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Nasce coordinamento dei comitati. Gabrielli: «Anche le istituzioni devono saper fare rete»

È stato costituito ieri a Roma, nel corso di un convegno organizzato nella sala Aldo Moro alla Camera dei Deputati, il “coordinamento delle periferie”, e cioè la prima rete nazionale di associazioni ed enti di “animazione sociale” che fanno da collante e sostegno alle azioni (le più varie) di rilancio fisico e sociale dei quartieri degradati di sette grandi città: Roma, Napoli, Bari, Bologna, Milano, Torino e Palermo.

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Si tratta di realtà diverse. Comitati o associazioni (sempre con ruoli di “collante”, non per specifiche iniziative): Corviale Domani (Roma), promotore dell’iniziativa, Comitati dei quartieri Libertà e Nuova San Paolo a Bari, Comitato Le Vele di Scampia a Napoli, Laboratorio Zen insieme a Palermo. Soggetti a cavallo tra pubblico e privato, come le Case di quartiere a Torino. Soggetti pubblici ma con ruolo di “mediazione”, come l’Urban Center di Bologna. Soggetti privati come Avanzi a Milano, architetti urbanisti specializzati in urbanistica partecipata e attivi in vari progetti a Milano.

L’ambizione del coordinamento (che si chiama «La realtà si vede meglio dalle periferie», citando una recente frase di papa Francesco) è quella, oltre a fare rete dal basso, di portare stabilmente la voce delle associazioni di quartiere nei palazzi delle istituzioni.

L’iniziativa ha ricevuto il sostegno del capo della Polizia Franco Gabrielli, che è intervenuto al convegno con una video intervista: «La crisi ha colpito di più le periferie. Ma esistono potenzialità enormi, è fondamentale che ci sia partecipazione ed è importante il coordinamento che avete costituito oggi. Ma anche le istituzioni devono imparare a fare rete, mentre spesso questo non avviene. Le istituzioni devono sporcarsi le mani, ascoltare i territori, non spaventarsi se spesso il dialogo è un po’ urlato e teso; e il dialogo va preso sul serio, gli impegni vanno rispettati, e bisogna che le istituzioni si parlino per affrontare i problemi e sappiano fare rete nel cercare di risolverli». Un intervento, quello di Gabrielli, che senza dubbio mette a frutto anche la sua esperienza di prefetto di Roma e capo della Protezione civile.

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Periferie… Tutti al centro! Si riparte dai “margini”

Un convegno sulle periferieIn pieno centro a Roma. Un paradosso? No, soprattutto se il tema principale dell’incontro è la rigenerazione di luoghi che non possono – e non devono – esser considerati marginali e per questo abbandonati a loro stessi.

Le periferie di cui si è parlato nella giornata del 23 novembre non sono quelle considerate tali perché geograficamente lontane dal centro della città. Sono invece quelle comunemente percepite come non-luoghi. Periferie che sanno di identità smarrite e nelle quali “stare al margine” diventa una consapevolezza più che una sensazione.

Ed è proprio dai tentativi di contrasto di questo status quo delle cose che prende forma il convegno “La realtà si vede meglio dalla periferia”. Nell’affascinante cornice della Sala Aldo Moro di Palazzo Montecitorio non si dà importanza a parole belle ma vuote. Il tavolo dei relatori è costruito infatti in modo tale da offrire testimonianze, esperienze e progetti messi in atto nelle periferie di diverse città italiane.

Gli interventi

Da Corviale (col suo “Serpentone”) allo Zen, da Scampia al Nuovo San Paolo, gli interventi di educatori, architetti, assessori ed esperti si susseguono incessanti. Una giornata sembra non bastare per entrare nel vivo di un tema che non può esser più solamente osservato dalla superficie. Ma, di certo, diventa sempre più impossibile non notare quanto le periferie siano accomunate da un’unica, fondamentale caratteristica: l’esser ritrovo di creatività e (sotto)culture.

Le persone, gli abitanti della periferia stessa, non possono dunque diventare un elemento secondario nell’analisi di questi luoghi. Anzi, al contrario, ripartire da chi vive questi spazi, ricomporre un sentimento di integrazione e identità sono il primo passo per riappropriarsi realmente delle periferie. E, non a caso, l’accesso al Convegno avviene dall’ingresso principale di Montecitorio, per un confronto con le istituzioni finalizzato a rimettere le persone al centro. Così come, con nuovo vigore, si sta tentando di fare con molte periferie italiane.

Se l’architetto Giovanni Caudo cita De Andrè e la sua “direzione ostinata e contraria” per riaffermare proprio la necessità di riqualificare le periferie, il convegno entra però nel vivo col racconto di progetti concreti realizzati in particolari periferie del nostro stivale.

“Carceri speciali”, Libertà e Serpentone

Letizia Liberatore e Domenico De Renzo (rispettivamente dei Comitati di quartiere Libertà e Nuovo San Paolo) ci portano alla scoperta di una Bari popolare sulla quale continuare a lavorare. “Il quartiere Libertà è da sempre musica, colore, luogo d’espressione d’arte e cultura. Doveva essere uno spazio aperto ai giovani, uno spazio da vivere. Ma il risultato non è stato quello”, dice Letizia. “Per questo ci impegniamo, per rispondere al degrado portando cultura. Ogni giorno c’è un forte reazione da parte di cittadini determinati a cambiare le cose.”

Dal racconto della Nuova San Paolo, dove i cittadini che hanno investito non vedono dopo 17 anni ancora alcun risultato, si passa poi a quello di Scampia. La storia delle “Vele” viene raccontata dai rappresentanti del Comitato e da chi, le vele, le vive e ricorda quando erano ancora sette: “C’è un’umanità straordinaria. Gente che lotta e non si rassegna. Le Vele noi le chiamiamo carcere speciale perché abbiamo visto cose bruttissime e per 30 anni siamo stati etichettati da un mondo che vede solo la Scampia dei film, di Gomorra. Ma non siamo solo questo”.

Lavoro, passioni…

Le emozioni di fronte a racconti di quanto è stato fatto e quanto ancora ci sia da lavorare si fondono con interviste, dati tecnici e interventi-video, come quello del Capo della Polizia Franco Gabrielli, sulla (in)sicurezza di molte delle periferie chiamate in causa. Pino Galeota, CorvialeDomani (facente parte di Coordinamento 23 Novembre – organizzatore dell’evento insieme al Forum Terzo Settore Lazio e altre reti e associazioni attive sul territorio), spiega come in quartieri simili la battaglia si combatte sul campo del valore sociale. In questo senso la risposta di Gabrielli risuona ancora più forte: “in 13 mesi ha visitato 60 periferie. Quando abbiamo detto che a Corviale non viene nessuno, lui ha prontamente risposto Ci vengo io. E l’ha fatto sul serio”, conclude Galeota.

…E foto dalle periferie

L’intervento del Dott. Sandro Cruciani – Responsabile Direzione Centrale ISTAT – diventa invece fondamentale per combinare le esperienze maturate “sul campo” con dati, numeri e statistiche. Istantanee capaci di restituire importanti fotografie di Comunità e territori da coinvolgere nel processo di rigenerazione.

La mattinata si conclude con gli interventi di Giovanni Ginocchini, Urban Center Bologna, Erika Mattarella, che porta l’esperienza di Torino, Elena Donaggio la realtà di Milano e Mariangela Di Gangi, Laboratorio Zen Insieme, di Palermo.

Tante voci, competenze diverse eppure punti di vista estremamente interessanti. Utili a fornire una visione generale della questione e raccontare piani di azione realizzabili da chi conosce bene il tema di cui parla. Tutti elementi che denotano la particolare cura nella selezione dei relatori e delle realtà presentate.

In viaggio per l’Italia

A Bologna l’Urban Center crea spazi di “immaginazione civica” e innova con “patti di collaborazione” che favoriscano la partecipazione dei cittadini attraverso un “bilancio partecipativo”: per la prima volta sono i cittadini a votare i progetti presentati (quasi 30, segno della voglia di fare per donare nuova identità alla propria periferia). Voto aperto a ragazzi dai 16 anni, agli studenti non residenti e agli stranieri. Insomma, a tutte quelle persone che vivono la città ma non hanno in altri casi il diritto di dire la loro.

A Torino è la realtà delle case di quartiere a rivoluzionare il concetto di periferia passiva: aperte a tutte e sede esclusiva di nessuno, questi luoghi diventano importanti contenitori di progettualità, come a Milano è il progetto UIA a dare vita a una mappatura e scoperta di buone pratiche provenienti “dal basso”.

In pochi minuti Mariangela Di Gangi riesce invece a colpire l’intera sala con un incisivo racconto delle attività di Laboratorio Zen Insieme sul territorio palermitano. Poche e chiarissime parole che lasciano ben impresso un concetto: “l’obiettivo degli educatori, qui, è combattere non la mafia, ma la mentalità mafiosa”.

Sociale, istituzioni e nuove narrazioni

“Non siamo tutti Buzzi, non siamo tutti Carminati”, inizia con questo monito di Salvatore Costantino (Presidente impresa sociale Folias – Legacoop) il pomeriggio, che prosegue poi all’insegna di tavole rotonde istituzionali. “Come rigenerare la periferia?”, chiede Francesca Danese, Portavoce Forum Terzo Settore Lazio. “Con la conoscenza e, insieme, la valorizzazione di un mondo come il Terzo Settore. Non si tratta di portare il Colosseo in periferia, piuttosto il contrario. Va sottolineato che rispetto ad altre città europee da noi non ci sono banlieue, però dobbiamo prendere atto della preoccupante situazione attuale: la povertà è fortemente aumentata anche nei paesi che hanno voluto creare l’Europa. E allora, se ci siamo fatti sfuggire un’Europa sociale, forse dobbiamo ripartire proprio dalle periferie per ritrovare alcuni valori persi”.

Mentre gli interventi continuano, almeno due consapevolezze si fanno strada, decise: la prima che un dialogo e la creazione di una rete tra realtà territoriali di Città metropolitane diverse è possibile. La seconda è che la ricostruzione passa anche, e soprattutto, dalle amministrazioni. E sta proprio alle istituzioni creare nuove narrazioni.

Materiale ce n’è, voglia di fare e capacità di riuscire non mancano, quindi… Non resta che ripartire. Dalle periferie, ovviamente.

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Allo Zen c’è da pagare un debito verso il territorio

In città pronti 18 milioni di euro. Per il capoluogo siciliano era presente l’associazione Zen Insieme. «È uno strumento che migliora la qualità e il senso di appartenenza alla comunità».

«Le istituzioni allo Zen devono pagare lo scotto di essere mancate per tanto tempo e hanno un debito nei confronti di quel territorio. Questo piano potrà essere una sorta di risarcimento per questo assenza». Mariangela Di Gangi, presidente dell’associazione Zen Insieme, racconta così l’incontro che si è tenuto ieri a Montecitorio, durante il quale è nato il coordinamento tra le realtà sociali delle città in cui è stato approvato il Piano per le Periferie. A Palermo questo piano porterà 18 milioni di euro tra fondi comunali, fondi del Patto per Palermo e anche fondi privati. Si tratta di cifre che in ogni caso sono presenti sulla carta ma non sono state ancora trasferite dai Comuni di riferimento. Ecco perché le associazioni che lavorano nelle città dove il Piano è stato approvato hanno promosso un incontro-convegno a Roma dal titolo La realtà si vede meglio dalla periferia, sul tema della rigenerazione delle periferie.

Le sette organizzazioni di altrettante città che hanno visto approvato il Piano sono: Corviale Domani (Roma), Urban Center (Bologna), Avanzi (Milano), Comitato Le Vele Scampia (Napoli), Laboratorio Zen Insieme (Palermo), Comitati Quartiere Libertà e Nuovo San Paolo (Bari), Progetto CO-CITY in Urban innovations Actions (Torino). Insieme hanno lanciato il Coordinamento Periferie che servirà per monitorare la spesa di questi fondi e per permettere alle associazioni di scambiare esperienze e metodologie. A Palermo la riqualificazione riguarderà la costa Nord, quindi in particolare lo Zen ma anche Marinella e Sferracavallo. «Questo coordinamento serve come interfaccia con le istituzioni – spiega Mariangela Di Gangi – per permetterci di lavorare meglio, affiancandoci e rafforzandoci rispetto alla realizzazione dei piani».

In questo primo incontro si è provato a delineare le linee guida operative per riqualificare e rigenerare i luoghi dove vivono moltissimi cittadini, spesso in condizioni di svantaggio in termini di servizi pubblici. «Nel mio intervento – continua Di Gangi – ho cercato di spiegare il mio punto di vista da operatrice nel quartiere, non scendendo nel merito del progetto in se ma raccontando l’importanza del processo, e non del progetto, che prova con fatica a corresponsabilizzare cittadini e istituzioni. La rigenerazione urbana, poi, per me è uno strumento che migliora la qualità della senso di appartenenza alla comunità, che può provare a accorciare la distanza tra cittadini e istituzioni per creare reale coesione sociale».

Tra i tanti relatori e ospiti presenti: il ministro per la Coesione Territoriale Claudio De Vincenti, Pino Galeota di Corviale Domani (Roma) e Giovanni Ginocchini di Urban Center (Bologna), Claudio Giangiacomo, avvocato del Cild – Centro di Iniziativa per la Legalità Democratica, il capo della Polizia di Stato Franco Gabrielli, il presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera Andrea Mazziotti Di Celso, il vice Avvocato dello Stato Marco Corsini, il direttore generale Fondazioni Casse di Risparmio Franco Righetti, il presidente della Commissione parlamentare Periferie della Camera Andrea Causin,  la segretaria nazionale dell’ANCI Veronica Nicotra.

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Così cambieremo l’immagine di Scampia

De Magistris, audizione alla Camera.
La Commissione parlamentare di inchiesta sulle Periferie ha svolto un’audizione al sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, trasmessa in diretta dalla webtv della Camera dei Deputati.

«Siamo in condizione entro l’estate di cantierizzare e probabilmente abbattere entro l’estate la prima vela di Scampia», ha detto de Magistris nel corso dell’audizione. «Abbatteremo tre vele su quattro a Scampia e quella che resterà in piedi diventerà sede di uffici istituzionali: Scampia, periferia, diventa centro e centro della Città Metropolitana», ha aggiunto.

De Magistris, parlando del progetto Restart periferie ha detto che «prevede anche una rigenerazione urbana ed è un progetto di grande valenza sociale che porta anche la firma dell’Università di Napoli Federico II e del Comitato Vele. È questo il nostro modo di intendere l’amministrazione pubblica: al centro ci sono i cittadini e questo progetto ha un valore nazionale e oserei dire internazionale per l’immagine delle Vele che c’è oggi nel mondo».

«L’audizione del sindaco de Magistris conferma che Napoli è un laboratorio interessante sul tema delle periferie. Sicuramente la riqualificazione del quartiere delle Vele di Scampia è un modello e ha una portata nazionale, ma è interessante l’attenzione complessiva alla riqualificazione delle periferie che è stata messa al centro dell’azione amministrativa», ha detto Andrea Causin, presidente della commissione parlamentare di inchiesta sulle periferie.

«Dall’audizione sono emersi degli spunti interessanti di cui è necessario tenere conto, soprattutto per quanto riguarda la necessità di mettere mano al sistema dei poteri e dei rapporti tra città metropolitane e regioni» ha spiegato Causin. «Se si vuole investire su una strategia di rigenerazione delle periferie, le città metropolitane devono diventare centrali nelle gestioni di alcune competenze, legate ai servizi alle persone, come il trasporto pubblico e devono diventare centro di attrazione dei fondi europei» ha concluso.

«Stiamo per svuotare la seconda vela, il rischio è che altri vadano ad occupare o che intervenga la criminalità organizzata. Bisogna far presto e abbattere la prima vela entro l’estate anche perché quella struttura non può rimanere a lungo svuotata». Lo ha detto il sindaco di Napoli Luigi de Magistris nell’audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle periferie della camera Il sindaco ha ricordato che a Scampia «interveniamo in un territorio che è difficile e dobbiamo fare in modo che le persone che escono da una Vela possono avere un alloggio popolare, se ne hanno titolo».

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Green Economy, le indicazioni dell’indagine conoscitiva conclusa alla Camera

green-economy-150x150Attuare una riforma fiscale ecologica che sposti il carico fiscale, senza aumentarlo, a favore dello sviluppo degli investimenti e dell’occupazione green.

“Il percorso di riconversione in chiave green del sistema produttivo italiano deve passare, e sta passando, non solo attraverso il fattore “capitale”, espresso dall’impegno delle imprese nell’investire in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale delle produzioni e trasferire un di più di competitività ai beni e servizi prodotti, ma anche attraverso quello del “lavoro”, per mezzo della ricerca di figure professionali le cui competenze, se ben formate, sono in grado di imprimere all’impresa un salto di qualità verso la frontiera della green economy”.

È quanto si legge nella proposta di documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla green economy, approvato il 18 settembre scorso all’unanimità dalle Commissioni Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici e Attivià Produttive della Camera dei Deputati.

RIORIENTARE RISORSE, INVESTIMENTI, COMPORTAMENTI. “La green economy fa già parte del presente della nostra economia. E può diventarne il futuro”, sottolinea il documento. “Affinché ciò avvenga e si imbocchi definitivamente la strada della green economy, in Italia bisogna immaginare e tradurre concretamente un vasto programma di riforme strutturali in grado di riorientare risorse, investimenti, comportamenti.

Se questo è vero allora green economy significa investimenti ingenti su scuola, formazione e ricerca; significa ridare impulso ad una politica che sia in grado di programmare e orientare nel medio-lungo periodo; significa cura scrupolosa del territorio nelle sue diverse declinazioni: città, ambiente, cultura, agricoltura, paesaggio, infrastrutture”.

DAL POSSESSO DEI BENI ALL’ACCESSO A SERVIZI. Green economy, sottolinea il documento conclusivo, “significa massimizzare l’efficienza in tutte le sue declinazioni: nella trasformazione delle materie prime, nell’uso di energia, nell’uso del suolo, efficienza nell’impiego di prodotti e servizi.

In particolare Green economy sposta l’attenzione dal possesso dei beni all’accesso a servizi. Questo significa ripensare la produzione di massa dei beni di consumo da un lato, e dall’altro, invertire l’attuale tendenza alla sempre più rapida obsolescenza dei prodotti di consumo sostituendo parte della produzione di beni, con la produzione di servizi di manutenzione e riparazione, nonché con forme di accesso a beni condivisi”.

LE PRIORITÀ. In tal senso “è possibile individuare alcune priorità e urgenze intorno a cui rafforzare, in questi mesi e nei prossimi anni, un impegno istituzionale capace di aiutare il Paese a superare alcuni suoi limiti e ritardi e imboccare la strada della crescita”:

– Attuare una riforma fiscale ecologica che sposti il carico fiscale, senza aumentarlo, a favore dello sviluppo degli investimenti e dell’occupazione green.

– Incentivare la penetrazione di strumenti credibili ed oggettivi di quantificazione degli impatti ambientali associati alle attività umane, con lo scopo di misurarne la sostenibilità.

– Attivare programmi per un migliore utilizzo delle risorse europee e per sviluppare strumenti finanziari innovativi per le attività della green economy.

– Attivare programmi di informazione in merito ai finanziamenti esistenti anche in termini qualitativi e quantitativi.

– Attivare programmi di semplificazione e di trasparenza in merito all’accesso al credito sia nell’ambito degli investimenti pubblici che privati.

– Attivare investimenti che si ripagano con la riduzione dei costi economici, oltre che ambientali, per le infrastrutture verdi, la difesa del suolo e le acque.

– Innovare le procedure previste per i bandi pubblici e le gare d’appalto mettendo al centro la qualità dei materiali usati, la qualità del prodotto finale, la qualità e la sicurezza del lavoro.

– Un programma nazionale per l’efficienza e il risparmio energetico eliminando le barriere allo sviluppo dell’efficienza energetica; barriere culturali, barriere economiche, barriere normative.

– Attuare misure per sviluppare le attività di riciclo dei rifiuti.

– Promuovere il rilancio degli investimenti per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

– Effettuare programmi di rigenerazione urbana, di recupero di edifici esistenti, nonché di eventuale sostituzione di edifici, di bonifica, limitando il consumo di suolo non utilizzato.

– Rendere stabili le misure di incentivazione su ristrutturazioni edilizie, risparmio ed efficienza energetica nelle abitazioni e negli immobili.

– Investire nella mobilità sostenibile urbana.

– Valorizzare le potenzialità di crescita della nostra agricoltura di qualità.

– Promuovere la valutazione degli effetti occupazionali dei diversi interventi “green”.

– Attivare un piano nazionale per l’occupazione giovanile per una green economy.

indagine conoscitiva sulla green economy della camera dei deputati

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