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Un ecobonus ad hoc per quartieri e parti di città’

La proposta: individuare nuovi parametri, come la qualità dei suoli, la resilienza naturale e sociale, sui quali applicare gli incentivi fiscali.
Potenziare e calibrare gli strumenti tecnici, fiscali e normativi per fare salire “l’industria della rigenerazione urbana” dalla dimensione micro dove è attiva e produttiva, grazie agli ecobonus per le ristrutturazioni edilizie, a una scala più ampia, che guardi ai quartieri e alle aree urbane, e che si utile a rigenerare parti di città.

È questa la proposta che l’INU – Istituto Nazionale di Urbanistica ha presentato ieri nell’ambito della dodicesima edizione di Urbanpromo, alla Triennale di Milano.

Gli standard urbanistici
Il ragionamento parte dal DM 1444/1968 che fissa gli standard da applicare per la realizzazione di pezzi di città. Il provvedimento – ricorda l’INU – stabilisce che, al momento di costruire nuove parti di città, ogni nuovo abitante ha diritto a 18 metri quadri complessivi di parcheggi, verde pubblico, scuole e attrezzature collettive in generale. Si è trattato di una grande conquista per l’urbanistica, perché ha sancito l’ineludibilità della città pubblica.

Oggi, tuttavia – affermano gli urbanisti -, il mondo è cambiato, l’edilizia è in mutamento, è riconosciuto da più parti che occorre orientarsi verso la riqualificazione della città esistente piuttosto che sull’espansione. Occorrono – secondo l’INU – nuovi standard, che non cancellino quelli che conosciamo ma che ne costituiscano in qualche modo un perfezionamento alla luce delle nuove tendenze ma anche dei nuovi bisogni dei cittadini.

La proposta dell’INU
I nuovi standard – si legge nella proposta – dovrebbero quindi essere in grado di stabilire nuovi parametri e renderli misurabili: parametri come la qualità dei suoli, la resilienza naturale e sociale, il grado di innovazione tecnologica.

Una volta stabiliti questi parametri e i criteri di misurazione, si possono stabilire dei livelli minimi da conseguire, che i singoli Comuni possono adottare come riferimenti al momento di dare il via agli interventi. Sono i Comuni, quindi, in futuro attraverso piani urbanistici rinnovati e innovativi, ora con procedure che individuano e delimitano le aree degradate da riqualificare (anche attraverso le proposte di cittadini o gruppi di imprese disposte a intervenire) a dare il via alle operazioni di riqualificazione.

Nuovi incentivi fiscali
Su queste aree delimitate andrebbero applicati nuovi incentivi fiscali, una evoluzione degli ecobonus, da integrare quindi con le risorse dei cittadini e con fondi europei, che otterrebbero quindi il risultato di andare a beneficio di porzioni unitarie di città e che sarebbero più in grado di attrarre le risorse private delle imprese e delle Esco.

Incentivi – secondo l’INU – da modulare per interventi sulla base dei parametri dei nuovi standard, che quindi aiuterebbero a intervenire su fattori come la qualità dei suoli, sulla prevenzione del rischio idrogeologico, sulla qualità della rete Internet, sulla mitigazione dei rischi ambientali, sull’inclusione sociale.

La proposta è parte del ‘Progetto Paese’ che l’INU presenterà a Cagliari al suo XXIX Congresso, il 29 e il 30 aprile 2016.

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Consumo di suolo, INU: incentivi fiscali alla rigenerazione urbana

Dagli urbanisti 11 proposte di modifica al disegno di legge all’esame del Parlamento

Incentivi fiscali e contributivi di livello locale che stimolino la rigenerazione urbana; moratoria sulle nuove edificazioni valida quantomeno fino alle disposizioni regionali; eliminazione della possibilità di consumare, tre anni dopo l’approvazione della legge, una quantità di suolo pari al 50% di quello consumato nei 5 anni precedenti.

Sono alcuni degli emendamenti al disegno di legge sul contenimento del consumo di suolo e sul riuso del suolo edificato, proposti dall’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU).

I tempi sono maturi “per adottare provvedimenti incisivi a livello nazionale – spiega l’INU. È ormai generale infatti la presa di coscienza, anche da parte dell’opinione pubblica, della centralità di temi come il contenimento del consumo di suolo e l’incentivazione alle pratiche di rigenerazione urbana per un innalzamento della qualità della vita e per una maggiore prevenzione dai danni provocati da eventi meteorologici estremi”.

L’Inu avrebbe preferito che i temi citati fossero affrontati in un organico provvedimento di riforma della disciplina di governo del territorio, e non in un testo che rischia di essere parziale e non risolutivo. Tuttavia intende collaborare nel merito della stesura del provvedimento, e offre al legislatore undici emendamenti per il suo miglioramento.

Le proposte di modifica traducono le perplessità dell’INU sul testo e propongono la via per “rafforzare” alcuni punti deboli. Gli urbanisti propongono 11 emendamenti, tra cui:

– una definizione più univoca e condivisa di “consumo di suolo”, sostituendola o almeno integrandola con il concetto di “suolo urbanizzato”, evitando il concetto di permeabilità/impermeabilità, che rischia di essere troppo specialistico e di difficile applicazione;

– strumenti, nel testo nazionale, che diano la possibilità di mettere a punto a livello locale misure di incentivazione di tipo fiscale e contributiva che stimolino le pratiche di rigenerazione urbana;

– la predisposizione di un “Catasto degli usi e della qualità del suolo”, finalizzato a quantificare e localizzare, oltre alle superfici agricole o comunque con suolo naturale, anche quelle passibili di miglior utilizzo o riuso, in quanto sottoutilizzate o dismesse, tra le aree comunque urbanizzate. La realizzazione di questo catasto secondo criteri omogenei sul territorio nazionale renderebbe disponibile una base dati costantemente aggiornata a disposizione delle regioni e del governo, fondamentale per il monitoraggio dell’efficacia della legge, che altrimenti rischia di essere una dichiarazione di principi senza apprezzabili effetti pratici;

– la modifica della disciplina della moratoria: essa dovrebbe essere valida quantomeno fino alle disposizioni regionali, che di fatto inaugurano il corso della nuova disciplina, e non ha senso stabilire come limiti in prima battuta l’approvazione del decreto sul consumo di suolo (che per essere efficace deve comunque attendere le misure regionali) e in seconda battuta l’arco temporale di tre anni. Va prevista inoltre un’esclusione dalla moratoria delle sole opere pubbliche già programmate;

– l’eliminazione della norma che stabilisce che, trascorsi i tre anni dall’approvazione della legge, sia ammesso il consumo di una quantità di suolo pari al 50% di quello già consumato nei cinque anni precedenti. In tal modo infatti si tornerebbe ad ammettere senza alcuna regolazione nuovi consumi di suolo ma soprattutto si andrebbero a premiare i comuni meno virtuosi;

– l’eliminazione della parte della legge che disciplina caratteri e modi del recupero degli insediamenti rurali dismessi. Si tratta di disposizioni che dovrebbero essere inserite in una norma dedicata al recupero dell’edilizia rurale e che sarebbero troppo puntuali, forse, anche per un testo di legge regionale. Il livello di dettaglio stride inoltre con la genericità con cui vengono invece definiti e disciplinati gli interventi di rigenerazione urbana.

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Piano Nazionale di Rigenerazione Urbana‏

rigenerazioneIl tema della rigenerazione urbana sostenibile, a causa dell’esaurimento delle risorse energetiche e delle pessime
condizione del patrimonio edilizio costruito nel dopoguerra è, per gli architetti italiani, la questione
prioritaria nelle politiche di sviluppo dei prossimi anni.
Questione da intendersi non solo come materia rilevante nella pratica urbanistica, ma come una politica per
uno sviluppo sostenibile delle città, limitando la dispersione urbana e riducendo gli impatti ambientali insiti
nell’ambiente costruito: frenare il consumo di nuovo territorio, attraverso la densificazione di alcuni ambiti
solo a fronte della liberalizzazione di altre aree urbanizzate, da tramutare in servizi e luoghi di aggregazione.
In città sempre più disgregate a causa dell’incontrollata crescita degli ultimi decenni, la riqualificazione delle
periferie deve essere il punto di partenza per poter dare una svolta ad una situazione precaria sia a livello edilizio
che ambientale. L’assenza di spazi pubblici di qualità e il consumo del suolo arrivato al livello di guardia,
il costo energetico non più in grado di sopportare sprechi e lo smaltimento dei rifiuti e dei materiali non riciclabili,
hanno determinato consapevolezza da parte dei cittadini con richiesta di interventi e di soluzioni.
Piano_Nazionale_per_la_Rigenerazione_Urbana_Sostenibile