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Baratto solidale su facebook: così si aiutano le famiglie in difficoltà

Oggetti che non servono più “scambiati” con cibo, materiale per la scuola e altri oggetti per la Caritas: l’esperimento di Motta Di Livenza (Treviso). L’idea di Tiziana Bellina per continuare a fare volontariato: non potevo più andare al centro, ho cercato un modo per aiutare da casa

Un circuito di scambio solidale e centinaia di persone che lo alimentano, grazie a Facebook. Il meccanismo è lo stesso di tantissimi gruppi di regalo o scambio presenti sul social network: chi partecipa pubblica foto di oggetti di cui vuole disfarsi, e chi è interessato si fa vivo. Ma la differenza sta in uno speciale tipo di scambio proposto all’interno del gruppo: ad esempio un lampadario Tiffany per 12 euro di shampoo, un piattino in vetro satinato per un pacchetto di caffè, una gonnellina per 4 pacchi di farina, un portachiavi per 5 euro di detersivo per lavatrice, stivali in cambio di formaggini, scarpe Nike per pacchi di riso. I beni così scambiati vengono consegnati al Centro d’ascolto Caritas di Motta e da qui arrivano nelle mani di famiglie che faticano a procurarsi anche l’essenziale. L’idea è di Tiziana Bellina, uno degli amministratori del gruppo Facebook “Lo regalo o lo scambio se vieni a prenderlo” Motta/Oderzo e dintorni”, aperto ad ottobre 2014 con l’aiuto di alcune volontarie e il coinvolgimento della Caritas. “Ho avviato questo Gruppo – racconta – quando per motivi famigliari non potevo più andare a fare volontariato alla Caritas di Motta. Ho cercato un modo per continuare ad aiutare anche da casa, di sera o di notte, con il mio piccolo computer portatile”.

“Chiedo di volta in volta a Maria Secco, la coordinatrice del Centro, di cosa hanno bisogno – spiega – e in base alle sue necessità stabilisco il tipo di scambio sul gruppo Facebook. In vista del ritorno a scuola ho cominciato a chiedere quaderni e colori, perché sappiamo che a inizio settembre alcune famiglie verranno a domandarne”. Lo scambio, sottolinea Bellina, ha un valore pedagogico. Ma il vantaggio per chi si aggiudica un bene è anche la convenienza di trovare prezzi molto più bassi di un negozio. Oltre al “gusto del coinvolgimento diretto in un progetto di solidarietà”. Poi ci sono “i furbetti che fanno finta di fare beneficenza e mi portano cose rotte. – raccomnta Bellina – Io ringrazio comunque… e ogni tanto faccio un giro in discarica”.
Ora l’auspicio è che anche altri possano avviare gruppi analoghi: “Sarebbe una grande soddisfazione. L’idea non aspetta altro che di essere clonata!”

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Facebook ospiterà le notizie direttamente sulla bacheca

Per leggere una notizia su Facebook potrebbe non essere più necessario cliccare sui link postati dai giornali. Il team di Mark Zuckerberg sta portando avanti un progetto che permetterà alle testate giornalistiche di pubblicare direttamente sul social network, rendendo i contenuti più fruibili da parte degli utenti.

National Geographic, Buzzfeed e New York Times starebbero già firmando accordi per testare la novità, che potrebbe essere operativa già nei prossimi mesi. Ed è proprio il New York Times a spiegarla: “Gli articoli pubblicati su Facebook contengono dei link che rimandano al sito del giornale. Cliccandoli si apre una pagina web che solitamente impiega 8 secondi per caricarsi. Troppo tempo, soprattutto per i dispositivi mobili. Se si tratta di catturare gli occhi sfuggenti dei lettori anche i millisecondi contano”.

La parola chiave del nuovo sistema è, dunque “velocità”. Ma anche “guadagno”: alla testate verrebbe garantita una parte degli introiti derivanti dalla pubblicità. “Per rendere la proposta più attraente, Facebook ha discusso con gli editori alcune strategie per fare soldi grazie alla pubblicità disposta a fianco dei contenuti”, scrive il New York Times. Ma non solo: le testate potranno usufruire della visibilità che il social network garantisce ai video, uno strumento pubblicitario molto potente.

Allettante è anche l’idea di poter arrivare a coinvolgere sempre più lettori: con i suoi 1,4 miliardi di utenti, Facebook è una risorsa irrinunciabile per molti giornali. L’algoritmo che “seleziona” le notizie che compaiono in bacheca è un filtro sempre più importante, soprattutto per i più giovani. Se il progetto andrà in porto, qualche difficoltà non mancherà per le testate: ad esempio, potrebbe essere più difficile raccogliere le preziosissime informazioni sulle preferenze degli utenti perché i dati sul traffico potrebbero essere più sfuggenti.

L’ambizione di Facebook di ospitare direttamente le notizie è stata anticipata e raccontata lo scorso ottobre dal famoso giornalista David Carr, morto il 12 febbraio 2015. “Aprire le pagine di alcuni giornali sugli smartphone può essere straziante perché sono troppo rallentate dalla pubblicità. Facebook ama i contenuti, ma non sopporta la tecnologia che alcuni editori usano per il mobile. Il social network può aiutarli a fare di meglio”, scriveva su Nyt. Una “profezia” che sembra combaciare perfettamente con il nuovo sistema: “Le testate potrebbero semplicemente rinviare ad altre pagine di Facebook, che vivrebbero dentro il social network e che potrebbero, perciò, essere caricate più velocemente, con le pubblicità giuste. Il guadagno poi sarebbe condiviso”.

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Lettera ai miei amici di facebook

facebookErodoto “Le storie”: Ciro: “Fino ad ora, non ho mai temuto uomini che hanno al centro della loro città un luogo stabilito nel quale si radunano per ingannarsi a vicenda con giuramenti.”
Ricordare questa differenza primigenia tra l’occidente e l’oriente ci ridà la dimensione della partita in corso e ce la ridà plasticamente nel momento in cui in quel “centro della loro città” oggi, a Parigi, “si radunano” per non “ingannarsi” ma per affermare la nostra differenza, la nostra civiltà, la nostra Repubblica europea, occidentale, libera, eguale, fraterna.
E che tutto ciò sia sostanza quotidiana mi fa venire in mente quante volte ho litigato nel “centro della…città” virtuale, l’agorà di facebook, con i miei amici dando un senso alla nostra libertà di litigare di avere idee diverse e di non diventare per questo nemici.




Facebook diventa una banca, il profilo sarà anche conto corrente

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Nuova trovata di Zuckerberg. Il social network più conosciuto al mondo punta sull’e-money. Funzionerà come una banca. Gli utenti potranno usare il proprio profilo come conto corrente, fare acquisti e scambi

D’ora in avanti non chiamatelo più Facebook, ma Facebank. Il social network più diffuso al mondo si prepara a cambiare volto. Nuova clamorosa trovata di Mark Zuckerberg che sta per ottenere una licenza di e-money che permetterà agli utenti del social network di depositare denaro sul proprio profilo.

Si tratta solo del primo passo verso un progetto più ambizioso: aumentare le transazioni finanziarie (compreso lo scambio di soldi tra amici). La licenza dovrebbe arrivare dal Paese europeo che più di ogni altro strizza l’occhio fiscale alle multinazionali, l’Irlanda. L’autorizzazione è talmente vicina che Facebook si è già mosso per cercare alleati. Avrebbe illustrato il progetto a tre startup londinesi (TransferWise, Moni Technologies e Azimo) specializzate nel trasferimento di denaro online via smartphone.

Mr Facebook non si accontenta degli imponenti introiti pubblicitari. Zuckerberg non ha mai fatto mistero di voler diversificare il business della piattaforma. Le transazioni finanziarie potrebbero essere la soluzione. Già oggi la legge permette al social di vendere app. Nel 2013 l’azienda ha transato 2,1 miliardi di dollari. Una somma che deriva quasi interamente dall’acquisto dei giochi e sulla quale Facebook applica una commissione del 30%. Se l’affare si allargasse dal bacino delle app al mare dei pagamenti online, Zuckerberg incasserebbe l’ennesimo jackpot. Tornando al progetto Facebank, restano da sistemare alcuni nodi legali. In particolare in Ue il concetto di e-money è ancora abbastanza vago. E poi resta da capire in quanti si fideranno di Facebook in maniera tale da affidargli i propri risparmi.

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Se Google e Facebook fanno concorrenza agli istituti di credito

googleLo sviluppo delle tecnologie digitali pone molti settori economici di fronte a nuove sfide. Quelle aziende che non riescono ad adeguarsi e a stare al passo con i cambiamenti rischiano di essere spazzate via, come è stato il caso della Kodak, leader nel settore delle pellicole fotografiche entrata in crisi con l’avvento della fotografia digitale. Nel settore bancario, e in particolare quello relativo ai servizi offerti alle famiglie, quali conto corrente e servizi di pagamento, i cambiamenti in atto possono invece rivelarsi vere e proprie opportunità. Basta vedere quanto sta accadendo in Cina con il colosso dell’ecommerce Alibaba che ha attivato un proprio circuito di pagamento online e un proprio strumento finanziario, sostituendosi così alle banche. In Italia la diffusione dei servizi bancari online destinati alle famiglie segue, da anni, una tendenza crescente, sfiorando i 20 milioni di utenti secondo i dati della Banca d’Italia relativi al 2012. E arriverà presto il momento in cui il numero dei conti online supererà quello dei conti tradizionali. Un simile contesto mette le banche italiane di fronte all’urgenza di rivedere radicalmente il loro modo di operare. Le banche di minori dimensioni, non avendo una massa critica sufficiente, troveranno non poche difficoltà a stare al passo con l’innovazione tecnologica introdotta dagli istituti di credito più grandi. Se non avvieranno forme consortili più stringenti, o se non punteranno a vere e proprio fusioni, le loro

possibilità di continuare a operare nel segmento dei servizi per le famiglie saranno sempre più limitate. Anche i grandi operatori nazionali, tuttavia, non possono dormire sonni tranquilli. Su di loro incombe infatti un’altra “minaccia”: la possibile concorrenza di colossi mondiali del mondo digitale quali PayPal, Google e Facebook. Il primo è già una realtà mondiale sui sistemi di pagamento online: sono ben 110 milioni i conti PayPal aperti in tutti il globo. Il secondo è entrato più di recente nel comparto dei sistemi di pagamento, lanciando il servizio Google Wallet, tra l’altro indispensabile se si vuole acquistare nell’app store Google Play. Pare, insomma, che Google abbia tutte le carte in regola per lanciare in futuro una sorta di Google Bank. Sfruttando i big data, cioè la possibilità di incrociare i dati relativi alle ricerche Web con quelli dei social network, nonché in prospettiva con le scelte di consumo effettivamente attuate avendo accesso ai dati sui mezzi di pagamento, Google e le altre società operanti nel settore potrebbero disporre di un set informativo così ampio da poter tracciare il profilo della propria clientela con un grado di dettaglio mai raggiunto in precedenza. Se le banche tradizionali non vogliono farsi trovare impreparate devono necessariamente muoversi in anticipo e cercare di affrontare i colossi digitali sul loro stesso campo. Utilizzando i dati a disposizione sull’utilizzo dei mezzi di pagamento, le banche potrebbero riuscire a offrire servizi bancari perfettamente disegnati sulle reali esigenze della clientela. Inoltre, stringendo accordi commerciali con grandi catene distributive, sarebbero in grado di offrire servizi anche al di fuori del campo puramente finanziario. Un’ulteriore opportunità è rappresentata dalla geolocalizzazione, ovvero dalla possibilità di conoscere il luogo dove si trova, in un preciso momento, il cliente che sta utilizzando la propria carta di pagamento. Avendo a disposizione queste informazioni è possibile, per esempio, offrire in tempo reale occasioni di risparmio presso esercizi commerciali limitrofi. Alcune grandi banche oltreoceano si muovono già in questa direzione, e anche i grandi circuiti internazionali che gestiscono le carte di credito esplorano le potenzialità offerte dai big data. Ma l’innovazione tecnologica impone anche al legislatore, nazionale ed europeo, di non farsi trovare impreparato di fronte alle rapidissime evoluzioni dei mercati. Se da un lato, i big data evidenziano un serio problema di tutela della privacy dei consumatori, dall’altro lato, possono costituire un importante fattore di crescita economica per le imprese: trovare il giusto equilibrio tra queste due spinte contrastanti non è semplice, ma è la sfida da affrontare.

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Google: mea culpa di Eric Schmidt, “grave errore non credere nei social network”

googleFine anno amaro quello di Google, almeno stando alle parole del Ceo Eric Schmidt che, intervistato da Bloomberg, ha ammesso che il non credere all’ascesa dei social media ha rappresentato il più grande errore dell’azienda. A parziale difesa dell’atteggiamento di Big G c’era il fatto che “eravamo impegnati a lavorare su molte altre cose, ma avremmo dovuto essere in quell’ambito e mi prendo la responsabilità di quanto accaduto”. ”Ed è un errore – ha aggiunto – che non commetteremo più”

Schmidt ha guidato Google come amministratore delegato dal 2001 fino al 2011 quando divenne presidente esecutivo, proprio durante l’affermazione di Facebook che, nato nel 2004, è progressivamente diventato il più grande social network del mondo con più di 1 miliardo di utenti che utilizzano il servizio ogni giorno. Google+, il social network di Google, arriva solo nel 2011 ed ora le due grandi hanno ingaggiato un braccio di ferro da cui dipendono milioni di dollari di investimenti pubblicitari.

E per il futuro Schmidt non ha dubbi: il mobile vincerà su tutti i fronti. Inoltre “l’arrivo dei big data e della machine intelligence” segnano l’inizio per nuovi servizi, basati sulla capacità di individuare e classificare le persone. Fattori che cambieranno e impatteranno su “ogni business a livello mondiale.”
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