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Pietralata, via al Piano di recupero: pronti 57 milioni per opere pubbliche

Più altri 34 milioni di euro per edilizia privata. Lo fa sapere l’assessore all’Urbanistica del Campidoglio, Paolo Berdini, che contesta il confronto tra Roma e Milano: «Al governo propongo un patto: con tre miliardi questa città cambierebbe molto» di shadow 0 0 2 Il Print di Pietralata è stato firmato. Il primo Piano di recupero urbano in assoluto, che prevede opere pubbliche per 57 milioni di euro e 34 milioni di edilizia privata, atteso da più di 10 anni, ha finalmente la firma dell’assessore all’Urbanistica. Paolo Berdini non lo annuncia ufficialmente all’annuale Assemblea dell’Acer – l’ Associazione dei costruttori romani – ma lo fa sapere comunque. Eppure per i costruttori è una buona notizia. Che forse avrebbe un po’ sopito i tanti attacchi di ieri all’Auditorium, dove sullo sfondo di una grande riproduzione del dipinto «La città ideale», si inizia con la ricerca del Cresme «World Cities Vision 2030-2050 – Come le città stanno ridisegnando il loro futuro». E dove, attraverso le parole di Lorenzo Bellicini, si sottolinea «la drammatica situazione in cui versa Roma», rispetto le previsioni di altre metropoli europee come Parigi, Londra o Amburgo. Si prosegue: «Avevamo invitato fin da luglio Virginia Raggi». Ma la sindaca non è presente «a causa di impegni istituzionali concomitanti e improcrastinabili». «Mi rendo contro degli impegni del primo cittadino – ha detto il presidente dell’Acer, Edoardo Bianchi – ma non posso nascondere un pizzico di delusione. Abbiamo creduto e continuiamo a credere nell’importanza del confronto costruttivo tra amministrazione e forze produttive». A rappresentare Virginia Raggi è così l’assessore all’Urbanistica e Lavori pubblici, Berdini, che per prima cosa contesta il confronto con Milano: «Propongo un patto al Governo – dice -, Milano ha avuto un miliardo e mezzo per l’Expo e un altro miliardo e mezzo dal “Patto”. Se io avessi tre miliardi questa città cambierebbe molto. Ed è la cifra che avrei avuto per le Olimpiadi». Così, con la richiesta dei tre miliardi al Governo Paolo Berdini annuncia la proposta di un «Patto per Roma», in una visione di «grande centro dell’eccellenza della cultura e luogo di elezione universitario»; «nuove – leggere – infrastrutture su ferro per superare questo diluvio di auto» e un «ripensamento del Piano di edilizia residenziale pubblica». Bianchi non legge una relazione ma parla per quasi tutto il tempo a braccio. Non vuole più sentire parole come «rigenerazione urbana» o «riqualificazione», le vuole vedere attuate. Lo stadio Flaminio? «È una vergogna». E che «fine ha fatto il progetto di riqualificazione di via Guido Reni? Approvato nell’agosto 2014 e poi forse abbandonato in un cassetto di qualche ufficio comunale…». Ancora: «È arrivato il momento di assumere decisioni sulla riqualificazione dell’area dell’ex Fiera di Roma». Non mancano contestazioni anche al Bilancio del Campidoglio, che stanno esaminando in questi giorni: «I 481 milioni messi a disposizione in tre anni per i lavori pubblici dei quali 280 per la metropolitana, sono insufficienti. Con questi fondi non si può gestire la città». Ma il principale attacco è sull’Ufficio Condono: «Ci sono 200 mila pratiche pendenti – spiega il presidente dell’Acer -, che significano per le casse comunali almeno un miliardo di introito. Soldi che i cittadini verserebbero contenti pur di chiudere: ma al ritmo di 8.000 pratiche l’anno ci vorranno ancora venti anni…». E alla fine – a Giubileo concluso – entrano di nuovo in scena i 37 milioni di euro di opere giubilari non spesi. Così il presidente dell’Anac Raffaele Cantone puntualizza: «Non c’è stato nessun ritardo dei lavori giubilari ascrivibili all’Anac. Ci sono ancora moltissimi lavori che possono essere fatti utilizzando i fondi giubilari – aggiunge -. E da parte dell’autorità non c’è nessuna opposizione. Il nostro obiettivo non è bloccare ma il contrario: provare a far lavorare chi deve nel rispetto delle regole. E crediamo nel codice degli appalti».] Più altri 34 milioni di euro per edilizia privata. Lo fa sapere l’assessore all’Urbanistica del Campidoglio, Paolo Berdini, che contesta il confronto tra Roma e Milano: «Al governo propongo un patto: con tre miliardi questa città cambierebbe molto»

Il Print di Pietralata è stato firmato. Il primo Piano di recupero urbano in assoluto, che prevede opere pubbliche per 57 milioni di euro e 34 milioni di edilizia privata, atteso da più di 10 anni, ha finalmente la firma dell’assessore all’Urbanistica. Paolo Berdini non lo annuncia ufficialmente all’annuale Assemblea dell’Acer – l’ Associazione dei costruttori romani – ma lo fa sapere comunque. Eppure per i costruttori è una buona notizia. Che forse avrebbe un po’ sopito i tanti attacchi di ieri all’Auditorium, dove sullo sfondo di una grande riproduzione del dipinto «La città ideale», si inizia con la ricerca del Cresme «World Cities Vision 2030-2050 – Come le città stanno ridisegnando il loro futuro». E dove, attraverso le parole di Lorenzo Bellicini, si sottolinea «la drammatica situazione in cui versa Roma», rispetto le previsioni di altre metropoli europee come Parigi, Londra o Amburgo.

Si prosegue: «Avevamo invitato fin da luglio Virginia Raggi». Ma la sindaca non è presente «a causa di impegni istituzionali concomitanti e improcrastinabili». «Mi rendo contro degli impegni del primo cittadino – ha detto il presidente dell’Acer, Edoardo Bianchi – ma non posso nascondere un pizzico di delusione. Abbiamo creduto e continuiamo a credere nell’importanza del confronto costruttivo tra amministrazione e forze produttive». A rappresentare Virginia Raggi è così l’assessore all’Urbanistica e Lavori pubblici, Berdini, che per prima cosa contesta il confronto con Milano: «Propongo un patto al Governo – dice -, Milano ha avuto un miliardo e mezzo per l’Expo e un altro miliardo e mezzo dal “Patto”. Se io avessi tre miliardi questa città cambierebbe molto. Ed è la cifra che avrei avuto per le Olimpiadi». Così, con la richiesta dei tre miliardi al Governo Paolo Berdini annuncia la proposta di un «Patto per Roma», in una visione di «grande centro dell’eccellenza della cultura e luogo di elezione universitario»; «nuove – leggere – infrastrutture su ferro per superare questo diluvio di auto» e un «ripensamento del Piano di edilizia residenziale pubblica».

Bianchi non legge una relazione ma parla per quasi tutto il tempo a braccio. Non vuole più sentire parole come «rigenerazione urbana» o «riqualificazione», le vuole vedere attuate. Lo stadio Flaminio? «È una vergogna». E che «fine ha fatto il progetto di riqualificazione di via Guido Reni? Approvato nell’agosto 2014 e poi forse abbandonato in un cassetto di qualche ufficio comunale…». Ancora: «È arrivato il momento di assumere decisioni sulla riqualificazione dell’area dell’ex Fiera di Roma». Non mancano contestazioni anche al Bilancio del Campidoglio, che stanno esaminando in questi giorni: «I 481 milioni messi a disposizione in tre anni per i lavori pubblici dei quali 280 per la metropolitana, sono insufficienti. Con questi fondi non si può gestire la città». Ma il principale attacco è sull’Ufficio Condono: «Ci sono 200 mila pratiche pendenti – spiega il presidente dell’Acer -, che significano per le casse comunali almeno un miliardo di introito. Soldi che i cittadini verserebbero contenti pur di chiudere: ma al ritmo di 8.000 pratiche l’anno ci vorranno ancora venti anni…».

E alla fine – a Giubileo concluso – entrano di nuovo in scena i 37 milioni di euro di opere giubilari non spesi. Così il presidente dell’Anac Raffaele Cantone puntualizza: «Non c’è stato nessun ritardo dei lavori giubilari ascrivibili all’Anac. Ci sono ancora moltissimi lavori che possono essere fatti utilizzando i fondi giubilari – aggiunge -. E da parte dell’autorità non c’è nessuna opposizione. Il nostro obiettivo non è bloccare ma il contrario: provare a far lavorare chi deve nel rispetto delle regole. E crediamo nel codice degli appalti».

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Costruire un progetto condiviso per la città

Si è aperto mercoledì 5 ottobre, con un incontro che è solo il primo di una lunga serie, il confronto sulle criticità e le opportunità del territorio tra i Presidenti dei Municipi, i loro assessori all’Urbanistica e ai Lavori pubblici e l’assessore all’Urbanistica e Infrastrutture di Roma Capitale Paolo Berdini.
Due le tematiche su cui impegnare l’amministrazione del territorio individuate dall’assessore Berdini: il completamento delle duecento convenzioni urbanistiche in essere, la verifica delle criticità e l’ultimazione dei Piani di Zona del secondo PEEP. Lavorando, nel frattempo, a un progetto condiviso per la città imperniato su tre obiettivi di fondo: riavvicinare le periferie fra di loro e al centro mediante una rete di trasporto pubblico su ferro con la realizzazione di nuove linee tranviarie, recuperare e destinare a nuovo uso gli spazi abbandonati —come ad esempio il Forlanini, il Santa Maria della Pietà, il San Giacomo— rivedere il protocollo di intesa con Ferrovie e chiudere, finalmente, l’Anello ferroviario.
L’assessore ha poi sottolineato la necessità di promuovere sinergie tra pubblico e privato per creare nuove opportunità di crescita e valorizzazione, come per esempio la realizzazione di una Città della Scienza nei terreni già espropriati a Tor Vergata, un polo di ricerca e di studio da mettere a servizio degli studenti e della città tutta.
I Municipi, a cui l’assessore pensa di attribuire in un prossimo futuro la responsabilità e le risorse economiche per la gestione complessiva della manutenzione ordinaria, hanno poi illustrato le difficoltà e i problemi rilevati -primi fra tutti la carenza di risorse umane, la necessità di un miglior coordinamento degli interventi infrastrutturali e di un più ampio e articolato accesso ai dati e alle informazioni- e la discussione si è incentrata sulle strategie e le pratiche da adottare per la loro soluzione.

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Le periferie al centro, per far ripartire Roma

Paolo Berdini sarà il prossimo assessore all’Urbanistica di Roma. Un tecnico, con una storia a sinistra, scelto da Virginia Raggi in uno dei ruoli chiame per la sua amministrazione. Un nome di alto profilo per uno dei compiti più complicati per il rilancio della capitale. Come per il neosindaco di Milano Beppe Sala, la parola chiave è per il suo assessorato sarà “periferie”: da lì si deve ripartire. A differenza del primo sindaco di Milano, però, Berdini dell’argomento si occupa da tutta una vita. “Ma va bene, l’importante è rimettere al centro le periferie”. Se la Città eterna è arrivata a questo scempio, la colpa è’ dell’”ubriacatura da mattone facile”, che ha espanso le città all’inverosimile, distruggendo le strutture sociali e il welfare di prossimità. Come fermare questa deriva?

“Questa congiuntura economica aiuta un po’ a raggiungere l’obiettivo di bloccare quest’espansione urbanistica – risponde – costata anni di emarginazione sociale. Non sono contro il fatto che le città cambino: le città nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento sono cambiate dando però un servizio ai cittadini. Oggi noi stiamo costruendo periferie devastanti dove non c’è più alcun servizio, né alcun senso comunità. Credo sia un grande obiettivo risanre le periferie. E risanaree le periferie significa non far più crescere le città”.

È sempre stato un avversario del Piano regolatore che ha visto la luce nel 2008. Ci spiega perché?

“Perché il piano era basato su ubriacatura da mattone facile che ci veniva dagli Stati Uniti e dalle politiche liberiste. Gli Usa sono stati il faro di queste politiche da indebitamento delle famiglie per comprarsi un’altra casa. Dal 2008, guarda caso l’anno dell’approvazione del piano regolatore di Roma, questa finzione è crollata e con essa queste politiche scellerate. Tutto questo è legato alla più grave crisi del sistema capitalistico, più grave anche della crisi del ’29. Dunque bisogna pensare che quel piano scellerato pensato sull’efferscenza del mattone sia arrivato alla consunzione per sua stessa natura, se posso dire. Qui c’è un ragionamento a mio avviso molto interessante di come ricostruiamo le basi non solo di Roma, ma del sistema produttivo dell’Italia intera disancorandolo dalla speculazione immobilare”.

Il tema delle periferie è centrale, non solo a Roma, ma anche a Milano, stando alle parole del neosindaco Sala. Perché si insiste così tanto?

“Il tema è centrale e sono contento che lo dica anche Sala. Forse poteva avere il coraggio di dire che costruire la sede di Expo in espansione rispetto ad una città che ha già problemi urbanistici è stato un grande errore. Però va bene, oggi rimettiamo al centro le periferie. Sono centrali perché è lì che si concentra la sofferneza sociale. Con questa visione della città e delle periferie stiamo disarticolando la struttura della società che prima teneva un po’ tutti attraverso le forme del welfare. Mi sembra che rimettere al centro le periferie sia uno strardinario elemento che può aiutare un’evoluzione culturale del sistema Italia”.

Concretamente come intende agire per affrontare i problemi delle periferie romane?

“Il cardine del ragionamento è che bisogna accorciare le distanze tra centro e periferia. Accorciare le distanze in senso metaforico, avvicinandole ad esempio attraverso sistemi di trasporto su rotaia che a Milano esistono in grande quantità e sono molto efficienti ma a Roma non esistono. Dopodiché bisogna fare blocco per ricostruire il welfare urbano. Non possiamo non fare niente in periferia perché non abbiamo soldi. I soldi vanno tolti, come dice la campagna Sbilanciamoci, da altre poste di bilancio che non servono a nulla. Bisogna investire su inclusione sociale e cultura per i giovani”.

L’elemento centrale nella campagna elettorale è stato il tema delle Olimpiadi. È evidente che se dovessero farsi avranno un impatto significativo anche sul piano urbanistico. Si è già dichiarato contrario al villaggio per gli atleti a Tor Vergata e ora si vedrà se proeseguire con la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Che valutazione fa di questa partita? Come pensa di gestire impatto urbanistico?

“Bella domanda. Intanto diciamo che il nuovo sindaco Virginia Raggi aveva detto con molta nettezza che avrebbe ridiscusso la partecipazione di Roma. Dopodiché se si facessero, ci sono modelli postivi da seguire. Si prenda Barcellona ’92: hanno costruito una serie di impianti in periferia che sono rimasti alla città. Non è la stessa esperienza di Torino dove abbiamo costruito cattendrali in montagna che adesso dobbiamo demolire. A Barcellona si è costruito dentro la città. Si è pensato di fare del bene alla città e non di costruire case agli atleti. È un cambio di ottica, di prospettiva. Le Olimpiadi possono esere accettate, ma a patto che protino beneficio in periferia e non a chi ha guadagnato mettendo in ginocchio il 90% della popolazione mondiale”.

Quindi un’altra Olimpiade è possibile non esiste solo il no pregiudiziale.

“C’è un referendum in atto, per questo ne parlo con molta prudenza. Il segretario del partito radicale sta raccogliendo le firme. La democrazia è anche questa, ma se l’esito al referendum sarà favorevole, allora la realizzazione va impostata così. Quella spesa pubblica deve migliorare la vita dei romani”.

Una curiosità: come si è avvicinato al M5S e a Raggi, lei, che ha una storia di sinistra?

“L’incontro con i Cinque Stelle è cominciato tre anni fa quando mi hanno chiesto di scrivere delle leggi per il Parlamento. Ho conosciuto questi ragazzi con meno di 30 anni che hanno a cuore la città pubblica e hanno una visione di città in controtendenza con l’idea che tutto è mercato. I quattro giovani consiglieri comunali del Movimento a Roma hanno impostato un’azione micidiale con cui hanno cui svelato tutta Mafia Capitale in anticipo: da lì ho inizato a collaborare con loro. Tra questi c’è anche Virginia Raggi. È avvenuto in questo frangente l’incontro, nel merito delle questioni al di là dello schieramento. È una problema di merito e lì non hanno sbagliato una mossa”.

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