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Why and how to participate in Horizon 2020?

ueThe Manual for civil society organizations

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Strategia Europa 2020: contributo alla consultazione pubblica

ueLa Conferenza delle Regioni e delle province autonome interviene nella consultazione pubblica della Commissione Europea sulla revisione intermedia della Strategia Europa 2020. E lo fa con un contributo, approvato il 16 ottobre, che è stato inviato al Sottosegretario Sandro Gozi (che ha la delega per le politiche comunitarie).

Si riporta di seguito il testo integrale del documento che è stato anche pubblicato sul sito www.regioni.it (sezione “Conferenze”).
Contributo delle Regioni e delle Province autonome italiane  alla consultazione pubblica della Commissione europea sulla revisione intermedia della strategia Europa 2020
Il processo di europeizzazione degli ordinamenti nazionali ha favorito la partecipazione delle Regioni alla programmazione, negoziazione e implementazione delle politiche nazionali ed europee. Le riforme delle politiche regionali e di coesione e l’adozione della Strategia Europa 2020 hanno consentito alla Commissione europea di esercitare una sempre più forte influenza sulle politiche di sviluppo nazionali, legittimando le Regioni ad intervenire nel percorso di costruzione e di attuazione del diritto europeo. Attraverso i principi di sussidiarietà e di partenariato, si va progressivamente affermando un sistema di governance multilivello, dove la responsabilità viene suddivisa tra i diversi livelli di governo (europeo, nazionale, regionale e locale) e le scelte sono calibrate sul territorio di riferimento.
L’istituzionalizzazione del confronto intergovernativo in sede di Conferenze Stato – Regioni (Decreto legislativo 281 del 1997 e Legge 234 del 2012) e la previsione di una presenza delle Regioni e delle Province autonome nel Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE) (articoli 2 e 19 della legge 234 del 2012) rappresentano elementi significativi del sistema di governance multilivello presente nell’ordinamento italiano.
In questa prospettiva, le Regioni e le Province autonome si trovano a dover adattare la propria organizzazione al mutato contesto istituzionale, anche procedendo ad una ristrutturazione degli uffici che consenta di partecipare in maniera efficace alla preparazione e all’implementazione delle politiche europee. D’altro canto l’impianto stesso del processo decisionale europeo è ancora troppo centralizzato e poco flessibile per rispondere in maniera adeguata ai diversi fabbisogni regionali.
In tal senso, la recente e innovativa esperienza delle strategie macroregionali può rivelarsi di assoluto interesse per le Regioni e i territori,
in quanto dimensione geo-amministrativa in cui Regioni, Stati e Unione europea hanno l’opportunità di ottimizzare i propri strumenti di realizzazione delle politiche europee, privilegiando la logica del progetto, in un’autentica governance multilivello e proponendo per l’Unione europea un modello di sviluppo policentrico.
La Conferenza delle Regioni condivide i principi e le proposte di riforma contenute Dichiarazione di Atene sulla revisione intermedia della Strategia Europa 2020 – Una visione territoriale per la crescita e l’occupazione, adottata dal Comitato delle Regioni il 7 marzo 2014. Nella seduta del 12 giugno 2014, la Conferenza ha anche aderito alla Carta della governance multilivello in Europa, adottata dal Comitato delle Regioni il 3 aprile 2014, impegnando le Regioni italiane a farsi promotrici dei principi e delle strategie in essa contenute.
In attuazione di quanto sopra, la Conferenza delle Regioni ritiene che la revisione della strategia UE 2020 sia l’occasione per rispondere in maniera efficace all’attuale crisi economica e per rilanciare il processo di integrazione europea, fissando obiettivi ambiziosi ma credibili e condividendo tra le istituzioni dei diversi livelli la ownership del processo di riforma. Quindi, un più forte partenariato dove si possa affermare la dimensione territoriale delle politiche europee e la responsabilità condivisa della loro scelta.
In concreto la Conferenza ritiene che la revisione della strategia Europa 2020 debba prevedere:
1) un più forte e reale partenariato come metodo ordinario di selezione delle politiche pubbliche;
2) una maggiore ownership della nuova strategia da parte di tutti i livelli di governo;
3) un collegamento diretto e funzionale tra la nuova strategia e la politica di coesione europea;
4) una forte dimensione territoriale che comporti l’elaborazione di obiettivi e indicatori diversi per i diversi territori europei;
5) l’elaborazione in partenariato dei Programmi nazionali di riforma, basati su raccomandazioni specifiche definite anche a livello territoriale.



SCIENCE, INNOVATION AND SOCIETY: ACHIEVING RESPONSIBLE RESEARCH AND INNOVATION

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Nell’ambito della Presidenza italiana del Consiglio della Unione europea  dal 19 al 21 novembre  Roma ospiterà un evento internazionale sulla scienza, l’innovazione e la società,  con l’obiettivo di promuovere il dialogo,  collegare il talento e le idee  per  una vera e propria collaborazione tra tutti gli stakeholder della scienza e della società.

 

In questa città storica, unica al mondo ed  esempio vivente delle meraviglie che si possono raggiungere quando società e comunità scientifica interagiscono, i partecipanti avranno l’occasione di entrare in contatto e dibattere con speaker  internazionali  su tematiche inerenti le seguenti KeyAreas:

 

o   PUBLIC ENGAGEMENT

 

o   GENDER EQUALITY

 

o   SCIENCE EDUCATION

 

o   ETHICS

 

o   OPEN SCIENCE

 

o   GOVERNANCE

 

Nel corso della tre giorni sarà possibile partecipare a numerose iniziative, tra le quali:

 

– Art&InnovationExhibition, una mostra che  esplora l’interazione tra scienza, arte e società. Inaugurata durante la prima giornata della Conferenza  resterà aperta per due settimane presso il MAXXI, il Museo Nazionale delle arti del XXI secolo

 

– Networking Event,  con incontri bilaterali pre-organizzati al fine di facilitare la creazione di collaborazioni internazionali per la partecipazione ai bandi  2015 in Science with and for Society.

 

E’ possibile registrarsi  direttamente  al seguente link:

 

https://www.b2match.eu/science-society-2015

 

– Market Place  per i risultati e le migliori pratiche dei progetti finanziati nella tematica Scienza nella  Società.

 

La partecipazione all’evento è gratuita

 

http://www.sis-rri-conference.eu/

 

http://www.sis-rri-conference.eu/registration/

 

Per essere aggiornato sull’evento, visita le pagine Facebook (www.facebook.com/sisrrie Twitter (@sisrri2014) della Conferenza

 

Per ulteriori informazioni contattare: info@sis-rri-conference.eu




Accordo di partenariato 2014-2020

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accordo di partenariato 2014-2020

link al sito con altri documenti




Smart city, bando europeo da 28 milioni di euro

ueTerzo bando ERA-NET su smart city e smart community in Europa. Stanziati fino a 28 milioni di euro di fondi per progetti dedicati alle città intelligenti, all’innovazione sociale, le smart grid, la mobilità alternativa e sostenibile.

A dicembre 2014 si aprirà ufficialmente il terzo bando ERA-NET Smart Cities and Communities (ENSCC) dedicato a smart city, smart community, smart government, big data, smart energy, mobilità alternativa e trasporti intelligenti.

 

L’iniziativa, frutto della collaborazione tra la Joint Programming Initiative (JPI) Urban Europe e la Smart City Member State Initiative, offrirà fino a 28 milioni di euro di fondi per ricercatori, innovatori e partner. Le bozze dei progetti dovranno essere presentate entro la fine di maggio 2015.

 

Le migliori 50 proposte saranno selezionate ed ulteriormente elaborate tra maggio e settembre 2015., mentre per la realizzazione vera e propria si dovrà attendere dicembre 2015, con deadline a marzo 2016.

 

I progetti dovranno essere relativi a quattro aree specifiche:

  • Smart integrated urban energy and transport systems
  • Smart tools and services for integrated urban energy and transport systems
  • Smart big data
  • Smart governance and smart citizens

 

Le ERA-NET sono azioni di coordinamento e supporto del 7° Programma Quadro il cui obiettivo è di favorire la cooperazione e il coordinamento di attività di ricerca su una determinata area tematica gestite a livello nazionale e regionale negli Stati Membri e Associati, attraverso una rete di attività di ricerca. Esse mirano quindi a migliorare la sinergia tra programmi nazionali ed il programma quadro comunitario.

link all’articolo




IL GRANDE SPRECO DEI FONDI EUROPEI

soldi-150x150In un paese dal disperato bisogno di investimenti e occupazione, 12 miliardi di euro messi a disposizione dall’Unione giacciono inutilizzati e rischiano di andare perduti se non verrranno spesi entro fine 2015. I casi virtuosi non mancano, ma anche i soldi usati sin qui sono serviti spesso a finanziare iniziative discutibili come concerti e concorsi ippici, a costo di severi richiami da parte di Bruxelles. Uno scandalo che ha molti responsabili: politici incompetenti, burocrazia invadente, imprenditori senza idee e senza progetti

I soldi di una Finanziaria lasciati nel cassettodi LUIGI DELL’OLIO
MILANO – I soldi non spesi ammontano a 12 miliardi di euro, ben più della somma necessaria a stabilizzare il bonus da 80 euro. Quelli impiegati spesso si perdono in mille rivoli o finiscono con il finanziare iniziative poco virtuose, come accaduto qualche anno fa a Napoli con 750mila euro del “fondo regionale di sviluppo per la cultura” dirottati sul concerto di Elton John. È il paradosso dei fondi europei, ideati per sostenere la crescita delle aree più deboli dell’Unione, per un valore pari ad un terzo di tutto il bilancio europeo. Finalità perseguita attraverso strumenti diversi come il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), che assorbe circa due-terzi delle risorse, e il Fondo sociale europeo (Fse). Il primo sostiene soprattutto la realizzazione di infrastrutture e investimenti produttivi che generano occupazione, soprattutto nel mondo delle imprese. Il secondo mira a favorire l’inserimento professionale dei disoccupati e delle categorie sociali più deboli, finanziando in particolare azioni di formazione. A questi si affiancano, poi, i cofinanziamenti statali e quelli regionali, dando vita ai Pon (Piani operativi nazionali) e ai Por (Piani operativi regionali).

Fondi Strutturali
Periodo Paese Stanziati Utilizzati Stanziati/utilizzati
2007-2013 Italia 27.952.613.430,00 16.290.125.356,32 58,28%

Il piatto piange. A fine luglio, l’Italia aveva impiegato appena il 58,28% delle risorse messe a disposizione dall’Europa, un dato che ci colloca in coda alla classifica. La situazione non è omogenea a livello territoriale: per quanto riguarda il Fesr, il dato è la media tra il 73% raggiunto nelle regioni del Centro-Nord (che quindi dovrebbero centrare il pieno impiego delle risorse entro la scadenza fissata alla fine del prossimo anno) e il 57% del Mezzogiorno. Campania, Calabria e Sicilia sono le regioni che maggiormente faticano a impiegare le risorse a disposizione, mentre a livello settoriale il ritardo riguarda soprattutto i programmi per la cultura, il turismo e le infrastrutture di trasporto. Ovvero proprio i settori sui quali il Mezzogiorno potrebbe far leva per uscire dalla crisi.

Senza contare la messa in sicurezza dei territori contro il dissesto idrogeologico: a Palazzo Chigi hanno da poco deciso di destinare a questo capitolo 785 milioni non ancora spesi, e altri potrebbero essere dirottati da altri capitoli di spesa. Somme che potrebbero aiutare a evitare disastri come quello appena visto a Genova, e magari anche a risparmiare sul totale della spesa, oggi quasi tutta concentrata nella fase post-disastri naturali.

Sotto tiro le nomine politiche. “La questione dei fondi strutturali europei è lo specchio dei vizi italiani”, commenta l’economista Giulio Sapelli. “In primo luogo pesano le deficienze della tecnocrazia: a Bruxelles spesso inviamo personale scelto non per competenze specifiche, ma per stretta osservanza politica. Il risultato è che, mentre i paesi iberici mettono a punto bandi tagliati sulle esigenze dei singoli paesi, da noi questo non succede”. La carenza di professionalità adeguate pesa anche in patria: “Per accedere ai fondi europei occorrono nelle Regioni professionisti preparati sul fronte del diritto comunitario e poliglotti, mentre spesso queste funzioni vengono affidate a fedelissimi del governante di turno”, aggiunge Sapelli. Anche quando la competenza c’è, non mancano i problemi. Emblematico il caso del generale dei carabinieri, Maurizio Scoppa, chiamato dalla Regione Campania a vigilare sugli oltre 2 miliardi di euro stanziati da Bruxelles, dopo aver risanato l’Asl Napoli 1. Dopo sei mesi l’esperto ha gettato la spugna, lamentando non solo scarsa collaborazione da parte del personale regionale, ma addirittura di non aver ricevuto nemmeno un computer e la cancelleria per operare. Sapelli sottolinea anche un altro aspetto: “Nessun paese ha tante società di consulenza sui fondi europei come l’Italia. Significa che, una volta ottenuto il finanziamento, questo spesso si disperde in mille rivoli, per cui all’obiettivo finale arrivano pochi spiccioli. E spesso con tempi lunghi a causa delle lentezze burocratiche”.

Pesa la lentezza della burocrazia. Per Gianfranco Viesti, professore di Economia applicata all’Università di Bari e autore di diversi saggi sul tema, il problema non è tanto nella cattiva programmazione, quanto nella lentezza di attuazione. “Innanzitutto va precisato che è falso che i fondi strutturali vengano tutti sprecati: negli anni vi sono stati tantissimi esempi di iniziative che hanno aiutato i territori”. Fatta questa premessa, resta il nodo delle difficoltà di impiego delle risorse: “Le cause sono diverse: lentezza nelle opere pubbliche, complessità delle norme, mancata disponibilità del cofinanziamento nazionale, pessima congiuntura economica”, sottolinea. “Anche le misure dei ministeri, specie quelle infrastrutturali – aggiunge – sono in forte ritardo. La lentezza delle Regioni (e dei ministeri) nell’emanare i bandi è dovuta in parte alla carenza di competenze, forse anche alla volontà dei politici ad accentrare attività di gestione e attuazione delle misure che andrebbero invece affidate a soggetti specializzati”. La motivazione potrebbe essere soprattutto la voglia di controllare risorse ingenti, che nel migliore dei casi assicurano consenso, nel peggiore aprono le porte a fenomeni di corruzione.

Chi fa da sé non ce la fa. Viesti punta inoltre l’indice sulla mancata collaborazione tra le amministrazioni locali, e sull’assenza di un forte ruolo di stimolo e di coordinamento dal centro: “Se c’è da scrivere una misura di intervento o un bando di gara è molto raro che si utilizzino modelli già sperimentati altrove, facendo tesoro di successi ed insuccessi, ma si ricomincia ogni volta da zero; e spesso si tornano a incontrare gli stessi problemi e le stesse criticità già sperimentate da altri”. Va poi considerato anche un altro aspetto: molte risorse non vengono spese per mancanza di investitori. A Termini Imerese ci sono 750 milioni di euro di risorse pubbliche a disposizione per chi è interessato a rilanciare lo stabilimento Fiat chiuso alla fine del 2011, ma finora nessuno si è fatto avanti. Segno della difficoltà del Paese nell’attrarre risorse, soprattutto sul fronte internazionale.

Gli effetti dei fondi strutturali europei 2007-2013 in Italia
21 mld € Somma impegnata
58.564 Posti di lavoro creati
3.098 kt Risparmio di CO2 immessa nell’atmosfera
1,311 mln I cittadini raggiunti dalla banda larga
5.494 Progetti di ricerca e sviluppo
34.828 Progetti di investimento nelle Pmi
3.112 Start-up avviate
2.390 Progetti di energia rinnovabile
195 kmq Aree riqualificate
670 Progetti di prevenzione dei rischi naturali
4,083 mln Studenti che utilizzano nuove tecnologie nella didattica
500.000 Progetti Fse, che hanno visto la partecipazione di più di 6,6 milioni di persone, di cui oltre 2 milioni di età compresa tra i 15 e i 24 anni e quasi mezzo milione al di sopra dei 55 anni
fonte: Commissione Europea, elaborazione Repubblica.it

Gli scavi archeologici più noti al mondo stanno cadendo a pezzi per incuria e mancata manutenzione, eppure i soldi sul tavolo non mancano. La vicenda di Pompei è emblematica delle difficoltà di impiego dei fondi europei. Tanto che nei mesi scorsi il commissario europeo per le politiche regionali,Johannes Hahn, è intervenuto sulla vicenda ricordando che dei 105 milioni di euro stanziati “solo l’1% è stato utilizzato e un altro 24% è stato destinato a lavori in fase di completamento”. Il restante 75%, ha precisato, “va speso entro la fine del 2015” o andrà perduto. Dunque occorre mettere mano ai progetti di risanamento dell’area, identificare in maniera precisa la destinazione dei fondi e rendicontare con precisione ogni spesa per non perdere i fondi e non disperdere un patrimonio unico al mondo.

Al di là della difficoltà di spesa vi è, poi, il capitolo degli sprechi che ha reso i tecnici di Bruxelles particolarmente prudenti nell’approvare i piani italiani. Si è già detto del concerto di Elton John a Napoli, che ha creato grande clamore e costretto la Regione Campania a restituire i fondi europei. Mentre sono passati sotto silenzio i 70mila euro spesi per l’Afrakà rock festival di Afragola (città natale dell’ex governatore Bassolino) e i 500mila per il concorso ippico internazionale di Caserta. Senza dimenticare le decine di sagre finanziate da Nord a Sud, e finite impropriamente nel capitolo delle “iniziative a sostegno della cultura locale”.

In Sicilia (a Casteltermini, Augusta, Noto, San Cataldo e Capo d’Orlando), poi, sono stati impiegati 15 milioni di fondi europei per realizzare impianti di compostaggio presentati come altamente innovativi, ma bloccati per mancanza di personale e danneggiamenti da parte di ignoti (forse mossi da mani interessate a tenere in vita le discariche). L’Italia ha il primato delle frodi comunitarie: la Corte dei conti europea calcola che il nostro Paese ogni anno percepisce illegittimamente 800 milioni.

Va comunque detto che, se gli sprechi fanno più notizia, non mancano tanti esempi di investimenti virtuosi. Sul sito Internet Opencoesione è disponibile una mappa dei progetti finanziati dalle politiche di coesione in Italia. Navigando è possibile essere aggiornati (gli ultimi dati risalgono a fine aprile) sulle risorse assegnate e spese, le localizzazioni, gli ambiti tematici, i soggetti programmatori e attuatori, i tempi di realizzazione e i pagamenti dei singoli progetti. Dal portale emerge che l’opera con i maggiori finanziamenti è “Il completamento della Linea 1 della metropolitana di Napoli”, per la quale sono stati stanziati 1,3 miliardi di fondi pubblici (di cui 430 milioni dall’Ue). I lavori sono iniziati, come previsto, a gennaio del 2000, ma l’obiettivo di completare l’opera entro il 31 marzo scorso è fallito. Il sito non riporta la data di consegna, che altre fonti indicano nel 2018.

Ma vi sono anche opere concluse. E’ il caso di Villa Scheibler, ubicata in un sobborgo piuttosto trascurato di Milano, che è stata restaurata con il sostegno del programma europeo Urban (3,5 milioni a disposizione). Sono state interamente pagate anche le somme (202mila euro, di cui 141mila di competenza Ue) del fondo rotativo a sostegno della ricerca e dell’imprenditorialità nel Mezzogiorno. Mentre sono a un passo dal completamento (95%) gli stanziamenti per potenziare i sistemi di videosorveglianza in Sicilia.

Destinazione dei 32,8 miliardi di euro erogati all’Italia
(compresi interventi co-finanziati e altri europei)
22,3 mld Programmi per lo sviluppo delle regioni meno sviluppate
(Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia)
1,1 mld Programmi per lo sviluppo delle regioni in transizione
(Abruzzo, Molise e Sardegna)
7,7 mld Iniziative per le Regioni più sviluppate
(Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Provincia di Bolzano, Provincia di Trento, Friuli Venezia-Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio)
1,311 mln I cittadini raggiunti dalla banda larga
1,1 mld Cooperazione territoriale europea
567,5 mln Iniziative a favore dell’occupazione giovanile
8,2 mld Somma da destinare alle specifiche sfide che il paese deve affrontare nelle aree interessate dal Fse
fonte: Commissione Europea, elaborazione Repubblica.it

L’esperto controcorrente: “Meglio rinunciare”

MILANO – Roberto Perotti, professore di Economia politica alla Bocconi, ha curato con il collega Filippo Teoldi, uno studio dal titolo emblematico: “Il disastro dei fondi strutturali europei”, scaricabile gratuitamente in rete. Nel report si mettono a confronto i livelli di spesa su questo fronte con i pochi benefici prodotti.
Mentre a livello comunitario si discute del prossimo ciclo di finanziamenti, destinati a mettere in campo oltre 300 miliardi di euro, di cui circa 41 per l’Italia, dalla sua analisi emerge una sostanziale bocciatura dei fondi strutturali. E’ così?
“Esatto. Ci dobbiamo chiedere perché i fondi finora non sono stati spesi a fronte dello scenario economico: evidentemente si tratta di fondi inutili, e spesso addirittura dannosi perché alimentano burocrazia, clientelismo, e a volte finiscono addirittura nelle mani della criminalità”.

Eppure l’Italia ha un disperato bisogno di investimenti per ripartire…
“L’Italia contribuisce al bilancio europeo in misura maggiore rispetto alle risorse che complessivamente riceve. Inoltre va considerato l’aspetto del cofinanziamento, che in teoria risponde a un obiettivo nobile, il coinvolgimento del beneficiario, per assicurarsi che abbia un interesse nel progetto e abbia quindi gli incentivi giusti a portarlo avanti nel modo più efficace possibile. Il problema è che l’applicazione pratica del cofinanziamento è stata tale da negare questo principio”.

Perché?
“E’ sufficiente guardare all’ambito della formazione: chi cofinanzia le iniziative è lo Stato centrale, ma l’attuazione è appannaggio delle regioni. Con queste ultime che hanno dunque pochissimi incentivi ad assicurarsi che questi progetti funzionino effettivamente”.

Cosa propone in alternativa?
“La cosa migliore sarebbe rinunciare ai fondi strutturali o a una buona parte di essi. Risparmieremmo così la nostra quota di finanziamento dei fondi strutturali, e la quota di cofinanziamento, che potremmo utilizzare per ridurre le tasse”.

Senza coraggio e senza progetti

di EUGENIO OCCORSIO

Il mancato utilizzo dei fondi strutturali europei rappresenta l’ennesimo motivo di sconcerto e di imbarazzo per l’Italia. Ma anche uno spunto per porsi una domanda su un problema che passa in buona parte sotto silenzio nel generale j’accuse contro la classe dirigente del nostro Paese, che però viene proclamato sottintendendo che sia solo la categoria dei politici a meritare ogni possibile lapidazione. D’accordo, le burocrazie – in questo caso soprattutto quelle regionali e locali – hanno le loro colpe pesantissime e spesso imperdonabili. D’accordo anche che la burocrazia è diventata un moloch scoraggiante per qualsiasi iniziativa, che la nomenklatura dei ministeri si è creata un potere autonomo in grado di piegare qualsiasi volontà riformistica, così come è scoraggiante la lentezza della giustizia civile o il fatto che le leggi del lavoro sono ingiuste e penalizzanti. Però quando si muovono i più alti lamenti per questi mali italiani, quasi fosse un refrain ormai scontato, si dimentica spesso che c’è un’altra categoria che si distingue per immobilismo e a volte vera e propria incapacità di fare, proprio quella di cui accusano i politici: gli imprenditori.

Certo, i coraggiosi artigiani del nordest hanno fatto il miracolo italiano, e negarlo sarebbe impossibile. I piccoli industriali del centro Italia continuano indomiti a sgobbare come matti pur di non mandare a casa i dipendenti, i creativi nostrani sbaragliano i mercati con le loro trovate, però purtroppo questa maggioranza si sta assottigliando, fino ad esser diventata probabilmente minoranza proprio nel pieno della crisi.

Il caso dei fondi europei è esemplare. Perché vengano utilizzati occorre che l’imprenditore affianchi al contributo che riceve dal fondo (veicolato attraverso la regione) due cose: un progetto adeguato con un business plan convincente e soprattutto aderente agli standard dell’Europa (che ha diritto di pretenderne l’osservanza essendo lei che ci mette i soldi) e inoltre una partecipazione di capitale proprio che sia esattamente nella stessa misura del fondo utilizzato. Su tutti e due i fronti la classe imprenditoriale italiana naufraga miseramente. Trovare un progetto efficace, con un imprenditore motivato e consapevole della necessità di iniettarvi una buona dose dei suoi risparmi come capitale di rischio, è cronicamente difficile. Altrimenti non si spiegherebbe il perché di tutti quei fondi inutilizzati.

Ecco così che diventano plausibili alcune proposte, come ad esempio quella lanciata dall’università online Pegaso pochi giorni fa in occasione di un convegno sulla valorizzazione del Mezzogiorno organizzato dall’Aprom, un think-tank giuridico-economico. La proposta, ha chiarito il presidente della Pegaso Danilo Iervolino, è semplice: “Come università potremmo porci al centro, in determinati casi, della progettualità che interessa i fondi europei. Non ne chiediamo una parte, intendiamoci, solo offriamo know-how ed esperienza per affiancare gli imprenditori e redigere programmi aderenti ai criteri europei che convincano l’interlocutore della bontà dell’iniziativa proposta. Come noi potrebbero aderire al programma altri atenei portando quel contributo di conoscenza e di informazioni che è fondamentale per qualsiasi programmazione industriale”.

Chissà, forse potrebbe essere una soluzione (un esperimento del genere è stato tentato con discreto successo in Olanda) almeno a una delle due parti del problema, quella della progettualità. Un’iniziativa del genere l’ha lanciata anche la Regione Lazio, che sotto la presidenza di Nicola Zingaretti ha deciso di non essere più solo un ente “erogatore” di fondi ma di affiancare l’imprenditore nella fase progettuale. Anzi, faremo di più, è l’idea di Zingaretti che sta proprio ora passando alla fase operativa: se l’Europa mette 50, l’imprenditore anziché i 50 che gli verrebbero richiesti, mette 40. I rimanenti 10 li mette la regione, ovviamente se il progetto è valido. Non è solo questione di business plan redatti in modo stringente ed efficace: rimane aperta la seconda questione, altrettanto spinosa. Qualunque opinione si abbia sulla reale efficacia dei fondi europei, nessuno dubita che gli imprenditori debbano mettere sul tappeto dei soldi “veri” per i loro progetti.

E qui è peggio che andar di notte. C’è come l’impressione che la classe imprenditoriale si ritenga a volte in diritto di utilizzare i contributi europei quale unico capitale per le iniziative che propongono di attivare, comunque vadano a finire, cioè che si rivelino redditizie o no. Salvo poi lamentarsi quando questi fondi vengono meno. E’ il caso dei coltivatori del tabacco, operanti in quella vasta fascia di nord-est che va dall’Emilia al Triveneto e poi in Toscana e in misura minore in Campania: quando l’Europa ha ritirato i suoi fondi, che erano in questo caso non strutturali ma di programmazione agricola (il che non cambia la sostanza del problema) si sono lamentati della scarsa redditività delle produzioni alternative. Se un ettaro di tabacco rende 1200 euro l’anno, uno di mais ne rende 80. La differenza è macroscopica, è innegabile, però gli imprenditori della terra forse non hanno considerato che presentando progetti adeguati alle rispettive regioni avrebbero probabilmente potuto accedere agli altri fondi, appunto quelli strutturali, per nuove iniziative maggiormente redditizie.

Questo della carenza di capitali è un problema per l’industria italiana di qualsiasi settore che va al di là del problema dei fondi europei. Da tutte le statistiche risulta che nessuna categoria imprenditoriale è così dipendente dal credito bancario come quella italiana. Il che denota una preoccupante carenza di capitali propri. E spiega anche i lamenti fortissimi nei confronti del sistema bancario. Il quale risponde anch’esso in modo simile all’Europa: i fondi ci sarebbero, e tanti, dovete però convincerci della bontà dei progetti. A riprova del fatto che la liquidità è abbondante, i banchieri fanno notare che quando la Banca centrale europea, a metà settembre, ha offerto la prima tranche del cosiddetto “Tltro”, cioè i finanziamenti alle banche a tasso superagevolato a patto che le banche stesse girassero i fondi all’economia reale, la richiesta della banche è stata sorprendentemente bassa, meno della metà del potenziale (80 miliardi sui 168 offerti): segno che non si trovano le iniziative convincenti da finanziare.

E’ un aspetto della situazione che aiuta a spiegare le carenze in tema di fondi strutturali. Sui quali peraltro non c’è unanimità di giudizio. Non tutti gli economisti sono d’accordo sulla reale utilità dei fondi in questione. “Sono sempre stati erogati a pioggia, in modo quasi casuale e sporadico, senza nessuna programmazione alla base né imprenditoriale né statale”, è l’accusa mossa da Guido Tabellini, uno dei più prestigiosi economisti italiani, fino a metà 2012 rettore della Bocconi. “Per questo, tra l’altro, se è vero che il piano da 300 miliardi di investimenti che si appresta a lanciare il nuovo presidente della commissione europea, Jean-Claude Juncker, si basa per la maggior parte ancora una volta sui fondi strutturali, sono sicuro che non servirà a rilanciare l’economia del continente”. Però lo stesso Tabellini non può fare a meno di riconoscere l’utilità, almeno parziale, dei fondi. E anche lui ammette che restituirli al mittente, in un momento in cui l’economia affonda per mancanza di investimenti e di domanda, è davvero una colpa imperdonabile.

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Programmazione dei Fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020: approvazione della proposta di accordo di partenariato.

 ueCOMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 18 aprile 2014 

Programmazione  dei  Fondi  strutturali  e  di  investimento  europei
2014-2020: approvazione della proposta di  accordo  di  partenariato.
(Delibera n. 18/2014). (14A06886)

(GU n.209 del 9-9-2014)

 

                    IL COMITATO INTERMINISTERIALE 
                   PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA 

  Visto il Regolamento (UE) n. 1311/2013 del Consiglio europeo del  2
dicembre 2013 concernente il quadro finanziario  pluriennale  per  il
periodo 2014-2020; 
  Visto il  Regolamento  (UE)  n.  1303/2013  del  Parlamento  e  del
Consiglio europeo del 17 dicembre 2013, recante  disposizioni  comuni
sul Fondo europeo di sviluppo regionale  (FESR),  sul  Fondo  sociale
europeo (FSE) , sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per
lo sviluppo rurale  (FEASR)  e  sul  Fondo  europeo  per  gli  affari
marittimi e la  pesca  (FEAMP)  e  disposizioni  generali  sul  Fondo
europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul  Fondo
di coesione, che abroga altresi' il Regolamento (CE) n. 1083/2006 del
Consiglio e visti in particolare gli articoli  14  e  successivi  che
prevedono l'adozione, da parte degli Stati  membri,  dell'Accordo  di
Partenariato quale strumento di programmazione  dei  suddetti  Fondi,
stabilendone i relativi contenuti; 
  Visto il Regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del  17  dicembre  2013,  relativo  al  Fondo  europeo  di
sviluppo regionale (FESR) e  a  disposizioni  specifiche  concernenti
l'obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell'occupazione»
e che abroga il Regolamento (CE) n. 1080/2006; 
  Visto il Regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo sociale europeo  e
che abroga il Regolamento (CE) n. 1081/2006 del Consiglio; 
  Visto  il  Regolamento  di  esecuzione  (UE)  n.   288/2014   della
Commissione europea  del  25  febbraio  2014,  recante  modalita'  di
applicazione  del  richiamato  Regolamento  (UE)  n.  1303/2013   del
Parlamento europeo e del Consiglio, concernente  il  modello  per  la
redazione dei Programmi operativi; 
  Viste le conclusioni del Consiglio europeo  EUCO  13/10  CO  EUR  9
CONCL 2 del 17 giugno 2010 concernenti  l'adozione  della  «Strategia
Europa  2020  per  la  crescita  sostenibile  e  l'occupazione»,  che
individua i cinque  obiettivi  (occupazione,  istruzione,  ricerca  e
innovazione, inclusione sociale e riduzione della poverta', clima  ed
energia) e le sette  iniziative  prioritarie  (innovazione,  economia
digitale, occupazione, giovani, politica industriale, poverta' e  uso
efficiente delle risorse) da realizzare entro la fine del decennio; 
  Vista  la  raccomandazione  specifica  Paese  2013/C   217/11   del
Consiglio europeo del 9  luglio  2013,  sul  Programma  nazionale  di
riforma 2013 (PNR) dell'Italia e che formula un parere sul  Programma
di stabilita' dell'Italia 2012-2017; 
  Visto il documento «Position Paper» dei servizi  della  Commissione
sulla preparazione dell'«Accordo di partenariato e dei  programmi  in
Italia per il periodo 2014-2020»  Rif.  Ares  (2012)  1326063  del  9
novembre 2012 che ha declinato, per l'Italia, gli obiettivi  tematici
e le priorita' di finanziamento necessarie per superare le criticita'
individuate nell'analisi di contesto; 
  Vista la legge 16 aprile 1987, n. 183, che, agli articoli  2  e  3,
specifica le competenze del  CIPE  in  tema  di  coordinamento  delle
politiche comunitarie, demandando, tra l'altro, al  Comitato  stesso,
nell'ambito degli indirizzi fissati dal Governo, l'elaborazione degli
indirizzi  generali  da  adottare  per  l'azione  italiana  in   sede
comunitaria   per   il   coordinamento   delle    iniziative    delle
amministrazioni a essa interessate e l'adozione di direttive generali
per il proficuo utilizzo dei flussi finanziari, sia  comunitari,  sia
nazionali; 
  Visti inoltre gli articoli 5 e seguenti  della  predetta  legge  n.
183/1987 che istituiscono il Fondo di  rotazione  e  disciplinano  le
relative erogazioni e l'informazione finanziaria; 
  Visto l'art. 1, comma 2, della legge 17 luglio  2006,  n.  233,  di
conversione del decreto-legge 8 maggio 2006, n. 181, che  trasferisce
al  Ministero  dello  sviluppo  economico  il  Dipartimento  per   le
politiche di sviluppo e di  coesione  (DPS)  e  le  funzioni  di  cui
all'art. 24, comma 1, lettera c) del decreto  legislativo  30  luglio
1999, n. 300, in materia di programmazione economica  e  finanziaria,
coordinamento e verifica degli interventi per lo  sviluppo  economico
territoriale e settoriale e delle politiche di coesione; 
  Visto l'art. 7, commi 26 e 27, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.
78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n.  122,
che attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri le  funzioni
di cui al richiamato art.  24,  comma  1,  lettera  c),  del  decreto
legislativo n. 300/1999, ivi inclusa la gestione  del  Fondo  per  le
aree sottoutilizzate (ora Fondo per lo sviluppo e la coesione), fatta
eccezione per le funzioni di programmazione economica  e  finanziaria
non ricomprese nelle politiche di sviluppo e coesione; 
  Vista la legge 7 aprile 2011, n. 39 recante modifiche alla legge 31
dicembre 2009, n. 196 in materia di contabilita' e finanza  pubblica,
in conseguenza alle nuove  regole  adottate  dall'Unione  europea  in
materia di  coordinamento  delle  politiche  economiche  degli  Stati
membri; 
  Visto il decreto legislativo 31 maggio  2011,  n.  88,  emanato  in
attuazione dell'art. 16 della legge 5 maggio  2009,  n.  42,  recante
disposizioni in materia di risorse aggiuntive e  interventi  speciali
per la rimozione di squilibri economici  e  sociali,  organizzati  in
piani organici finanziati con  risorse  pluriennali  vincolate  nella
destinazione; 
  Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  del  27
maggio 2013, con il quale il Ministro per  la  coesione  territoriale
viene delegato, tra l'altro,  all'esercizio  delle  funzioni  di  cui
all'art. 7, commi 26,  27  e  28,  del  richiamato  decreto-legge  n.
78/2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010 e visto
in particolare l'art. 1, comma 3, dello stesso decreto del Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  il  quale   prevede   che,   ai   fini
dell'esercizio delle predette funzioni, il Ministro per  la  coesione
territoriale si  avvalga  del  Dipartimento  per  lo  sviluppo  e  la
coesione economica del Ministero dello sviluppo economico; 
  Visto il decreto-legge 31  agosto  2013,  n.  101,  convertito  con
modificazioni  nella  legge  30  ottobre  2013,   n.   125,   recante
disposizioni  urgenti  per   il   perseguimento   di   obiettivi   di
razionalizzazione  nelle  pubbliche  amministrazioni   e   visto   in
particolare l'art. 10, comma 1, dello stesso decreto legge,  che,  al
fine di assicurare il perseguimento delle finalita' di  cui  all'art.
119, quinto  comma,  della  Costituzione  e  rafforzare  l'azione  di
programmazione, coordinamento, sorveglianza e sostegno della politica
di coesione, prevede tra l'altro l'istituzione  dell'Agenzia  per  la
coesione territoriale, da sottoporre alla  vigilanza  del  Presidente
del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato; 
  Considerato  altresi'  che  l'art.  10,   comma   5,   del   citato
decreto-legge n. 101/2013 prevede che con decreto del Presidente  del
Consiglio dei ministri  -  su  proposta  del  Ministro  delegato,  di
concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo
economico e per la pubblica amministrazione - siano  trasferite  alla
Presidenza del Consiglio dei ministri e all'Agenzia, sulla base delle
funzioni rispettivamente attribuite, le  risorse  umane,  nonche'  le
risorse finanziarie e strumentali del Dipartimento per lo sviluppo  e
la coesione economica (DPS) del Ministero dello  sviluppo  economico,
ad  eccezione  di  quelle  afferenti  alla  Direzione  generale   per
l'incentivazione delle attivita' imprenditoriali; 
  Vista la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge  di  stabilita'  per
l'anno 2014), recante disposizioni per  la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato; 
  Visto in particolare l'art. 1, comma 240, della richiamata legge n.
147/2013 il quale stabilisce che, alla copertura degli oneri relativi
alla  quota  di  cofinanziamento  nazionale  pubblica  relativa  agli
interventi  cofinanziati  dall'Unione  europea  per  il  periodo   di
programmazione 2014-2020 a valere sulle risorse dei Fondi strutturali
e di investimento europei, concorre il Fondo di rotazione di cui alla
richiamata legge 16 aprile 1987, n. 183, nella misura massima del  70
per cento degli importi previsti nei  piani  finanziari  dei  singoli
programmi regionali, mentre la restante quota del 30 per cento  e'  a
carico dei bilanci delle regioni e delle province  autonome,  nonche'
degli eventuali altri organismi pubblici partecipanti ai programmi  e
visto altresi' il successivo comma 241 del medesimo art. 1  il  quale
prevede che il detto Fondo di rotazione  concorra  integralmente  per
gli interventi a titolarita'  delle  amministrazioni  centrali  dello
Stato; 
  Considerato che lo schema di Accordo di partenariato  corredato  di
una relazione che illustra le scelte  strategiche  da  perseguire  e'
stato trasmesso alle Camere, ai sensi del comma  246  del  richiamato
art. 1 della legge n. 147/2013, per l'espressione del parere da parte
delle Commissioni parlamentari competenti  per  materia  nel  termine
previsto dalla norma; 
  Considerato che il documento di  economia  e  finanza  (DEF)  2013,
approvato dal  Consiglio  dei  ministri  il  10  aprile  2013  e  dal
Parlamento il  7  maggio  2013  e  successiva  integrazione,  in  una
prospettiva di medio-lungo termine, traccia gli  impegni  di  finanza
pubblica e gli indirizzi delle politiche pubbliche nel  rispetto  del
Patto di stabilita' e crescita europeo  per  il  conseguimento  degli
obiettivi di  crescita  intelligente,  sostenibile  e  solidale  come
definiti nella Strategia «Europa 2020»; 
  Considerato che il Ministro per la coesione territoriale,  d'intesa
con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e delle politiche
agricole,  alimentari  e  forestali,  ha  predisposto  un   documento
concernente «Metodi  e  obiettivi  per  un  uso  efficace  dei  Fondi
comunitari 2014-2020», reso oggetto di informativa nella  seduta  del
Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2012; 
  Tenuto conto di  quanto  previsto  dal  «Quadro  strategico  comune
2014-2020: proposta di percorso di programmazione» della politica  di
coesione  per  il  settennio  2014-2020,  definito  a  partire  dalle
risultanze  del   negoziato   istituzionale   comunitario   e   dagli
orientamenti assunti in  sede  nazionale  recependo  le  osservazioni
della Conferenza Stato-regioni trasmesse  con  nota  del  25  gennaio
2013, nonche' le risultanze del confronto  sul  documento  «Metodi  e
obiettivi per un uso efficace dei Fondi comunitari 2014-2020»; 
  Considerato che, con la nota del Ministro per la coesione n. 1436 P
del 19 dicembre 2013 inviata al  Presidente  della  Conferenza  delle
regioni  e  delle  province  autonome,  si  da'   atto   dell'accordo
intervenuto tra le regioni piu' sviluppate sul riparto delle  risorse
a valere sui Fondi Strutturali (FESR e FSE); 
  Considerato che, nella seduta della Conferenza Stato-regioni del 16
gennaio 2014, e' stata  raggiunta  l'intesa  sul  riparto  dei  fondi
relativi allo sviluppo rurale (FEASR); 
  Considerato  che,  nella  nota  della  Direzione  generale  per  la
politica regionale e urbana della CE Rif. Ares (2013) 3779289 del  20
dicembre  2013  e  in  particolare  nelle   tavole   allegate,   sono
individuate  le  allocazioni  finanziarie   nell'ambito   dei   Fondi
strutturali e di investimento europei tra  le  categorie  di  regioni
secondo  la  classificazione  prevista  all'art.  90  del  richiamato
Regolamento generale (UE) n. 1303/2013; 
  Considerato che con la nota della  Commissione  europea,  Direzione
generale della politica regionale urbana, Ref. Ares (2014) 969811 del
28 marzo 2014, concernente i Piani  di  rafforzamento  amministrativo
nell'ambito della programmazione  per  il  periodo  2014-2020,  viene
chiesta  la  definizione,  nell'Accordo  di  partenariato,   di   una
procedura di  verifica  delle  competenze  e  delle  capacita'  delle
autorita' di gestione e degli organismi intermedi; 
  Considerato che l'Accordo di  partenariato  recepisce  gli  impegni
assunti dalle parti intervenute a livello nazionale e  regionale  nel
percorso di dialogo avviato nel dicembre 2012  con  la  presentazione
del documento «Metodi ed obiettivi per  un  uso  efficace  dei  fondi
comunitari 2014-2020» e con riferimento  al  «Position  Paper»  della
Commissione europea che ha declinato per l'Italia le  aree  tematiche
su cui intervenire; 
  Considerato che il detto Accordo individua un  approccio  integrato
allo sviluppo territoriale da sostenere attraverso l'impiego di tutti
i Fondi strutturali  e  di  investimento  europei  (Fondi  SIE),  per
concorrere  agli  obiettivi  della  Strategia  Europa  2020  per  una
crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, secondo gli indirizzi
definiti nel Programma nazionale di riforma 2013 tenendo conto  delle
relative raccomandazioni specifiche formulate dal Consiglio europeo; 
  Considerato che  l'Accordo  prevede  una  significativa  azione  di
rafforzamento delle strutture amministrative e tecniche  responsabili
per il coordinamento, l'attuazione, il monitoraggio e la  valutazione
dei programmi quale pre-requisito per l'efficace impiego dei fondi; 
  Tenuto conto dell'esame dell'argomento svolto ai sensi del  vigente
regolamento di questo Comitato (art. 3 della delibera 30 aprile 2012,
n. 62) sulla base della documentazione trasmessa per le vie brevi dal
DPS al Dipartimento per la programmazione e  il  coordinamento  della
politica economica (DIPE) in data 8 aprile  2014  e  da  quest'ultimo
diramata a tutte le amministrazioni interessate; 
  Vista l'intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 16 aprile
2014, ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge n.  131/2003,  sulla
proposta di Accordo di partenariato, con le richieste delle regioni e
delle province autonome, dell'ANCI e dell'UPI di cui alle premesse  e
agli allegati della medesima intesa; 
  Visto il testo finale della proposta di  Accordo  di  partenariato,
acquisito agli atti della odierna seduta, al quale  sono  allegati  i
documenti  concernenti  i  risultati   attesi   e   le   azioni,   le
condizionalita' ex ante, gli  elementi  salienti  della  proposta  di
SI.GE.CO 2014-2020  e  la  tabella  di  correlazione  tra  le  azioni
previste dall'Accordo e quelle  previste  dalle  Strategie  EUSAIR  e
EUSALP; 
  Vista la odierna nota n.  1874-P,  predisposta  congiuntamente  dal
Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della  politica
economica della Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero
dell'economia e  delle  finanze,  contenente  le  osservazioni  e  le
prescrizioni da recepire nella presente delibera; 
  Udita  l'illustrazione  della  proposta  svolta   in   seduta   dal
Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei  ministri,
Segretario del Consiglio dei ministri; 

                              Delibera: 

  1. E' approvata la proposta di Accordo di partenariato - di cui  al
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento e del Consiglio  europeo
del 17 dicembre 2013 - nel testo acquisito agli  atti  della  odierna
seduta di questo Comitato concernente  la  programmazione  dei  Fondi
strutturali e di investimento europei  (Fondi  SIE)  per  il  periodo
2014-2020. 
  Il Sottosegretario di  Stato  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, Segretario del Consiglio dei  ministri,  e'  autorizzato  a
trasmettere alla Commissione europea, entro il termine del 22  aprile
2014 previsto dal citato Regolamento n. 1303/2013, il detto documento
per l'avvio del negoziato formale. 
  2. L'Accordo di partenariato, dopo  la  conclusione  del  negoziato
formale e l'approvazione da parte della  Commissione  europea,  sara'
sottoposto all'esame di questo Comitato per la relativa presa d'atto. 
  3. I contenuti salienti dell'Accordo  di  partenariato  all'odierno
esame di questo Comitato sono indicati nei punti seguenti. 
  3.1 L'Accordo di partenariato stabilisce la  strategia  di  impiego
dei Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi  SIE)  per  il
periodo  di  programmazione  2014-2020  indicando  le  priorita'   di
investimento declinate nei seguenti undici  obiettivi  tematici  (OT)
previsti dal richiamato Regolamento (UE) di  disposizioni  comuni  n.
1303/2013: 
  OT1:   rafforzare   la   ricerca,   lo   sviluppo   tecnologico   e
l'innovazione; 
  OT2: migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della
comunicazione, nonche' l'impiego e la qualita' delle medesime; 
  OT3: promuovere la competitivita' delle piccole e medie imprese, il
settore agricolo e il settore della pesca e dell'acquacultura; 
  OT4: sostenere la transizione verso un'economia a  basse  emissioni
di carbonio in tutti i settori; 
  OT5:  promuovere  l'adattamento  al   cambiamento   climatico,   la
prevenzione e la gestione dei rischi; 
  OT6:  tutelare  l'ambiente  e  promuovere  l'uso  efficiente  delle
risorse; 
  OT7: promuovere sistemi di trasporto sostenibili  ed  eliminare  le
strozzature nelle principali infrastrutture di rete; 
  OT8: promuovere l'occupazione sostenibile e di qualita' e sostenere
la mobilita' dei lavoratori; 
  OT9: promuovere l'inclusione sociale, combattere la poverta' e ogni
forma di discriminazione; 
  OT10:   investire   nell'istruzione,   formazione   e    formazione
professionale, per le competenze e l'apprendimento permanente; 
  OT11: rafforzare la capacita'  delle  amministrazioni  pubbliche  e
degli   stakeholders   e   promuovere   un'Amministrazione   pubblica
efficiente. 
  3.2 Nell'Accordo sono indicati, per ciascun obiettivo  tematico,  i
risultati attesi, il quadro motivazionale  delle  priorita'  e  delle
azioni  correlate  e  i  metodi  di  intervento,  sulla  base   degli
orientamenti individuati nell'ambito  del  Quadro  strategico  comune
richiamato in premessa. 
  4. La proposta di Accordo di partenariato prevede una  ripartizione
indicativa,  tra  gli  11  obiettivi  tematici,  delle   risorse   UE
complessivamente assegnate all'Italia  per  il  periodo  2014-2020  a
valere sui Fondi strutturali e di investimento europei  FESR,  FSE  e
FEASR,  nonche'  sul  FEAMP  per   il   quale   si   e'   in   attesa
dell'approvazione del relativo regolamento comunitario anche ai  fini
della definitiva quantificazione delle relative risorse. 
  4.1 L'importo complessivo  di  tali  risorse  a  valere  sui  Fondi
strutturali e di investimento europei FESR, FSE e FEASR, al netto del
FEAMP, e' pari a 41.548,4 milioni di euro per il periodo 2014-2020. 
  4.2 L'allocazione prevista  a  favore  di  ogni  singolo  obiettivo
tematico a valere  su  ciascun  Fondo  e'  indicata  nella  tavola  1
allegata, che costituisce parte integrante della presente delibera. 
  4.3 Nelle tavole 2, 3 e 4 allegate alla presente delibera,  di  cui
costituiscono parte integrante,  viene  dettagliata  la  ripartizione
gia' disponibile del FESR e del  FSE,  pari  a  complessivi  31.118,7
milioni di euro, articolata per obiettivo tematico rispettivamente  a
favore delle regioni piu' sviluppate, delle regioni in transizione  e
delle regioni meno sviluppate. 
  5. L'entita' del cofinanziamento  nazionale  a  favore  di  ciascun
Programma operativo, da porre a carico del Fondo di rotazione di  cui
agli articoli 5 e seguenti della richiamata legge n. 183/1987,  sara'
stabilito in occasione della definizione dei Programmi operativi, nel
rispetto di quanto previsto dal richiamato 1, commi 240 e successivi,
della legge n. 147/2013. 
  6. L'Accordo di partenariato prevede la realizzazione dei Programmi
nazionali/multiregionali da finanziare a carico del FESR  e  del  FSE
indicati nella allegata tabella 5, che costituisce  parte  integrante
della presente delibera, articolati  per  obiettivo  tematico  e  per
categorie di regioni. 
  7. L'Accordo prevede altresi' la  realizzazione  di  due  Programmi
nazionali, da finanziare a carico  del  FEASR  concernenti  la  «Rete
rurale nazionale» e  la  «Gestione  del  rischio,  le  infrastrutture
irrigue e la biodiversita' animale» e di un  Programma  nazionale  da
finanziare a valere sulle risorse del FEAMP. 
  8. L'Accordo prevede infine la realizzazione, in tutte le regioni e
province autonome, di Programmi regionali da finanziare a valere  sul
FESR e sul FSE e di Programmi di sviluppo rurale (PSR) a valere sulle
risorse del FEASR. 
  9. Nelle successive fasi di negoziazione formale con la Commissione
europea e di attuazione dell'Accordo di partenariato si dovra' tenere
conto delle  seguenti  esigenze  emerse  nel  corso  dell'istruttoria
svolta nell'ambito delle riunioni preparatorie di questo Comitato: 
  recepimento delle puntualizzazioni e/o integrazioni  relative  alla
definizione di alcuni degli obiettivi tematici; 
  coerenza  e  integrazione  tra   i   Programmi   operativi   e   le
programmazioni/strategie nazionali di settore, fra cui in particolare
la  «Strategia  nazionale  di  specializzazione   intelligente»   con
riferimento al settore della ricerca; 
  recepimento, nella fase di predisposizione dei  singoli  Programmi,
delle indicazioni volte a garantire  la  efficace  realizzazione  dei
Programmi stessi, nel rispetto del principio della proficua  gestione
delle risorse; 
  coinvolgimento del Ministero  dell'ambiente  nelle  fasi  attuative
dell'Accordo, a presidio delle politiche ambientali; 
  individuazione di  adeguate  soluzioni  per  garantire  correntezza
nella spesa delle risorse di cofinanziamento nazionale; 
  adozione e realizzazione, da parte delle  Amministrazioni  titolari
dei Programmi operativi, di «Piani di  rafforzamento  amministrativo»
(PRA)   comprendenti   le    misure    (normative,    amministrative,
organizzative  e  relativi  cronoprogrammi  di  attuazione)  volte  a
garantire una gestione efficiente degli stessi Programmi, nonche'  la
qualita' della regolazione, la semplificazione e la  riduzione  degli
oneri regolatori. 
  10. Nella successiva fase di programmazione delle risorse del Fondo
per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il  periodo  2014-2020,  alla
luce di quanto altresi' emerso nel corso della richiamata istruttoria
svolta nell'ambito delle riunioni preparatorie di questo Comitato, si
dovra' tenere conto: 
    dell'esigenza di riequilibrare il finanziamento  a  favore  delle
regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna); 
    dell'esigenza di assicurare integrazione e  complementarieta'  di
strategie  e  obiettivi,  rispetto  alla  programmazione  comunitaria
2014-2020, con specifico riferimento al rafforzamento  di  azioni  di
interesse nazionale in materia  ambientale  (dissesto  idrogeologico,
bonifiche e infrastrutture idriche e ambientali strategiche). 
    Roma, 18 aprile 2014 

                                                        Il Presidente 
                                                            Renzi     

Il segretario del CIPE 
        Martina 

Registrato alla Corte dei conti il 1° settembre 2014 
Ufficio controllo atti Ministero economia e finanze Reg.ne  Prev.  n.
2749





Documenti della Regione Lazio per l’attuazione delle politiche regionali ed europee

ue

link al sito della regione lazio




Fondi europei, lavori in corso: proposte, progetti e iniziative

ue

Corviale 2020 documento del tavolo di concertazione istituzionale




Cittadino-pixel dello sviluppo HD del territorio, Corviale al centro dell’Europa

Percorso in salita con tappeto ancora virtuale

CITTADINO-PIXEL (PICTURE ELEMENT), SVILUPPO HD (ALTA DEFINIZIONE)

Nel secondo Forum che svolgemmo a Corviale di Roma nel novembre 2013 presentammo un documento-manifesto così intitolato: “Corviale verso Europa 2020. Dal sogno originario a un partenariato per lo sviluppo sostenibile”. E scrivemmo: “Occorre affrontare lo sviluppo territoriale con un approccio globale; integrare politiche diverse; potenziare l’economia; creare e assicurare spazi pubblici e infrastrutture di qualità; progettare il territorio andando oltre l’urbano e il rurale; salvaguardare e valorizzare i beni paesaggistici e architettonici, sia storici che contemporanei; irrobustire il sistema della conoscenza; migliorare l’ambiente e l’efficienza energetica. Si tratta di creare un Partenariato pubblico-privato che intende allargarsi ad altri quartieri del Quadrante per candidarsi a gestire in modo integrato i Fondi Europei 2014-2020”.

Sulla base di questa impostazione definita per Corviale e con gli arricchimenti venuti anche da altre realtà di Roma nel corso del Convegno svoltosi nei Musei Capitolini il 25 giugno scorso, Rete Fattorie Sociali, Forum Terzo Settore Lazio e IfoRD hanno chiesto alla Regione Lazio di adottare – nell’ambito dei Programmi Operativi in fase di definizione – il metodo dello sviluppo locale partecipativo integrato per tutto il territorio regionale (comprese le aree urbane) e per l’insieme dei Fondi Strutturali e d’Investimento Europei (SIE) 2014-2020.

La Programmazione dei Fondi SIE introduce nuovi strumenti che permettono di conseguire l’obiettivo di fondo del secondo Forum, cioè quello di candidare il Partenariato Pubblico-Privato a diventare soggetto attuatore dello sviluppo locale.

I regolamenti comunitari danno la possibilità alle autorità di gestione (Regioni) di decidere l’adozione del Metodo Community Led Local Development (CLLD) – obbligatorio solo per le aree rurali con problemi complessivi di sviluppo – su tutti i territori, comprese le aree urbane, e l’utilizzo integrato dei Fondi (plurifondo).

Tale strumento intende favorire lo sviluppo locale integrato su scala sub-regionale con il contributo prioritario delle forze locali.

La Regione Lazio dovrebbe fare tale scelta nell’ambito dei Programmi Operativi da approvare entro il 22 luglio 2014. Ma poi c’è tutta la fase del negoziato con la Commissione Europea per l’approvazione definitiva. E dunque il confronto potrà continuare anche dopo tale scadenza.

Per il Progetto CORVIALE 2020 tale scelta significherebbe affiancare al Tavolo di Concertazione multilivello, il Gruppo di Azione Locale (GAL), costituito prioritariamente da soggetti locali, con un ruolo operativo (amministrativo e gestionale) e con il compito di elaborare il Piano di Azione Locale (PAL), dotandosi di una struttura tecnica in grado di effettuare tali funzioni.

L’Accordo di Partenariato fa esplicito riferimento a tale strumento quando lega, ad esempio, l’obiettivo di favorire la legalità nelle aree ad alta esclusione sociale e migliorare il tessuto urbano nelle aree a basso tasso di legalità alle priorità di investimento “strategie di sviluppo locale partecipativo” e “sostegno alla rigenerazione fisica ed economica delle comunità urbane e rurali sfavorite” con il FSE e il FESR.

Anche l’Agenda Urbana propone un’innovazione di metodo nella filiera attuativa tra cui gli strumenti territoriali integrati di sviluppo locale.

Tra le misure del Programma di Sviluppo Rurale assume particolare importanza – ai fini del Progetto CORVIALE 2020 – la Misura “Cooperazione” che risponde all’esigenza di migliorare governance e coordinamento tra attori del “sistema della conoscenza e dell’innovazione” e imprese, garantire una conservazione attiva dei Paesaggi Rurali Storici (tra cui quello dell’Agro Romano), creare nuovi rapporti sistemici tra aree urbane e aree rurali, organizzare le filiere corte, stimolare la diversificazione delle attività e migliorare l’accesso ai servizi per la popolazione con un approccio innovativo e di sistema, a partire dall’agricoltura sociale.

Con questa Misura potranno essere sostenuti i Gruppi Operativi (GO), mettendo insieme imprese, ricercatori, consulenti, organizzazioni, Enti pubblici e portatori di interessi collettivi diffusi, che realizzino il Partenariato Europeo per l’Innovazione (PEI) “Produttività e sostenibilità del sistema agricolo”; i Gruppi di Cooperazione (GC) che realizzino progetti collettivi a carattere ambientale; i Gruppi di Cooperazione (GC) che operino nell’ambito delle filiere corte; i Gruppi di cooperazione (GC) dei soggetti che operino nell’ambito delle agricolture civili.

Quante risorse finanziarie la Regione destinerà a questa Misura strategica?

Un’altra scelta importante che la Regione Lazio deve compiere è quella di destinare all’Obiettivo “Inclusione sociale e lotta alla povertà” oltre il 20 per cento del Fondo Sociale Europeo (FSE). Tra le azioni del Programma Operativo FSE – ai fini del Progetto CORVIALE 2020 – sono particolarmente rilevanti quelle per l’inserimento lavorativo e l’occupazione dei soggetti svantaggiati e delle persone con disabilità,  per promuovere l’imprenditorialità sociale e l’integrazione professionale nelle imprese sociali e dell’economia sociale e solidale.

Il risultato di tali azioni dovrà essere l’aumento delle attività economiche (profit e non-profit) a contenuto sociale e delle attività di agricoltura sociale.

Rete Fattorie Sociali, Forum Terzo Settore Lazio, IfoRD e altri soggetti pubblici e privati si stanno attivando per promuovere coi Fondi SIE, nei territori di Roma e del Lazio, processi aggregativi e creazione di reti.

L’attenzione è rivolta anche al Programma Horizon 2020 e al Sottoprogramma Cultura di Europa Creativa 2014-2020, i cui bandi sono già attivi.

L’obiettivo di istituire nei territori di Roma la Casa dell’Alimentazione e realizzare una serie di attività nell’ambito di EXPO 2015 è un primo passo per costruire salde e durature sinergie tra le diverse forme di agricolture civili, Terzo Settore ed economia sociale.

Anche sui temi della ricerca e dell’innovazione ci sono novità importanti nella Programmazione dei Fondi SIE.

Con la costituzione dei PEI e il sostegno dei GO mediante i PSR, Horizon 2020 fa un salto di qualità perché finalmente si costruisce un legame tra la ricerca e le esigenze specifiche di settore e si adotta un approccio di sistema (imprese, ricerca, consulenza, formazione) in una logica plurifondo.

L’altro elemento che viene introdotto è lo stretto legame tra ricerca e innovazione, in cui l’innovazione non è più riferita esclusivamente alla dimensione tecnologica ma a tutte le fasi del processo produttivo e al contesto interno ed esterno nel quale esso si realizza.

L’ulteriore novità è l’adozione del modello a rete caratterizzato da un processo di comunicazione interattivo partendo dai bisogni e dalle problematiche delle imprese e dei sistemi locali. E questo perché si va consolidando la consapevolezza che l’evento ideativo e la sua trasformazione in innovazione non proviene soltanto dal mondo della ricerca e della sperimentazione, ma anche dal mondo produttivo.

Rete Fattorie Sociali, Forum Terzo Settore Lazio e IfoRD annettono grande importanza al nuovo paradigma dell’”innovazione sociale” che rovescia completamente il rapporto tra mondo della ricerca, economia e società e favorisce la riqualificazione delle relazioni tra i diversi soggetti istituzionali, economici e sociali.

Il Piano Nazionale per la Ricerca in Agricoltura, presentato in questi giorni dal MIPAAF, elenca una serie di temi estremamente importanti per le agricolture delle aree urbane:

– individuazione dei meccanismi alla base della benefica azione delle piante in città e sviluppo di materiale agrario adatto all’uso come verde urbano;

– studi e ricerche sull’impiego sostenibile di scarti organici (es. sottoprodotti agricoli e zootecnici), rifiuti inorganici, nanoparticelle e nanomateriali;

– sperimentazione di nuovi processi di raccolta, gestione, trasformazione e valorizzazione energetica di biomasse prodotte in ambito urbano e in vivaio (potature, sfalci, abbattimento di alberi vecchi…);

– messa a punto di tecniche di “phytoremediation assistita”, sfruttando le sinergie fra piante, microorganismi, ammendanti e pratiche agronomiche; nuovi processi di bioremediation”;

– ricerca di piante arboree e arbustive in grado di diminuire l’impatto degli inquinamenti atmosferici da cause antropiche e quantificazione del ruolo della vegetazione urbana nel limitare le emissioni di gas a effetto serra attraverso il sequestro CO2 e di altri gas traccia, e l’emissione di gas a elevata reattività ambientale;

– definizione delle capacità di alcune specie di produrre/emettere o assorbire i principali inquinanti atmosferici;

– miglioramento genetico delle piante per aumentarne la capacità di accrescimento rapido, di copertura del suolo, di formazione di barriere vegetali, di capacità di rimozione di inquinanti;

– studio di varietà e specie più adattabili ai cambiamenti climatici e alla scarsità di risorse idriche in aree urbane;

– sperimentazioni di microorganismi che favoriscano lo sviluppo delle piante anche in assenza di concimazioni e che aumentino la loro resistenza ai patogeni in assenza di trattamenti antiparassitari;

-sviluppo di tecniche di micro-irrigazione e di recupero e riciclaggio dell’acqua in ambiente urbano e in vivaio;

– costruzione di modelli di formazioni vegetali a geometria diversa adatti a svolgere funzioni di filtro e di mitigazione in presenza di sorgenti di inquinamento da traffico veicolare (barriere e cortine vegetali);

-sviluppo di studi sulle pratiche di utilizzo e gestione di spazi verdi in contesti urbani (community gardening, orti sociali, orti scolastici, ecc.);

-analisi di terapie orticolturali sul piano cognitivo, psicologico, fisico e sociale in termini di benessere individuale e miglioramento della qualità della vita attraverso la riduzione dello stress e il miglioramento della coesione sociale;

-valutazione di terapie che impiegano piante o animali in contesti produttivi (cooperative, imprese), e del loro impatto sul sistema sanitario nazionale e sullo sviluppo locale con particolare riferimento alle aree rurali;

-analisi delle pratiche di AS capaci di generare nuove opportunità economiche, forme di socialità e modelli di welfare-mix per ridurre l’esclusione sociale;

-monitoraggio e valutazione delle esperienze di AS realizzate all’interno di contesti produttivi (agriturismo, ristorazione, attività didattica, confezionamento, vendita, ecc.);

-analisi delle esperienze relative al rapporto urbano-rurale, sia sul fronte della fruizione degli spazi sia su quello della vendita e del consumo dei prodotti agricoli;

-studi sulla filiera corta (punti vendita aziendale, mercati contadini, GAS, box scheme,Community Supported Agriculture – CSA);

-analisi delle esperienze sull’utilizzo dei prodotti invenduti o non commercializzabili per la riduzione degli sprechi sull’esempio del last minute market;

-analisi di attività didattiche, educative, ricreative per bambini, giovani, famiglie, anziani e analisi dei servizi connessi al verde urbano (nidi, asili, ecc.);

-analisi delle buone pratiche agricole in zone urbane e per agricoltori non professionali (p.es. agricoltura organica) per ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura, promuovendo una sana alimentazione;

-definizione e realizzazione di una forma di gestione associata di servizi tra enti pubblici e produttori agricoli per la co-tutela del territorio;

-analisi delle nuove tecnologie agroalimentari, a supporto delle imprese, del processo di trasferimento dell’innovazione e dei meccanismi di policy (accettabilità, disegno, impatto, efficienza, implementabilità);

-sviluppo di protocolli, indicatori e criteri green per gli appalti pubblici.

Si tratta di attivare tutti i centri di ricerca e sperimentazione e l’insieme delle Università pubbliche e private che operano nell’area romana e creare un saldo legame tra il sistema della conoscenza e dell’innovazione con la realtà economica, sociale, civile e istituzionale locale.

Sarebbe davvero un delitto se la Regione Lazio non dovesse cogliere queste opportunità per far diventare Roma davvero una metropoli europea.