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Napoli spaccata in due: la percentuale dei laureati quartiere per quartiere

Scriviamo Napoli, si legge una città spaccata in due. Da una parte i quartieri residenziali, ordinati e puliti, abitati da famiglie facoltose, borghesi e dalle cosiddette famiglie normali. Dall’altro lato della barricata le periferie con i problemi di sempre: povertà, difficile accesso allo sport e addensamento dei clan camorristici che trovano terreno fertile approfittando della mancanza dello Stato. In questi quartieri la camorra si alimenta della povertà altrui sostituendosi alle istituzioni, sviluppa le sue cellule criminali e tenta di respingere le azioni del popolo volte al riscatto di quelle terre.

Tra queste case, su strade asfaltate male dove l’economia non vede il sole, anche l’accesso allo studio diventa un privilegio per pochi. Le condizioni ambientali fanno il resto. I numeri tratti dal censimento del 2011 della città di Napoli che ha contato quanti laureati ci sono in città, municipalità per municipalità, fotografa una situazione intollerabile. La politica negli ultimi anni si è allontanata dalle periferie, lasciandole marcire al proprio destino. Un fatto da deplorare senza se e senza ma.

Nella tabella che segue sono evidenziate, dal Dottore di Ricerca all’Università di Teramo Pietro Sabatino, in verde i quartieri dove c’è la percentuale più alta di laureati napoletani. Si va dal 34,4% di Posillipo al 30% del quartiere San Giuseppe della prima municipalità. Statistiche ben diverse nelle periferie dove si va dal 3,5% di Scampia al 4,9% di Secondigliano. I dati in percentuale si riferiscono al numero totale dei residenti in quel determinato rione.

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Un gap ampio che evidenzia condizioni di vita notevolente diverse. Eppure anche Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, Barra e gli altri quartieri rappresentano Napoli. Sarebbe poi interessante possedere i numeri che riguardano il fenomeno dell’emigrazione interna. Famiglie che trovata una maggiore stabilità economica si spostano dalle periferie e vanno a vivere nei quartieri migliori. In diverse municipalità di Napoli sono presenti nuclei familiari che provengono da quei quartieri segnati nella tabella in rosa.

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La città che apprende

È dal 2004 che l’amministrazione della città di Cork organizza il ‘learning festival’ per promuovere l’apprendimento fra i suoi cittadini. Cork è una città dell’Irlanda, seconda come densità demografica dopo Dublino. Come tante altre città nel mondo, Cork nello scorso mese di marzo, dal 23 al 29, ha celebrato il suo dodicesimo festival dell’apprendimento.
Cittadini, istituzioni, associazioni e organizzazioni hanno promosso eventi, hanno aperto i loro spazi per offrire alla gente un saggio di tutte le opportunità di apprendimento disponibili in città. Per una settimana l’apprendimento si è presentato al pubblico con spettacoli gratuiti, dibattiti, sessioni di prova, visite guidate, mostre e dimostrazioni. Centri per le famiglie, comunità, biblioteche, teatri, musei, parchi, campi sportivi, scuole e università i luoghi coinvolti. ‘Indaga, partecipa, celebra l’apprendimento’, il motto del festival di quest’anno, che come sempre si propone di motivare i cittadini di ogni età, con capacità e interessi molto diversi, a condividere le proprie competenze e ad acquisirne di nuove.
L’apprendimento è condivisione
La Commissione dell’Unione Europea da tempo ha coraggiosamente affermato che l’apprendimento continuo non è più solo un aspetto dell’educazione e della formazione: deve diventare il fondamento, il principio guida dell’intero sistema formativo, dell’intero sistema di erogazione e di partecipazione sullo spettro totale dei contesti di apprendimento.
L’enfasi va posta sui diritti dell’individuo come discente, sullo sviluppo del potenziale individuale, su sistemi formativi fondati sul diritto universale ad apprendere, sul piacere, sul promuovere e certificare il successo anziché, come ancora accade nelle nostre scuole, sanzionare l’insuccesso, sull’abbattere le barriere dell’apprendimento, sulla soddisfazione dei bisogni e delle istanze di chi apprende, sul celebrare l’apprendimento con festival dedicati all’apprendimento.
In questa prospettiva è evidente che tutta la società deve farsi apprendimento, perché gli individui e la scuola con le solo loro forze non sarebbero in grado di risolvere tutti i problemi della conoscenza.
In questa dimensione l’apprendimento è condivisione, è cura, è evento quotidiano gestito dalle persone, anziché processo che avviene in modo quasi esclusivo all’interno delle istituzioni scolastiche.
Diventare una Learning City
Secondo il programma della Commissione dell’Unione Europea una ‘learning city’, una città che apprende va al di là del proprio compito istituzionale di fornire istruzione e formazione, crea un ambiente partecipativo, culturalmente consapevole ed economicamente vivace, attraverso la fornitura e la promozione attiva di opportunità di apprendimento in grado di sviluppare il potenziale di tutti i suoi abitanti.
Riconosce e comprende il ruolo fondamentale dell’apprendimento per la prosperità, la stabilità sociale e la realizzazione personale, mobilita creativamente e sensibilmente tutte le risorse umane, fisiche e finanziarie per sviluppare appieno il potenziale umano di tutti i suoi abitanti.
Le partnership locali per l’apprendimento continuo sono le scuole, le università, le imprese, gli enti locali e regionali, i centri di formazione per gli adulti e le associazioni di volontariato.
La città della conoscenza incoraggia lo spirito di cittadinanza e il volontariato, i progetti che permettono di attivare l’impegno, il talento, l’esperienza, le conoscenze presenti nelle comunità.
La città della conoscenza estende il numero dei luoghi in cui avviene l’apprendimento, in modo che i cittadini possano riceverlo dovunque, quando e come vogliono. L’apprendimento è considerato creativo, appagante e piacevole. Ogni aspetto della comunità fa parte integrante del programma di apprendimento. Le biblioteche, i musei, i parchi, le palestre, i negozi, le banche, le aziende, gli uffici municipali, le fattorie, le fabbriche, le strade e l’ambiente forniscono opportunità di apprendimento, strutture e servizi per autodidatti.
Festeggiare l’apprendimento
Nel nostro Paese si tengono ogni anno i festival della letteratura, della filosofia e ancora altri, perché allora non unire in una rete, in un disegno coerente le tante opportunità offerte dalle nostre città per celebrare il Festival dell’Apprendimento capace di far incontrare e dialogare la scuola, la città, le istituzioni culturali, i piccoli e i grandi, gli studenti e gli adulti in una esperienza di condivisione, di interesse comune.
Questo vuol dire confrontarsi in concreto con l’idea di città della conoscenza.
Si tratta di procedere oltre i progetti e i programmi di lifelong learning orientati a riprodurre modalità tradizionali di intervento formativo, troppo simili a quelle predefinite dai sistemi scolastici, ovvero dai principi che regolano i percorsi di istruzione, compresi quelli dell’istruzione superiore, ovviamente anche universitaria, dunque un momento decisivo per il ripensamento dei modi, dei tempi e dei luoghi dell’apprendimento.
In questa cornice i festival dell’apprendimento costituiscono l’occasione per festeggiare e promuovere l’apprendimento, per veicolare il messaggio dell’apprendimento a un gran numero di cittadini, esaltare il piacere di imparare, conoscere i benefici che ne derivano per la città e i suoi abitanti.
Festival in tutto il mondo
Il prototipo di “learning festival” è stato sviluppato in Giappone, il cui governo ha sponsorizzato e finanziato, tra la fine degli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta, varie città che tenevano a turno un festival dell’apprendimento ogni sei mesi. Con il festival di Sapporo, nell’isola settentrionale di Hokkaido, più di sessantamila adulti sono rientrati nel circuito dell’apprendimento continuo.
Ma questi eventi si possono utilizzare anche per tanti altri scopi come mostra il caso del Marion festival. Marion è uno dei più grandi sobborghi della metropoli di Adelaide, nel South Australia e ospita uno dei più importanti centri di apprendimento continuo. Il “Marion City Lifelong Learning Festival” dura una settimana, si tiene ogni settembre a partire dal 2002. Tra le numerose attività del festival ci sono esibizioni di cori di tutte le età, bande, gruppi jazz, orchestre da camera, gruppi di danza classica, moderna, gruppi teatrali e ginnici. Nelle strade si esibiscono prestigiatori, trampolieri, danzatrici del ventre, cantanti e mangia fuoco. Gli scrittori parlano dei loro romanzi e i poeti recitano le loro poesie. Diverse decine di corsi vengono messi a disposizione di quanti vogliono imparare dai rudimenti dello spagnolo alla cucina, alla disposizione dei fiori, alla navigazione in internet, fotografia, astronomia, ecc.
Un centinaio di stand presidiati dai rappresentanti dei principali fornitori di apprendimento, formali e informali, scuole, università, centri di formazione professionale, centri di istruzione per gli adulti, centri di comunità, gruppi di volontariato e portatori di interessi specialistici.
Altri stand con asili, aziende come la Mitsubishi, gruppi teatrali, enti benefici, centri di assistenza sanitaria, borse di studio, palestre, circoli sportivi, chiese, servizi statali e locali, gruppi familiari, agenzie di viaggio e turismo, l’esercito, l’università della terza età. Tutto progettato in modo da esaltare il piacere dell’apprendimento.
A Mount Isa nel South West Quennsland, una regione prevalentemente agricola e mineraria, il festival si incentra sulle scuole, intese come “hub di comunità” e si tiene su un treno itinerante sponsorizzato dalla Quennsland University of Technology. Il festival organizza pure la “family maths night”, che pare richiamare talmente tanta gente da costringere gli organizzatori a prolungare l’attività oltre la fine del festival. Inoltre nell’ambito di questa iniziativa viene sviluppato il progetto satellitare NASA, portato avanti in collegamento con alcune scuole degli USA e sempre in collaborazione con la Quennsland University of Technology.
È sufficiente navigare in internet digitando ‘learning festival’ per rendersi conto della diffusione di tale evento in diverse città sparse per il mondo, dalla Francia, all’Irlanda, alla Scozia. L’ Unesco con un sito appositamente dedicato ha fatto del ‘Festival de l’apprentissage’ una iniziativa di portata mondiale.
E in Italia?
Nel nostro Paese nulla di tutto questo accade, fatta eccezione per il festival dell’apprendimento che da due anni viene organizzato nel mese di ottobre a Padova per iniziativa dell’Associazione italiana formatori (AIF), si tratta di una serie di seminari e lezioni che in realtà sono distanti dallo spirito dei ‘learning festival’ come finora l’abbiamo illustrato.
Il tema della conoscenza nel nostro Paese è così settorializzato, frantumato che si fatica ad assumere l’idea che l’interazione tra i luoghi del sapere, la loro cura e diffusione, nei fatti, non fa altro che tessere quel grande territorio e contenitore entro il quale si svolge l’istruzione permanente di ognuno di noi. Di conseguenza i temi della tutela e valorizzazione dei beni culturali, della scuola e dell’università non vengono pensati e considerati dalla politica come tra loro interdipendenti, come un unico discorso a vantaggio della comunità e dei singoli cittadini.
La comunità che apprende
Si continuano a praticare politiche settoriali, a se stanti; i beni culturali in funzione del turismo, la scuola per i giovani, l’università per l’istruzione terziaria, rinunciando ad avere una visone di insieme e, quindi, un progetto di più largo respiro. Si perde regolarmente di vista la comunità che siamo, la possibilità di una più ampia fruizione di saperi, conoscenze e informazioni come risorse che devono essere fatte circolare, messe a disposizioni di tutti, per la crescita economica, sociale, culturale di tutti e di ciascuno. I mezzi ci sono, per questo è nata la rete mondiale delle “Città che apprendono”, patrocinata dall’Unesco.
Sarebbe davvero auspicabile che l’iniziativa dei festival dell’apprendimento partisse direttamente dalle nostre scuole, in ogni città per far incontrare e dialogare la scuola, l’università, le istituzioni culturali, i piccoli e i grandi, gli studenti e gli adulti in una esperienza di condivisione e di interesse comune. Sarebbe l’occasione per riconoscere concretamente e pubblicamente quanto la città considera importante il lavoro, l’intelligenza e la fatica quotidiana delle nostre bambine e dei nostri bambini, delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, di quanti, a qualunque età, sono impegnati a fare di ogni città una città che apprende.

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Città a propulsione educativa

“Oggi più che mai la città, per piccola o grande che sia, dispone di innumerevoli possibilità educative. Essa racchiude in se stessa, in un modo o nell’altro, gli elementi importanti per una formazione integrale”. Così esordisce la Carta delle Città Educative.
Era il 1990 quando, su proposta dell’Ayuntamiento di Barcellona, si tenne in questa città il primo Congresso Internazionale de las Ciudades Educadoras, le Città Educative. Le 70 città che in rappresentanza dei 21 paesi vi parteciparono avevano un’idea chiara: pensavano che attraverso l’educazione i cittadini potessero riappropriarsi della loro città.
Da allora i congressi si sono tenuti ogni due anni e nel 1996 si è istituita l’Aice, l’Associazione Internazionale delle Città Educative, a cui attualmente aderiscono 521 amministrazioni locali di 38 paesi a livello mondiale. Sono città che hanno compreso come la grande sfida del ventunesimo secolo consista nell’investire nell’educazione permanente affinché ogni persona sia sempre più in grado di esprimere, affermare e sviluppare il proprio potenziale umano. Città che si impegnano a essere educative mettendo a disposizione dei cittadini tutte le opportunità e potenzialità possibili, insegnando loro ad utilizzarle.
L’intenzionalità formativa diviene, dunque, una dimensione forte e pregnante della vita della città.
In Italia sono 23 le città che aderiscono alla rete delle città educative, con in testa Torino, che si è dotata di un assessorato specifico.

D’altra parte continuare a invocare la società della conoscenza, il ruolo strategico dell’istruzione, lasciando poi tutto procedere come prima, sarebbe l’ennesimo esito del gattopardismo italico. Sapere che esiste una rete italiana di città educative è davvero una buona notizia. Perché parlare di città educativa è come significare che si intende configurare un sistema di formazione complesso, di apprendimento diffuso, in grado di mettere in gioco le sue varie componenti.
In sostanza la città educativa sottende un’idea buona, un’idea morbida di descolarizzazione, di superamento cioè del preconcetto che la formazione debba essere tutta giocata a scuola, di quel monopolio che invece di aprire la scuola al territorio ha finito per isolarla e richiuderla sempre più in se stessa. Insomma, la città educativa nutre una sana e salutare forma di descolarizzazione, che nulla toglie alla scuola, anzi la colloca intelligentemente al centro, al centro di un polo territoriale in grado di offrire un tessuto differenziato e diversificato di esperienze formative, più ricco, più pieno, più generoso, più autentico.
Dopo tanti “post”, post-moderno, post-industriale, post-capitalista, la Carta delle Città Educative invita al “pre”: a pre-pararsi al cambio di fase. Non siamo di fronte solamente a semplici cambiamenti, ma a sfide epocali, che richiedono soprattutto alle giovani generazioni nuovi attrezzi e nuovi modi di attrezzarsi. Anche la scuola fa parte di questo cambio di fase, essa stessa è al centro della crisi, per identità e ruolo, perché inadeguata di fronte alle sfide e alla complessità mondiale. Non può più essere lasciata sola, ha bisogno intorno a sé di città e di amministrazioni solidali e attente, soprattutto alle necessità dei propri giovani e ai loro bisogni formativi.

La città educativa è l’espressione della consapevolezza ormai diffusa che il territorio dell’istruzione è più ampio e aperto di quello scolastico, angusto e formale, che ci sono opportunità e modalità formative più accessibili e interconnesse, più immediate e dirette, più attive e più esperienziali della scuola. Ogni città, con la rete delle sue opportunità di apprendimenti formali e informali, è senz’altro anche questo. Non c’è migliore comunità di apprendimento di una città che fa propria la dimensione educativa permanente, non per rivolgersi solo ai bambini e alle bambine, ai cittadini in quanto alunni e studenti, ma a tutti indistintamente nella loro interezza.
È tempo ormai che la dimensione educativa proceda oltre la tradizionale caratterizzazione scolastica per assumere quella del territorialismo, di qui la forza della città educativa. La formazione, l’istruzione, i saperi non sono più solo una questione privata, singolare, ma per la prima volta nella storia di tutti i tempi, nella storia dei diritti dell’uomo, diventano parte del diritto di ognuno a esercitare la cittadinanza, trasformandosi in una questione plurale. Con questo le città devono fare i conti, perché nel nostro tempo l’enfasi sempre maggiore data alle competenze, significa in realtà la necessità di fornire ciascuno di tutte le mappe necessarie a orientarsi nel tragitto verso un mondo mai prima condiviso, e questo è tipicamente un tema di cittadinanza, di solidarietà e di democrazia.
Il diritto oggi non è più solo diritto a conoscere, a sapere, a possedere gli strumenti di un mondo in cui oltre ai linguaggi digitali, sempre più si impongono gli alfabeti della migrazione, ma diritto a esperienze educative calde, piene di risonanze, fortemente contestualizzate. La città può offrire questo, una full immersion nella realtà, non l’istruzione dei curricula, che non è certo suo compito, ma la dimensione dell’istruzione continua, dell’educazione permanente.

Nella città educativa ognuno ha il proprio ruolo, funzione e responsabilità. Le amministrazioni pubbliche, i servizi pubblici, le istituzioni, le strutture culturali, il mondo della creazione e produzione di cultura, arte, scienze e nuove tecnologie, il mondo delle organizzazioni economiche e del lavoro, le associazioni, la stampa, la radio e la televisione locale.
Nel contesto generale della città sono però le scuole che continuano a svolgere il ruolo più importante, perché è a scuola che si impara a imparare, a imparare per tutta la vita. Non c’è città educativa per nessuno dei suoi abitanti, se la scuola non assolve con serietà e impegno rinnovato a questo compito centrale, che non è di sapere, ma di imparare a sapere, per poter camminare verso qualsiasi futuro portando con sé la cassetta degli attrezzi dell’apprendimento, dell’apprendimento continuo in una città educativa, amica e solidale.

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carta delle citta educative




Laurea Smart City Iuav

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Soluzioni innovative per la Città Intelligente

 

Se intendiamo la Città come Sistema di Sistemi (abitativo, mobilità, servizi, cultura, energia, sicurezza, ambiente ecc.) per Smart Cities possiamo intendere la rete di integrazione tra questi, supportata da un flusso reciproco di informazioni sostenito dalle risorse ICT.

Lo sviluppo di progetti e iniziative di ricerca in questo ambito è orientato a innovare servizi ai cittadini e alle imprese in una prospettiva di trasparenza, multiattorialità, partecipazione attiva e informata nei processi decisionali, ecosviluppo e democrazia, in particolare per quanto riguarda nuove modalità di dialogo e cooperazione tra Pubblica Amministrazione e segmenti delle comunità locali.

Si tratta di fatto di un contesto caratterizzato anche da forti impulsi che derivano da azioni UE con origine da Europa 2020, dall’Agenda Digitale europea e nazionale oltre che da una serie di call promosse dal MIUR che a queste iniziative attribuiscono un ruolo strategico per lo sviluppo del Paese.

 

Seconda tornata di preiscrizioni dal 3 Luglio al 25 Agosto 2014.

Per l’accesso al corso di laurea è necessario effettuare la preiscrizione. Consulta i dettagli alla pagina delle iscrizioni.




In evidenza > Zero Waste e Corviale Domani: un progetto che si completa > video

 

Seminario 22 Febbraio 2014 c/o Biblioteca Renato Nicolini

Seminario 22 Febbraio 2014 c/o Biblioteca Renato Nicolini

Si è svolto sabato 22 febbraio il seminario di formazione di Zero Waste Lazio, presso la Biblioteca comunale Renato Nicolini.

Il seminario ha visto la trattazione dei seguenti argomenti:

 Introduzione alla strategia Rifiuti Zero (inquadramento normativo – tecnologico – ambientale) a cura di Massimo Piras, Presidente associazione Zero Waste Lazio.

Il primo passo è sicuramente la raccolta differenziata porta a porta, dappertutto. Attualmente, Roma ha sei tipi diversi di raccolta differenziata che portano al solo 30% dell’intero potenziale.

Secondo passo importante è la partecipazione dei cittadini, che deve essere coadiuvata dall’informazione capillare, con l’obiettivo di portare al 50% entro il 2014 e al 70% entro il 2016.

Salvatore Genova di ESPER hapoi affrontato il tema della riduzione dei rifiuti e dei sistemi di Raccolta, in particolare il porta a porta, con Tariffa Puntuale.

Esperimento funzionale riguardo il riutilizzo e riuso (con la descrizione dei Centri di riuso e la gestione economica è l’esperienza -videoriportata- di Camilla Piccinini del Centron di Riuso di Capannori (LU). Sistemi di trattamento della Frazione Secca (impiantistica TMB – Inceneritori – Centri riciclo) – Giuseppe Girardi/ ENEA

Il trattamento aerobico della Frazione Umida (impianti compostaggio industriali e di comunità) – Fabio Musmeci/ ENEA

 Il trattamento anaerobico della Frazione Umida (digestori anaerobici con compostaggio aerobico) – Giulio Izzo/ ENEA

Il seminario ha esaminato tutto il ciclo di gestione dei rifiuti alla luce della Legge Rifiuti Zero e delle migliori tecnologie di trattamento ammesse da Rifiuti Zero – Zero Waste, partendo da una esposizione generale con approfondimenti specifici sugli aspetti relativi alla sostenibilità ambientale ed economica.

I dieci punti che caratterizzano la strategia zero rifiuti sono:

  • Separazione alla fonte
  • Raccolta differenziata porta a porta
  • riciclaggio
  • compostaggio
  • riduzione dei rifiuti
  • centro di riparazione e di uso
  • tariffazione puntuale
  • recupero e separazione dei residui
  • centro di ricerca e progettazione
  • azzeramento rifiuti

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Sono stati previsti pertanto spazi di confronto e chiarimento su domande specifiche con i partecipanti sia durante che alla fine di ogni singola relazione.

 

 

 

 

 

PLAYLIST SEMINARIO

Video completo del seminario

Video completo del seminario

Per ulteriori informazioni http://www.rifiutizerocapannori.it/rifiutizero/dieci-passi-verso-rifiuti-zero/




La redazione della rivista più forte con i nuovi collaboratori

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Tommaso Capezzone

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Sandro Zioni

Mercoledì 24 luglio, nella sala informatica della Biblioteca Renato Nicolini (ex Corviale), prima riunione della redazione di Corviale domani (organo di stampa dell’associazione). Durante l’incontro, che ha visto la partecipazione di molti militanti e cittadini è stata presentata la nuova rivista insieme al piano editoriale. Un piano che sta rapidamente prendendo forma grazie al contributo dei nuovi collaboratori. Sono inoltre state illustrate le funzioni di base del sistema di redazione. Ringraziamo il direttore della Biblioteca Antonio Trimarco per l’ospitalità, i fotoreporter Valerio e Ivan Selloni e tutti i partecipanti. Appuntamento in settembre per approfondire le tecniche di scrittura e produzione.

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VIDEO DI REPERTORIO: SUPER ANTONIO