incontrati riservatamente per pesare le questioni e definire le decisioni affinché non ci fossero eccessive lesioni di interessi o si palessassero in qualche rara occasione opportunità di protagonismo. Definito il pacchetto, tutto veniva sommariamente esposto dal dirigente di turno, qualche volta dall’Assessore, se era sufficietemente competente, quasi mai dal Sindaco.
Se le decisioni erano particolarmente complesse, si presentavano sintesi, senza allegati tecnici e mai documenti inviati prima per poter essere studiati.
Questo era il metodo.
Personalmente non ho mai fatto parte degli eletti della Pre Consultazione ma, ho avuto il privilegio di raccogliere confidenze in merito.
Le occasioni delle concertazione erano comunque occasioni preziose non tanto per il merito ma, per incontrare Assessori, Consiglieri, rappresentanti politici e sopratutto Dirigenti. Quasi tutti avevano qualcosa da chiedere, quasi tutti, in modo diverso dipendevano dalla macchina amministrativa del Campidoglio.
Con le Consigliature Rutelli, Veltroni, le concertazionei aumentarono di numero e oggettivamente di qualità. Si iniziò a prendere appunti durante le riunioni, si presentarono punti di vista, ma quasi mai i temi concludevano il vaglio con una decisione condivisa, anche se semplicemente maggioritaria. C’era sempre qualcosa che urgeva, un tempo costretto che impediva dopo le dichiarazioni e l’inizio dell’analisi una decisione responsabile. La decisione veniva presa da altre parti (privilegio difeso dalla P.A.) oppure non se ne sapeva più nulla entrando a far parte dei”meriti scomparsi”.
In queste occasioni ho conosciuto l’on. Causi, uomo colto e preparato, cortese e paziente con noi, inclito pubblico, che nella sua responsabilità cercava di spiegarci i meandri inspiegabili del bilancio comunale. L’impressione che ebbi dell’ uomo fu di un robusto e addottorato riformista che metteva tutta la sua passione e intelligenza a contrastare una macchina infernale fatta per bruciare ricchezza non per amministrarla. Lo fissavo intensamente durante le sue spiegazioni, spesso sottilmente ironiche con uno stile english, e mi chiedevo cosa avrei io fatto al suo posto.
Sentivo che si batteva e questo era per me un titolo d’onore al di là del risultato. Rappresentava comunque una qualità professionale ed umana infinitamente superiore alla media del persanale politico e amministrativo presente in Campidoglio.
Aderii con slancio ad alcune sue proposte e per quel che potevo fui una “parte sociale” leale e costruttiva.
Potete immaginare la delusione quando nel post Veltroni, furono presentate analisi e dati sullo stato di fatto dei conti comunali non da parte di un soggetto di parte, la nuova Amministrazione Alemanno , che avremmo imparato a conoscere negli anni successivi, ma da parte della Magistratura Contabile e della Ragioneria Generale dello Stato.
Così come riportato da Carteinregola i conti erano macroscopicamente fuori controllo.
Mai se ne parlò in tante riunioni, mai fu inviato un allert sulle condizioni del disastro; difficoltà tante ma, un naufragio è un altra cosa.
Credo proprio che i cittadini debbano riprendersi la Cosa Pubblica e con questo credo che si debbano anche confrontare con le proprie responsabilità. Le istituzioni non sono dei partiti. Occorre una discontinuità totale. Nuovi visi e nuove competenze devono trovare spazio e attenzione. Il cambiamento non può aspettare.

Eugenio De Crescenzo

Eugenio De Crescenzo




Ignazio Marino e la sua “vision” della Città Metropolitana

Roma, la grande metropoli ha enormi problemi quotidiani e c’è il rischio che questi si cumulino con quelli già esistenti nei comuni di quella che fu la provincia e oggi è la città metropolitana, anche se Ignazio Marino mira ad un lavoro comune per «affrontare problemi che non guardano certo ai confini amministrativi dei comuni». Convinto che «proprio gli Enti di prossimità, con le loro peculiarità e con l’attenzione che il Governo deve ai Comuni contribuiranno a fare uscire il Paese dalla crisi».

PROBLEMA DI POTERI – Per questa nuova istituzione c’è poi un problema di poteri ancora non ben definiti soprattutto con la Regione Lazio, con la quale il sindaco di Roma intende lavorare per mettere a sistema le deleghe necessarie». Oltre alle deleghe esiste un corposo problema di risorse finanziarie, ma secondo Marino «il Governo, ha recepito in gran parte le richieste che i sindaci metropolitani hanno messo sul tavolo». Quali ad esempio «l’eliminazione delle sanzioni per le città metropolitane che hanno ereditato dalle ex Province e lo sforamento del Patto di stabilità». Certamente il quadro normativo della Città Metropolitana è ancora in fieri tuttavia già si prevede la costituzione di «zone omogenee, per consentire azioni proficue e assicurare uno sviluppo equilibrato tra i territori ed il Comune di Roma. Anche attraverso la Conferenza metropolitana, dove tutti i sindaci svolgono l’insostituibile ruolo di rappresentanza delle comunità, la Capitale d’Italia si è aperta al suo territorio».

PRIORITÀ – Per quanto riguarda le priorità Marino prevede la «valorizzazione e l’integrazione col territorio dei poli universitari e della ricerca, l’ottimizzazione della mobilità metropolitana in connessione con le “porte di accesso” (aeroporti, porto di Civitavecchia, penetrazione della rete autostradale)». E ancora «la riqualificazione e rilancio dei poli industriali quali la il quadrante della Tiburtina e Pomezia, la ridefinizione degli assi strategici del sistema turismo cultura, per finire col rilancio dell’agroalimentare». Il tutto con «azioni di “assistenza tecnico-amministrativa” ai comuni come la centrale unica di committenza, stazione appaltante». Ma oltre alle risorse pubbliche occorrerà puntare su «azioni di “fund raising” per le amministrazioni del territorio, sia per la progettazione, gestione e rendicontazione di interventi finanziati con risorse europee». Per quanto riguarda i municipalismi, inevitabili in un’area vasta estremamente variegata, Marino è convinto che se ne debba tener conto valorizzando tuttavia gli interessi comuni e le possibilità di sviluppo.

L’OCCASIONE DEL GIUBILEO – Fra queste una possibilità immediata è rappresentata dal Giubileo ormai alle porte per il quale anche i comuni metropolitani, dovranno venir coinvolti. Per questo proprio i comuni dovranno prendere decisioni molto importanti, che non riguarderanno solo il Centro di Roma. Basti pensare, aggiunge «alle migliaia di pellegrini, che arriveranno via mare a Civitavecchia, o a piedi lungo la via Francigena, e dovranno andare a San Pietro, creando un percorso turistico religioso che toccherà i comuni del nostro territorio metropolitano. O se pensiamo ai tantissimi luoghi legati storicamente al culto, le abbazie, i santuari nell’area della città metropolitana». Per quanto riguarda il lavoro del Consiglio e le 7 deleghe recentemente attribuite ad altrettanti consiglieri, Marino spiega che alla base della scelta c’è «un completo rapporto di fiducia, che si traduce in un lavoro di squadra». Sulla programmazione delle scadenze del Consiglio si stanno mettendo in cantiere iniziative per l’edilizia scolastica, il sociale e l’ambiente sempre «che i tagli comunque previsti siano compatibili con la nostra strategia di Governo». Fra i problemi di prospettiva c’è quello della elezione popolare del Consiglio e del sindaco della Città Metropolitana che sino ad oggi è stata affidata solo a rappresentanti delle autonomie locali, occorrerà vedere, risponde il sindaco «quali saranno le condizioni normative compatibili a riproporre questa esperienza che io ritengo importante. Si tratta di un percorso che coinvolge l’architettura istituzionale complessiva dello Stato. Oggi – prosegue – il nuovo Ente è chiamato a riflettere maggiormente sul futuro del territorio metropolitano, superando l’antica tendenza a sviluppare azioni di breve periodo e puntando – questa la nostra ambizione – sulla costruzione di una visione per percorsi di sviluppo sostenibili» . Ma oggi c’è l’opportunità «di rendere questa Città Metropolitana un punto di eccellenza europeo, al pari di Parigi, Londra o Berlino».

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Il Sindaco Marino non ama le biblioteche comunali e ne decreta il ridimensionamento?

3 milioni di euro in meno

3 milioni di euro in meno rispetto al 2014

Diventa una corsa a ostacoli l’approvazione del bilancio 2015 da parte del CdA di Biblioteche di Roma. Il taglio imposta dalla Giunta lascia pochi margini ad una possibile approvazione, infatti il fondo di 16milioni e 800mila euro basterà a malapena per coprire gli stipendi del personale, 13 milioni circa e il contratto di servizio con Zetema 3 milioni e 500 mila euro. Si pensi che con pulizie e spese per la rete telematica e telefonica si arriva a 17 milioni e 800 mila euro. Quindi i conti non tornano.

Che cosa succederà non è per ora dato sapere. In teoria secondo le norme vigenti il CdA dovrebbe approvare il proprio bilancio entro aprile, ma in queste condizioni come farà? Inoltre ancora non possiamo sapere come reagirà il personale ad un taglio del salario accessorio pari ad almeno 2500 euro all’anno, che significa il 10% circa del salario LORDO annuale.

Nei prossimi giorni sapremo dirvi di più, Per il momento quello che abbiamo capito è che una pesante scure è calata su questo servizio e francamente non capiamo bene si sia scelto quello che sembra un percorso di forte ridimensionamento della presenza delle biblioteche comunali nella città.

Insomma l’avevamo già intuito, ma questa è la conferma che questo Sindaco non ama le biblioteche comunali, probabilmente le ritiene un servizio superfluo.

Vedremo, speriamo di sbagliarci, vi terremo informati.

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biblioteca vaccheria nardi




Roma, stop alle pubblicità sessiste

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Un’importante vittoria delle donne che si battono contro l’uso distorto della figura femminile quella che vede, con l’applicazione della delibera votata nel luglio scorso, l’entrata in vigore del divieto nel Comune di Roma di affissioni pubblicitarie con contenuti che discriminino le donne o incitino alla violenza. Finalmente Roma diviene free zone da immagini che usano il corpo della donna in maniera distorta e sessista. – Lo dichiara Emanuela Mino, Presidente del Consiglio del Municipio XI

Sono molto felice di poter dire che sono finiti, quindi, i tempi dell’uso malato del corpo delle donne e del richiamo sessuale propalato per vendere e replicato cartellone dopo cartellone in una sequenza degradante con un meccanismo perverso che, mostrando le donne come oggetti sessuali, alimenta quella subcultura che inevitabilmente genera violenze.

Bene dunque questo divieto in un provvedimento che si aggiunge ad altri atti concreti che questa amministrazione porta avanti nel segno di un percorso contro sessismo, omofobia e comportamenti violenti che non possono più trovare spazio in una Società moderna.

 




Il Pd riabbraccia Marino ma senza uno straccio d’idea

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Prima giunta Marino

Tra Ignazio Marino e il suo partito si è siglata una tregua giusto per prendere tempo. Ma nulla di più perché un contributo effettivo di idee dalla conferenza programmatica del Pd di Roma non è arrivato. E dunque è mancata una proposta su cui confrontarsi veramente e da cui ripartire, in modo condiviso, nell’attività amministrativa.

Marco Causi ha sicuramente individuato i problemi più scottanti della capitale ma la sua relazione è stata carente sul piano di una visione strategica di medio periodo entro cui collocare il futuro di Roma. Il senatore democratico è stato bravo a glissare brillantemente questa parte colmando il vuoto con la presentazione – convinta e priva di tentennamenti – degli assi portanti dello sforzo che il governo Renzi sta compiendo per far uscire il paese dai marosi della crisi. Ma non ha offerto alcuna base concreta di cose da fare a livello locale. Lo scontro tra una vecchia e cattiva politica e una buona politica è tutta giocata sul piano nazionale e riguarda il nostro rapporto con l’Europa, la capacità di modificare l’asse delle politiche di austerità, richiedendo più Europa senza ripiegare sui nazionalismi da “piccola patria” e portando a compimento quelle riforme che ci permettono di svolgere il nostro ruolo nel rilancio delle istituzioni europee.

C’è sicuramente consapevolezza della causa di fondo del malessere sociale che ultimamente si è manifestato in alcuni quartieri della città con punte virulente di “guerriglia urbana”. Non solo non si è potuto fare a meno di inanellare i dati della crisi a Roma quasi fossero un bollettino di guerra: in sette anni sette punti in meno di valore aggiunto, 30 mila posti di lavoro perduti al di fuori della CIG, 75 mila posti di lavoro perduti transitando attraverso la CIG, tasso di disoccupazione raddoppiato dal 5,8 all’11,3 per cento, tasso di disoccupazione giovanile al livello del 44,9 per cento, superiore alla media italiana del 40 per cento. Ma si sono anche individuate, senza mezzi termini, nei litigi istituzionali, negli eterni conflitti tra regione e comune e tra governo e amministrazione capitolina le ragioni di fondo dell’incapacità di dare risposte concrete al malessere dei cittadini. Non si è potuto tacere quello che tutti vedono. E cioè che gli effetti devastanti della grande depressione su Roma hanno colto impreparata un’intera classe dirigente a tutti i livelli: una classe dirigente litigiosa, inadeguata, irresponsabile e priva di capacità propositiva. Nel rappresentare i rapporti tra Campidoglio e Pisana, Causi utilizza un’espressione che rende plasticamente l’idea della situazione: «continuano a comportarsi da separati in casa».

C’è la denuncia dell’«arretrato di manutenzione urbana» e dei «vistosi segnali di caduta della qualità dei servizi pubblici essenziali» da affrontare attraverso un «piano per le periferie». E tuttavia i disagi manifestati dai cittadini per questa situazione diffusa di degrado, soprattutto nei quartieri periferici, costituiscono solo i sintomi di un malessere che ha cause più profonde da indagare con maggiore compiutezza. I figli e i nipoti degli ex baraccati e degli ex borgatari degli anni cinquanta e sessanta, migrati dalle regioni centro-meridionali del paese, stanno subendo un arretramento dei livelli di benessere fino a rasentare la soglia di povertà. La condizione di profonda incertezza rispetto al futuro fa sì che queste persone sviluppino una tipica avversione verso i deboli: non perché c’è in loro il senso del nemico, ma per paura di cadere nello stesso livello. Allora, attraverso l’aggressione al nero, al nordafricano, al bengalese, si stabilisce  una distanza rispetto al pericolo di una contaminazione da contatto. È la reazione a questo rischio e a quello di cadere al loro stesso livello. È una distorta ricerca di dignità. È qui che fanno leva i movimenti populisti per incanalare la violenza verso gli immigrati e la protesta verso le istituzioni considerate le principali responsabili dell’afflusso di stranieri nei quartieri multietnici della città. Manca ancora una lettura attenta e puntuale di questo fenomeno sociale.

C’è attenzione al tema della sicurezza e del contrasto dell’illegalità e tuttavia appare carente un’analisi aggiornata delle mafie a Roma. Causi evita di pronunciarne il nome e parla genericamente di «pericolose organizzazioni criminali». Ma altra cosa sono i poteri mafiosi che hanno messo le mani sulla città, le inedite commistioni tra mafie e  pezzi della destra estrema e populista, la loro penetrante capacità di organizzare consenso diffuso intorno ai traffici illeciti e al riciclo dei proventi di tali attività, di riempire i vuoti lasciati dalle istituzioni, dalla politica e dalla società civile organizzata, di utilizzare settori collusi e corrotti di pubblica amministrazione e di imprenditoria locale e di soffiare sul fuoco del malessere sociale nei quartieri con una maggiore presenza di immigrati. È pertanto sacrosanta l’indicazione di alzare il livello della risposta repressiva. Ma non se ne esce solo con una più riequilibrata dislocazione territoriale dei presidi fissi delle forze dell’ordine. Ci vuole un’azione capillare di sensibilizzazione, di divulgazione delle caratteristiche del fenomeno, di educazione per stroncare anche una mafiosità latente che ci riguarda un po’ tutti.

C’è sicuramente una puntuale disamina dei problemi da affrontare per conseguire il risanamento finanziario di Regione e Comune come condizione per liberare risorse in direzione degli investimenti. E si avverte senza dubbio il senso d’urgenza nel procedere verso un profondo rinnovamento delle pubbliche amministrazioni centrali e locali e delle aziende pubbliche concessionarie di servizi essenziali per favorire la modernizzazione dei processi la riorganizzazione delle strutture, la qualità dei servizi al cittadino, l’aumento di produttività, la riduzione dei costi.

Ma il Pd romano nella “due giorni” al Teatro Quirino si è limitato ad elencare solo alcuni titoli generici delle cose da fare, rinviando l’approfondimento nei circoli e nelle sedi istituzionali. Sono temi estrapolati dai documenti regionali per la programmazione dei fondi europei 2014-2020: aerospazio, scienza della vita, beni culturali e tecnologie per il patrimonio culturale, industrie digitali, sicurezza, green economy, agrifood. Nulla è stato detto su alcuni nodi cruciali che impediscono la progettazione e la realizzazione di vere politiche di sviluppo nella città per modificare drasticamente la struttura economica e sociale dei territori. Come concentrare e integrare le diverse politiche a livello locale? Con quali strumenti partecipativi? Come costituire dal basso efficaci partenariati pubblico-privati? Come creare lavoro in una logica produttiva stabile mediante processi di autoimprenditorialità economicamente sostenibile e coinvolgendo giovani italiani e stranieri?  Come gestire i beni comuni in una logica di welfare produttivo? Causi ha riproposto con calore la litania del decentramento municipale come se fossimo all’anno zero. È possibile che non si sia accorto che proprio in questi giorni si sta stupidamente perdendo l’occasione dell’istituzione della città metropolitana di Roma capitale per dare finalmente la piena autonomia ai municipi e permettere così di avere un’istituzione di prossimità attrezzata per affrontare i gravi problemi della città? La Legge Delrio – fortemente voluta dal governo Renzi – ha offerto finalmente ai romani tale opportunità ma la vecchia e cattiva politica sta facendo di tutto per aggirarla. E una nuova e buona politica a Roma ancora non si intravede.

 

 

 




Bando aree agricole, presentati i vincitori

F_diMajo_33771-1024x682Questa mattina, insieme al vicesindaco Luigi Nieri, l’assessore all’Ambiente Estella Marino e il presidente del III Municipio Paolo Marchionne, abbiamo presentato i vincitori del primo bando pubblico per l’assegnazione di aree agricole e immobili rurali in disuso di proprietà di Roma Capitale per lo sviluppo di nuove aziende agricole biologiche multifunzionali.

Dopo aver aperto, lo scorso maggio, un avviso pubblico per l’assegnazione di circa 100 ettari di terre divisi in 4 lotti oggi abbiamo i primi vincitori che realizzeranno nuove aziende agricole biologiche in aree bellissime e di grande valore.

La Tenuta Redicicoli, nella Riserva naturale della Marcigliana, è stata assegnata a un giovane di 21 anni, Daniel Burraiil progetto vincitore per l’area di Tor de Cenci, nella Riserva naturale di Decima, è stato presentato dal 33enne Mario Sonno e il lotto di Borghetto San Carlo, nel Parco di Veio, è stato assegnato alla cooperativa agricola CO.R.AG.GIO, costituita da 15 giovani agricoltori.

Tra le attività che verranno realizzate ci sarà la vendita diretta di prodotti a km 0 a disposizione delle cittadine e dei cittadini, fattorie didattiche e centri estivi per ragazzi, orti sociali, reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, un agri-ristoro e un parco avventura.

Un anno e mezzo fa in campagna elettorale delineammo con chiarezza quella che era la nostra visione politica, urbanistica e ambientale per l’area dell’Agro Romano e più in generale per la città intera: basta cemento e rigenerazione dell’esistente. Oggi diamo concreta dimostrazione di quel cambiamento annunciato e confermato da alcune scelte significative sul consumo di suolo.

Questa operazione mi rende particolarmente orgoglioso per i tanti obiettivi che riusciamo a raggiungere contemporaneamente. L’affidamento delle terre a giovani agricoltori rappresenta un vero e proprio investimento per il futuro, all’insegna dello sviluppo sostenibile: ai vincitori del bando chiediamo infatti di prendersi cura di questo bene comune e di metterlo a valore restituendo alla collettività e al quartiere servizi e iniziative sociali.

L’affitto ha un prezzo simbolico, dai 100 ai 200 euro a ettaro l’anno. Questo perché vogliamo incentivare la nascita di nuove realtà che fanno bene alla città e aiutano i giovani a essere protagonisti del futuro.

Il settore agricolo negli ultimi anni ha registrato una crescita costante nel territorio romano. Abbiamo, quindi, inserito nel bando un criterio di valutazione dei progetti volto a valorizzare lo sviluppo della biodiversità nella conduzione delle aziende che nasceranno.

Questo è solo il primo di tanti passi che vogliamo fare. Entro dicembre presenteremo il prossimo bando con altre quattro aree, complessivamente per 95 ettari. La prima si trova nel Municipio XI di 25 ettari due aree nel Municipio III di rispettivamente di 10 e 40 ettari e la quarta area nel Municipio IV di 20 ettari.

Quello agricolo è un settore vitale che per la nostra città e noi vogliamo valorizzarlo guardando al futuro.

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Marino a Renzi: “Ecco i sedici cantieri da far ripartire”: PURTROPPO NON C’E’ CORVIALE

marinoIl sindaco ha raccolto l’invito del premier che il 2 giugno aveva invitato i primi cittadini a scrivere una lista di interventi prioritari da cui ripartire nell’ambito del piano “Salva Italia”. Ecco i cantieri indicati da Marino: la metro C, la Città dello Sport di Tor Vergata, ma anche Prima Porta e Campidoglio 2.

Marino scrive a Renzi per accellerare i cantieri pubblici della città. Dalla Metro C alla Città dello Sport di Tor Vergata, dai lavori su via Tiburtina al Campidoglio, fino alle opere idrogeologiche: sono sedici i cantieri della Capitale che hanno bisogno di “impulsi procedimentali” per poter ripartire, quelli considerati prioritari dal Campidoglio e che figurano nella lista che il sindaco Ignazio Marino ha inoltrato al matteo@governo.it, accogliendo l’invito rivolto ai primi cittadini di tutta Italia dal premier, Matteo Renzi, il 2 giugno, in occasione della Festa della Repubblica.

LA METRO C. Secondo il Campidoglio, il cantiere della metro C è imbrigliato dalla carenza di provvedimenti da parte di organismi interistituzionali. Manca l’adozione da parte del Cipe, la deliberazione che approva il quadro economico rimodulato e lo sblocco del finanziamento di 300 milioni, già stanziati nella Legge di Stabilità 2013, per la tratta Colosseo-Piazza Venezia. Tre le opere interessate da pareri vincolanti: il raddoppio di via Tiburtina – intervento da 97 milioni di euro avviato nel 2006 -, l’allargamento della sede stradale di via Portuense in corrispondenza del cavalcavia di via Majorana e le complanari Anas del Grande Raccordo Anulare tra le uscite Casilina e Tor Bella Monaca.

LA CITTA’ DELLO SPORT. Sono quattro, poi, gli interventi fermi per mancanza di determinazioni da parte di società pubbliche o partecipate: l’ex Poligrafico dello Stato, in piazza Verdi, e il Palazzo Medici Ciarelli in via Giulia, fermi per criticità che riguardano le società comproprietarie e proprietarie degli immobili; la Città dello Sport di Tor Vergata, intervento fermo dal 2011 su cui determinante, per l’affidamento all’Università Tor Vergata, è la rinuncia da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, alla precedente destinazione a piscine; e il Campidoglio 2, opera da circa 145 milioni di euro su cui grava il completamento della procedura di affidamento definitivo e su cui il Campidoglio chiede una accelerazione alle interlocuzioni tra i tecnici del Mef e le strutture di Roma Capitale, per cantierizzare l’opera nel 2015.

PRIMA PORTA. Sette, infine, gli interventi bloccati dal patto di stabilità interno, tra cui, in evidenza vengono poste le opere volte a prevenire il rischio idrogeologico: è il caso dell’impianto di sollevamento acque reflue di Prima Porta. E degli interventi per il potenziamento delle reti di smaltimento acque piovane di cinque municipi esposti a rischi alluvionali. Fermi per il patto di stabilità anche le rotatorie di via Ardeatina, già progettate e aggiudicate per un valore di 7,7 milioni di euro; il sottopasso di via Cristoforo Colombo altezza via di Malafede; la riqualificazione di via Prenestina da Porta Maggiore a viale Palmiro Togliatti; la riqualificazione e l’arredo degli ambiti pedonali di via Prenestina all’altezza del Pigneto e infine la manutenzione straordinaria di piazza Vincenzo Valgrisi.

L’APPELLO DI RENZI. “Sono stato sindaco anche io. E come voi ricordo le polemiche: quanti cantieri abbiamo bloccato per la mancanza di un parere, per un diniego incomprensibile di una sovrintendenza, per le lungaggini procedurali”, scriveva Renzi, invitando i suoi ex colleghi a segnalare entro oggi, 15 giugno, gli interventi da poter eventualmente accelerare attraverso il pacchetto di misure denominato “Sblocca Italia”. Carenza di provvedimenti da parte di organismi interistituzionali e di pareri vincolanti, mancanza di determinazioni da parte di società pubbliche o partecipate dallo Stato, blocco di finanziamenti nel rispetto del patto di stabilità interno: sono questi i principali ostacoli alla realizzazione delle opere infrastrutturali individuati dal Campidoglio nel redigere la lista, alla cui compilazione, oltre al sindaco, hanno preso parte gli assessori Giudo Improta (Trasporti e Mobilità), Paolo Masini (Sviluppo delle periferie, infrastrutture e manutenzione urbana), Giovanni Caudo (Trasformazione urbana), Luigi Nieri, vicesindaco con delega al Patrimonio.

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“Siamo pentiti di aver fatto eleggere Ignazio Marino”. Il mondo della cultura romano in rivolta dopo il Palladium-gate di Romaeuropa

"una scatola vuota"

Antefatto di cui vi abbiamo già parlato: la Fondazione Romaeuropa – che organizza a Roma uno dei più prestigiosi festival di teatro contemporaneo a livello nazionale – è stata impossibilitata per i tagli a continuare ad utilizzare il Teatro Palladium, di proprietà dell’Università Roma Tre, dove allestiva una stagione teatrale aggiuntiva al festival. Sono arrivate Regione e Comune che, belli belli, hanno messo sul piatto un “progetto di rilancio” che è sembrato a molti solo un blitz per sfilare la struttura alla Fondazione. Con tanto di hashtag dedicato (#Laversionediromaeuropa), pompato giorni prima sui social network, la Fondazione ha deciso di dire la propria sulla faccenda nella sua sede romana.
Una folla notevole, inaspettata forse. Una folla carica di energia e di voglia, ha detto qualcuno, una folla triste e sempre più sfiduciata, ha sottolineato non senza ragione qualcun altro. Al di là dei problemi attorno al Palladium, il tema è politico e generale. Ed è emerso da molti degli interventi della conferenza aperta che la Fondazione Romaeuropa ha organizzato nella sua sede romana: “cosa vuole fare il Comune di Roma sulla cultura? Quali sono i progetti sugli spazi, sulle strutture, sui contenitori culturali e sui loro contenuti?”. Questo il mood. Purtroppo a domande legittime, non esistono risposte concrete. Da mesi. E un mondo come quello della cultura, specie se di alto livello, che si confronta sul palcoscenico internazionale, se rimane senza risposte e nell’incertezza, perde autorevolezza. E se perde autorevolezza nei confronti di partner e competitor mondiali, muore. “Il Comune di Roma si sta rendendo conto che questo atteggiamento uccide talenti, strutture, sacrifici e anni di costruzione di una narrazione e di un prestigio?”. Non si sa.
Restano i fatti che sono abbastanza inconfutabili, anche se ci piacerebbe essere smentiti fin da domani. Il Macro fermo, qualche teatro ripartito dopo mesi di agonia. AltaRoma – se parliamo di moda – annichilita dall’immobilismo dell’amministrazione. Le Biblioteche in ambasce. La Soprintendenza ferma ai box in attesa di Soprintendente.
E allora giù, è inevitabile, con le richieste di dimissioni per l’assessore comunale alla cultura Flavia Barca. Giù anche con chiavi di lettura pesanti secondo le quali non ci sarebbe “un disegno o chissà quale macchinazione dietro a tutto ciò, solo incapacità. Questa storia è la fotocopia di quel che è successo a noi” per dirla con l’ex direttore del Macro Bartolomeo Pietromarchi, applauditissimo. Fino ad arrivare a Monica Scanu, candidata croppiana (a proposito, l’ex assessore era in prima fila) che da candidata consigliera comunale ha raccolto voti a favore di Ignazio Marino durante le elezioni amministrative nell’ambito di un accordo Croppi-Marino ad oggi completamente disatteso: “mi sento pentita di aver sostenuto il Sindaco”, ha dichiarato la Scanu, “non mi rivedo in quello che sta succedendo. Sono davvero afflitta”. L’allegro chirurgo, insomma, si starebbe giocando il consenso di chi lo ha sostenuto strenuamente contro Alemanno, se ne rende conto?

Fabrizio Grifasi, capo di Romaeuropa assieme a Monique Veaute, ha sottolineato come al Teatro Palladium non ci sia nulla da rilanciare perché si rilanciano, semmai, le cose in crisi. Qui i dati erano tutti in salita, fuorché quello del sostegno pubblico. Non è un problema di contenuti né di lamentele (forse eccessive in questa circostanza, anche con derive completamente fuori asse della serie “spostiamo gli spettacoli all’ex Mattatoio” gentilmente offerto da Roberto Grossi, neorettore dell’Accademia, oppure grida belluine tipo: “occupiamo il Palladium”), è un problema di comunicazione (il mondo della cultura non riesce ad avere una interlocuzione serena con il suo assessore, e questo deve cambiare) ed un problema di risorse. Che non ci sono più, non ci saranno più, saranno sempre meno in mancanza di rivoluzioni gestionali che sarebbero alla portata – sia a livello nazionale che locale – ma che invece non vengono neppure contemplate. “Budget zero per il 2014 al Palladium? Non è vero”, tuona l’assessoreFlavia Barca, spiegando che “i capitoli a budget zero, in questa fase durante la quale il bilancio non è stato ancora neppure discusso, sono tantissimi, ma ciò non significa che poi non si riusciranno a trovare risorse”. Okkay, assessore, ma vi siete impossessati di un teatro due minuti dopo di chi ha dovuto rinunciare a gestirlo, stremato dalle insicurezze finanziarie. “Non è andata così. Romaeuropa ha dichiarato l’impossibilità di organizzare la stagione prossima, i padroni di casa dell’Università Roma Tre – il teatro è il loro – hanno manifestato la volontà di non chiudere la struttura, la Regione si è fatta avanti con un progetto orientato sulla formazione e io ho partecipato a questa presentazione, dicendo che, per qualsiasi iniziativa volta a salvare lo spazio, il Comune c’era come interlocutore”. E Romaeuropa? “Ma nessuno ha detto che Romaeuropa non possa far parte del prossimo progetto sul Palladium. Tra l’altro io ho sempre difeso e considerato valido il loro progetto, lo scorso anno complessivamente gli abbiamo dato 750mila euro a fronte dei 950mila euro dell’anno precedente, un taglio molto inferiore rispetto ad altre realtà”. Decisione troppo precipitosa di Grifasi e dei suoi, dunque, o melina insostenibile da parte del Comune? In entrambi i casi occorre rendersi conto che l’offerta cultura della città ci sta rimettendo. Dai musei, alle biblioteche, alla moda, ai festival. Necessario per l’assessore Flavia Barca cambiare passo e aggredire il problema con un atteggiamento differente rispetto a quello adottato fino ad oggi.

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