CONOMIA – SFRATTI: LUPI, ENTRO 22 A REGIONI ALTRI 100MLN FONDO AFFITTI. A COMUNI, PRONTI A DARE MANO SU CASI SPECIFICI
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Altri 100mln saranno ripartiti con le Regioni entro il 22 gennaio nell’ ambito del Fondo affitti. Lo ha annunciato il ministro dei trasporti e infrastrutture Maurizio Lupi in audizione alla commissione Ambiente del Senato. “Cento milioni – ha ricordato – sono stati già ripartiti tra le regioni”, e il fondo può essere già utilizzato dai Comuni anche al fine di risolvere alcune situazioni di sfratto. Sulla mancata proroga del blocco, il ministro manda a dire ai comuni che si è pronti a dare una mano su casi specifici: per i 2.000 casi coinvolti Lupi stima che servono circa 10 milioni.
Casa, cresce il fronte degli assessori “antisfratto”: nuovo appello al governo
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Dopo Roma, Milano e Napoli, a firmare un nuovo appello al ministro Lupi anche Bologna, Genova, Bari, Reggio Calabria e Palermo. “Nelle nostre città migliaia di famiglie si troveranno senza casa. Le misure previste dal Piano Casa sono insufficienti”
14 gennaio 2015
ROMA – “Non devono essere sottovalutate le dimensioni del dramma sociale che rischia di travolgere migliaia di famiglie. Moltissimi sfratti per finita locazione hanno i requisiti di reddito e di fragilità sociale fin qui tutelati dal blocco degli sfratti. In assenza della proroga, e di misure specificamente dedicate ad affrontarne le conseguenze, nelle grandi aree urbane si acuirà notevolmente la già grave emergenza abitativa generata dalla crisi in atto da diversi anni”. Gli assessori alle politiche sociali e delle politiche abitative tornano alla carica contro al mancata proroga degli sfratti per finita locazione delle fasce più deboli all’interno del decreto mille proroghe e stavolta scrivono direttamente al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi.
Se a lanciare per primi l’appello al governo sono stati gli assessori di Roma, Napoli e Milano, stavolta il fronte si allarga raggiungendo complessivamente otto città con gli assessori di Bologna, Genova, Bari, Reggio Calabria e Palerro. A firmare il nuovo appello, oltre a Francesca Danese, assessore alle Politiche sociali, Salute, Casa e Politiche abitative di Roma Capitale, Daniela Benelli, assessore Area Metropolitana, Casa, Demanio del comune di Milano e Alessandro Fucito, assessore al Patrimonio, Demanio, Politiche della casa, Edilizia pubblica del comune di Napoli ci sono anche Riccardo Malagoli, assessore Lavori Pubblici, Politiche abitative e Protezione Civile del comune di Bologna, Emanuela Fracassi, assessore alle Politiche socio sanitarie e della casa del comune di Genova; Vincenzo Brandi, assessore al Patrimonio, Edilizia residenziale pubblica del comune di Bari; Giuseppe Falcomatà sindaco con delega alla Casa del comune di Reggio Calabria e Agnese Ciulla assessore a Cittadinanza Sociale e Interventi Abitativi del comune di Palermo.
“Non è nostra intenzione drammatizzare – spiega la lettera firmata dagli otto assessori -, ma lo stesso Viminale ammette l’incompletezza dei suoi dati, mentre le cifre in nostro possesso dicono che in ognuna delle nostre città diverse centinaia, e persino diverse migliaia di famiglie si troveranno senza casa. Le misure previste dal Piano Casa sono insufficienti a dare risposta celere a questa nuova emergenza. Ci rendiamo disponibili a un incontro urgente per discutere insieme le soluzioni più idonee”.
Dal ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, viene la disponibilità a discutere su come risolvere i casi interessati dalla mancata proroga del blocco degli sfratti ed anche la conferma che non ci sarà una proroga agli sfratti. Nel corso del question time alla Camera Lupi spiega che “il disagio abitativo è un’emergenza che il governo ha posto come grande priorita”, ma una proroga degli sfratti avrebbe un effetto devastante sulla politiche innovative che il governo ha adottato in questo campo”.
L’alternativa del Comune al costo dei “residence” per l’emergenza alloggi
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Per la mancata proroga di fine locazione, sono tra 30 e 50mila le famiglie a rischio sfratto esecutivo. Negli ultimi cinque anni sono state emesse, solo a Roma, oltre 10mila sentenze di sfratto per fine locazione. La difficile questione abitativa potrebbe dunque restare “emergenza” anche quest’anno sommandosi a tutti gli altri nodi della vita socioeconomica della capitale.
Proprio in questi giorni però la neo assessora alle Politiche sociali e abitative del comune di Roma, Francesca Danese, si è mossa per sbrogliare almeno questa matassa, unendosi ai colleghi assessori di Milano e Napoli nel reclamare dal governo la proroga del blocco degli sfratti e scongiurare così una situazione altrimenti ingestibile, non solo sotto il profilo sociale ma anche da quello dell’ordine pubblico. Il presupposto per non sommare un’altra proroga alle tante precedenti consisteva nell’impegno del governo di sostenere i comuni, finanziariamente e con adeguati piani. Ma questi piani non si sono ancora visti. “Ecco perché – si sottolinea nella nota congiunta dei tre assessori – torniamo a chiedere con forza la proroga del blocco degli sfratti e politiche abitative strutturali che ci consentano di uscire dalla logica dell’emergenza. Su questo sollecitiamo una urgente riunione della Consulta casa dell’Anci”.
Ma il ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, con il così detto decreto Milleproroghe ha deciso di non rinviare ulteriormente l’esecutività dei provvedimenti di sfratto. Anzi, il ministro in persona ha sostenuto che “non è drammatizzando un problema che lo si risolve”. Ed ha aggiunto che “il governo, nel 2014, ha imboccato una strada nuova, cosciente che l’emergenza andava affrontata in modo radicale e non con lo strumento vecchio e logoro della proroga degli sfratti”. Se non che la gran parte delle famiglie a rischio avrebbe già i requisiti di reddito e sociali previsti dalla legge per ottenere la proroga. Attenzione: sono oltre 70mila le sentenze di sfratto in Italia, più di 30mila eseguite, al 90% per morosità.
Intanto è stata la delibera del Piano operativo triennale (2015-2017) dell’emergenza alloggiativa, che punta a chiudere i cosiddetti “residence” e offrire una risposta nuova all’emergenza abitativa, in un’ottica di trasparenza, programmazione e anche legalità. Il Piano per l’assistenza alloggiativa è destinato alle famiglie vittime delle nuove povertà. Un’azione fortissima destinata a rivoluzionare il sistema dell’assistenza-casa. “Un’azione – ha precisato l’assessora Danese – che assume particolare importanza nel momento in cui col Milleproroghe viene esclusa la possibilità di prorogare il blocco degli sfratti. Oltre al costo economico però i residence hanno un forte costo sociale: pongono il problema, complesso, della convivenza, dell’abitare insieme. Per di più, in una concentrazione di disagio e di difficoltà sociale”.
Il nuovo strumento fondamentale utilizzato è il buono casa di 600-800 euro per l’affitto di un alloggio. La situazione dei residence nella capitale è complessa: circa 1.900 le famiglie che vengono ospitate, oggi, all’interno dei 31 centri per l’assistenza alloggiativa, per una spesa totale di circa 37 milioni l’anno: strutture spesso fatiscenti, in cui però un appartamento di appena 20 mq può arrivare a costare all’amministrazione fino a 2.500 euro al mese. Verrà elargito alle prime 194 famiglie: si tratta, in pratica, di un assegno mensile di 600-800 al mese per 4 anni, distribuito dal comune a copertura del canone di affitto, oltre a una quota iniziale di 5 mila euro per l’arredamento dell’alloggio, che potrà essere scelto dalle famiglie sul mercato, in base alle proprie esigenze. Chi usufruirà del buono casa dovrà provvedere soltanto al pagamento delle utenze e dei servizi. Una bella scelta di dignità alloggiativa e una nuova forma alternativa all’assistenza cui seguirà, a quanto pare, un altro passo strategico e importante: l’organizzazione da parte dell’assessorato alle Politiche sociali di Roma di un tavolo di lavoro con la prefettura e una “conferenza dell’abitare” con sindacati, associazionismo e comitati.
Sfratti per morosità incolpevole, ecco come chiedere i contributi del Comune
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Comune di Milano è pronto a sostenere le famiglie che sono sotto sfratto. A partire da domani, infatti, gli sportelli dei 9 Consigli di Zona raccoglieranno le domande degli inquilini di case private morosi incolpevoli che potranno così accedere ai contributi stanziati appositamente dall’Amministrazione comunale, dalla Regione Lombardia e dal Governo. Potranno fare richiesta le famiglie che, per la perdita o la drastica riduzione del reddito (Ise fino a 35mila euro o Isee fino a 26mila euro), hanno ricevuto un atto di intimazione di sfratto per morosità (dove il canone d’affitto incide sul reddito per oltre il 30%). Costituirà criterio preferenziale la presenza, all’interno del nucleo familiare, di una persona anziana over 70, minore, invalida almeno al 74% oppure in carico ai Servizi sociali.
L’elenco dei nominativi ritenuti idonei (i requisiti sono stati stabiliti dalla Regione) sarà trasmesso alla Prefettura per la graduazione dell’intervento della forza pubblica. Successivamente i casi verranno presi in carico dall’Agenzia sociale della locazione. All’Agenzia sono destinati fondi per circa 7 milioni di euro (3,5 dalla Regione, 1,5 dal Comune e 2 dal Governo). Le risorse saranno usate per differenti tipi di intervento a seconda dei singoli casi, sia come contributi agli inquilini sia come fondo di garanzia ai proprietari che ritireranno lo sfratto e stipuleranno un contratto a canone concordato.
L’obiettivo sarà quello di evitare lo sfratto, mediando tra inquilino e proprietario. A Milano gli sfratti per morosità sono triplicati negli ultimi 4 anni e ad oggi rappresentano la quasi totalità dei provvedimenti esecutivi. Un’ emergenza abitativa che colpisce in particolare le grandi aree urbane, e che ha determinato una forte pressione sul patrimonio Erp, poiché si è allargata la fascia di famiglie in difficoltà che si è rivolta al pubblico per avere una casa. Il Comune di Milano, attraverso l’Assessorato alla Casa sta lavorando per sostenere queste situazioni, in particolare attraverso un paziente lavoro di mediazione tra inquilini e proprietari, tutelando entrambi con risorse e misure adeguate. Le domande potranno essere presentate fino al 30 aprile, con possibilità di prorogare ulteriormente il termine per proseguire nell’attività di raccolta.
Casa, il prefetto: “A Roma nel 2015 ci saranno 7mila sfratti”
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Pecoraro: “Emergenza abitativa non si risolve con la proroga”. Domani alla Camera manifestazione dell’Unione inquilini. Prosegue l’occupazione dell’Anagrafe centrale
“A Roma si prevede che anche quest’anno andremo oltre i 7 mila sfratti”. A dirlo è il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, al termine dell’audizione in commissioni riunite, Affari Costituzionali e Bilancio alla Camera, sul decreto Milleproroghe. numeri che mettono in allerta gli inquilini in difficoltà. Secondo quanto riferito dal prefetto, “gli sfratti nella capitale nel 2013 sono stati 6299, mentre nei primi 6 mesi del 2014 più di 3500”. “E’ necessario tener conto politicamente di questo dato – ha detto – la proroga degli sfratti non è sufficiente da sola, è un provvedimento tampone”.
Era stato il neo assessore alle Politiche sociali di Roma capitale, Francesca Danese, assieme ai suoi colleghi di Milano e Napoli ad appellarsi al ministro Maurizio Lupi per chiedere lo stop il prossimo anno gli sfratti. Secondo Pecoraro la “proroga da sola non risolve il problema, serve una legge che riguardi gli alloggi popolari su cui va avviato un censimento e un rinnovo dei fondi per la morosità incolpevole”.
Su quest’ultima, Pecoraro ha aggiunto che si tratta di “un percorso giusto, che anche noi stiamo perseguendo facendo sapere in giro della possibilità di poter accedere a dei fondi ma forse andrebbe potenziata la comunicazione perché al momento sono infatti pervenute solo 120 domande, che sono poche, ci sono altri 20 giorni prima che scada”. “Il ministro Lupi – ha aggiunto – ha fatto un decreto che, giustamente, ha aperto il problema dell’emergenza abitativa. Va probabilmente completato tenendo conto delle vendite che vengono fatte dagli enti previdenziali e che la crisi economica continua. Bisogna trovare un equilibrio tra i proprietari, che giustamente hanno i loro diritti, e gli inquilini che non sono più in grado di pagare una casa”.
Intanto si moltiplicano le adesioni alla manifestazione convocata per domani, martedì 20 gennaio, dalle 10 alle 13 davanti alla Camera dei Deputati dall’Unione inquilini di Roma per chiedere “la proroga sfratti, il passaggio da casa a casa e un vero piano casa che garantisca il diritto alla casa”. In piazza ci saranno associazioni, comitati di lotta per la casa, urbanisti, rappresentanti locali di Sel e del Pd.
La rete romana delle Agenzie per i diritti scrive: “Drammaticamente i dati dell’emergenza abitativa nella nostra città parlano di 17.000 sfratti tra quelli eseguiti, in esecuzione e da eseguire; le stime parlano di 1 sfratto ogni 240 famiglie a Roma, ovvero 1/5° delle famiglie romane. Il Ministro Lupi dimostra cecità quando afferma di aver risolto l’emergenza abitativa con i fondi per la morosità incolpevole, poiché essi coprono solo il 20% delle richieste sul territorio nazionale e che, almeno su Roma, a distanza di un anno, nessuno ancora ha beneficiato della legge. Non concedere la proroga degli sfratti, anche per morosità, significa non voler guardare la realtà dei fatti. I numeri però sono chiari e dietro ciascun numero si rivela una famiglia che ha redditi bassi o esigui, che ha perso il lavoro, in cui sono presenti anziani, minori, portatori di handicap, gravi malati terminali. A tutto questo si aggiunge la mancanza di una politica di assistenza per chi subisce le conseguenze degli sfratti, ed il completo stallo nell’incentivazione dell’edilizia residenziale pubblica e nell’assegnazione di case popolari”.
E a oltranza va avanti anche l’occupazione dell’Anagrafe di via Luigi Petroselli, iniziata martedì 13 gennaio dai Movimenti per il diritto all’abitare. “Abbiamo avuto contatti con lo staff dell’assessore comunale alle Politiche abitative Francesca Danese – spiegano i Blocchi Precari Metropolitani – per ottenere un incontro con il Campidoglio, possibilmente il sindaco Ignazio Marino, e il prefetto Giuseppe Pecoraro sull’emergenza casa a Roma”. In particolare, “sugli effetti dell’articolo 5 del Piano Casa del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, che, oltre a negare le residenze nelle occupazioni abitative, impedisce tra l’altro anche l’iscrizione a scuola dei bambini”. Per questo, concludono, “non molliamo la presa: i 40-50 occupanti resteranno negli uffici dell’Anagrafe fino a quando avverrà l’incontro”.
Sfratti: per i morosi “incolpevoli” il contributo economico. Ecco a chi fare domanda.
Saranno i consigli di zona a raccogliere le domande degli inquilini (di case private) per accedere ai contributi per la morosità incolpevole.
Si tratta di sette milioni di euro. Il denaro proviene da stanziamenti di comune, regione e governo.
Ad accedere al finanziamento possono essere famiglie in difficoltà per drastica riduzione del reddito (si chiede un Isee fino a 26 mila euro) e che, per questo, hanno ricevuto uno sfratto per morosità. Attenzione: il canone deve incidere sul reddito per più del 30%.
Titolo preferenziale, la presenza di un over 70, di un minore o di un invalido con percentuale minima del 74%.
Le risorse potranno essere usate o come contributo diretto agli inquilini o come fondo di garanzia per i proprietari, a patto che ritirino lo sfratto e stipulino un nuovo contratto di locazione a canone concordato.
Affitto casa 2015: nuove regole e leggi proprietari e affittuari. Cosa cambia. Soluzioni per risolvere problema sfratto
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C’è l’obbligo di utilizzare il modello F24 Elide per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili. Come precisato dall’agenzia delle Entrate, l’obbligo è in vigore dal primo gennaio 2015 anche per l’imposta di registro, i tributi speciali e compensi, l’imposta di bollo, le sanzioni e gli interessi. Il contribuente è chiamato a indicare il codice dell’ufficio destinatario del pagamento, il codice dell’atto a cui si riferisce il pagamento, la tipologia di versamentoper la quale è prevista l’indicazione di elementi identificativi.
Nel dettaglio, i codici tributo da utilizzare con il modello F24 Elide sono 1500 imposta di registro per prima registrazione; 1501 per registrazione delle annualità successive; 1502 per la registrazione della cessione del contratto; 1503 per la registrazione della risoluzione del contratto; 1504 per la registrazione delle proroghe del contratto; 1505 per il versamento dell’imposta di bollo; 1506 per il versamento di tributi speciali e compensi; 1507, 1508, 1509 1510 per i versamenti delle sanzioni e interessi maturati in seguito di ravvedimento operoso.
E ancora, codice identificativo 63 denominato Controparte per la corretta identificazione della controparte del contratto; codici tra A135 e A138 per le somme dovute a seguito degli avvisi di liquidazione dell’imposta e irrogazione delle sanzioni.
Nessuna proroga, poi, al blocco degli sfratti ovvero l’estensione dei tempi per gli inquilini con contratto di affitto scaduto. La ragione, argomenta il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, va cercata dell’istituzione di due fondi nel decreto casa per uno stanziamento complessivo di 446 milioni di euro. Ma secondo il segretario nazionale del Sunia Aldo Rossi, “la categoria di inquilini questione non è interessata dai fondi”.
Quali sono i veri numeri degli sfratti in Italia? Il ministero risponde alle polemiche sul mancato blocco
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Il 92% dei 140mila sfratti richiesti è per morosità e non per fine locazione”, e quest’ultima “interessa meno di 3mila famiglie”.
Lo ha detto il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, che ha così risposto alle polemiche sulla mancata proroga del blocco degli sfratti con il decreto Milleproroghe. Il sindacato degli inquilini Sunia ha affermato che la mancata conferma del blocco degli sfratti rischia di mettere nei prossimi giorni sulla strada circa 30mila famiglie in estremo disagio abitativo, e che non sono interessati dai fondi di cui parla il ministero. Si tratterebbe di inquilini non morosi che pagano regolarmente ma con un contratto scaduto.
Intervenendo a la Telefonata di Belpietro su Canale5, il ministro Lupi ha detto che l’ennesima proroga del blocco degli sfratti sarebbe “ancora una volta scaricare il problema sull’altra faccia della medaglia”, i proprietari, “senza affrontarlo”.
LE PRECISAZIONI DEL MIT. In una nota il ministro delle Infrastrutture ricorda che “dal 2007 la norma riguarda solo gli sfratti per finita locazione nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni con essi confinanti con popolazione superiore a 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa per inquilini con reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, o figli fiscalmente a carico, purché non siano in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza.
Si tratta, quindi, di una sospensione limitata ad alcuni casi molto particolari (gli sfratti per finita locazione sono oggi una percentuale minima – circa l’8% di tutti i procedimenti di sfratto in corso) in totale circa 2.000/2.500 casi in tutta Italia, in gran parte concentrati a Roma e Napoli. Non certo i 50.000 di cui si parla”.
“Ai Comuni – ricorda il Mit – sono state assegnate le risorse per affrontare questi casi (ripetiamo 2000/2500 in Italia).
I comuni possono utilizzare di più l’art. 1, comma 3, della legge n. 431/1998 che già dispone la possibilità di contratti di locazione stipulati – con soggetti privati – dagli enti locali in qualità di conduttori per soddisfare esigenze abitative specifiche (fra l’altro, questo mercato è molto più conveniente rispetto a quello di alberghi e residence nei quali spesso i Comuni alloggiano queste famiglie).
Lo strumento più idoneo a risolvere questi casi va ricercato nel Fondo per l’affitto che è stato rifinanziato dal Governo per 200 mln e dalla modifica della sua disciplina. Le finalità del fondo sono state ampliate menzionando esplicitamente “le iniziative intraprese dai Comuni e dalle regioni anche attraverso la costituzione di agenzie o istituti per la locazione o fondi di garanzia o attraverso attività di promozione in convenzione con imprese di costruzione ed altri soggetti imprenditoriali, cooperative edilizie per la locazione, tese a favorire la mobilità nel settore della locazione, attraverso il reperimento di alloggi da concedere in locazione a canoni concordati, ovvero attraverso la rinegoziazione delle locazioni esistenti per consentire alle parti, con il supporto delle organizzazioni di rappresentanza dei proprietari e degli inquilini, la stipula di un nuovo contratto a canone inferiore”.
I Comuni interessati dovrebbero già avere – grazie al consistente rifinanziamento del Fondo – le risorse idonee a risolvere i casi a cui la proroga si riferisce.
Se si ricercasse una soluzione ancora più efficace e tempestiva, si potrebbero stanziare nuove risorse da destinare al suddetto Fondo.
Tuttavia le risorse già erogate dovrebbero essere di gran lunga sufficienti a coprire le esigenze delle circa famiglie interessate.
Il MIT – conclude la nota – è pronto a procedere immediatamente anche al riparto per il 2015. La condizione è che la Conferenza Unificata del 22 gennaio prossimo concordi sul mantenimento degli stessi criteri utilizzati per il 2014. Questo abbrevierebbe i tempi e renderebbe immediatamente disponibile una ulteriore tranche di 100 mln”.
NENCINI: STANZIATI 2,3 MILIARDI PER L’EMERGENZA ABITATIVA. “Per l’emergenza abitativa stiamo intervenendo con 19 provvedimenti che mettono sul tema della casa complessivamente 2,3 miliardi di euro. E’ l’intervento più imponente, tra tutti i governi, dal 1990”, ha ricordato il viceministro ai trasporti Riccardo Nencini. “Stiamo poi – ha aggiunto Nencini – riperimentrando la questione degli sfratti, soprattutto quelli per mancata locazione, e spero di avere una proposta buona nell’arco di qualche giorno”. Il viceministro ha precisato che “una parte delle risorse sono già state conferite ai Comuni italiani mentre la seconda tranche dei 100 milioni previsti arriverà il 22-23 gennaio. Un’altra misura è ferma nella conferenza Governo-conferenza unificata”.
Secondo Nencini “le risorse stanno arrivando. Il numero degli sfratti per finita locazione non è quello che si dice di 30 mila. Il numero vero in tutta Italia tra i 2800 e i 3000”.
LA NOTA DI SUNIA, SICET E UNIAT. Nel frattempo Sunia, Sicet e Uniat hanno inviato una lettera al Presidente dell’ANCI “concordando sull’iniziativa degli Assessori alle politiche abitative delle grandi città di immediata richiesta al Governo per il ripristino della proroga degli sfratti per finita locazione e richiedendo un incontro per affrontare le gravi problematiche che si vengono a determinare con nuove emergenze che si aggiungono alla pesantissima situazione degli sfratti per morosità che nel 2014, appena trascorso, ha caratterizzato la situazione abitativa nelle città, e l’opportunità di una iniziativa congiunta di richiesta al Governo di ripristino della proroga”.
Le Organizzazioni Sindacali Unitarie degli inquilini “valutano come gravi e inaccettabili le posizioni espresse da parte del Ministro delle Infrastrutture, frutto di sottovalutazione del problema su cui le misure preannunciate, che registrano ritardi e inadempimenti vari, non hanno incidenza alcuna perché inapplicabili alle situazioni interessate dalla mancata proroga”.
Bonus affitti per i meno abbienti: il piano di Confedilizia
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Consegna ai meno abbienti, da parte dei servizi sociali comunali, di un bonus da spendere da parte dei beneficiari con i locatori più disponibili e comunque nell’ambito del sistema di locazioni calmierate”.
Annunciato da Corrado Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia, questo piano “consentirà a Stato e Comuni di ridurre a un terzo la spesa pubblica per l’emergenza abitativa”, spiega Sforza Fogliani, ma “presuppone, però, che Stato e Comuni rinuncino ad ogni pretesto per fare una politica clientelare basata su edilizia pubblica e alloggi per i senzatetto nei residence, che non serve a niente, come dimostra chiaramente la situazione fallimentare attuale, basata su un blocco degli sfratti che dura da 70 anni e che solo questo governo e il ministro Lupi in particolare intendono far saltare”.
Il decreto Milleproroghe ora all’esame del Parlamento non contiene infatti la proroga del blocco degli sfratti (LEGGI TUTTO), una pratica che andava avanti da 31 anni.
Se si vuole allargare l’affitto al livello dei Paesi anche europei nei quali esso non è stato ucciso da leggi dell’equo canone e dalla tassazione – dice il presidente dell’associazione dei proprietari immobiliari – non c’è che il sistema dei bonus da noi proposto, non a caso seguito nei Paesi in cui il diffondersi della locazione non è influenzato da interessi clientelari o nascosti. Ma per assicurare la mobilità sul territorio e risolvere il problema, i Comuni sono disposti a spendere meno? Il problema paradossalmente è questo.
LA BATTAGLIA DI LUPI “CARTINA DI TORNASOLE”. Secondo Sforza Fogliani
La battaglia che il ministro Lupi sta combattendo in materia di sfratti è una battaglia, anzitutto, di civiltà oltre che di difesa dello Stato di diritto: una società che non rispetta i contratti privati è una società che si distrugge da sola, alla mercé di chi grida più forte, ha più fertile l’inventiva di dati e situazioni. Il diritto è stato in Italia violato 30 volte in soli 35 anni, non esiste Paese al mondo in cui le esecuzioni di rilascio dei privati sono bloccate – formalmente o di fatto – da 70 anni, mentre prosperano quelle dell’edilizia pubblica, per le quali sole la Forza pubblica si trova. La strada da percorrere è quella che lo sblocco indica: i Comuni devono avvalersi delle apposite provvidenze ministeriali (800 milioni di euro solo nel 2015) e, come previsto dalla legge 431, dare in concessione ai casi di indigenza veramente tali, a seguito di loro diretto accertamento, gli immobili disponibili per essere locati a canone calmierato. Così, si rispetterà la legge e si darà un segnale forte agli investitori sia nazionali che esteri.
INCHIESTE REPUBBLICA – LA RABBIA DELL’ITALIA SENZA CASA
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Riaccesa dalla crisi e dal mancato rinnovo del blocco degli sfratti da parte del governo, la tensione cresce soprattutto nelle città. Colpa anche della grande contraddizione tra le tante famiglie che si trovano prive di un tetto e le decine di migliaia di appartamenti pubblici non ancora assegnati ai quali si aggiungono quelli privati rimasti vuoti o invenduti. Da qui la ripresa delle occupazioni e delle proteste di EDOARDO BIANCHI, TIZIANA COZZI, LUISA GRION,MARIA CHIARA PERRI,MARIO REGGIO e MARIA ELENA SCANDALIATO. Video di MAURIZIO TAFURO.Illustrazione di MOJMIR JEZEK
Edifici sfitti e occupazioni, il paradosso italianodi LUISA GRION
ROMA – Un paese di case in proprietà, ma anche di sfratti e occupazioni abusive. L’80 per cento degli italiani è padrone delle quattro mura in cui abita, ma per chi un tetto non ce l’ha trovarne uno può diventare un incubo. La crisi economica ha visto esplodere l’emergenza abitativa, aggravata dalla mancanza decennale di una politica dell’abitare. L’ultimo corposo intervento pubblico è stato quello avviato nel dopoguerra e arrivato fino agli anni Sessanta: le cosiddette “case Fanfani”, costruite per dare una abitazione alle famiglie a basso reddito. Poi dagli anni del boom dell’edilizia privata e dei piani regolatori spregiudicati si è arrivati a quelli, attuali, dell’invenduto. Da una parte sono crollate le compravendite, dall’altra la perdita di redditi ha fatto lievitare il tasso di morosità degli inquilini.
Niente blocco. Oggi un pezzo del Paese è a rischio: per la prima volta dopo oltre trent’anni la legge di Stabilità varata a fine dicembre non ha rinnovato il blocco degli sfratti per finita locazione. Un diritto riconosciuto ai nuclei familiari con determinati limiti di reddito (27mila euro lordi l’anno) e con a carico persone malate, minori o anziani. L’ultima proroga è scaduta a fine anno, fra l’esultanza diConfedilizia – l’associazione dei proprietari che chiede al governo di non scaricare sui privati il problema abitativo – e la disperazione dei sindacati degli inquilini, secondo i quali ci sono fra le 30 e le 50mila famiglie a rischio. Non esistono cifre ufficiali invece per l’altro tragico effetto dell’emergenza abitativa: quella degli immobili violati e occupati. Fenomeno che riguarda soprattutto le case popolari (stime parziali parlano di 15mila illeciti solo fra Roma e Milano), dove si entra abusivamente approfittando di una momentanea assenza del legittino inquilino o per le quali si punta ad una sanatoria (o al comodato, come avvenuto a Parma tra mille polemiche), contando sulle lentezze dei bandi comunali che ne determineranno le assegnazioni e la vendita.
I dati sugli sfratti. Sugli sfratti il Codacons tiene i conti aggiornati: “Nel 2013 sono stati 31.399, con un incremento del 7,7 per cento rispetto all’anno precedente. Negli ultimi 5 anni il totale ha raggiunto quota 332.169, di cui 288.934 per morosità. E nel 2014 il ritmo è proseguito a circa 150 sfratti al giorno”. La mancata proroga rischia devastanti effetti sociali, annunciano le associazioni degli inquilini e i comuni sono d’accordo. Ma il governo assicura di non voler tornare indietro. Palazzo Chigi snocciola gli investimenti stanziati nell’ultimo anno sul settore e messi in fila in quel Piano Casa operativo, sulla carta, dal maggio scorso, ma di fatto lì rimasto in buona parte. Si tratta di 200 milioni per un fondo di sostegno alla locazione e 266 per la morosità incolpevole destinati a chi, per via della crisi, si trova in difficoltà economiche temporanee. Più 400 milioni volti alle ristrutturazione delle case popolari. Il viceministro alle Infrastrutture Riccardo Nencini parla di “19 provvedimenti per un totale di 2,3 miliardi” e assicura che ciò permetterà ai Comuni di cavarsela senza ricorrere al blocco.
Sfratti richiesti (*)
Sfratti eseguiti (**)
Totale
Variaz.%
Totale
Variaz.%
2007
109.446
8,55
22.468
0,85
2008
139.193
27,18
25.108
11,75
2009
116.573
-16,25
27.584
9,86
2010
111.260
-4,56
29.889
8,36
2011
123.914
11,37
28.641
-4,18
2012
126.852
2,37
29.154
1,79
2013
129.577
2,15
31.399
7,70
(*) Domande presentate all’Ufficiale Giudiziario (**) Con l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario
fonte: Ministero Interni
Pubblico e privato poca chiarezza. Il fatto è che, sempre ammesso che i soldi entrino in tempo nelle loro casse, ed emergenza sfratti a parte, il problema abitativo resta tutto da risolvere: sia nel settore privato, dove le case restano vuote e gli affitti languono, che nel settore pubblico, dove i meccanismi di assegnazione sono poco chiari. Per Guido Piran, segretario generale del Sicet, sindacato degli inquilini, l’emergenza attuale si risolve solo rilanciando l’edilizia pubblica e ristrutturando in primis il patrimionio esistente. “Ma l’edilizia pubblica, come la sanità, costa”. La gravità attuale, assicura, “nasce dal fatto che gli affitti privati sono troppo alti e la locazione concordata non esiste più. Puntare sul taglio delle tasse a carico del locatore, la famosa cedolare secca, è stato un errore. Quella misura non ha funzionato, non ha prodotto una riduzione degli affitti”. Quanto all’edilizia pubblica, per Piran è essenziale “ridefinire la norma di alloggio sociale: oggi è equivoca. Serve una legge quadro sull’edilizia pubblica che chiarisca chi ha diritto ad usufruirne e in base a quali criteri: ora ogni Regione va per proprio conto, decide da sola anche i limiti di reddito e le iniquità sono evidenti”. E soprattutto servono più risorse: “Vanno coinvolti i privati, va studiata una politica fiscale d’appoggio, ma le cifre di cui parla il governo arrivano tardi e coprono più anni. In Europa si fa molto di più, il solo Regno Unito spende 2 miliardi di sterline l’anno”.
Roma a caccia di morosi con un software di MARIO REGGIO
ROMA – Più di 71mila appartamenti. Oltre 220mila abitanti, più dei 200mila residenti a Trieste. Quarantasettemila gestiti dall’Ater, l’ex Istituto autonomo case popolari, 23mila direttamente dal Campidoglio che ha anche il compito di esaminare le domande di assegnazione di una casa popolare ed autorizzarne l’assegnazione. Una lista d’attesa che ha raggiunto quota 30mila. Ma non basta. Tremila e 500 famiglie sono parcheggiate nei residence, con grande soddisfazione economica per i proprietari privati. Intanto, sui residence, sta indagando la Procura di Roma perché sugli appalti aveva messo le mani l’allegra compagnia di Buzzi e compagni.
E all’assessorato alle Politiche abitative del Comune di Roma, dopo le dimissioni di Daniele Ozzimo, indagato nell’inchiesta Mafia Capitale, non c’è alcuna voglia di parlare. Ma qualcosa riesce a filtrare lo stesso: “Il governo non ha ripresentato il decreto di blocco degli sfratti – dice un dirigente che chiede di restare anonimo – ma la questione riguarda solo i contratti scaduti per fine locazione, ergo sono esclusi quelli di morosità e non sono ovviamente coinvolti gli enti che gestiscono le case popolari. Per Roma parliamo di alcune migliaia di famiglie che si aggiungeranno a quelle già in lista attesa. Al momento il Comune di Roma non è in grado di gestire questa situazione drammatica. Un esempio concreto: su 10 casi segnalati dagli assistenti sociali, che riguardano soprattutto i “nuovi poveri”, solo uno viene risolto. Senza contare le famiglie che vivono nei residence, una scelta che dovrebbe essere provvisoria e che invece è diventata endemica con costi di milioni di euro per Roma Capitale”.
Come uscire dall’emergenza. “L’emergenza abitativa è una condizione strutturale dal dopoguerra – rispone Daniel Modigliani, commissario straordinario dell’Ater – ma sono contrario al suo uso strumentale, mantenere l’emergenza fa comodo sia alla politica che agli utenti. Manca e servirebbe una ricognizione puntuale dei numeri e delle emergenze, per programmare una concreta politica abitativa. Faccio un esempio. La domanda di alloggi è cambiata: servono tipologie di immobili più piccole rispetto al passato, mentre sono cambiati i nuclei familiari che sono aumentati ed hanno meno componenti”.
E con l’emergenza non si ferma il mercato clandestino. Nel 2013 ottocento persone sono state denunciate per occupazione abusiva di alloggio. E ogni anno centinaia di case passano di mano in maniera abusiva, subaffittate o vendute. Negli anni passati andava di moda il passaparola, oggi con internet è cambiato tutto. È cresciuto e si è consolidato un racket che entra in azione quando una famiglia si assenta per qualche settimana. Basta un click e la casa viene venduta dopo aver sostituito la serratura. Sono lontani i tempi di Cristiana Petriacci, alias “la padrona di Testaccio”, finita poi in carcere con l’accusa di estorsione e truffa per aver gestito la compravendita di immobili dell’Ater. La signora si avvaleva di un esperto del settore, più noto come “Er tapparella”, in grado di entrare negli appartamenti vuoti passando dalla finestra o dal balcone.
I numeri dell’Ater. Un po’ di storia. L’Istituto Case Popolari nasce nel 1903, sindaco di Roma il principe Prospero Colonna. Nel 1928 diventa Istituto Autonomo Case Popolari. Nel 2002 si trasforma nell’azienda territoriale edilizia residenziale pubblica del comune di Roma. La proprietà è della regione Lazio. Il suo patrimonio è valutato attorno a 10 miliardi di euro e comprende: 47.674 alloggi, 3.126 locali, 27.905 cantine, 147 terreni e 159 cartelloni. I dipendenti sono 482. Nel 2013 ha incassato 23 milioni di euro dagli affitti, mentre il 24,2 per cento degli inquilini risulta moroso. Mancano all’appello 7 milioni e 386 mila euro. Malgrado tutto, i conti dell’Ater non vanno poi così male. Dopo anni di perenne deficit, nel 2013 il conto economico ha registrato un avanzo di oltre 7 milioni di euro. “Abbiamo scoperto che i bilanci degli ultimi anni non erano mai stati approvati – afferma Claudio Rosi, direttore generale dall’ottobre del 2013 – dopo un lungo periodo di sonno profondo, l’Ater comincia a marciare”. E snocciola una serie di progetti.
L’azienda ha presentato alla Regione Lazio un programma quadriennale per la costruzione di 651 nuovi alloggi con un costo complessivo di 84 milioni di euro. E sulla manutenzione ci sono 18 gare d’appalto per 40 milioni di euro. Ma l’asso nella manica dell’Ater è la nuova piattaforma informatica per la gestione del patrimonio immobiliare che è collegata con la Guardia di Finanza. Il programma è stato “girato” a Roma Capitale, l’azienda casa della Provincia di Torino, di Trieste e Bologna. “Grazie alla piattaforma informatica – conclude Rosi – stiamo recuperando la morosità e siamo arrivati a incassare, assieme ai proventi che derivano dagli affitti e dai servizi, circa 130 milioni di euro”. E dopo anni di vacche magre sono in arrivo dalla Regione Lazio 19 milioni di euro per la manutenzione di Corviale, il serpentone sulla via Portuense.
Il caso Corviale. Il cosiddetto “serpentone” è lungo 996 metri, alto nove piani e ospita 1.200 appartamenti, dove vivono 5mila persone. “Quelli del quarto piano”, gli abusivi che si sono costruiti la casa da soli negli spazi destinati a negozi e attività artigianali, alloggiano in 124 case e dovrebbero essere 4-500, ma nessuno sa in realtà quanti siano. Una visita al quarto piano è d’obbligo. Cancelli dappertutto, panni stesi sui ballatoi, fili volanti che si collegano con le centraline. Sì, perché gli abusivi hanno fatto le cose perbene: non pagano la luce, nè ovviamente l’affitto e neanche le spese condominiali. È ora di pranzo. Si sentono tv accese. Una signora fa capolino. “Non parlo con nessuno – esordisce – fatevi gli affari vostri”. Domanda: “Sa che vogliono ristrutturare le vostre case”. Risposta: ” Da qui non se ne va via nessuno, non ci provassero e ora mi lasci in pace che devo andare lavorare”. Poi sbatte la porta.
Tor Sapienza e San Basilio. L’anello stradale che circonda Tor Sapienza si chiama via Giorgio Morandi. All’intero, il grande quadrilatero delle case popolari. Nei 504 appartamenti abitano quasi duemila persone. Poi ci sono gli abusivi, cioè gli occupanti. Lungo il cortile interno un serpente ad un piano di quelli che avrebbero dovuto essere i negozi. Ci hanno provato, ma poi Auchan e Carrefour, che sorgono a poca distanza, hanno massacrato qualsiasi attività. Ergo, i locali sono stati occupati da famiglie al limite della povertà ed immigrati e rom. Impossibile entrare in questo girone infernale. A parte il buio la risposta è sempre la stessa: “Niente domande, andate via…..”. Altro caso esemplare è quello di San Basilio. Qui la storia è diversa dalle altre. Primi anni 70. Il governo Fanfani decide di varare un robusto piano di edilizia popolare. E proprio a San Basilio sorgono come funghi i quadrilateri delle case popolari. Partono le occupazioni. Nel settembre del ’74 la questura decide lo sgombero di 150 famiglie. Un gigantesco spiegamento di poliziotti inizia le operazioni. Il quartiere scende in piazza. La polizia si ritira. L’8 settembre torna in forze. Fabrizio Ceruso, 18 anni, perde la vita colpito da un proiettile di pistola. Da tutta la città arrivano migliaia di manifestanti, la polizia ingaggia una battaglia senza esclusione di colpi, ma San Basilio non cede. Oggi è tutta un’altra storia. A San Basilio vivono 3 mila e 400 famiglie nelle case popolari più le 700 che hanno occupato gli alloggi ma hanno beneficiato della sanatoria. Oggi il verde è aumentato, campeggiano quattro murales uno dei quali dedicato a San Basilio e a Fabrizio Ceruso. Per il resto si tira avanti. “Gli spacciatori ci sono anche ai Parioli…. ognuno di noi ha i suoi problemi, come tutti…”
Alloggi occupati sul totale degli alloggi gestiti (percentuale)
2001
2003
2004
2006
2008
2011
Nord
1.4
0.4
0.9
1.5
1.8
1.3
Centro
5.1
6.0
5.1
5.5
8.3
9.7
Sud
11.0
10.0
9.9
7.4
8.6
10.4
ITALIA
5.5
4.9
5.0
4.4
5.5
5.9
fonte: Ufficio studi e statistica Federcasa
L’esistenza stravolta di chi subisce lo sfrattodi MARIA ELENA SCANDALIATO
MILANO – “Bisogna viverlo, per capire”. È questa la premessa che fa ogni famiglia sfrattata, prima di iniziare a raccontare la sua esperienza. Perché essere sbattuti fuori casa è anzitutto un trauma. Soprattutto per i bambini, le cui certezze – scuola, amici, quartiere – vengono polverizzate in pochi istanti da uno sconosciuto ufficiale giudiziario.
Siamo andati nel residence sociale “Aldo dice 26×1”, a Sesto San Giovanni; un enorme stabile dell’Alitalia occupato da diversi comitati per la casa, dove trovano alloggio quasi cento inquilini, di cui una trentina bambini. Si tratta di famiglie in emergenza abitativa, che hanno subito uno sfratto e che magari sono da anni nelle liste dell’Aler, in attesa di ricevere una casa popolare. Le loro storie si assomigliano molto: iniziano tutte con un affitto di sei-settecento euro al mese e un lavoro a basso reddito che all’improvviso viene meno. A quel punto diventa impossibile continuare a pagare e i debiti si accumulano per mesi. Fino all’arrivo dello sfratto, che tutti pensano di procrastinare, ma che alla fine bussa puntuale alla porta di casa, costringendo gli inquilini a prendere quel che possono e a lasciare l’alloggio immediatamente.
“Sono riuscita a raccogliere appena quattro stracci”, racconta Anila, sfrattata con suo marito e il loro bambino da un appartamento di Quarto Oggiaro. “I mobili e tutto il resto ho dovuto lasciarli lì, perché portarli via mi sarebbe costato troppo”. Stesso copione per Antigua, madre sola con due figli, entrambi minori: “Ho fatto in tempo a preparare due valigie e andar via. Nessuno mi ha proposto una soluzione alternativa. Mi sono ritrovata con i miei figli da sola, in mezzo alla strada. Una situazione che non auguro a nessuno”.
Nel 2014 Milano ha registrato oltre 13mila richieste di sfratto esecutivo: 4mila per finita locazione, il resto per morosità. A pagarne le spese sono soprattutto i bambini, i cui bisogni vengono pressoché ignorati. Ahmed è stato sfrattato a marzo e si è rivolto subito al Comune di Milano in cerca di una soluzione d’emergenza. Non tanto per sé e sua moglie, quanto per i suoi figli di nove e undici anni che il giorno dopo dovevano andare a scuola: “Mi hanno detto di arrangiarmi. Sono riuscito a pagare un albergo per una settimana, e poi sono andato alla Caritas. Alla fine un consigliere di zona mi ha suggerito di venire qui, in questo residence. È un posto occupato, ma almeno i miei figli hanno un tetto sulla testa”.
Senza Caritas e comitati i figli di Ahmed, come quelli di molte altre famiglie, sarebbero rimasti in mezzo alla strada. Non solo a marzo, ma anche nel freddo invernale. “Alle famiglie con minori vengono offerte quasi sempre delle soluzioni alternative – afferma Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche Sociali del comune di Milano – sono pochissimi i casi di persone che dormono in macchina”. In effetti, una donna cui è stata proposta una soluzione alternativa l’abbiamo incontrata: si chiama Francesca e ha tre figli di sette, quattordici e sedici anni. Quando è stata sfrattata il Comune ha offerto a lei e alla sua bambina più piccola un posto in una comunità protetta, dove sono ospitate madri con minori vittime di violenza. Purtroppo, però, questa comunità si trova in un paesino della provincia di Asti, decisamente lontano da Milano. I due figli più grandi, che il comune avrebbe destinato a una struttura per adolescenti chissà dove, alla fine sono andati a stare con la nonna, a Monza. La famiglia, quindi, è divisa da più di un anno e lo resterà finché a Francesca non sarà assegnato un alloggio Aler. “È un’esperienza dura, perché gli altri bambini della comunità hanno dei problemi molto seri e mia figlia non c’entra niente con loro”, racconta Francesca. “Mangiamo solo pollo e riso, tutti i giorni. E in quel paesino non posso certo cercare lavoro. Per guadagnare qualche soldo e dare a mia figlia del cibo diverso faccio dei lavoretti per le educatrici della comunità. Stiro i loro abiti, lavo la loro auto… Cose così, per avere qualche soldo in tasca”.
Anno
Provvedimenti di sfratto emessi
Necessità locatore
Finita locazione
Morosità / Altra causa
Totale
Variaz.%
2007
674
9.236
33.959
43.869
-3,64
2008
539
10.549
41.203
52.291
19,20
2009
700
9.208
51.576
61.484
17,58
2010
900
8.495
56.269
65.664
6,80
2011
832
7.471
55.543
63.846
-2,77
2012
1.174
6.640
62.501
70.315
10,13
2013
2.659
5.424
65.302
73.385
4,37
fonte: Ministero Interni
Senza contare la distanza dagli altri figli. “Se penso che il Comune di Milano spende 4500 euro al mese per tenerci lì, mi viene da piangere. Se avessero dato a me quei soldi, avrei risolto tutti i miei problemi”. E qui scopriamo i “numeri” di questo sistema emergenziale, poco efficiente ma costosissimo. Il Comune di Milano, nel 2012, ha inserito in comunità 404 minori accompagnati dalle madri, e 844 minori soli; per farlo, ha speso ben 30 milioni e 661mila euro. Cifra che nel 2013 è salita a 32 milioni. Somme da capogiro, con le quali si sarebbe potuto fare ben altro, soprattutto per le famiglie sfrattate. Un budget che, d’altronde, lo stesso Majorino intende ridimensionare: “Abbiamo avviato il progetto della residenzialità sociale temporanea, con cui daremo a mille persone, ogni anno, uno sfogo abitativo di emergenza”. Il progetto dovrebbe partire nel 2015. Ad oggi, però, il Comune continua a spendere tra i 70 e i 90 euro al giorno solo per collocare in comunità un minore sfrattato. Cifra che raddoppia in presenza della madre.
Il flop dei centri d’emergenza di Milanodi MARIA ELENA SCANDALIATO
MILANO – L’emergenza abitativa, però, non riguarda solo gli sfrattati, ma anche i Rom sgomberati dai campi e gli occupanti colti in flagranza di reato. Lo scorso novembre, infatti, Comune e Prefettura hanno siglato un patto contro le occupazioni abusive da cui è nata una task force di pronto intervento. Tutto parte dalle segnalazioni dei cittadini, che possono chiamare il 112 per denunciare ogni tentativo di occupazione. Ricevuta la segnalazione, vengono allertate le forze dell’ordine, l’operatore sociale e l’ispettore di Aler o di MM, che sono i due enti gestori delle case popolari. Una volta sul posto, bloccati gli occupanti “in flagranza”, l’operatore sociale valuta la loro condizione: se ci sono minori o c’è una situazione di fragilità, viene offerta accoglienza presso uno dei centri di emergenza sociale del Comune. In realtà, come ammesso dagli stessi operatori sociali, sono pochissimi gli occupanti che accettano questa soluzione; la stragrande maggioranza, alla fine, si arrangia da parenti e amici, o in altro modo, perdendo ogni possibilità di avere un alloggio popolare (chi occupa, infatti, viene cancellato dalle liste per cinque anni).
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I centri di emergenza sociale a Milano sono due e godono di una pessima fama: uno si trova in via Barzaghi, l’altro in via Lombroso. Si tratta di strutture della Protezione Civile adattate, con grande difficoltà, a ospitare delle famiglie che possono restare al massimo 40 giorni (prorogabili in condizioni particolari), ricevendo una branda per ogni membro di più di tre anni, l’uso di cucine comuni e l’uso di bagni comuni.
La struttura di via Barzaghi, che abbiamo visitato, può ospitare un centinaio di persone dislocate in quattro camerate. Uomini, donne e bambini dormono negli stessi ambienti, separati da “capannine” costruite dagli ospiti incastrando manici di scopa e tende da doccia, per garantire almeno un minimo di privacy. La gestione del centro è affidata alla Fondazione Progetto Arca, che nel 2013 ha stipulato una convenzione con il Comune di Milano. Nonostante la struttura si mostri già in pessime condizioni, la situazione potrebbe essere peggiore di quanto sembri. “È un luogo terribile, dov’è impossibile lavorare”, racconta uno degli operatori del centro, che ci ha contattati dopo la nostra visita.
Stando alla testimonianza in via Barzaghi gli educatori si trovano costretti a gestire non solo le decine di ospiti presenti, ma anche la portineria (il portone è rotto), i macchinari (dalle lavatrici ai forni delle cucine) e l’ingresso dei mezzi della Protezione civile, parcheggiati nel cortile della struttura. Senza contare la presenza di infiltrazioni di acqua e i servizi igienici di difficile utilizzo: “Il bagno degli uomini sarebbe privo di acqua calda, mentre le turche (non ci sono water) sono inutilizzabili per i bambini più piccoli”.
Ecco perché nessuno accetta l’alternativa dei centri di emergenza, dove si dovrebbero costruire dei percorsi di “autonomia abitativa”. Gli unici a essersi adattati sono i Rom, che pure abituati a condizioni di vita pessime non meritano certo di abitare in un luogo simile. Un luogo subìto soprattutto dai bambini, che non vengono neppure accettati nelle scuole di prossimità. Racconta ancora l’operatore che ci ha chiesto di rimanere anonimo: “Li rifiutano perché gli altri genitori non li vogliono. L’anno scorso a dicembre sono arrivati dei piccoli che sono riuscita a iscrivere a scuola solo a marzo. A novembre è arrivata una famiglia con 5 figli. Nonostante le mille telefonate e le lettere ai dirigenti scolastici, ancora non hanno un posto in nessun istituto. E pensare che ci sarebbe l’obbligo scolastico”.
Tra affitto e proprietà, il progetto Abita Giovanidi EDOARDO BIANCHI
MILANO – Nella Milano delle occupazioni e delle polemiche per le politiche di Aler, la società Aler che gestisce il patrimonio immobiliare pubblico in Lombardia, c’è anche un’esperienza positiva di cui si parla poco. Grazie ad un’idea del membro della Fondazione Cariplo, don Gino Rigoldi, da oltre due anni è nato un progetto denominato Abita Giovani che ha il fine di allocare ragazzi Under 35 in abitazioni popolari ristrutturate, di proprietà Aler. Lo scopo, è quello di rendere nuovamente abitabili residenze sfitte e in decadimento, ricreando un concetto di: vivere il quartiere sociale, intessendo una stretta connessione tra le persone che ne fanno parte.
Deguene, ingegnere civile e mamma di due bambini, racconta con entusiasmo la sua esperienza in questo progetto. Ci descrive l’iniziativa del gruppo su Facebook che le ha dato l’opportunità di ottimizzare le spese per l’appartamento. Grazie al gruppo social, ha avuto modo di chiedere suggerimenti a chi facesse già parte del programma e quindi con più esperienza in merito. La pagina web rappresenta un modo per avvicinare le persone attraverso interazioni telematiche che rendano partecipi tutti coloro che hanno aderito al progetto Abita Giovani.
Alice ci racconta come l’iniziativa funzioni e che oggi giorno, secondo la ventottenne studente di veterinaria, è uno dei programmi più interessanti per i giovani in cerca di un’appartamento. Si sofferma inoltre sui costi relativamente bassi d’affitto e come a quel prezzo sia difficile trovare un’offerta migliore nel panorama milanese. Dario, impiegato in una banca, ci spiega come l’acquisto di una casa oggi sia estremamente difficoltoso per un giovane con un reddito di fascia media, anche con possibilità di accesso a mutui agevolati. Nello specifico, sostiene che senza aiuti da parte del nucleo familiare l’investimento in immobili sia possibile solo grazie al sostegno di realtà quali quella di Abita Giovani.
Caterina, insegnante in un sobborgo di San Siro, nonostante abbia trovato attraverso questo programma una soluzione abitativa, si sofferma sulla svendita del patrimonio pubblico immobiliare in Lombardia. A tal proposito, si chiede come mai non vengano più costruiti alloggi popolari e perché quelli esistenti vengano dismessi. Ritiene inoltre i criteri di selezione dell’Housing Sociale buoni per le persone di ceto medio, ma non idonei per le famiglie meno abbienti.
I programmi per agevolare l’acquisto immobiliare sono in costante aumento a seguito del positivo esito dei programmi come Abita Giovani e di altri progetti che stanno prendendo piede a Milano. Oggi le persone in possesso di un lavoro a tempo indeterminato e con meno di 35 anni possono permettersi attraverso un contratto d’affitto con futura vendita una casa di proprietà. Resta da capire se l’organizzazione sia volta a far ripartire una città immobilizzata che presto ospiterà una manifestazione di livello mondiale come l’Expo, o se sia l’ennesimo bacino che verrà sfruttato per interessi e ritorni economici.
A Napoli fallisce uno sgombero su duedi TIZIANA COZZI
NAPOLI – Sono 2.300 gli sfratti che avrebbero diritto alla sospensiva tra Napoli e provincia. E sono ben 4 mila le occupazioni abusive in corso tra Napoli (con 1.500 alloggi di proprietà comunale) e provincia (con 2.200 alloggi dell’Istituto autonomo case popolari). Il problema casa nel capoluogo campano va avanti da sempre, ma la crisi degli ultimi anni e il conseguente impoverimento delle famiglie ha trasformato un fenomeno in un’emergenza continua. Anche il patrimonio storico napoletano paga il prezzo all’illegalità. Ci sono circa 800 posizioni irregolari nei palazzi storici. E sugli sgomberi il bilancio è cosa da poco: 60-70 all’anno nella città di Napoli sono quelli andati a buon fine su 130 tentativi finiti nel nulla. Un numero veramente esiguo rispetto al numero reale degli immobili occupati. Anche a Napoli, come a Milano, ci si può ritrovare con la casa occupata dopo un lungo periodo di assenza. Ad un’anziana signora del rione Rossetti di Fuorigrotta, quartiere periferico della città, ci sono voluti 2 anni per rientrare nella sua casa occupata da una famiglia con bambini. Ogni volta lo sgombero era impossibile per motivi di salute di uno dei componenti o perché l’occupante era incinta. La dinamica degli abusivi di rado è violenta. Chi occupa subentra illegalmente a chi va via e spesso dietro c’è un traffico di denaro. Nemmeno la camorra può dirsi estranea al fenomeno: in più di un’occasione si è adombrata la regia dei clan.
I grandi numeri, anche se inferiori a Milano, riguardano anche gli sfratti che hanno diritto alla sospensiva. Ma se nella città del Duomo si è provveduto in altri modi all’assegnazione di nuovi alloggi, all’ombra del Vesuvio il provvedimento ora negato dal governo resta l’unica speranza. “A Napoli c’è esigenza della sospensiva – spiega Gaetano Oliva, Cgil Casa Napoli – perché non c’è nient’altro che abbia messo in moto nuove assegnazioni. L’ultimo bando è del 2010 e in 4 anni hanno esaminato solo 8 mila pratiche, non si riesce nemmeno a pubblicare la graduatoria provvisoria”. L’ultima risale a 20 anni fa e su 20 mila aventi diritto, in 15 anni è stata data sistemazione a 1.500 famiglie. “Questo vuol dire che un’intera generazione è tagliata fuori – sottolinea Oliva – non avrà diritto a un bel niente. La nostra preoccupazione è che torneranno gli ufficiali giudiziari a bussare alle case, come accadde nel 2010, con il governo Berlusconi, quando in un mese si contavano a Napoli 6-7 esecuzioni di sfratto. Si buttava fuori gente che non sapeva dove andare. Il ministro Lupi risponda sui fatti e intervenga concretamente sulla nostra emergenza”.
Anche le agevolazioni per morosità incolpevole non hanno sortito grandi effetti. Su un fondo di 1 milione e 400 mila euro assegnato alla Campania, a Napoli sono ben poche le domande arrivate al Comune, per questo l’avviso pubblico è stato prorogato fino al 15 febbraio. Eppure si contano circa 2.400 morosi incolpevoli tra Napoli e provincia.
Nel 2013 sono 3.320 gli sfratti emessi di cui 1.505 a Napoli e 1.815 in provincia. L’80 per cento sono sgomberi per morosità, si tratta appunto di inquilini che non ce la fanno più a pagare, un fenomeno sempre più frequente in provincia. La crisi corrode le possibilità economiche anche dei proprietari. Accade sempre più spesso che chi possiede un solo immobile non abbia la forza economica per fare causa al suo inquilino moroso. Non tutti gli sfratti emessi nel 2014 sono stati eseguiti proprio perché il proprietario non poteva rivolgersi ad un avvocato per aprire la procedura. Così gli inquilini morosi continuano a restare in casa. Sono stati 2.684 gli sfratti esecutivi per morosità (1.382 in provincia e 1.302 in città). Quasi seimila (5.849) invece le richieste di esecuzione di sfratto, cioè quelle in cui la procedura è stata avviata e si attende solo l’arrivo degli ufficiali giudiziari.
Polemiche a Parma per edifici in comodatodi MARIA CHIARA PERRI
PARMA – La lista d’attesa per l’assegnazione di un alloggio popolare è lunga e difficile da scalare, con patrimonio di edilizia residenziale pubblica vecchio di decenni o bloccato in cantieri in costruzione. In piena emergenza abitativa: nel 2013, tra Parma e provincia, sono stati emessi dal tribunale 726 provvedimenti di sfratto, di cui 363 in città. Sono state 489 le richieste di esecuzione per morosità di affitto e spese condominiali. Più di una al giorno. D’altro canto, abbondano gli immobili privati lasciati sfitti per la crisi del mercato immobiliare. Ed ecco che anche a Parma negli ultimi anni si sono moltiplicate le occupazioni. Edifici vuoti in pieno centro storico si sono riempiti di famiglie straniere con bambini, in situazioni di estrema indigenza, supportate dai movimenti autonomi che da anni si battono per il diritto alla casa.
Proprio nelle ultime settimane la giunta 5 Stelle ha deciso di risolvere il problema di due occupazioni, in un ex cinema e in uno stabile privato, scendendo a patti con gli occupanti e con i loro sostenitori. Come? Concedendo alle famiglie uno spazio pubblico in comodato d’uso. Una soluzione che ha scatenato una marea di polemiche.
L’assessore ai Servizi sociali Laura Rossi difende la scelta, spiegando che si tratta di una soluzione temporanea d’emergenza, per fare uscire dall’illegalità famiglie disperate che solo così potranno essere prese in carico dai servizi sociali. Dall’altra, l’opposizione politica parla di “premio all’illegalità”. Una scorciatoia concessa a chi commette reati rispetto ai tanti che rispettano la legge. Il dito è puntato non tanto contro l’accoglienza ai senzatetto, ma contro la decisione di concedere parte dello stabile anche alle attività di un centro sociale pur di mettere fine all’occupazione, mentre tante altre associazioni aspettano in fila il benché minimo contributo.
Ragioni contrapposte su un problema delicato, destinato a ripresentarsi presto: altri due condomini in centro sono occupati da 13 famiglie con otto bambini, tra cui due gemelline neonate. I tecnici si sono già presentati per staccare il gas.