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Dracula Untold

di Gary Shore. Con Luke EvansDominic CooperSarah GadonCharles DanceDiarmaid Murtagh USA 2014

Siamo nel XV secolo e il conte Vlad (Evans) governa la Transilvania, che è parte dell’ Impero Ottomano. A 15 anni era stato ceduto dal padre agli invasori, insieme a tutti suoi coetanei, in segno di pace e lui era stato duramente addestrato a diventare un guerriero; era diventato così il feroce e temuto Impalatore. Ora regge con saggezza il proprio paese e vive serenamente con la moglie Mirena (Gadon) e con i figli. Un giorno uno dei suoi uomini trova nel bosco la testa di un esploratore turco. Vlad sa che ci saranno vicini altri armati e, con due scudieri, li va a cercare. I tre arrivano ad una caverna piena di pipistrelli e lì trovano i resti degli altri turchi e una quantità di scheletri umani; appare una creatura mostruosa (Dance) che uccide i due compagni del conte mentre lui si salva a stento. Tornato al proprio castello, viene a sapere da Frate Lucian (Paul Kaye) che nella grotta risiede da secoli il Vampiro, un nobile che aveva stretto un patto con le Tenebre, che gli avevano concesso l’immortalità ma lo avevano condannato ad essere il mostro che lui aveva incontrato. La sera, mentre nel palazzo si festeggiano 10 anni di pace, arriva il Bey Hamza (Fernand Kinsley) che, oltre a ritirare il consueto tributo in danaro, comunica che il Sultano Mehmed (Cooper) vuole mille adolescenti, tra cui i figlio di Vlad, Ingeras (Art Parkinson), per addestrarli ed arruolarli. Lui va da Mehmed – con il quale era cresciuto come un fratello – per dissuaderlo ma inutilmente. Quando, per evitare al suo popolo una impari guerra, sta per consegnare il figlio ha un moto di ribellione e uccide i soldati che erano venuti a prenderlo. La guerra è ormai certa e la disfatta anche ma Vlad va dal Mostro e questi, dopo avergli fatto bere il proprio sangue, gli comunica che per tre giorni avrà da vivo tutti i poteri del vampiro dopo di che morirà ma che, se non resisterà alla tentazione di bere sangue umano, sarà condannato alla condizione di Non Morto. Il conte uccide da solo mille turchi e, prima che arrivi una seconda ben più nutrita ondata, parte con tutto il suo popolo per un monastero di montagna molto ben protetto dalla natura circostante. In una sosta lo zingaro Chkelgim (Zach McGowan), nato con il destino di essere servo dei vampiri, gli offre il proprio sangue ma lui lo scaccia. Nell’ultimo tratto del viaggio, lascia il comando al fido Dumitriu (Murtagh) per affrontare da solo i turchi ma deve accorrere per salvare la moglie e il figlio. Nel monastero Lucian, che ha capito cosa gli è capitato, convince gli altri a dargli fuoco; i suoi poteri lo salvano e, aiutato da milioni di pipistrelli, distrugge l’esercito nemico. Ma Mehmed, penetrato nel monastero, con alcuni armati rapisce Ingeras e butta da un dirupo Mirena. Vlad si lancia per salvarla ma non ce la fa e lei, morente, lo supplica di suggere il suo sangue (sono trascorsi i fatali tre giorni) per rimanere vivo e salvare il figlio. Lui lo fa e fa bere il proprio sangue ai pochi superstiti tra i transilvani. Con quel drappello di invincibili vampiri, uccide Mehmed ed i suoi uomini e salva il ragazzo. I vampiri tentano di aggredire Ingeras che viene salvato dal Frate che con una croce li tiene lontani. Il sorgere del sole li annienterà ma Chkelgim porta in salvo Vlad, ormai definitivamente ed eternamente Dracula.




Confusi e felici

di Massimiliano Bruno. Con Claudio BisioMarco GialliniAnna FogliettaMassimiliano BrunoPaola Minaccioni  Italia 2014

Marcello (Bisio) è uno psicanalista non particolarmente efficace e con un parterre di pazienti molto sui generis: ci sono Nazareno (Giallini), spacciatore con crisi di panico, Pasquale (Bruno), autista dell’Atac mammone e sovrappeso, Michelangelo (Rocco Papaleo), telecronista sportivo violentemente anti-teutonico per colpa della infedele moglie, Vitaliana (Minaccioni), ninfomane innamorata dell’analista, Enrico (Pietro Sermonti) e Betta (Caterina Guzzanti), due coatti in crisi coniugale per l’indifferenza sessuale di lui. Un giorno Marcello scopre di avere una malattia agli occhi che rischia di portarlo rapidamente alla cecità. Disperato, decide di smettere l’attività, licenzia l’efficiente segretaria Silvia (Foglietta) e interrompe l’analisi di tutti i pazienti. L’assistente (Sabrina Crocco) del suo oftalmologo, ignorando la sua professione, lo indirizza da un analista di gruppo (Gioele Dix) e gli parla di una clinica in Germania , che, in caso di peggioramento, potrebbe operarlo con qualche possibilità di successo. Silvia ed i pazienti una sera fanno irruzione a casa sua e lo convincono ad uscire con loro ed a distrarsi in una sorta di reciproco rapporto di cura. Silvia, che è anche pittrice, lo porta al Museo Borghese, Nazareno organizza una cena dal trucido oste Pallotta (Federico Calisti), Vitaliana gli si offre invano, Pasquale gli porta gli untissimi manicaretti della mamma e Michelangelo si fa aiutare a scassare la Mercedes dell’odiato rivale tedesco. Lui, da parte sua, convince Nazareno a stare vicino a Mercedes (Kelly Palacios), una brasiliana di colore che aspetta un figlio da lui, dà vani consigli gaalnti a Pasquale, innamorato senza speranza di una collega (Federica Cifola), convince Betta ad essere un po’ gentile con Enrico e, soprattutto, scopre di amare, riamato, Silvia. Un giorno però la sua vista cala di colpo e lui tratta malissimo Silvia i suoi pazienti/amici. Riesce a farsi perdonare e tutti insieme vanno in Germania, non senza essere passati a Trieste dove Marcello, padre sino ad allora assente, va trovare la figlia Alessia (Liliana Fiorelli) e il suo compagno (Tiziano Scrocca). L’operazione non andrà bene ma tutti, anche Marcello, usciranno rasserenati da quell’esperienza.

Bruno, attore, commediografo e sceneggiatore di successo, è alla sua terza regia dopo Nessuno mi può giudicare e Viva L’Italia e si conferma come uno dei più efficaci autori della nostra commedia (dopo Brizzi, i produttori Lucisano padre e figlia continuano ad azzeccare talenti). Il film, come da titolo, è un po’ confuso e procede con qualche affanno narrativo ma le gag e i dialoghi sono godibilissimi e, in particolare, Giallini e la Guzzanti sono perfetti; da notare l’ottimo lavoro di casting che evidenzia interessanti caratteri della scena romana (e romanesca) da Dario Tacconelli a Lallo Circosta (maschera fissa di Stracult) a Federico Calisti (scoperto da Eros Puglielli con Dorme) a Sabrina Crocco (che viene dal buon teatro romano di Walter Croce).




Andiamo a quel paese

di Salvatore FicarraValentino Picone. Con Salvatore FicarraValentino PiconeTiziana LodatoLily TirinnanziFatima Trotta Italia 2014

Salvo (Ficarra) vive a Palermo con la moglie Donatella (Lodato) e la figlioletta Adele (Maria Vittoria Martorelli) ma, quando perde il lavoro decide di andare con la famiglia e con l’amico Valentino (Picone), anche lui disoccupato anche se laureato, a Monforte, paese natale di quest’ultimo e di sua moglie. Arrivati in paese, accompagnati dalla malevola curiosità dei locali con in testa il barbiere (Nino Frassica), Salvo e i suoi si accomodano dalla madre di Donatella e Valentino va nell’appartamento accanto, lasciato vuoto dai suoi genitori che sono partiti per la Germania. In paese non trovano certo possibilità di lavoro e Salvo convince l’amico e la moglie ad ospitare tutti loro anziani parenti, facendosi dare, in cambio, la delega per la loro pensione. Le cose cominciano a funzionare ma una serie di disgrazie decimano gli anziani e rimane loro solo la zia Lucia (Tirinnanzi), ancora in buona salute ma, certo, non eterna. Salvo e Donatella, che aspettano un altro figlio, convincono Valentino a sposare la donna, in modo che, in caso di dipartita, possano fruire della reversibilità della sua pensione. Valentino, che ha rincontrato la sua vecchia fiamma Roberta (Trotta) che aveva lasciato per paura di impegnarsi ma che ama ancora, è contrarissimo ma, con la promessa che nessuno in paese saprà nulla, si lascia convincere. Zia Lucia, lusingata, accetta ma ovviamente tutto Monforte è immediatamente aggiornato e prende pesantemente in giro lo “sposino”. L’unico che, come sempre, non sa nulla è il brigadiere Francesco Paolantoni) della locale stazione dei carabinieri, padre di Roberta, sicché quando il nipote di Lucia, Carmelo (Paolo Caldarera) – che fino a poco prima si faceva mantenere dalla zia – denuncia Valentino per circonvenzione, cade dalle nuvole. Salvo e Valentino vengono arrestati ma Lucia, dichiarando un sincero amore per il giovane, li fa liberare. Alla viglia delle nozze la donna scompare e i due la trovano in chiesa a parlare con don Benedetto (Mariano Rigillo) e vengono a scoprire che tra i due c’è una annosa relazione amorosa che il prete non ha avuto il coraggio di portare fino in fondo. L’indomani, durante la cerimonia civile, il sacerdote fa irruzione e dichiara apertamente il proprio amore. E’ quello che i due si aspettavano e Valentino può raggiungere Roberta e, a sua volta, farle una dichiarazione.

Ficarra e Picone, sono al quarto film da registi ed al secondo, dopo Anche se è amore non si vede, senza la co-regia di Giambattista Avellino e confermano le qualità di una direzione non particolarmente riconoscibile ma congeniale alla loro comicità; la sensazione è che, film dopo film, vadano raffinando e consolidando la loro struttura comica: sono sempre più vicini alle modalità di Stanlio e Ollio – Picone timido e imbranato, Ficarra furbo e prepotente – ma hanno sostituito le gag visive con, spesso divertenti, tormentoni e dialoghi al limite tra il surreale e lo stra-italiano. Detto questo – e registrato il meritato buon esito del film – va aggiunto che forse, pur con tutto l’amore per il nostro cinema leggero, l’uscita ogni settimana di una nuova commedia italiana, se da un lato depaupera gli incassi di ciascuno, dall’altro, rischia di stancare il pubblico che (un Giovane favoloso non fa primavera), prevedibilmente, non si indirizzerebbe verso altri nostri generi ma solo verso gli spettacolari titoli stranieri.




Interstellar

di Christopher Nolan. Con Matthew McConaugheyAnne HathawayJessica ChastainMichael CaineJohn Lithgow. USA 2014

In un futuro non precisato, Cooper (McConaughey) ex- astronauta, vive con il suocero Donald (Lithgow) ed i figli Tom (Timothee Chalamet) di 15 anni e Murphy (McKenzie Foy) di 10 in una fattoria; una serie di disastri climatici hanno reso la Terra sterile a quasi tutte le specie vegetali e loro coltivano una delle poche piante ancora in grado di crescere nonostante le sempre più frequenti tempeste di sabbia: il mais. Murphy è convinta che nella sua camera ci sia un fantasma che le manda dei segnali in codice e il padre, equivocando, la tranqullizza pensando che sia spaventata. Un giorno, a seguito di una tempesta di sabbia particolarmente violenta, il pavimento della ragazzina si riempie di sabbia posizionata in strisce regolari. Applicando un codice binario, lei e il padre ricavano delle coordinate e, quando arrivano al posto da queste indicato, finiscono nel laboratorio segreto della Nasa; qui il professor Brand (Caine) gli rivela che, insieme alla figlia Amelia (Hathaway) ed ad altri scienziati sta mettendo a punto un’ equazione che consenta di arrivare ad altre galassie per trovare un pianeta sul quale ricostituire la vita, poiché sulla Terra anche il mais è destinato ad inaridirsi e l’umanità sembra condannata a sicura fine; il professore ha bisogno di Cooper (il migliore degli astronauti da lui formati) per far partire una missione, per la quale ha immaginato un piano A (trasportare le persone in un nuovo habitat) o, qualora, ciò non fosse possibile, un piano B (l’astronave con cui partirà la missione e piena di embrioni umani surgelati che potranno far rinascere altrove l’umanità); altri tre astronauti erano partiti in esplorazione e loro dovranno captarne i segnali e decidere se uno dei tre ha trovato qualche possibilità di vita. Cooper accetta di partire, anche se Murphy cerca disperatamente di trattenerlo – il “fantasma” le ha dettato in morse la parola RESTA. Insieme a lui salgono sulla nave stellare Amelia, Doyle (Wes Bentley), Romilly (David Gyasi) e i robot Tars e Case; arrivano nell’Endurance, una navicella roteante nel cielo di Saturno in grado di riprodurre la gravità e raggiungono il wormhole Gargantua, un buco nello spazio che li immette in un’altra galassia. Cooper, Amelia e Doyle raggiungono con una navicella il primo pianeta – Cooper ha sempre più fretta perché il loro tempo e quello sulla Terra è sfasato e la missione rischia di concludersi quando i suoi figli sono già morti – ma scoprono che è totalmente coperto dall’oceano e che l’esploratore che li ha preceduti è stato ucciso da un’enorme ondata; rischiano di fare la stessa fine e ripartono a stento ma Doyle, travolto dalle acque, muore. Tornati sull’Endurance, ritrovano Romilly che è invecchiato di 23 anni e ha studiato Gargantua. Sulla Terra, intanto, Tom (Casey Affleck) si è sposato con Lois (Lea Caims), ha due figli e manda avanti la fattoria ma le condizioni climatiche sono sempre peggiori e Lois e il loro secondogenito Coop (Liam Dickinson) soffrono di una grave affezione bronchiale a causa delle polveri; Murphy (Chastain) è una scienziata e, insieme al fidanzato Getty (Topher Grace) lavora con Brand; quest’ultimo, in punto di morte, le rivela che la sua equazione consentiva solo il piano B e lei, disperata, teme che il padre lo sapesse che li avesse scientemente abbandonati ad una sicura morte. Cooper, intanto, litiga con Amelia che vorrebbe raggiungere il pianeta più lontano – l’esploratore che lo ha raggiunto è il suo fidanzato – mentre lui vuole andare sull’altro (da entrambi son arrivati dati incoraggianti) perché più vicino e quindi raggiungibile più in fretta; la spunta lui ma quando arrivano , trovano un luogo molto freddo ed evidentemente inospitale. Disibernizzano il dott. Mann (Matt Damon), l’esploratore che li ha preceduti, e lui li tranquillizza sulle potenzialità di quel mondo; di lì a poco però uccide Romilly , rompe il casco protettivo di Cooper e fugge con la propria navetta: ha falsificato i dati per essere raggiunto e potersi salvare. Amelia salva Cooper, che riparte e blocca i comandi che consentirebbero a Mann di agganciarsi ad Endurance ed tornare indietro. La navetta di Mann esplode e i due superstiti decidono di tentare il tutto per tutto e di mandare Tars dentro Gargantua (Romilly aveva intuito che la soluzione fosse dentro il buco). A sorpresa anche Cooper si lascia andare verso il wormhole e qui trova una sorta di riproduzione molteplice, nello spazio e nel tempo, della libreria nella stanza di Murphy (quella del “fantasma”). In una delle dimensioni c’è la ragazza adulta e Cooper, che ha capito che il fantasma era lui che, agendo nei vari spazi temporali, le mandava segnali, riesce a comunicarle i dati che Tars ha raccolto in Gargantua. Viene risucchiato da una specie di tempesta magnetica e si risveglia nel pianeta Cooper (così chiamato in onore della figlia che con quei dati ha potuto risolvere l’equazione di Brand e salvare l’umanità). Cooper fa appena in tempo a vedere Murphy (Ellen Burstyn), anziana ed in punto di morte e, seguendo il suo consiglio, ruba un’astronave e con Tars parte per raggiungere Amelia che è atterrata nel terzo pianeta e, trovato, morto il fidanzato, la sta colonizzando con gli embrioni.

Nolan sin dal suo primo, piccolo film, Memento, si è rivelato un geniale costruttore di trame a perfetto incastro e, con un tetto di spesa molto più alto, ha confermato questa sua dote con Inception. Ora, dopo aver rivoluzionato il mito di Batman nella trilogia de Il cavaliere oscuro, con Intersellar si è trovato a disposizione un budget faraonico (165 milioni di dollari) e ha deciso di tentare l’inosabile (secondo alcuni): sfidare sullo stesso terreno 2001: Odissea nello spazio di Kubrick. Personalmente (e so di essere pressoché solo in questo giudizio) non ho dubbi: la palma va a Nolan; certo Kubrick è Kubrick ma là dove il suo film si sperdeva in digressioni filosofiche, Interstellar mette insieme una macchina efficacissima, nella quale anche le inevitabili lungaggini di approfondimento scientifico diventano parti di un meccanismo sempre vitale ed appassionante e le soste del racconto sono sempre riempite di una bella carica emotiva, come si richiede, io credo, al cinema di qualunque genere perché sia tale. I puristi si arrabbieranno ma tant’è.




Soap Opera

di Alessandro Genovesi. Con Fabio De LuigiCristiana CapotondiRicky MemphisChiara FranciniElisa Sednaoui Italia 2014

In una sera di fine Dicembre Francesco (De Luigi) sta facendo l’amore con Patrizia (Guzzanti), una ragazza un po’ masochista che ha conosciuto da poco – lui in realtà soffre ancora per essere stato lasciato da Anna (Capotondi) – quando arriva il suo migliore amico Paolo (Memphys), al quale sta per nascere un figlio ma è angosciatissimo e chiede ospitalità per una notte, poco dopo bussa la dirimpettaia Alice (Francini),un’attrice di soap sessuomane con la mania degli uomini in divisa, per chiedere un preservativo. Patrizia se ne va offesa a morte e poco dopo si sente un colpo di pistola: un vicino si è suicidato. Il giorno dopo Francesco incontra Francesca (Sednaoui), la fidanzata del suicida e la invita a stare da lui fino al funerale. Alla cerimonia partecipano tutti, anche l’avaro padrone di casa Gianni (“Ale” Bettetini) e suo fratello Mario (“Franz” Villa), che vive con lui da quando un incidente causato dal fratello lo ha costretto su di una sedia a rotelle. Più tardi Francesco incontra Anna che gli comunica di avere un nuovo compagno e di essere incinta e gli chiede un appuntamento nel pomeriggio perchè gli deve parlare. Al ritorno, però, Francesco trova il graduato dei carabinieri Gaetano (Diego Abatantuono) che è lì per indagare sulla recente morte e che interroga tutto il condominio. Durante l’interrogatorio Paolo, che ha con sé una pistola, confessa di essere sull’orlo del suicidio perché teme di essersi innamorato di Francesco; Alice non resiste al fascino della divisa della Benemerita e si porta a letto Antonio. Francesco, dopo aver con riluttanza baciato Paolo che scopre così di non vare nessuna pulsione omosessuale, esce con Francesca (tra i due sta nascendo un’attrazione) ed Anna, che lo ha seguito per capire perché non è andato all’appuntamento, dice a Paolo che non ha nessun nuovo amore e che il figlio è di Francesco. Quest’ultimo proprio sotto casa sta per baciare Francesca in macchina ma investe Anna che sta uscendo. All’ospedale nasce il bambino di Paolo e i due ex fidanzati ritrovano l’amore. Siamo a Capodanno e, durante una festicciola dei condomini, Gianni scopre che Mario non è affatto paralizzato e Alice e Antonio decidono di sposarsi.

Genovesi aveva scritto la commedia Happy Family dalla quale Salvatores aveva tratto il film omonimo. Dopo di allora ha scritto(traendone lo spunto da una serie Warner) e diretto i successi La peggior settimana della mia vita e Il peggior Natale della mia vita . Per sua stessa ammissione, venendo dal teatro ama avere con sé sempre gli stessi attori, come a costituire una compagnia di giro. Il risultato si vede: l’affiatamento tra gli interpreti aiuta non poco a rendere con efficacia l’idea di partenza (già dichiarata dal titolo) di mettere insieme una favola sentimentale sopra le righe. L’irrealtà del racconto è inoltre sottolineata dal bel lavoro dello scenografo Tonino Zera all’interno dello studio 8 di Cinecittà – quello dove Scola ha girato Concorrenza sleale e Sorsese Gangs of New York.




Tutto molto bello

di Paolo Ruffini. Con Paolo RuffiniFrank MatanoNina SenicarGianluca FubelliAhmed Hafiene Italia 2014

Giuseppe (Ruffini) è un agente di Equitalia pignolo e maniacale ed è in ospedale per stare vicino ad Anna (Chiara Francini), la ragazza che lui ha messo incinta quando era andato a fare un’ispezione nel negozio del padre di lei, Marcello (Paolo Calabresi), detto Monte Bianco per via della stazza e dell’abbondante forfora; quest’ultimo, frenato a stento dalla moglie Flaminia (Alessandra Schiavoni), odia il futuro genero perché, oltre ad aver messa incinta la figlia, gli ha fatto una multa salatissima. In clinica Giuseppe incontra Antonio (Matano), che fa sciocchi giochetti ai neonati e gli dice di essere anche lui in attesa della nascita del figlio Ciro. Giuseppe esce per andare a mangiare, Antonio gli si incolla accanto e lo porta in una squallida pizzeria dove sono servito da un cameriere laidissimo (Niccolò Senni) e disturbati dall’ insopportabile rocker Eros (Fubelli), sfegatato fan di Pupo. Quando Eros racconta del suo infelice amore per Katia (Chiara Gensini), Antonio trascina Giuseppe a casa della ragazza, sotto le cui finestre Eros canta una insensata serenata; Katia stava facendo l’amore con il suo psicopatico fidanzato Serafino (Angelo Pintus), che si affaccia e, armato di fucile, spara ai tre malcapitati. Poco dopo, di notte, dopo essere sfuggiti alla polizia (Eros si era messo alla guida senza avere la patente), arrivano in una bisca clandestina, gestita da Calogero ( cameo di Saverio Marconi) e qui Eros, entusiasta, incontra Pupo; nel locale arriva un emiro (Hafiene) che manda l’interprete Eva (Senicar) ad invitarli ad una festa. Al loro diniego, l’arabo li fa rapire e stordire. Quando si risvegliano Giuseppe è vestito da Beep Beep e Antonio da Heidi (Eros è già in maschera da rockstar di suo): l’emiro, infatti, organizza feste a tema, nelle quali i personaggi dei cartoni si sfidano (per finta) sul ring .Il Wile Coyote (Lallo Circosta) che si misura con Giuseppe è però un contribuente che lui ha rovinato e lo aggredisce sul serio; Giuseppe riesce ad avere la meglio ed a fuggire insieme ad Antonio – Eros rimane nella villa perchè, nel frattempo ha iniziato una relazione con Pippi Calzelunghe (Claudia Campolongo) – e, dopo un alterco, questi gli confessa che due anni prima il suo bambino non era nato, la sua donna di allora era partita e che lui va tutti giorni nella clinica per ritrovare il piccolo Ciro. Quando tutto sembra perduto, Eva li porta all’ospedale e lì Giuseppe decide di chiamare Ciro il proprio bambino appena nato.

Dopo il sorprendente successo di Fuga di cervelli la produzione Colorado e Ruffini hanno messo insieme, in fretta e furia, un secondo film; solo che il rimo aveva alla base un film spagnolo di grande successo con una bella dose di sana scorrettezza mentre la sceneggiatura di Tutto molto bello fa acqua da tutte le parti e la presenza di comici di punta di Colorado ( Pintus, “Scintilla” Fubelli) e di Stracult (Circosta) – le due trasmissioni condotte da Ruffini – non basta a rimettere in sesto uno script così confuso, così come risolvono poco un paio di spunti curiosi: Pupo che fa ironicamente se stesso e Saverio Marconi, il bambino di Padre padrone ora produttore e regista di musical, che torna ad apparire in una breve figurazione. Si salva invece l’ex divo di Youtube Frank Matano che dà prova di una bella capacità interpretativa.




The Equalizer – Il Vendicatore

di Antoine Fuqua. Con Denzel WashingtonMarton CsokasChloë Grace MoretzDavid HarbourBill Pullman USA 2014

Robert McCall (Washington) lavora in un emporio di casalinghi, è salutista, gentile ed aiuta il suo giovane e timido collega Ralphie (Johnny Skourtis) a prepararsi per le selezioni che lo promuoverebbero a sorvegliante. La notte non riesce a dormire e va in un bar portandosi dietro la propria bustina di tè, qui legge Hemingway e chiacchera con Terry (Moretz), una giovane prostituta sfruttata dai russi. Una sera trova la ragazza piena di lividi dovuti all’incontro con un cliente sadico e fa due passi con lei, cercando di convincerla a cambiare vita. In strada si accosta una macchina dalla quale scendono il gangster Slavi (David Meunier) ed il suo scagnozzo Tevi (Alex Veadov) che portano via Terry. Le sere successive lei non si presenta al bar e Robert viene sapere che è stata malmenata ed è ricoverata in ospedale; lui la va trovare e conosce Mandy (Haley Bennett), una collega di Terry che gli dice che i russi l’hanno massacrata di botte perché aveva reagito alle violenze del cliente. Robert va nel bar gestito dai russi, che è la filiale a New York dell’impero del capomafia Pushkin (Vladimir Kulik), e uccide Slavi, Tevi ed altri tre gorilla. Pushkin manda il suo spietato braccio destro Teddy (Csokas) per scoprire cosa c’è dietro quella carneficina. Mentre Teddy, aiutato dal corrotto poliziotto Masters (Harbour), indaga con i suoi metodi brutali, Robert malmena due poliziotti (Thimoty John Smith e Robert Walker) che taglieggiavano la madre (Luz Mary Sanchez) di Ralphie, costringendoli a restituire il pizzo e recupera l’anello che alla cassiera Jenny (Anastasia Sanidopoulos Mousis) aveva rubato un giovane rapinatore drogato (Owen Bourke). Terry è stata messa al sicuro da Robert ma Teddy uccide Mandy ed arriva a Robert. Lui scampa ad un primo agguato e va dai due suoi ex colleghi – lui è un ex-agente della C.I.A. creduto morto – Brian (Pullman) e Susan (Melissa Leo) e ottiene tutte le informazioni che gli servono su Pushkin e Teddy. Cattura Masters e lo fa arrestare in una retata nella quale vengono sequestrate montagne di dollari, fa esplodere una nave ed un deposito di benzina di proprietà del mafioso e, ottenuto un file con tutte le coordinate dei suoi conti segreti, va da Teddy per convincerlo ad andarsene. Questi finge di accettare ma prende in ostaggio i colleghi di Robert. Lui però, con l’aiuto di Ralphie, fa fuori tutti e va a Mosca ad uccidere anche Pushkin.

Fuqua, dopo Training day, ritrova Denzel Washington in un ruolo di duro (stanno, anche, insieme ultimando il remake de I magnifici 7 con Denzel nel ruolo che fu di Yul Brinner) in questo film che, dopo Miami vice, Strasky e Hutch e Charlie’s angels, trasferisce sullo schermo una serie televisiva del passato; qui, però, il passaggio al grande schermo ha modificato profondamente il personaggio: il Robert McCall (Edward Woodward) della serie CBS andata in onda dal 1985 al 1989 – in Italia, con il titolo Un giustiziere a New York pochi anni dopo sulla Rai2 di Sodano (ed anche un po’ mia) – era, sì, un ex agente ma continuava a combattere la malavita come free-lance, sempre agli ordini di una non precisata Agenzia, mentre il nostro è un giustiziere solitario e maniacale, una sorta di killer salutista (nel senso di igiene alimentare ma anche sociale) dei malavitosi. Hopperiano nelle scenografie, carveriano nei toni è, comunque, un film da vedere.




Take Five

di Guido Lombardi. Con Peppe LanzettaSalvatore StrianoSalvatore RuoccoCarmine PaternosterGaetano Di Vaio Italia 2013

A Napoli, Carmine (Paternoster), idraulico pieno di debiti di gioco, viene chiamato per riparare una perdita dalle fogne nel caveau di una banca. Gli uomini del boss Jannone (Gianfranco Gallo), al quale deve una forte somma, gli rompono un braccio e gli intimano di pagare in pochi giorni; lui va dal ricettatore Gaetano (Di Vaio) e gli racconta della facilità con cui si può arrivare al caveau; Gaetano mette in piedi una “paranza” di 5 elementi: si aggiungono a loro, Sasà (Striano), ex rapinatore che, in seguito ad un infarto, ora campa facendo il fotografo, Salvatore (Ruocco), nipote di Gaetano, già promettente pugile professionista che, avendo rotto una sedia in testa ad un arbitro corrotto, vive di combattimenti di strada e Peppe o’ Sciomèn (Lanzetta), un tempo il miglior scassinatore di Napoli, in perenne crisi depressiva per i tanti anni carcere subiti. La rapina va a buon fine: i 5 tramortiscono due impiegati ed obbligano il direttore (Alan De Luca) ad aprire la cassaforte. Gaetano e Carmine vanno avanti con due borsoni con dentro circa due milioni in preziosi e gli altri tre li aspettano a casa di Sasà. L’attesa però si prolunga e la tensione ed i sospetti si ingigantiscono, anche perché vedono sotto casa due scherani di Jannone, Ninnillo (Antonio Pennarella) e Antonio (Antonio Buonuomo); ordinano qualcosa da mangiare e arriva il piccolo Emanuele (Emanuele Abbate), che però è seguito dai due scagnozzi, che per un contrattempo non riescono ad entrare in casa. I due uomini, sapremo, erano stati mandati da Jannone – che sapeva del colpo perché Sasà, che voleva un trapianto di cuore e sapeva che il boss poteva aiutarlo, aveva concordato di uccidere i complici per dividere con lui il bottino – per controllare ma avevano deciso di prendere per sé i gioielli.   Poco dopo arriva Carmine che spiega che Gaetano – forse morto per le esalazioni – è rimasto con il malloppo nelle fogne e lui è dovuto scappare per l’arrivo della polizia. Torna Emanuele con le sigarette che Sasà gli aveva chiesto e, stavolta, Ninnillo e Antonio entrano con lui ma, in assenza dei preziosi, telefonano a Jannone che intima loro di portargli Sasà e Carmine. Arrivati alla villa del camorrista, i due si trovano al centro di una sparatoria tra gli uomini del capo e gli amici di Ninnillo e riescono a scappare. A casa di Sasà c’è una forte tensione tra Peppe e Salvatore, perché il primo ha cercato di baciargli il sesso mentre dormiva; il fotografo prende in mano la situazione e va con gli altri a cercare le borse e Gaetano. Arrivati al tombino lui e Carmine scendono ma l’idraulico si isospettisce, minaccia Sasà con una pistola e questi lo fredda. Salvatore si spaventa e scappa inseguito da Sciomèn; il pugile quando lo vede lo chiama “Ricchione di merda!” e il vecchio bandito lo uccide, sparandosi a sua volta. Tornato a casa Sasà trova Gaetano che è riuscito a fuggire con il bottino ma arriva anche, ferito, Ninnillo che entra facendosi scudo di Emanuele. Sparatoria finale e chi si godrà il maltolto? Non è difficile immaginarlo.

Lombardi aveva avuto lusinghieri riconoscimenti con Là-bas , ispirato alla strage di Castelvolturno ed ora, con la stessa compagine produttiva, arriva sugli schermi con questa interessante seconda opera, piena di sfide: oltre alla difficoltà di far uscire, dopo la doppia Gomorra, un altro film sulla malavita napoletana, anche l’aver scelto per i protagonisti, oltre al bravissimo Peppe Lanzetta, ben quattro attori/non attori con precedenti penali; Paternoster e Striano (il Bruto di Cesare deve morire) hanno maturato in carcere la propria vocazione, Ruocco è stato davvero un pugile da strada e Di Vaio ha raccontato nel libro Non mi avrete, scritto proprio con Lombardi, la propria esperienza di ex malavitoso diventato produttore e, occasionalmente, attore. Circola nel film una interessante aria da anni’50: oltre al brano di Dave Brubeck che dà il titolo e che è del ’59, si sentono gli echi di Giungla d’asfalto, di Rapina a mano armata, di Rififì, insomma del bel noir, duro, dolente e privo di moralismi.




Sin City – Una donna per cui uccidere. Sin City – A Dame To Die For

di Frank Miller [II]Robert Rodriguez. Con Mickey RourkeJessica AlbaJosh BrolinJoseph Gordon-LevittRosario Dawson USA 2014

Marv ( Rourke), si sveglia con accanto i cadaveri di quattro teppisti, ricorda di averli uccisi e, soddisfatto, si reca allo strip bar Kadie. Qui arriva Johnny (Gordon-Levitt) che, dopo aver rimorchiato l’entreneuse Marcy (Julia Garner) e aver sbancato le slot machine del bar, raggiunge sul retro un tavolo di poker dove siede il potente sen. Roark (Powers Boothe) e lo batte, umiliandolo davanti agli altri giocatori; quando esce dal locale, gli uomini del senatore lo catturano, gli levano i soldi, lo pestano e Roark gli spezza le dita delle mano destra; Johnny va da Marcy, scopre che l’hanno uccisa e si trascina dal dottor Koenig (Christopher Lloyd), il quale, in cambio dei pochi soldi che ha in tasca lo rabbercia alla meglio. Ora lui ha solo i soldi per un caffè ma la cameriera Bertha (Lady Gaga), impietosita, gli dà un dollaro; Johnny torna al bar e, di nuovo, vince un sacco di soldi alle slot, con questi va a sfidare a poker Roark, vince, lo umilia pesantemente e il senatore gli spara in testa. Dwight (Brolin), il difensore delle ragazze dei bassifondi, ha appena ucciso Joey (Ray Liotta) che aveva aggredito Sally (Juno Temple) e da Kadie gli si presenta Ava (Eva Green), la donna per la quale in passato aveva perso la ragione, che gli chiede di salvarla dal sadico marito Damien Lord (Marton Csokas); dopo poco arriva il gigantesco autista Manute (Dennis Haysbert) che la porta via. Dwight va alla villa di Lord ma Manute e gli altri scagnozzi lo riducono in fin di vita; lui va da Gail (Dawson), prostituta killer e, lei, insieme alla feroce Miho (Jamie Chung) lo cura e lo protegge. Una volta guarito, Dwight insieme a Marv e alle due donne torna alla villa, qui Marv abbatte Manute e gli cava un occhio, le ragazze fanno fuori tutte le guardie del corpo e lui uccide Damien. In ospedale però Manute rivela che né lui, né il suo padrone hanno mai fatto del male a Ava, che ha architettato il piano per ereditare le ricchezze del marito. Lei nel frattempo seduce il poliziotto Mort (Christopher Melon) e lo convince ad andare a catturare Dwight; l’agente è talmente preso dalla donna da uccidere il collega Bob (Jeremy Piven), quando questi lo rimprovera, per poi suicidarsi. Ava tenta ancora la carta della seduzione ma Dwight le spara. La spogliarellista Nancy (Alba) si esibisce al Kadie ma beve smodatamente e ha tra gli attrezzi di scena una pistola che punta contro il senatore – il mostruoso figlio di Roark, Bastardo giallo (Nick Stahl), assassino e pedofilo, protetto dal potente padre, la aveva rapita e il poliziotto Hartigan la aveva salvata, morendo, un istante prima che lui la finisse – mentre il fantasma di Hartigan veglia angosciato su di lei. Ora, capisce di doversi liberare dei propri incubi e, dopo essersi sfregiata con un vetro, accompagnata da Marv va dal senatore e, dopo una feroce lotta, riesce ad ucciderlo.

Come il precedente del 2005 anche Sin city – Una donna per cui morire è tratto da alcuni racconti grafici di Steve Miller (Una donna per cui uccidere, Solo un altro sabato sera, Quella lunga, brutta notte e La grossa sconfitta) ma stavolta, almeno in America, Rodriguez e Miller non hanno raccolto incassi soddisfacenti, forse perché è finito l’effetto sorpresa del primo o forse perché il ritardo nell’uscita del sequel (dovuto a difficoltà finanziarie di Rodriguez) ha fatto scemare l’attesa per il sequel – nel quale, peraltro, alcuni personaggi hanno cambiato interprete (Dwight da Clive Owen a Brolin, Manute da Michael Clarke Duncan a Haysbert e Miho da Devon Aoki alla Chung). Il risultato però è sempre di alta qualità e, come il primo, alla tecnica perfetta unisce un’ interessante atmosfera di chiara derivazione dal primo Mickey Spillane: gli eroi giustizieri, il cinismo sentimentale e l’erotismo da pin-up anni’50 sono tipici dei romanzi con Mike Hammer. Il merito è sicuramente del geniale Miller, autore oltre che dei due 300, anche dei due racconti a fumetti che hanno dato vita alla recente saga Batman/Il cavaliere oscuro.




La buca

di Daniele Ciprì. Con Sergio CastellittoRocco PapaleoValeria Bruni TedeschiJacopo CullinIvan Franek Italia 2014.

Oscar (Castellitto) è un avvocaticchio e campa di piccole truffe: una buca nel selciato davanti casa sua gli dà, ad esempio, l’idea di usare un suo cliente, finto invalido (Giovanni Esposito), che al passaggio dell’autobus si dovrà buttare sotto le ruote per riscuotere un adeguato indennizzo. Armando (Papaleo) è appena uscito di galera dopo 27 anni scontati, da innocente, per rapina omicidio e non ha dove andare: la madre svampita (Silvana Bosi) non lo riconosce e la sorella (Lucia Ocone) lo scaccia perché il marito (Fabio Camilli) non vuole un assassino in casa; lo segue solo un cane (Sioux), che lui chiamerà Internazionale. Nel bar di Carmen (Bruni Tedeschi), già quasi fidanzata di Oscar, i due si incontrano e l’avvocato finge di essere stato morso dal cane per spillare ad Armando qualche soldo ma, quando conosce la sua storia- i rapinatori, guidati da Tito (Fabrizio Falco), avevano fatto irruzione, travestiti da camerieri, in una nave da crociera dove Armando e la ragazza da lui amata, Arianna (Valentina Bellè) servivano ai tavoli, era partito un colpo e Tito era fuggito lasciando la pistola nelle mani di Armando; i banditi avevano preso in ostaggio Arianna, erano poi periti nell’incendio dell’auto con la quale erano fuggiti e della ragazza si erano perse le tracce – si offre come legale per la revisione del processo con conseguente favoloso indennizzo. Armando si mette invano in cerca di Arianna ma trova una cameriera (Lucia Lisboa) sua collega sulla nave e il figlio di costei, Nancho (Cullin), ora cantante di flamenco, che, bambino, era con lei sul piroscafo e può testimoniare in suo favore. Rintracciano anche l’indirizzo di Arianna, che ora è in Svizzera e si fa chiamare Rosa ma quando arrivano a casa sua trovano la di lei figlia che dice loro che la donna è morta. Con la testimonianza un po’ forzata di Nancho i due decidono di aprire la vertenza – in fondo la condanna era nata dalla deposizione della cantante Monterosa (Silvana Fallisi) quindi una testimonianza oculare che la contraddica sarà più che sufficiente. Al processo il giudice (Teco Celio), che ha fretta di chiudere perché vuole vedere una partita in televisione , fa cadere in contraddizione Nancho e la sig.ra Monterosa (Sonia Gessner), decrepita ma caparbia, conferma la versione di allora. Tutto sembra perduto ma Tito (Franek), invecchiato e malato, si presenta a sorpresa e scagiona Armando.

E’ il secondo film, dopo E’ stato il figlio, che Ciprì firma senza Maresco (che a sua volta ha diretto il recente Belluscone) e conferma le impressioni suscitate dal precedente: Ciprì è uno splendido direttore di fotografia e tutto il cast tecnico è di primordine, a partire dalle geniali scelte scenografiche di Marco Dentici ( E’ stato il figlio lo aveva addirittura salvato) ma il film fa fatica ad uscire dai teatrini del grottesco (piacevole ma limitativo) nei quali il regista sviluppa la narrazione. Il cast, di conseguenza, è adeguato, anzi (se si esclude la incomprensibile presenza della Bruni Tedeschi) di ottimo livello (ci sono molti amici, compreso il serissimo produttore Amedeo Pagani nei panni di un’ avventore muto ed impiccione del bar) ma il grottesco, per svilupparsi in un racconto complesso, ha bisogno di una autorevolezza di regìa che a Ciprì ancora manca.