Strategia Europa 2020: contributo alla consultazione pubblica
La Conferenza delle Regioni e delle province autonome interviene nella consultazione pubblica della Commissione Europea sulla revisione intermedia della Strategia Europa 2020. E lo fa con un contributo, approvato il 16 ottobre, che è stato inviato al Sottosegretario Sandro Gozi (che ha la delega per le politiche comunitarie).
SCIENCE, INNOVATION AND SOCIETY: ACHIEVING RESPONSIBLE RESEARCH AND INNOVATION
Nell’ambito della Presidenza italiana del Consiglio della Unione europea dal 19 al 21 novembre Roma ospiterà un evento internazionale sulla scienza, l’innovazione e la società, con l’obiettivo di promuovere il dialogo, collegare il talento e le idee per una vera e propria collaborazione tra tutti gli stakeholder della scienza e della società.
In questa città storica, unica al mondo ed esempio vivente delle meraviglie che si possono raggiungere quando società e comunità scientifica interagiscono, i partecipanti avranno l’occasione di entrare in contatto e dibattere con speaker internazionali su tematiche inerenti le seguenti KeyAreas:
o PUBLIC ENGAGEMENT
o GENDER EQUALITY
o SCIENCE EDUCATION
o ETHICS
o OPEN SCIENCE
o GOVERNANCE
Nel corso della tre giorni sarà possibile partecipare a numerose iniziative, tra le quali:
– Art&InnovationExhibition, una mostra che esplora l’interazione tra scienza, arte e società. Inaugurata durante la prima giornata della Conferenza resterà aperta per due settimane presso il MAXXI, il Museo Nazionale delle arti del XXI secolo
– Networking Event, con incontri bilaterali pre-organizzati al fine di facilitare la creazione di collaborazioni internazionali per la partecipazione ai bandi 2015 in Science with and for Society.
E’ possibile registrarsi direttamente al seguente link:
https://www.b2match.eu/science-society-2015
– Market Place per i risultati e le migliori pratiche dei progetti finanziati nella tematica Scienza nella Società.
La partecipazione all’evento è gratuita
http://www.sis-rri-conference.eu/
http://www.sis-rri-conference.eu/registration/
Per essere aggiornato sull’evento, visita le pagine Facebook (www.facebook.com/sisrri) e Twitter (@sisrri2014) della Conferenza
Per ulteriori informazioni contattare: info@sis-rri-conference.eu
Accordo di partenariato 2014-2020
Smart city, bando europeo da 28 milioni di euro
Terzo bando ERA-NET su smart city e smart community in Europa. Stanziati fino a 28 milioni di euro di fondi per progetti dedicati alle città intelligenti, all’innovazione sociale, le smart grid, la mobilità alternativa e sostenibile.
A dicembre 2014 si aprirà ufficialmente il terzo bando ERA-NET Smart Cities and Communities (ENSCC) dedicato a smart city, smart community, smart government, big data, smart energy, mobilità alternativa e trasporti intelligenti.
L’iniziativa, frutto della collaborazione tra la Joint Programming Initiative (JPI) Urban Europe e la Smart City Member State Initiative, offrirà fino a 28 milioni di euro di fondi per ricercatori, innovatori e partner. Le bozze dei progetti dovranno essere presentate entro la fine di maggio 2015.
Le migliori 50 proposte saranno selezionate ed ulteriormente elaborate tra maggio e settembre 2015., mentre per la realizzazione vera e propria si dovrà attendere dicembre 2015, con deadline a marzo 2016.
I progetti dovranno essere relativi a quattro aree specifiche:
- Smart integrated urban energy and transport systems
- Smart tools and services for integrated urban energy and transport systems
- Smart big data
- Smart governance and smart citizens
Le ERA-NET sono azioni di coordinamento e supporto del 7° Programma Quadro il cui obiettivo è di favorire la cooperazione e il coordinamento di attività di ricerca su una determinata area tematica gestite a livello nazionale e regionale negli Stati Membri e Associati, attraverso una rete di attività di ricerca. Esse mirano quindi a migliorare la sinergia tra programmi nazionali ed il programma quadro comunitario.
IL GRANDE SPRECO DEI FONDI EUROPEI
In un paese dal disperato bisogno di investimenti e occupazione, 12 miliardi di euro messi a disposizione dall’Unione giacciono inutilizzati e rischiano di andare perduti se non verrranno spesi entro fine 2015. I casi virtuosi non mancano, ma anche i soldi usati sin qui sono serviti spesso a finanziare iniziative discutibili come concerti e concorsi ippici, a costo di severi richiami da parte di Bruxelles. Uno scandalo che ha molti responsabili: politici incompetenti, burocrazia invadente, imprenditori senza idee e senza progetti
I soldi di una Finanziaria lasciati nel cassettodi LUIGI DELL’OLIO
MILANO – I soldi non spesi ammontano a 12 miliardi di euro, ben più della somma necessaria a stabilizzare il bonus da 80 euro. Quelli impiegati spesso si perdono in mille rivoli o finiscono con il finanziare iniziative poco virtuose, come accaduto qualche anno fa a Napoli con 750mila euro del “fondo regionale di sviluppo per la cultura” dirottati sul concerto di Elton John. È il paradosso dei fondi europei, ideati per sostenere la crescita delle aree più deboli dell’Unione, per un valore pari ad un terzo di tutto il bilancio europeo. Finalità perseguita attraverso strumenti diversi come il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), che assorbe circa due-terzi delle risorse, e il Fondo sociale europeo (Fse). Il primo sostiene soprattutto la realizzazione di infrastrutture e investimenti produttivi che generano occupazione, soprattutto nel mondo delle imprese. Il secondo mira a favorire l’inserimento professionale dei disoccupati e delle categorie sociali più deboli, finanziando in particolare azioni di formazione. A questi si affiancano, poi, i cofinanziamenti statali e quelli regionali, dando vita ai Pon (Piani operativi nazionali) e ai Por (Piani operativi regionali).
Fondi Strutturali
Periodo | Paese | Stanziati | Utilizzati | Stanziati/utilizzati |
---|---|---|---|---|
2007-2013 | Italia | 27.952.613.430,00 | 16.290.125.356,32 | 58,28% |
Il piatto piange. A fine luglio, l’Italia aveva impiegato appena il 58,28% delle risorse messe a disposizione dall’Europa, un dato che ci colloca in coda alla classifica. La situazione non è omogenea a livello territoriale: per quanto riguarda il Fesr, il dato è la media tra il 73% raggiunto nelle regioni del Centro-Nord (che quindi dovrebbero centrare il pieno impiego delle risorse entro la scadenza fissata alla fine del prossimo anno) e il 57% del Mezzogiorno. Campania, Calabria e Sicilia sono le regioni che maggiormente faticano a impiegare le risorse a disposizione, mentre a livello settoriale il ritardo riguarda soprattutto i programmi per la cultura, il turismo e le infrastrutture di trasporto. Ovvero proprio i settori sui quali il Mezzogiorno potrebbe far leva per uscire dalla crisi.
Senza contare la messa in sicurezza dei territori contro il dissesto idrogeologico: a Palazzo Chigi hanno da poco deciso di destinare a questo capitolo 785 milioni non ancora spesi, e altri potrebbero essere dirottati da altri capitoli di spesa. Somme che potrebbero aiutare a evitare disastri come quello appena visto a Genova, e magari anche a risparmiare sul totale della spesa, oggi quasi tutta concentrata nella fase post-disastri naturali.
Sotto tiro le nomine politiche. “La questione dei fondi strutturali europei è lo specchio dei vizi italiani”, commenta l’economista Giulio Sapelli. “In primo luogo pesano le deficienze della tecnocrazia: a Bruxelles spesso inviamo personale scelto non per competenze specifiche, ma per stretta osservanza politica. Il risultato è che, mentre i paesi iberici mettono a punto bandi tagliati sulle esigenze dei singoli paesi, da noi questo non succede”. La carenza di professionalità adeguate pesa anche in patria: “Per accedere ai fondi europei occorrono nelle Regioni professionisti preparati sul fronte del diritto comunitario e poliglotti, mentre spesso queste funzioni vengono affidate a fedelissimi del governante di turno”, aggiunge Sapelli. Anche quando la competenza c’è, non mancano i problemi. Emblematico il caso del generale dei carabinieri, Maurizio Scoppa, chiamato dalla Regione Campania a vigilare sugli oltre 2 miliardi di euro stanziati da Bruxelles, dopo aver risanato l’Asl Napoli 1. Dopo sei mesi l’esperto ha gettato la spugna, lamentando non solo scarsa collaborazione da parte del personale regionale, ma addirittura di non aver ricevuto nemmeno un computer e la cancelleria per operare. Sapelli sottolinea anche un altro aspetto: “Nessun paese ha tante società di consulenza sui fondi europei come l’Italia. Significa che, una volta ottenuto il finanziamento, questo spesso si disperde in mille rivoli, per cui all’obiettivo finale arrivano pochi spiccioli. E spesso con tempi lunghi a causa delle lentezze burocratiche”.
Pesa la lentezza della burocrazia. Per Gianfranco Viesti, professore di Economia applicata all’Università di Bari e autore di diversi saggi sul tema, il problema non è tanto nella cattiva programmazione, quanto nella lentezza di attuazione. “Innanzitutto va precisato che è falso che i fondi strutturali vengano tutti sprecati: negli anni vi sono stati tantissimi esempi di iniziative che hanno aiutato i territori”. Fatta questa premessa, resta il nodo delle difficoltà di impiego delle risorse: “Le cause sono diverse: lentezza nelle opere pubbliche, complessità delle norme, mancata disponibilità del cofinanziamento nazionale, pessima congiuntura economica”, sottolinea. “Anche le misure dei ministeri, specie quelle infrastrutturali – aggiunge – sono in forte ritardo. La lentezza delle Regioni (e dei ministeri) nell’emanare i bandi è dovuta in parte alla carenza di competenze, forse anche alla volontà dei politici ad accentrare attività di gestione e attuazione delle misure che andrebbero invece affidate a soggetti specializzati”. La motivazione potrebbe essere soprattutto la voglia di controllare risorse ingenti, che nel migliore dei casi assicurano consenso, nel peggiore aprono le porte a fenomeni di corruzione.
Chi fa da sé non ce la fa. Viesti punta inoltre l’indice sulla mancata collaborazione tra le amministrazioni locali, e sull’assenza di un forte ruolo di stimolo e di coordinamento dal centro: “Se c’è da scrivere una misura di intervento o un bando di gara è molto raro che si utilizzino modelli già sperimentati altrove, facendo tesoro di successi ed insuccessi, ma si ricomincia ogni volta da zero; e spesso si tornano a incontrare gli stessi problemi e le stesse criticità già sperimentate da altri”. Va poi considerato anche un altro aspetto: molte risorse non vengono spese per mancanza di investitori. A Termini Imerese ci sono 750 milioni di euro di risorse pubbliche a disposizione per chi è interessato a rilanciare lo stabilimento Fiat chiuso alla fine del 2011, ma finora nessuno si è fatto avanti. Segno della difficoltà del Paese nell’attrarre risorse, soprattutto sul fronte internazionale.
Gli effetti dei fondi strutturali europei 2007-2013 in Italia
21 mld € | Somma impegnata |
58.564 | Posti di lavoro creati |
3.098 kt | Risparmio di CO2 immessa nell’atmosfera |
1,311 mln | I cittadini raggiunti dalla banda larga |
5.494 | Progetti di ricerca e sviluppo |
34.828 | Progetti di investimento nelle Pmi |
3.112 | Start-up avviate |
2.390 | Progetti di energia rinnovabile |
195 kmq | Aree riqualificate |
670 | Progetti di prevenzione dei rischi naturali |
4,083 mln | Studenti che utilizzano nuove tecnologie nella didattica |
500.000 | Progetti Fse, che hanno visto la partecipazione di più di 6,6 milioni di persone, di cui oltre 2 milioni di età compresa tra i 15 e i 24 anni e quasi mezzo milione al di sopra dei 55 anni |
fonte: Commissione Europea, elaborazione Repubblica.it |
Gli scavi archeologici più noti al mondo stanno cadendo a pezzi per incuria e mancata manutenzione, eppure i soldi sul tavolo non mancano. La vicenda di Pompei è emblematica delle difficoltà di impiego dei fondi europei. Tanto che nei mesi scorsi il commissario europeo per le politiche regionali,Johannes Hahn, è intervenuto sulla vicenda ricordando che dei 105 milioni di euro stanziati “solo l’1% è stato utilizzato e un altro 24% è stato destinato a lavori in fase di completamento”. Il restante 75%, ha precisato, “va speso entro la fine del 2015” o andrà perduto. Dunque occorre mettere mano ai progetti di risanamento dell’area, identificare in maniera precisa la destinazione dei fondi e rendicontare con precisione ogni spesa per non perdere i fondi e non disperdere un patrimonio unico al mondo.
Al di là della difficoltà di spesa vi è, poi, il capitolo degli sprechi che ha reso i tecnici di Bruxelles particolarmente prudenti nell’approvare i piani italiani. Si è già detto del concerto di Elton John a Napoli, che ha creato grande clamore e costretto la Regione Campania a restituire i fondi europei. Mentre sono passati sotto silenzio i 70mila euro spesi per l’Afrakà rock festival di Afragola (città natale dell’ex governatore Bassolino) e i 500mila per il concorso ippico internazionale di Caserta. Senza dimenticare le decine di sagre finanziate da Nord a Sud, e finite impropriamente nel capitolo delle “iniziative a sostegno della cultura locale”.
In Sicilia (a Casteltermini, Augusta, Noto, San Cataldo e Capo d’Orlando), poi, sono stati impiegati 15 milioni di fondi europei per realizzare impianti di compostaggio presentati come altamente innovativi, ma bloccati per mancanza di personale e danneggiamenti da parte di ignoti (forse mossi da mani interessate a tenere in vita le discariche). L’Italia ha il primato delle frodi comunitarie: la Corte dei conti europea calcola che il nostro Paese ogni anno percepisce illegittimamente 800 milioni.
Va comunque detto che, se gli sprechi fanno più notizia, non mancano tanti esempi di investimenti virtuosi. Sul sito Internet Opencoesione è disponibile una mappa dei progetti finanziati dalle politiche di coesione in Italia. Navigando è possibile essere aggiornati (gli ultimi dati risalgono a fine aprile) sulle risorse assegnate e spese, le localizzazioni, gli ambiti tematici, i soggetti programmatori e attuatori, i tempi di realizzazione e i pagamenti dei singoli progetti. Dal portale emerge che l’opera con i maggiori finanziamenti è “Il completamento della Linea 1 della metropolitana di Napoli”, per la quale sono stati stanziati 1,3 miliardi di fondi pubblici (di cui 430 milioni dall’Ue). I lavori sono iniziati, come previsto, a gennaio del 2000, ma l’obiettivo di completare l’opera entro il 31 marzo scorso è fallito. Il sito non riporta la data di consegna, che altre fonti indicano nel 2018.
Ma vi sono anche opere concluse. E’ il caso di Villa Scheibler, ubicata in un sobborgo piuttosto trascurato di Milano, che è stata restaurata con il sostegno del programma europeo Urban (3,5 milioni a disposizione). Sono state interamente pagate anche le somme (202mila euro, di cui 141mila di competenza Ue) del fondo rotativo a sostegno della ricerca e dell’imprenditorialità nel Mezzogiorno. Mentre sono a un passo dal completamento (95%) gli stanziamenti per potenziare i sistemi di videosorveglianza in Sicilia.
Destinazione dei 32,8 miliardi di euro erogati all’Italia
(compresi interventi co-finanziati e altri europei)
22,3 mld | Programmi per lo sviluppo delle regioni meno sviluppate (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia) |
1,1 mld | Programmi per lo sviluppo delle regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna) |
7,7 mld | Iniziative per le Regioni più sviluppate (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Provincia di Bolzano, Provincia di Trento, Friuli Venezia-Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio) |
1,311 mln | I cittadini raggiunti dalla banda larga |
1,1 mld | Cooperazione territoriale europea |
567,5 mln | Iniziative a favore dell’occupazione giovanile |
8,2 mld | Somma da destinare alle specifiche sfide che il paese deve affrontare nelle aree interessate dal Fse |
fonte: Commissione Europea, elaborazione Repubblica.it |
L’esperto controcorrente: “Meglio rinunciare”
MILANO – Roberto Perotti, professore di Economia politica alla Bocconi, ha curato con il collega Filippo Teoldi, uno studio dal titolo emblematico: “Il disastro dei fondi strutturali europei”, scaricabile gratuitamente in rete. Nel report si mettono a confronto i livelli di spesa su questo fronte con i pochi benefici prodotti.
Mentre a livello comunitario si discute del prossimo ciclo di finanziamenti, destinati a mettere in campo oltre 300 miliardi di euro, di cui circa 41 per l’Italia, dalla sua analisi emerge una sostanziale bocciatura dei fondi strutturali. E’ così?
“Esatto. Ci dobbiamo chiedere perché i fondi finora non sono stati spesi a fronte dello scenario economico: evidentemente si tratta di fondi inutili, e spesso addirittura dannosi perché alimentano burocrazia, clientelismo, e a volte finiscono addirittura nelle mani della criminalità”.
Eppure l’Italia ha un disperato bisogno di investimenti per ripartire…
“L’Italia contribuisce al bilancio europeo in misura maggiore rispetto alle risorse che complessivamente riceve. Inoltre va considerato l’aspetto del cofinanziamento, che in teoria risponde a un obiettivo nobile, il coinvolgimento del beneficiario, per assicurarsi che abbia un interesse nel progetto e abbia quindi gli incentivi giusti a portarlo avanti nel modo più efficace possibile. Il problema è che l’applicazione pratica del cofinanziamento è stata tale da negare questo principio”.
Perché?
“E’ sufficiente guardare all’ambito della formazione: chi cofinanzia le iniziative è lo Stato centrale, ma l’attuazione è appannaggio delle regioni. Con queste ultime che hanno dunque pochissimi incentivi ad assicurarsi che questi progetti funzionino effettivamente”.
Cosa propone in alternativa?
“La cosa migliore sarebbe rinunciare ai fondi strutturali o a una buona parte di essi. Risparmieremmo così la nostra quota di finanziamento dei fondi strutturali, e la quota di cofinanziamento, che potremmo utilizzare per ridurre le tasse”.
Senza coraggio e senza progetti
Il mancato utilizzo dei fondi strutturali europei rappresenta l’ennesimo motivo di sconcerto e di imbarazzo per l’Italia. Ma anche uno spunto per porsi una domanda su un problema che passa in buona parte sotto silenzio nel generale j’accuse contro la classe dirigente del nostro Paese, che però viene proclamato sottintendendo che sia solo la categoria dei politici a meritare ogni possibile lapidazione. D’accordo, le burocrazie – in questo caso soprattutto quelle regionali e locali – hanno le loro colpe pesantissime e spesso imperdonabili. D’accordo anche che la burocrazia è diventata un moloch scoraggiante per qualsiasi iniziativa, che la nomenklatura dei ministeri si è creata un potere autonomo in grado di piegare qualsiasi volontà riformistica, così come è scoraggiante la lentezza della giustizia civile o il fatto che le leggi del lavoro sono ingiuste e penalizzanti. Però quando si muovono i più alti lamenti per questi mali italiani, quasi fosse un refrain ormai scontato, si dimentica spesso che c’è un’altra categoria che si distingue per immobilismo e a volte vera e propria incapacità di fare, proprio quella di cui accusano i politici: gli imprenditori.
Certo, i coraggiosi artigiani del nordest hanno fatto il miracolo italiano, e negarlo sarebbe impossibile. I piccoli industriali del centro Italia continuano indomiti a sgobbare come matti pur di non mandare a casa i dipendenti, i creativi nostrani sbaragliano i mercati con le loro trovate, però purtroppo questa maggioranza si sta assottigliando, fino ad esser diventata probabilmente minoranza proprio nel pieno della crisi.
Il caso dei fondi europei è esemplare. Perché vengano utilizzati occorre che l’imprenditore affianchi al contributo che riceve dal fondo (veicolato attraverso la regione) due cose: un progetto adeguato con un business plan convincente e soprattutto aderente agli standard dell’Europa (che ha diritto di pretenderne l’osservanza essendo lei che ci mette i soldi) e inoltre una partecipazione di capitale proprio che sia esattamente nella stessa misura del fondo utilizzato. Su tutti e due i fronti la classe imprenditoriale italiana naufraga miseramente. Trovare un progetto efficace, con un imprenditore motivato e consapevole della necessità di iniettarvi una buona dose dei suoi risparmi come capitale di rischio, è cronicamente difficile. Altrimenti non si spiegherebbe il perché di tutti quei fondi inutilizzati.
Ecco così che diventano plausibili alcune proposte, come ad esempio quella lanciata dall’università online Pegaso pochi giorni fa in occasione di un convegno sulla valorizzazione del Mezzogiorno organizzato dall’Aprom, un think-tank giuridico-economico. La proposta, ha chiarito il presidente della Pegaso Danilo Iervolino, è semplice: “Come università potremmo porci al centro, in determinati casi, della progettualità che interessa i fondi europei. Non ne chiediamo una parte, intendiamoci, solo offriamo know-how ed esperienza per affiancare gli imprenditori e redigere programmi aderenti ai criteri europei che convincano l’interlocutore della bontà dell’iniziativa proposta. Come noi potrebbero aderire al programma altri atenei portando quel contributo di conoscenza e di informazioni che è fondamentale per qualsiasi programmazione industriale”.
Chissà, forse potrebbe essere una soluzione (un esperimento del genere è stato tentato con discreto successo in Olanda) almeno a una delle due parti del problema, quella della progettualità. Un’iniziativa del genere l’ha lanciata anche la Regione Lazio, che sotto la presidenza di Nicola Zingaretti ha deciso di non essere più solo un ente “erogatore” di fondi ma di affiancare l’imprenditore nella fase progettuale. Anzi, faremo di più, è l’idea di Zingaretti che sta proprio ora passando alla fase operativa: se l’Europa mette 50, l’imprenditore anziché i 50 che gli verrebbero richiesti, mette 40. I rimanenti 10 li mette la regione, ovviamente se il progetto è valido. Non è solo questione di business plan redatti in modo stringente ed efficace: rimane aperta la seconda questione, altrettanto spinosa. Qualunque opinione si abbia sulla reale efficacia dei fondi europei, nessuno dubita che gli imprenditori debbano mettere sul tappeto dei soldi “veri” per i loro progetti.
E qui è peggio che andar di notte. C’è come l’impressione che la classe imprenditoriale si ritenga a volte in diritto di utilizzare i contributi europei quale unico capitale per le iniziative che propongono di attivare, comunque vadano a finire, cioè che si rivelino redditizie o no. Salvo poi lamentarsi quando questi fondi vengono meno. E’ il caso dei coltivatori del tabacco, operanti in quella vasta fascia di nord-est che va dall’Emilia al Triveneto e poi in Toscana e in misura minore in Campania: quando l’Europa ha ritirato i suoi fondi, che erano in questo caso non strutturali ma di programmazione agricola (il che non cambia la sostanza del problema) si sono lamentati della scarsa redditività delle produzioni alternative. Se un ettaro di tabacco rende 1200 euro l’anno, uno di mais ne rende 80. La differenza è macroscopica, è innegabile, però gli imprenditori della terra forse non hanno considerato che presentando progetti adeguati alle rispettive regioni avrebbero probabilmente potuto accedere agli altri fondi, appunto quelli strutturali, per nuove iniziative maggiormente redditizie.
Questo della carenza di capitali è un problema per l’industria italiana di qualsiasi settore che va al di là del problema dei fondi europei. Da tutte le statistiche risulta che nessuna categoria imprenditoriale è così dipendente dal credito bancario come quella italiana. Il che denota una preoccupante carenza di capitali propri. E spiega anche i lamenti fortissimi nei confronti del sistema bancario. Il quale risponde anch’esso in modo simile all’Europa: i fondi ci sarebbero, e tanti, dovete però convincerci della bontà dei progetti. A riprova del fatto che la liquidità è abbondante, i banchieri fanno notare che quando la Banca centrale europea, a metà settembre, ha offerto la prima tranche del cosiddetto “Tltro”, cioè i finanziamenti alle banche a tasso superagevolato a patto che le banche stesse girassero i fondi all’economia reale, la richiesta della banche è stata sorprendentemente bassa, meno della metà del potenziale (80 miliardi sui 168 offerti): segno che non si trovano le iniziative convincenti da finanziare.
E’ un aspetto della situazione che aiuta a spiegare le carenze in tema di fondi strutturali. Sui quali peraltro non c’è unanimità di giudizio. Non tutti gli economisti sono d’accordo sulla reale utilità dei fondi in questione. “Sono sempre stati erogati a pioggia, in modo quasi casuale e sporadico, senza nessuna programmazione alla base né imprenditoriale né statale”, è l’accusa mossa da Guido Tabellini, uno dei più prestigiosi economisti italiani, fino a metà 2012 rettore della Bocconi. “Per questo, tra l’altro, se è vero che il piano da 300 miliardi di investimenti che si appresta a lanciare il nuovo presidente della commissione europea, Jean-Claude Juncker, si basa per la maggior parte ancora una volta sui fondi strutturali, sono sicuro che non servirà a rilanciare l’economia del continente”. Però lo stesso Tabellini non può fare a meno di riconoscere l’utilità, almeno parziale, dei fondi. E anche lui ammette che restituirli al mittente, in un momento in cui l’economia affonda per mancanza di investimenti e di domanda, è davvero una colpa imperdonabile.
Programmazione dei Fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020: approvazione della proposta di accordo di partenariato.
Programmazione dei Fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020: approvazione della proposta di accordo di partenariato. (Delibera n. 18/2014). (14A06886)
(GU n.209 del 9-9-2014)
IL COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA Visto il Regolamento (UE) n. 1311/2013 del Consiglio europeo del 2 dicembre 2013 concernente il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020; Visto il Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento e del Consiglio europeo del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), sul Fondo sociale europeo (FSE) , sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione, che abroga altresi' il Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio e visti in particolare gli articoli 14 e successivi che prevedono l'adozione, da parte degli Stati membri, dell'Accordo di Partenariato quale strumento di programmazione dei suddetti Fondi, stabilendone i relativi contenuti; Visto il Regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e a disposizioni specifiche concernenti l'obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell'occupazione» e che abroga il Regolamento (CE) n. 1080/2006; Visto il Regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo sociale europeo e che abroga il Regolamento (CE) n. 1081/2006 del Consiglio; Visto il Regolamento di esecuzione (UE) n. 288/2014 della Commissione europea del 25 febbraio 2014, recante modalita' di applicazione del richiamato Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente il modello per la redazione dei Programmi operativi; Viste le conclusioni del Consiglio europeo EUCO 13/10 CO EUR 9 CONCL 2 del 17 giugno 2010 concernenti l'adozione della «Strategia Europa 2020 per la crescita sostenibile e l'occupazione», che individua i cinque obiettivi (occupazione, istruzione, ricerca e innovazione, inclusione sociale e riduzione della poverta', clima ed energia) e le sette iniziative prioritarie (innovazione, economia digitale, occupazione, giovani, politica industriale, poverta' e uso efficiente delle risorse) da realizzare entro la fine del decennio; Vista la raccomandazione specifica Paese 2013/C 217/11 del Consiglio europeo del 9 luglio 2013, sul Programma nazionale di riforma 2013 (PNR) dell'Italia e che formula un parere sul Programma di stabilita' dell'Italia 2012-2017; Visto il documento «Position Paper» dei servizi della Commissione sulla preparazione dell'«Accordo di partenariato e dei programmi in Italia per il periodo 2014-2020» Rif. Ares (2012) 1326063 del 9 novembre 2012 che ha declinato, per l'Italia, gli obiettivi tematici e le priorita' di finanziamento necessarie per superare le criticita' individuate nell'analisi di contesto; Vista la legge 16 aprile 1987, n. 183, che, agli articoli 2 e 3, specifica le competenze del CIPE in tema di coordinamento delle politiche comunitarie, demandando, tra l'altro, al Comitato stesso, nell'ambito degli indirizzi fissati dal Governo, l'elaborazione degli indirizzi generali da adottare per l'azione italiana in sede comunitaria per il coordinamento delle iniziative delle amministrazioni a essa interessate e l'adozione di direttive generali per il proficuo utilizzo dei flussi finanziari, sia comunitari, sia nazionali; Visti inoltre gli articoli 5 e seguenti della predetta legge n. 183/1987 che istituiscono il Fondo di rotazione e disciplinano le relative erogazioni e l'informazione finanziaria; Visto l'art. 1, comma 2, della legge 17 luglio 2006, n. 233, di conversione del decreto-legge 8 maggio 2006, n. 181, che trasferisce al Ministero dello sviluppo economico il Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione (DPS) e le funzioni di cui all'art. 24, comma 1, lettera c) del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in materia di programmazione economica e finanziaria, coordinamento e verifica degli interventi per lo sviluppo economico territoriale e settoriale e delle politiche di coesione; Visto l'art. 7, commi 26 e 27, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di cui al richiamato art. 24, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 300/1999, ivi inclusa la gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate (ora Fondo per lo sviluppo e la coesione), fatta eccezione per le funzioni di programmazione economica e finanziaria non ricomprese nelle politiche di sviluppo e coesione; Vista la legge 7 aprile 2011, n. 39 recante modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196 in materia di contabilita' e finanza pubblica, in conseguenza alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri; Visto il decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, emanato in attuazione dell'art. 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, organizzati in piani organici finanziati con risorse pluriennali vincolate nella destinazione; Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 maggio 2013, con il quale il Ministro per la coesione territoriale viene delegato, tra l'altro, all'esercizio delle funzioni di cui all'art. 7, commi 26, 27 e 28, del richiamato decreto-legge n. 78/2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010 e visto in particolare l'art. 1, comma 3, dello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il quale prevede che, ai fini dell'esercizio delle predette funzioni, il Ministro per la coesione territoriale si avvalga del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico; Visto il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni nella legge 30 ottobre 2013, n. 125, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni e visto in particolare l'art. 10, comma 1, dello stesso decreto legge, che, al fine di assicurare il perseguimento delle finalita' di cui all'art. 119, quinto comma, della Costituzione e rafforzare l'azione di programmazione, coordinamento, sorveglianza e sostegno della politica di coesione, prevede tra l'altro l'istituzione dell'Agenzia per la coesione territoriale, da sottoporre alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato; Considerato altresi' che l'art. 10, comma 5, del citato decreto-legge n. 101/2013 prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - su proposta del Ministro delegato, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico e per la pubblica amministrazione - siano trasferite alla Presidenza del Consiglio dei ministri e all'Agenzia, sulla base delle funzioni rispettivamente attribuite, le risorse umane, nonche' le risorse finanziarie e strumentali del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (DPS) del Ministero dello sviluppo economico, ad eccezione di quelle afferenti alla Direzione generale per l'incentivazione delle attivita' imprenditoriali; Vista la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilita' per l'anno 2014), recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato; Visto in particolare l'art. 1, comma 240, della richiamata legge n. 147/2013 il quale stabilisce che, alla copertura degli oneri relativi alla quota di cofinanziamento nazionale pubblica relativa agli interventi cofinanziati dall'Unione europea per il periodo di programmazione 2014-2020 a valere sulle risorse dei Fondi strutturali e di investimento europei, concorre il Fondo di rotazione di cui alla richiamata legge 16 aprile 1987, n. 183, nella misura massima del 70 per cento degli importi previsti nei piani finanziari dei singoli programmi regionali, mentre la restante quota del 30 per cento e' a carico dei bilanci delle regioni e delle province autonome, nonche' degli eventuali altri organismi pubblici partecipanti ai programmi e visto altresi' il successivo comma 241 del medesimo art. 1 il quale prevede che il detto Fondo di rotazione concorra integralmente per gli interventi a titolarita' delle amministrazioni centrali dello Stato; Considerato che lo schema di Accordo di partenariato corredato di una relazione che illustra le scelte strategiche da perseguire e' stato trasmesso alle Camere, ai sensi del comma 246 del richiamato art. 1 della legge n. 147/2013, per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia nel termine previsto dalla norma; Considerato che il documento di economia e finanza (DEF) 2013, approvato dal Consiglio dei ministri il 10 aprile 2013 e dal Parlamento il 7 maggio 2013 e successiva integrazione, in una prospettiva di medio-lungo termine, traccia gli impegni di finanza pubblica e gli indirizzi delle politiche pubbliche nel rispetto del Patto di stabilita' e crescita europeo per il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale come definiti nella Strategia «Europa 2020»; Considerato che il Ministro per la coesione territoriale, d'intesa con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha predisposto un documento concernente «Metodi e obiettivi per un uso efficace dei Fondi comunitari 2014-2020», reso oggetto di informativa nella seduta del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2012; Tenuto conto di quanto previsto dal «Quadro strategico comune 2014-2020: proposta di percorso di programmazione» della politica di coesione per il settennio 2014-2020, definito a partire dalle risultanze del negoziato istituzionale comunitario e dagli orientamenti assunti in sede nazionale recependo le osservazioni della Conferenza Stato-regioni trasmesse con nota del 25 gennaio 2013, nonche' le risultanze del confronto sul documento «Metodi e obiettivi per un uso efficace dei Fondi comunitari 2014-2020»; Considerato che, con la nota del Ministro per la coesione n. 1436 P del 19 dicembre 2013 inviata al Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, si da' atto dell'accordo intervenuto tra le regioni piu' sviluppate sul riparto delle risorse a valere sui Fondi Strutturali (FESR e FSE); Considerato che, nella seduta della Conferenza Stato-regioni del 16 gennaio 2014, e' stata raggiunta l'intesa sul riparto dei fondi relativi allo sviluppo rurale (FEASR); Considerato che, nella nota della Direzione generale per la politica regionale e urbana della CE Rif. Ares (2013) 3779289 del 20 dicembre 2013 e in particolare nelle tavole allegate, sono individuate le allocazioni finanziarie nell'ambito dei Fondi strutturali e di investimento europei tra le categorie di regioni secondo la classificazione prevista all'art. 90 del richiamato Regolamento generale (UE) n. 1303/2013; Considerato che con la nota della Commissione europea, Direzione generale della politica regionale urbana, Ref. Ares (2014) 969811 del 28 marzo 2014, concernente i Piani di rafforzamento amministrativo nell'ambito della programmazione per il periodo 2014-2020, viene chiesta la definizione, nell'Accordo di partenariato, di una procedura di verifica delle competenze e delle capacita' delle autorita' di gestione e degli organismi intermedi; Considerato che l'Accordo di partenariato recepisce gli impegni assunti dalle parti intervenute a livello nazionale e regionale nel percorso di dialogo avviato nel dicembre 2012 con la presentazione del documento «Metodi ed obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020» e con riferimento al «Position Paper» della Commissione europea che ha declinato per l'Italia le aree tematiche su cui intervenire; Considerato che il detto Accordo individua un approccio integrato allo sviluppo territoriale da sostenere attraverso l'impiego di tutti i Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE), per concorrere agli obiettivi della Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, secondo gli indirizzi definiti nel Programma nazionale di riforma 2013 tenendo conto delle relative raccomandazioni specifiche formulate dal Consiglio europeo; Considerato che l'Accordo prevede una significativa azione di rafforzamento delle strutture amministrative e tecniche responsabili per il coordinamento, l'attuazione, il monitoraggio e la valutazione dei programmi quale pre-requisito per l'efficace impiego dei fondi; Tenuto conto dell'esame dell'argomento svolto ai sensi del vigente regolamento di questo Comitato (art. 3 della delibera 30 aprile 2012, n. 62) sulla base della documentazione trasmessa per le vie brevi dal DPS al Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) in data 8 aprile 2014 e da quest'ultimo diramata a tutte le amministrazioni interessate; Vista l'intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 16 aprile 2014, ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge n. 131/2003, sulla proposta di Accordo di partenariato, con le richieste delle regioni e delle province autonome, dell'ANCI e dell'UPI di cui alle premesse e agli allegati della medesima intesa; Visto il testo finale della proposta di Accordo di partenariato, acquisito agli atti della odierna seduta, al quale sono allegati i documenti concernenti i risultati attesi e le azioni, le condizionalita' ex ante, gli elementi salienti della proposta di SI.GE.CO 2014-2020 e la tabella di correlazione tra le azioni previste dall'Accordo e quelle previste dalle Strategie EUSAIR e EUSALP; Vista la odierna nota n. 1874-P, predisposta congiuntamente dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero dell'economia e delle finanze, contenente le osservazioni e le prescrizioni da recepire nella presente delibera; Udita l'illustrazione della proposta svolta in seduta dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Segretario del Consiglio dei ministri; Delibera: 1. E' approvata la proposta di Accordo di partenariato - di cui al Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento e del Consiglio europeo del 17 dicembre 2013 - nel testo acquisito agli atti della odierna seduta di questo Comitato concernente la programmazione dei Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) per il periodo 2014-2020. Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Segretario del Consiglio dei ministri, e' autorizzato a trasmettere alla Commissione europea, entro il termine del 22 aprile 2014 previsto dal citato Regolamento n. 1303/2013, il detto documento per l'avvio del negoziato formale. 2. L'Accordo di partenariato, dopo la conclusione del negoziato formale e l'approvazione da parte della Commissione europea, sara' sottoposto all'esame di questo Comitato per la relativa presa d'atto. 3. I contenuti salienti dell'Accordo di partenariato all'odierno esame di questo Comitato sono indicati nei punti seguenti. 3.1 L'Accordo di partenariato stabilisce la strategia di impiego dei Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) per il periodo di programmazione 2014-2020 indicando le priorita' di investimento declinate nei seguenti undici obiettivi tematici (OT) previsti dal richiamato Regolamento (UE) di disposizioni comuni n. 1303/2013: OT1: rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione; OT2: migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonche' l'impiego e la qualita' delle medesime; OT3: promuovere la competitivita' delle piccole e medie imprese, il settore agricolo e il settore della pesca e dell'acquacultura; OT4: sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori; OT5: promuovere l'adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi; OT6: tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse; OT7: promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete; OT8: promuovere l'occupazione sostenibile e di qualita' e sostenere la mobilita' dei lavoratori; OT9: promuovere l'inclusione sociale, combattere la poverta' e ogni forma di discriminazione; OT10: investire nell'istruzione, formazione e formazione professionale, per le competenze e l'apprendimento permanente; OT11: rafforzare la capacita' delle amministrazioni pubbliche e degli stakeholders e promuovere un'Amministrazione pubblica efficiente. 3.2 Nell'Accordo sono indicati, per ciascun obiettivo tematico, i risultati attesi, il quadro motivazionale delle priorita' e delle azioni correlate e i metodi di intervento, sulla base degli orientamenti individuati nell'ambito del Quadro strategico comune richiamato in premessa. 4. La proposta di Accordo di partenariato prevede una ripartizione indicativa, tra gli 11 obiettivi tematici, delle risorse UE complessivamente assegnate all'Italia per il periodo 2014-2020 a valere sui Fondi strutturali e di investimento europei FESR, FSE e FEASR, nonche' sul FEAMP per il quale si e' in attesa dell'approvazione del relativo regolamento comunitario anche ai fini della definitiva quantificazione delle relative risorse. 4.1 L'importo complessivo di tali risorse a valere sui Fondi strutturali e di investimento europei FESR, FSE e FEASR, al netto del FEAMP, e' pari a 41.548,4 milioni di euro per il periodo 2014-2020. 4.2 L'allocazione prevista a favore di ogni singolo obiettivo tematico a valere su ciascun Fondo e' indicata nella tavola 1 allegata, che costituisce parte integrante della presente delibera. 4.3 Nelle tavole 2, 3 e 4 allegate alla presente delibera, di cui costituiscono parte integrante, viene dettagliata la ripartizione gia' disponibile del FESR e del FSE, pari a complessivi 31.118,7 milioni di euro, articolata per obiettivo tematico rispettivamente a favore delle regioni piu' sviluppate, delle regioni in transizione e delle regioni meno sviluppate. 5. L'entita' del cofinanziamento nazionale a favore di ciascun Programma operativo, da porre a carico del Fondo di rotazione di cui agli articoli 5 e seguenti della richiamata legge n. 183/1987, sara' stabilito in occasione della definizione dei Programmi operativi, nel rispetto di quanto previsto dal richiamato 1, commi 240 e successivi, della legge n. 147/2013. 6. L'Accordo di partenariato prevede la realizzazione dei Programmi nazionali/multiregionali da finanziare a carico del FESR e del FSE indicati nella allegata tabella 5, che costituisce parte integrante della presente delibera, articolati per obiettivo tematico e per categorie di regioni. 7. L'Accordo prevede altresi' la realizzazione di due Programmi nazionali, da finanziare a carico del FEASR concernenti la «Rete rurale nazionale» e la «Gestione del rischio, le infrastrutture irrigue e la biodiversita' animale» e di un Programma nazionale da finanziare a valere sulle risorse del FEAMP. 8. L'Accordo prevede infine la realizzazione, in tutte le regioni e province autonome, di Programmi regionali da finanziare a valere sul FESR e sul FSE e di Programmi di sviluppo rurale (PSR) a valere sulle risorse del FEASR. 9. Nelle successive fasi di negoziazione formale con la Commissione europea e di attuazione dell'Accordo di partenariato si dovra' tenere conto delle seguenti esigenze emerse nel corso dell'istruttoria svolta nell'ambito delle riunioni preparatorie di questo Comitato: recepimento delle puntualizzazioni e/o integrazioni relative alla definizione di alcuni degli obiettivi tematici; coerenza e integrazione tra i Programmi operativi e le programmazioni/strategie nazionali di settore, fra cui in particolare la «Strategia nazionale di specializzazione intelligente» con riferimento al settore della ricerca; recepimento, nella fase di predisposizione dei singoli Programmi, delle indicazioni volte a garantire la efficace realizzazione dei Programmi stessi, nel rispetto del principio della proficua gestione delle risorse; coinvolgimento del Ministero dell'ambiente nelle fasi attuative dell'Accordo, a presidio delle politiche ambientali; individuazione di adeguate soluzioni per garantire correntezza nella spesa delle risorse di cofinanziamento nazionale; adozione e realizzazione, da parte delle Amministrazioni titolari dei Programmi operativi, di «Piani di rafforzamento amministrativo» (PRA) comprendenti le misure (normative, amministrative, organizzative e relativi cronoprogrammi di attuazione) volte a garantire una gestione efficiente degli stessi Programmi, nonche' la qualita' della regolazione, la semplificazione e la riduzione degli oneri regolatori. 10. Nella successiva fase di programmazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il periodo 2014-2020, alla luce di quanto altresi' emerso nel corso della richiamata istruttoria svolta nell'ambito delle riunioni preparatorie di questo Comitato, si dovra' tenere conto: dell'esigenza di riequilibrare il finanziamento a favore delle regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna); dell'esigenza di assicurare integrazione e complementarieta' di strategie e obiettivi, rispetto alla programmazione comunitaria 2014-2020, con specifico riferimento al rafforzamento di azioni di interesse nazionale in materia ambientale (dissesto idrogeologico, bonifiche e infrastrutture idriche e ambientali strategiche). Roma, 18 aprile 2014 Il Presidente Renzi Il segretario del CIPE Martina Registrato alla Corte dei conti il 1° settembre 2014 Ufficio controllo atti Ministero economia e finanze Reg.ne Prev. n. 2749
Documenti della Regione Lazio per l’attuazione delle politiche regionali ed europee
Fondi europei, lavori in corso: proposte, progetti e iniziative
Cittadino-pixel dello sviluppo HD del territorio, Corviale al centro dell’Europa
Nel secondo Forum che svolgemmo a Corviale di Roma nel novembre 2013 presentammo un documento-manifesto così intitolato: “Corviale verso Europa 2020. Dal sogno originario a un partenariato per lo sviluppo sostenibile”. E scrivemmo: “Occorre affrontare lo sviluppo territoriale con un approccio globale; integrare politiche diverse; potenziare l’economia; creare e assicurare spazi pubblici e infrastrutture di qualità; progettare il territorio andando oltre l’urbano e il rurale; salvaguardare e valorizzare i beni paesaggistici e architettonici, sia storici che contemporanei; irrobustire il sistema della conoscenza; migliorare l’ambiente e l’efficienza energetica. Si tratta di creare un Partenariato pubblico-privato che intende allargarsi ad altri quartieri del Quadrante per candidarsi a gestire in modo integrato i Fondi Europei 2014-2020”.
Sulla base di questa impostazione definita per Corviale e con gli arricchimenti venuti anche da altre realtà di Roma nel corso del Convegno svoltosi nei Musei Capitolini il 25 giugno scorso, Rete Fattorie Sociali, Forum Terzo Settore Lazio e IfoRD hanno chiesto alla Regione Lazio di adottare – nell’ambito dei Programmi Operativi in fase di definizione – il metodo dello sviluppo locale partecipativo integrato per tutto il territorio regionale (comprese le aree urbane) e per l’insieme dei Fondi Strutturali e d’Investimento Europei (SIE) 2014-2020.
La Programmazione dei Fondi SIE introduce nuovi strumenti che permettono di conseguire l’obiettivo di fondo del secondo Forum, cioè quello di candidare il Partenariato Pubblico-Privato a diventare soggetto attuatore dello sviluppo locale.
I regolamenti comunitari danno la possibilità alle autorità di gestione (Regioni) di decidere l’adozione del Metodo Community Led Local Development (CLLD) – obbligatorio solo per le aree rurali con problemi complessivi di sviluppo – su tutti i territori, comprese le aree urbane, e l’utilizzo integrato dei Fondi (plurifondo).
Tale strumento intende favorire lo sviluppo locale integrato su scala sub-regionale con il contributo prioritario delle forze locali.
La Regione Lazio dovrebbe fare tale scelta nell’ambito dei Programmi Operativi da approvare entro il 22 luglio 2014. Ma poi c’è tutta la fase del negoziato con la Commissione Europea per l’approvazione definitiva. E dunque il confronto potrà continuare anche dopo tale scadenza.
Per il Progetto CORVIALE 2020 tale scelta significherebbe affiancare al Tavolo di Concertazione multilivello, il Gruppo di Azione Locale (GAL), costituito prioritariamente da soggetti locali, con un ruolo operativo (amministrativo e gestionale) e con il compito di elaborare il Piano di Azione Locale (PAL), dotandosi di una struttura tecnica in grado di effettuare tali funzioni.
L’Accordo di Partenariato fa esplicito riferimento a tale strumento quando lega, ad esempio, l’obiettivo di favorire la legalità nelle aree ad alta esclusione sociale e migliorare il tessuto urbano nelle aree a basso tasso di legalità alle priorità di investimento “strategie di sviluppo locale partecipativo” e “sostegno alla rigenerazione fisica ed economica delle comunità urbane e rurali sfavorite” con il FSE e il FESR.
Anche l’Agenda Urbana propone un’innovazione di metodo nella filiera attuativa tra cui gli strumenti territoriali integrati di sviluppo locale.
Tra le misure del Programma di Sviluppo Rurale assume particolare importanza – ai fini del Progetto CORVIALE 2020 – la Misura “Cooperazione” che risponde all’esigenza di migliorare governance e coordinamento tra attori del “sistema della conoscenza e dell’innovazione” e imprese, garantire una conservazione attiva dei Paesaggi Rurali Storici (tra cui quello dell’Agro Romano), creare nuovi rapporti sistemici tra aree urbane e aree rurali, organizzare le filiere corte, stimolare la diversificazione delle attività e migliorare l’accesso ai servizi per la popolazione con un approccio innovativo e di sistema, a partire dall’agricoltura sociale.
Con questa Misura potranno essere sostenuti i Gruppi Operativi (GO), mettendo insieme imprese, ricercatori, consulenti, organizzazioni, Enti pubblici e portatori di interessi collettivi diffusi, che realizzino il Partenariato Europeo per l’Innovazione (PEI) “Produttività e sostenibilità del sistema agricolo”; i Gruppi di Cooperazione (GC) che realizzino progetti collettivi a carattere ambientale; i Gruppi di Cooperazione (GC) che operino nell’ambito delle filiere corte; i Gruppi di cooperazione (GC) dei soggetti che operino nell’ambito delle agricolture civili.
Quante risorse finanziarie la Regione destinerà a questa Misura strategica?
Un’altra scelta importante che la Regione Lazio deve compiere è quella di destinare all’Obiettivo “Inclusione sociale e lotta alla povertà” oltre il 20 per cento del Fondo Sociale Europeo (FSE). Tra le azioni del Programma Operativo FSE – ai fini del Progetto CORVIALE 2020 – sono particolarmente rilevanti quelle per l’inserimento lavorativo e l’occupazione dei soggetti svantaggiati e delle persone con disabilità, per promuovere l’imprenditorialità sociale e l’integrazione professionale nelle imprese sociali e dell’economia sociale e solidale.
Il risultato di tali azioni dovrà essere l’aumento delle attività economiche (profit e non-profit) a contenuto sociale e delle attività di agricoltura sociale.
Rete Fattorie Sociali, Forum Terzo Settore Lazio, IfoRD e altri soggetti pubblici e privati si stanno attivando per promuovere coi Fondi SIE, nei territori di Roma e del Lazio, processi aggregativi e creazione di reti.
L’attenzione è rivolta anche al Programma Horizon 2020 e al Sottoprogramma Cultura di Europa Creativa 2014-2020, i cui bandi sono già attivi.
L’obiettivo di istituire nei territori di Roma la Casa dell’Alimentazione e realizzare una serie di attività nell’ambito di EXPO 2015 è un primo passo per costruire salde e durature sinergie tra le diverse forme di agricolture civili, Terzo Settore ed economia sociale.
Anche sui temi della ricerca e dell’innovazione ci sono novità importanti nella Programmazione dei Fondi SIE.
Con la costituzione dei PEI e il sostegno dei GO mediante i PSR, Horizon 2020 fa un salto di qualità perché finalmente si costruisce un legame tra la ricerca e le esigenze specifiche di settore e si adotta un approccio di sistema (imprese, ricerca, consulenza, formazione) in una logica plurifondo.
L’altro elemento che viene introdotto è lo stretto legame tra ricerca e innovazione, in cui l’innovazione non è più riferita esclusivamente alla dimensione tecnologica ma a tutte le fasi del processo produttivo e al contesto interno ed esterno nel quale esso si realizza.
L’ulteriore novità è l’adozione del modello a rete caratterizzato da un processo di comunicazione interattivo partendo dai bisogni e dalle problematiche delle imprese e dei sistemi locali. E questo perché si va consolidando la consapevolezza che l’evento ideativo e la sua trasformazione in innovazione non proviene soltanto dal mondo della ricerca e della sperimentazione, ma anche dal mondo produttivo.
Rete Fattorie Sociali, Forum Terzo Settore Lazio e IfoRD annettono grande importanza al nuovo paradigma dell’”innovazione sociale” che rovescia completamente il rapporto tra mondo della ricerca, economia e società e favorisce la riqualificazione delle relazioni tra i diversi soggetti istituzionali, economici e sociali.
Il Piano Nazionale per la Ricerca in Agricoltura, presentato in questi giorni dal MIPAAF, elenca una serie di temi estremamente importanti per le agricolture delle aree urbane:
– individuazione dei meccanismi alla base della benefica azione delle piante in città e sviluppo di materiale agrario adatto all’uso come verde urbano;
– studi e ricerche sull’impiego sostenibile di scarti organici (es. sottoprodotti agricoli e zootecnici), rifiuti inorganici, nanoparticelle e nanomateriali;
– sperimentazione di nuovi processi di raccolta, gestione, trasformazione e valorizzazione energetica di biomasse prodotte in ambito urbano e in vivaio (potature, sfalci, abbattimento di alberi vecchi…);
– messa a punto di tecniche di “phytoremediation assistita”, sfruttando le sinergie fra piante, microorganismi, ammendanti e pratiche agronomiche; nuovi processi di “bioremediation”;
– ricerca di piante arboree e arbustive in grado di diminuire l’impatto degli inquinamenti atmosferici da cause antropiche e quantificazione del ruolo della vegetazione urbana nel limitare le emissioni di gas a effetto serra attraverso il sequestro CO2 e di altri gas traccia, e l’emissione di gas a elevata reattività ambientale;
– definizione delle capacità di alcune specie di produrre/emettere o assorbire i principali inquinanti atmosferici;
– miglioramento genetico delle piante per aumentarne la capacità di accrescimento rapido, di copertura del suolo, di formazione di barriere vegetali, di capacità di rimozione di inquinanti;
– studio di varietà e specie più adattabili ai cambiamenti climatici e alla scarsità di risorse idriche in aree urbane;
– sperimentazioni di microorganismi che favoriscano lo sviluppo delle piante anche in assenza di concimazioni e che aumentino la loro resistenza ai patogeni in assenza di trattamenti antiparassitari;
-sviluppo di tecniche di micro-irrigazione e di recupero e riciclaggio dell’acqua in ambiente urbano e in vivaio;
– costruzione di modelli di formazioni vegetali a geometria diversa adatti a svolgere funzioni di filtro e di mitigazione in presenza di sorgenti di inquinamento da traffico veicolare (barriere e cortine vegetali);
-sviluppo di studi sulle pratiche di utilizzo e gestione di spazi verdi in contesti urbani (community gardening, orti sociali, orti scolastici, ecc.);
-analisi di terapie orticolturali sul piano cognitivo, psicologico, fisico e sociale in termini di benessere individuale e miglioramento della qualità della vita attraverso la riduzione dello stress e il miglioramento della coesione sociale;
-valutazione di terapie che impiegano piante o animali in contesti produttivi (cooperative, imprese), e del loro impatto sul sistema sanitario nazionale e sullo sviluppo locale con particolare riferimento alle aree rurali;
-analisi delle pratiche di AS capaci di generare nuove opportunità economiche, forme di socialità e modelli di welfare-mix per ridurre l’esclusione sociale;
-monitoraggio e valutazione delle esperienze di AS realizzate all’interno di contesti produttivi (agriturismo, ristorazione, attività didattica, confezionamento, vendita, ecc.);
-analisi delle esperienze relative al rapporto urbano-rurale, sia sul fronte della fruizione degli spazi sia su quello della vendita e del consumo dei prodotti agricoli;
-studi sulla filiera corta (punti vendita aziendale, mercati contadini, GAS, box scheme,Community Supported Agriculture – CSA);
-analisi delle esperienze sull’utilizzo dei prodotti invenduti o non commercializzabili per la riduzione degli sprechi sull’esempio del last minute market;
-analisi di attività didattiche, educative, ricreative per bambini, giovani, famiglie, anziani e analisi dei servizi connessi al verde urbano (nidi, asili, ecc.);
-analisi delle buone pratiche agricole in zone urbane e per agricoltori non professionali (p.es. agricoltura organica) per ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura, promuovendo una sana alimentazione;
-definizione e realizzazione di una forma di gestione associata di servizi tra enti pubblici e produttori agricoli per la co-tutela del territorio;
-analisi delle nuove tecnologie agroalimentari, a supporto delle imprese, del processo di trasferimento dell’innovazione e dei meccanismi di policy (accettabilità, disegno, impatto, efficienza, implementabilità);
-sviluppo di protocolli, indicatori e criteri green per gli appalti pubblici.
Si tratta di attivare tutti i centri di ricerca e sperimentazione e l’insieme delle Università pubbliche e private che operano nell’area romana e creare un saldo legame tra il sistema della conoscenza e dell’innovazione con la realtà economica, sociale, civile e istituzionale locale.
Sarebbe davvero un delitto se la Regione Lazio non dovesse cogliere queste opportunità per far diventare Roma davvero una metropoli europea.