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Bilancio, con approvazione: Roma riparte sul serio

E’ stata una giornata storica per Roma quella di ieri perchè l’approvazione del bilancio di previsione 2015 da parte dell’Assemblea capitolina, una manovra da 6,318 miliardi di euro che sancisce, dopo quasi due anni di risanamento portato avanti dal Sindaco Marino e dalla sua Maggioranza, un cambio di rotta rispetto al passato e pone le basi per un vero sviluppo della città. – Lo dichiara Emanuela Mino, Presidente del Consiglio del Municipio XI

Ereditavamo nel 2013 un Comune sull’orlo del fallimento, con più di 800 milioni di euro di debito che in questi mesi abbiamo risanato grazie ad una azione fondata sulla trasparenza e sul rigore che ha portato finalmente l’istituzione alla legalità contabile approvando, primi tra i Comuni italiani, il Bilancio di Previsione 2015 e, con oltre un anno di anticipo, chiudendo il Piano di Rientro Triennale predisposto dal Governo giungendo così al risanamento finanziario.

Ora la Città può crescere, forte di una solidità finanziaria che le permette di guardare al futuro programmando azioni concrete che si traducono in maggiori servizi e minori tasse ai cittadini, tutela per le classi più deboli, un piano di investimenti di 164 milioni di euro che porterà nuove opere e che risanerà le tante ferite del nostro tessuto urbano.

A titolo esemplificativo, viene alzata da 10.000 euro a 12.000 euro la soglia di reddito che garantirà ad oltre 83.000 cittadini l’esenzione dal pagamento dell’addizionale IRPEF; per la prima volta, dal 1986, diminuisce per tutti la tariffa sui rifiuti dell’1,5% grazie ad un risparmio di 50 milioni di euro frutto di una gestione più efficiente fondata su un aumento della quota rifiuti differenziati (con obiettivo del 50% nel 2015) e un nuovo sistema di gestione del ciclo che ha spezzato il monopolio di “Malagrotta”, dicendo “no” a discariche ed inceneritori ed investando sul porta a porta e su na nuova politica industriale; la famiglia con ISEE al di sotto dei 20.000€ non pagherà nulla per il terzo figlio iscritto alle scuole comunali mentre per ISEE tra i 20.000€ e i 40.000€ la tariffa sarà del 30%.

Risorse pari a 150 milioni di euro sono venute grazie al coraggio dell’amministrazione di rimettere ordine al sistema delle partecipate cedendo quote nelle aziende non strategiche per le finalità che l’Amministrazione deve perseguire come, ACEA ATO2, Aeroporti di Roma, Centro Agroalimentare Romano, il Centro Ingrosso Fiori, la Centrale del Latte il Banco del Credito Cooperativo.
Riprendono poi fiato le strutture dipartimentali che possono contare su risorse aggiuntive grazie all’approvaizone da parte dell’Assemblea capitolina del maxi-emendamento che fa segnare un +7,3 milioni di euro per il Dipartimento Scuola, +9,3 milioni di euro per il SIMU (manutenzioni strade, ponti e gallerie, caditoie), + 4 milioni di euro per il Dipartimento Ambiente mentre anche per quest’anno sarà garantita l’Estate Romana con lo stanziamento di 2 milioni di euro trasferiti al Dipartimento Cultura.

 Una vera opera di rilancio, che non lascia indietro le periferie e coinvolge e responsabilizza i Municipi: si partirà dai luoghi lontani dal centro con nuova illuminazione pubblica fatta a led che interesserà 198 mila punti luce, con un investimento di 47 milioni di euro oltre alla possibilità data ad ogni Municipio di poter decidere e programmare opere manutentive e di rigenerazione urbana contando su un milioni di euro messo a disposizione da questa manovra.

 Con questa manovra e con il percorso virtuoso messo in atto, Roma si candida ad essere esempio di risanamento per tutti i Comuni italiani, mostrando che con il buon governo, con la trasparenza e con il rigore una città può tornare a sperare e a crescere ed i propri cittadini tornare ad essere orgogliosi del luogo in cui vivono.

 




Roma metropolitana: Marino fermi il treno prima che vada a sbattere

Ignazio Marino fa ancora in tempo a fermare il treno in corsa che distruggerà la prospettiva di Roma come effettiva capitale d’Italia. Domani il Consiglio metropolitano discuterà a Palazzo Valentini lo statuto del nuovo ente messo a punto dalla commissione competente. Non se ne conosce il contenuto. Ma sembra che l’orientamento sia quello di confermare la nascita di un carrozzone che sostituirà di fatto la Provincia e depotenzierà la capacità del Comune di Roma di svolgere i poteri speciali di capitale previsti dalla Costituzione.

Il Coordinamento Promotori Nuovi Enti Locali (Co.Pro.N.E.L.) ha chiesto al Sindaco di Roma capitale di sospendere ogni decisione e proporre all’Assemblea capitolina la creazione delle zone omogenee dotate di autonomi poteri e di trasmettere la relativa delibera al Consiglio metropolitano come emendamento alla proposta di statuto.

Spetta, infatti, a Roma capitale indicare gli enti territoriali che potranno formare la città metropolitana. Tali enti dovrebbero essere i seguenti: i 15 municipi di Roma capitale; i comuni attuali di Fiumicino, Pomezia, Ciampino, Fonte Nuova; i comuni costituenti e confinanti di Boville e Tor San Lorenzo. Si tratta della delimitazione contenuta nella proposta di legge d’iniziativa popolare annunciata al Consiglio Regionale del Lazio il 19 gennaio 2000.

Con la suddetta proposta – scrive il Co.Pro.N.E.L. a Marino – si porterebbe  a compimento quel moderno processo riformatore che le comunità metropolitane aspettano da decenni, conciliando le comuni esigenze metropolitane e capitoline, da ricollocare nello stesso ente costituzionale omogeneo, con  quelle diverse  e distanti di altre comunità. E’ infatti del tutto paradossale che la capitale d’Italia ampli le sue propaggini fino ai confini con l’Abruzzo e con il Frusinate, considerando metropolitani anche quei territori che hanno caratteristiche marcatamente rurali e con notevoli problemi di sviluppo.

Finora ci sono state solo delle anticipazioni da parte di qualche consigliere circa l’orientamento favorevole  per l’elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano e per il rafforzamento dei municipi di Roma capitale. Sarebbero fatti positivi se fossero accompagnati dalla conferma del disegno di riforma maturato in questi decenni che vuole la convivenza di Roma capitale (coi suoi poteri speciali) e della sua città metropolitana (con le sue nuove funzioni) in un unico ente omogeneo operante in un territorio appropriatamente delimitato in funzione dei complessi compiti da esercitare.

La vicenda ha del paradossale. Mentre in alcuni palazzi romani si sta distruggendo la prospettiva di Roma capitale in altri palazzi,
alcuni parlamentari del PD (in primis Roberto Morassut e Raffaele Ranucci) hanno presentato alla Camera e al Senato la proposta di attribuire a questa città il rango di Regione, in considerazione della specialità già prevista dalla Costituzione. Una proposta senza dubbio riformista. L’Italia si allineerebbe così ai paesi europei più importanti che hanno capitali coincidenti con regioni o distretti.

Ma alcune domande nascono spontanee: “Cari amici, perché non proponete al Governo la sospensione immediata di un percorso del tutto assurdo che sta portando alla creazione di una città metropolitana distinta da Roma capitale? Non vi sembra paradossale creare un nuovo ente che anziché rafforzare le funzioni della capitale le indeboliscono? Come può essere credibile la vostra iniziativa – che ha bisogno di una legge costituzionale – se non siete in grado di ottenere dall’esecutivo un provvedimento immediato di sospensione di un percorso che porterà alla creazione di un nuovo carrozzone del tutto inutile? Perché non proponete un dibattito serio e approfondito a Roma e nel Paese per seguire un percorso che porti alla trasformazione di Roma capitale in città metropolitana?”

Se il PD romano vuole superare la profonda crisi di credibilità in cui si sta dimenando, non può proporci la solita tragicommedia che vede la mano destra fingere di non sapere cosa fa la mano sinistra.

 

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Una politica democratica per combattere le mafie

Ignazio Marino  (anni 59) sindaco di Roma

Ignazio Marino (anni 59) sindaco di Roma

Vuoi battere le mafie e contribuire a dare una prospettiva alla capitale d’Italia? Non ti resta altro punto di riferimento che Ignazio Marino. Egli deve porsi concretamente questo obiettivo: aprire la fase costituente per trasformare Roma capitale in città metropolitana, ridisegnare i confini territoriali e dare piena autonomia ai municipi; dopodiché correre per l’elezione a suffragio universale del sindaco metropolitano. Questo obiettivo politico e istituzionale è oggi tutt’uno con la battaglia per liberare Roma dalle mafie.  

Francesco Rutelli e Walter Veltroni hanno rivendicato il lungo periodo di buon governo e di onestà delle amministrazioni capitoline che si sono succedute dal periodo di tangentopoli fino alla giunta guidata da Gianni Alemanno. Matteo Renzi ha commissariato con Matteo Orfini il PD romano, dopo la notizia che alcuni suoi esponenti sono coinvolti nell’inchiesta “Mondo di mezzo”.  Da quanto si conosce finora dell’indagine è con l’arrivo della destra in Campidoglio che si crea il sistema mafioso in cui le lobby affaristiche e criminali, annidate in un’area trasversale che va da alcune schegge dell’eversione di destra a imprese del terzo settore, asserviscono spezzoni di partiti e di pubblica amministrazione ai propri interessi, mediante il controllo di flussi cospicui di spesa pubblica.

Ma non mi persuade la tesi di Veltroni che il coinvolgimento del PD sia semplicemente il frutto di “una politica ridotta a tessere, correnti, potentati, preferenze e deprivata della sua ragione e del suo senso”. E che dunque sia sufficiente per risalire la china – come scrive Goffredo Bettini – “costruire un partito delle persone, in grado dal basso di controllare, discutere e decidere tutte le scelte, in trasparenza e libertà”.

È difficile una discussione razionale sulla politica e sulla sua riforma sotto la pressione quotidiana degli orrori politici e morali che emergono dall’inchiesta e delle semplificazioni giornalistiche. Ma credo che l’emotività debba far posto al ragionamento e guardarci serenamente negli occhi. Soprattutto in questo modo potremo dare effettivamente un contributo a Ignazio Marino nel suo tentativo di coalizzare intorno alla sua amministrazione le forze disponibili a combattere per liberare Roma dalle mafie e assicurare un futuro alla città.

Nulla è più come prima. Dal 2 dicembre abbiamo la certezza che anche a Roma ci sono le mafie. E il fatto che le mafie stiano conquistando la capitale è già il segno evidente che di questo morbo sia infetta ormai l’intera nazione. Il tema politico urgente diventa allora come la democrazia combatte questo cancro e come produce quelle difese immunitarie, quegli anticorpi necessari a prevenirlo.  E come il PD si attrezza per sconfiggere questo nemico e come crea degli argini per difendersi da coloro che ad un certo punto lo utilizzano per fini personali di arricchimento e di potere.

Assumere davvero l’obiettivo di dichiarare guerra alle mafie significa, dunque, restituire un senso alla politica, definire degli obiettivi concreti e introdurre nella vita del paese un’intransigenza morale e un civismo attivo che devono permeare tutti i gangli delle istituzioni e della società.

Per il PD significa dare effettivamente un senso alla propria denominazione. Non si tratta di produrre appelli moralistici o rigurgiti giustizialisti. Ma di elaborare nuove regole che riguardino la vita dei partiti e delle istituzioni, le nomine dirigenziali, la loro selezione e rotazione, le consulenze, la distinzione netta tra interventi ordinari e quelli emergenziali, gli statuti delle imprese e delle organizzazioni, indipendentemente dalla loro forma giuridica e dal carattere profit o non profit, le relazioni tra le parti sociali, i rapporti tra imprese e fornitori, i modelli di governance delle imprese che gestiscono beni comuni e interventi sociali per rendere effettivamente esercitabili i diritti.

Partiti, istituzioni e società civile organizzata dovrebbero sentire come proprio compito primario quello di promuovere pratiche concrete innovative che diventino procedimenti istituzionali trasparenti, affidabili e competitivi e favoriscano comportamenti virtuosi volti ad alimentare fiducia e cooperazione. Partiti, istituzioni e società civile organizzata dovrebbero sentire come propria missione quella di accompagnare processi partecipativi dal basso per l’utilizzazione trasparente, efficiente e condivisa dei flussi finanziari destinati allo sviluppo locale.

Partiti, istituzioni e società civile organizzata dovrebbero cogliere l’occasione dell’istituzione della città metropolitana di Roma capitale per interrompere un percorso istituzionale sbagliato. Un percorso che è il frutto di un accordo tra i potentati della cattiva politica volta ad affossare un disegno virtuoso delineato nella riforma del titolo V della Costituzione e nella legge 42 del 2009: la trasformazione di Roma capitale nella città metropolitana. Non è vero che la legge Delrio non lo permette. E se si hanno dubbi, si concordi con il governo il tragitto e si proceda rapidamente verso l’autonomia dei municipi e la definizione di uno statuto che preveda l’elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano. Se non si realizza questo disegno la specialità di Roma capitale si banalizza perché non potrà realizzarsi in un’area vasta omogenea come accade per tutte le maggiori capitali del mondo. Marino deve battersi per questo obiettivo politico: preparare le elezioni dirette del sindaco della città metropolitana di Roma capitale e candidarsi a questo ruolo. E su tale obiettivo squisitamente politico e istituzionale deve costruire un accordo vero con il premier Renzi e con il commissario del PD Orfini.

È sconfortante che intorno allo statuto della città metropolitana non ci sia alcun dibattito pubblico. E il tutto sia lasciato agli accordi di vertice dei capi tribù dei partiti. I cittadini non sono per niente coinvolti in decisioni che riguardano i maggiori poteri autonomi dei municipi, le elezioni dirette e i nuovi confini territoriali che la città deve avere per svolgere pienamente le funzioni assegnate ad essa dalla Costituzione.

Vero è che neanche i cittadini romani richiedono di partecipare direttamente nella definizione di tali scelte importanti per la loro vita, quasi rassegnati a subire le decisioni dall’alto su questioni che riguardano lo sviluppo della loro città. Un atteggiamento passivo di subordinazione ai potentati che evidenzia una latente mafiosità diffusa. E’ anche per questo motivo che una funzione rilevante dovrebbe essere svolta dalle istituzioni scolastiche e universitarie per sviluppare il capitale cognitivo, cioè la risorsa indispensabile per accrescere la domanda di partecipazione e l’efficienza delle istituzioni democratiche e così prevenire i fenomeni di corruzione. Si tratta di agire sulla formazione della psicologia cognitiva e morale individuale nelle fasi giovanili di maturazione e stabilizzazione delle capacità decisionali per fare in modo che le persone apprezzino il valore e l’utilità della trasparenza, dell’affidabilità, del merito e della cooperazione.

Gerardo Chiaromonte, in qualità di presidente della Commissione Parlamentare Antimafia tra il 1988 e il 1992 ci aveva avvertiti della presenza delle mafie a Roma, sollecitandoci a guardare al fenomeno mafioso in modo ampio e lungimirante. Si tratta – egli scriveva – di partire da due elementi essenziali: 1) le origini antiche di un modo di fare politica in Italia (accentuatosi negli ultimi decenni) che si nutre a volte del rapporto tra partiti e uomini della struttura dello Stato con ambienti più o meno ambigui; 2) la costituzione di un nuovo blocco, flessibilissimo e resistentissimo, di forze politiche e sociali diverse che mira e, in gran misura, riesce a controllare e a gestire il flusso di spesa pubblica con un vero e proprio “sistema di potere”, in particolare colluso e comunque connivente (attraverso confini assai incerti) con nuclei e clan della delinquenza organizzata.

È, dunque, vero che ogni struttura che amministri potere è esposta all’infiltrazione di organizzazioni mafiose, come ha ricordato Veltroni. Ma è anche vero che la politica democratica può produrre gli anticorpi necessari per prevenire questi rischi. Se questa non c’è o si siede, le mafie trovano porte e finestre spalancate per assoggettare ai propri interessi criminali le istituzioni e la società.

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