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Smetto quando voglio – Italia 2013

di Sydney Sibilia. Con Edoardo LeoValeria SolarinoValerio ApreaPaolo CalabresiLibero de Rienzo.

Pietro (Leo) è un brillante neurobiologo, ricercatore precario; quando sembra che stia per arrivare la sospirata e meritatissima assunzione a tempo indeterminato, piccole manovre clientelari fanno promuovere un suo collega molto meno titolato e lui perde anche il contratto annuale; alla sua compagna Giulia (Solarino), assistente sociale che lavora alle tossicodipendenze, che aspetta pure un figlio non ha il coraggio di dire la verità. La sua specialità è l’isolamento di molecole e così con l’aiuto di Alberto(Stefano Fresi), un chimico di valore che fa il lavapiatti in un ristorante cinese, ricava da una molecola – che non appare negli elenchi del Ministero della Sanità tra quelle dopanti – delle pillole che, per legge non sono classificabili come droghe. Il problema è come diffonderle ( questo è, comunque, un reato ma minore) e così mette insieme un team di giovani talenti nelle stesse condizioni sue e di Alberto : Mattia (Valerio Aprea) e Giorgio (Lorenzo Lavia), due latinisti che fanno i benzinai alle dipendenze di un gestore bengalese, Arturo (Calabresi) dottissimo archeologo che fa lo stradino, Andrea (Pietro Sermonti) ,antropologo che non trova lavoro come guardiano perché i datori di lavoro sono messi in allarme dal suo eccezionale curriculum e Bartolomeo (de Rienzo) , microeconomista , che convive con una ragazza rom e tenta, con costante insuccesso, di usare parametri algoritmici per il poker. In breve le loro pillole vanno a ruba e loro diventano ricchissimi (mentre Giulia racconta preoccupata a Pietro che una nuova irresistibile sostanza sta facendo ricadere molti dei suoi assistiti).Tutto andrebbe per il meglio ma , da un lato, i nostri eroi – nonostante i buoni propositi iniziali- spendono e spandono platealmente e, dall’altro, si fa vivo il terribile Murena (Neri Marcorè) , il boss dello spaccio che non può tollerare l’arrivo di questi intrusi. Quasi lieto fine ,con il Murena – scopriremo che il soprannome gli viene dall’essere stato , in passato, un rispettato ma disoccupato biologo marino- arrestato , gli improbabili spacciatori di nuovo in bolletta e Pietro , in carcere, che aiuta Giulia e il figlio dando lezioni ai detenuti.

Sibilla è al suo primo lungometraggio ma ha al suo attivo dei corti molto brillanti; “Smetto quando voglio” è uno dei migliori esordi di questo periodo ( lui sembra proprio avere un buon futuro da regista) ed è un ottimo esempio di come qualcuno tra i migliori registi esordienti stia uscendo dal tunnel dell’autorialità per cercare nuove, originali strade nella commedia : basti pensare a due esordi , lontani tra di loro per mezzi produttivi ma in linea con questa tendenza :”Fuga di cervelli” di Paolo Ruffini e “Spaghetti story” di Ciro De Caro.




300 – L’alba di un impero. 300 – Rise of An Empire

di Noam Murro. Con Sullivan StapletonEva GreenLena HeadeyAndrei ClaudeMark Killeen. USA 2014

Siamo nel 480 a.c. e il generale Ateniese Temistocle (Stapleton) cerca di convincere la regina spartana Gorgo(Headey) – il cui marito Leonida (Gerald Butler) , come narra il precedente “300”, è appena partito per le Termopili – ad unire la flotta spartana alle forze delle altre città greche alleate contro l’invasione del potente esercito del re persiano Serse (Rodrigo Santoro); Gorgo orgogliosamente rifiuta, temendo che alla fine della guerra Atene primeggi su tutta la Grecia. Artemisia (Green) ,la ex-schiava greca che ha salvato dalla morte Serse, rendendolo un dio-re e che ora comanda la flotta persiana scopre tra i propri ufficiali un traditore: si tratta di Scylia (Callan Mulvey) che , vistosi scoperto, si tuffa in mare e raggiunge i suoi per combattere a fianco di Temistocle. La flotta greca , ancorchè assai meno potente di quella persiana, dà battaglia in mare aperto e per due giorni le astuzie di Temistocle danno la vittoria agli elleni; ma, il terzo giorno Artemisia – che aveva tentato di convincere Temistocle, seducendolo, a passare con lei – mette in campo delle navi esplosive e sbaraglia la flotta greca. Nella battaglia perisce anche Scylia che lascia al giovanissimo figlio Calisto (Jack O’Connell) – che si era arruolato di nascosto- il compito di tenere alto l’onore della sua gente. Leonida ed i suoi sono morti e Temistocle, che nel frattempo ha fatto radunare navi e soldati a Salamina, torna da Gorgo per chiedere di nuovo aiuto. La battaglia di Salamina sarà durissima ma l’arrivo degli spartani, guidati da Gorgo e l’uccisione di Artemisia daranno la vittoria definitiva ai greci.

Il film viene sette anni il fortunato “300” ma non è propriamente un sequel, semmai un co-equel ( brutta parola inventata da me ora): gli eventi dei due film sono paralleli. Inevitabilmente la storia ha molti anacronismi – Artemisia era davvero una donna-ammiraglio ma non era affatto una trovatella greca e non muore a Salamina, Gorgo non si è mai sognata di scendere personalmente in battaglia e via fantasticando – ma è inevitabile in un racconto di questo tipo. L’operazione è comunque riuscita e sta avendo buon successo in patria e da noi (il graphic-noveller Steve Miller – “Sin city”, “300”- continua a trasformare i suoi libri in successi cinematografici ), anche se il passaggio di regia da Zack Snyder (specialista in supereroi ed effetti speciali , vedi “Watchmen” e “L’uomo d’acciaio”) a Murro fa perdere in essenzialità al racconto: il primo “300” era un inno alla forza ed al coraggio, intesi come mito fondante della storia dell’umanità, questo è un buon film di strategia militare con l’elmo e la corazza.




A proposito di Davis. (Inside Llewyn Davis) USA, Francia 2013

di Joel CoenEthan Coen. Con Oscar IsaacCarey MulliganJustin TimberlakeEthan Phillips, Robin Bartlett

Llewyn Davies (Isaac) è un musicista folk che, nei primi anni sessanta, canta, in una cantina del Greenwinch Village , ballate tristi e bellissime; in passato ha avuto una qualche piccola notorietà esibendosi i duo con Mike, un amico che si è suicidato poco dopo l’uscita del loro primo disco; ora vive cantando dove può e dormendo dove capita ( normalmente sul divano di qualche amico) e disturbando le esibizioni che giudica mediocri. Una mattina – dopo essere stato pestato da un tale che si era offeso per le sue contestazioni – si sveglia nel salotto di Mitch ( Philips) e Lilian ( Bartlett), due intellettuali alternativi che lo ospitano spesso; i padroni di casa sono usciti e lui è costretto a portarsi dietro il loro gatto. Va a casa di Jim (Timberlake) e Jean ( Mulligan) , suoi amici musicisti ma lei lo tratta malissimo : è incinta ed è sicura che il figlio sia suo. Llewyn per pagarle l’’aborto incide un brano piuttosto commerciale con Jim e Al ( Adam Driver) e si fa pagare 200 dollari , rinunciando alle royaltes (il disco , sapremo, sarà un piccolo successo). Al gli procura un passaggio a Chicago con Roland Turner (John Goodman) , un jazzista storpio ed aggressivo, e Johnny Five (Garrett Hedlund), suo “valletto” – così lo presenta Roland – taciturno poeta beat. A Chicago va a Bud Grossman (F.Murray Abraham) , il quale , dopo aver ascoltato un suo brano , gli dice che la sua musica non farà soldi e gli propone di entrare in una band; lui rifiuta (vuole cantare le sue cose) e torna a New York deciso a smettere con la musica e ad imbarcarsi (la sua è una famiglia di pescatori) ma ha perso il brevetto di marinaio e torna ed esibirsi nel solito locale ,gestito da Pappi Corsicato-sic– (Max Casella) e ,mentre esce dal bar per il solito pestaggio, vediamo un giovanissimo Bob Dylan muovere i primi passi di un successo, che Davies non potrà nemmeno sfiorare.

I Cohen compongono , in un dolente seppiato, una delle migliori tra le loro ballate dedicate ad uno sfigato (“A serious man”, “L’uomo che non c’era”). Qui si sono ispirati al cantante-compositore Dave Van Ronk , ridandoci le atmosfere dl Village di quegli anni con una perfezione lirica coinvolgente come uno scritto di Jack Kerouac . Anzi, potremmo dire che è il primo, vero film kerouachiano della storia del cinema, visto che i due tratti da suoi libri (“La nostra vita comincia di notte” del 1961 e “On the road” del 2012) sono stati banali trasposizioni del testo senza anima . Il film ha avuto a Cannes il Premio Speciale della Giuria:




Divergent

di Neil Burger. Con Shailene WoodleyTheo JamesAshley JuddMaggie QKate Winslet.  USA 2014

A Chicago in un futuro dopoguerra la società è divisa in classi precise , ciascuna delle quali ha un compito preciso: i Candidi, sempre sinceri, amministrano la giustizia, i Pacifici coltivano serenamente i campi, gli Eruditi sono custodi di ogni sapere, gli Abneganti, rigidi e morali, aiutano il prossimo in difficoltà e governano la città, gli Intrepidi, coraggiosi fino all’incoscienza, mantengono l’ordine, ci sono poi gli Esclusi, paria che vivono ai margini. Beatrice Prior (Woodely),sedicenne, è una Abnegante e vive con la madre Nathalie (Judd), il padre Andrew (Tony Goldwyn), vice- Primo Ministro, ed il fratello Caleb (Ansel Elgort); i due ragazzi sono in età per sottoporsi al test che dirà cosa è loro più congeniale per la scelta definitiva della di appartenenza che dovranno fare di lì a poco. Tori (Maggie Q) l’Intrepida che sottopone Beatrice al test, le rivela, spaventata, che lei risulta una Divergente ( categoria ritenuta pericolosissima perché libera ed aperta a tutte le possibilità); la fa perciò uscire di nascosto ed altera il risultato del test, dichiarandola di tendenza Abnegante. Il giorno della scelta, però, Caleb sceglie gli Eruditi e Beatrice gli Intrepidi. La ragazza – che ha scelto di chiamarsi Tris- si trova così nel campo di addestramento delle reclute, affidata al duro ma umano Quattro (James) e vessata dal brutale Eric (Jai Courtney).Le prove sono dure e chi non le supera verrà relegato tra gli Esclusi, senza nessuna possibilità di tornare in famiglia. Intanto, gli Eruditi, guidati da Jeanine Matthews (Winslet), stanno preparando un golpe per sostituirsi agli Abneganti nel Governo e accusano Marcus Eaton (Ray Stevens), il capo del governo, di aver fatto fuggire il figlio Tobias a furia di maltrattamenti. Tris ha stretto amicizia con Christina (Zoè Kravitz) ed insieme riescono a superare le prove di ammissione, mentre lei ha iniziato una relazione con Quattro che gli rivela di essere Tobias . Prima di partire in missione viene però iniettato a tutti gli Intrepidi un siero che li dovrebbe rendere sempre reperibili .La mattina successiva, però, Tris vede che tutti i suoi compagni, tranne Quattro, sono come in trance e capisce che il siero è stato messo a punto dagli Eruditi per usarli contro gli Abneganti. Durante una retata contro questi ultimi, Quattro è catturato da Jeanine e Tris viene salvata dalla madre, che però cade sotto i colpi degli Intrepidi. Tris, con il padre, il fratello   e Marcus va nel fortilizio degli Intrepidi, libera Quattro e costringe Jeanine ad annullare il programma che condizionava le reclute.

Dopo “Hunger games”, ecco un’altra trilogia di racconti del futuribile di grande successo tra gli adolescenti che passa al grande schermo. Se i film con Jennifer Lawrence erano un po’ verbosi ma sorretti da un gran cast e da scenografie spettacolari, “Divergent” è solo una pedissequa riproposizione del racconto di Veronica Roth, senza nessuna rielaborazione fantasiosamente cinematografica. Gli elementi ci sarebbero ma Neil Burger (in teoria il regista giusto, visto che aveva diretto “The illusionist” e “Limitless”) non ha voli di fantasia e spreca in ruoli a due dimensioni la talentuosa Winslet e la stessa Woodley, reduce dal successo tv de “La vita segreta di una teen-ager americana.




American Hustle – L’apparenza inganna

Un film di David O. Russell. Con Christian BaleAmy AdamsBradley CooperJeremy RennerJennifer Lawrence.

Irving Rosenfeld (Bale) , siamo negli anni ’70, è un truffatore che , con la compagna Sydney Prosser, alias lady Esther (Adams), si fa pagare 5.000 dollari da gente in difficoltà finanziarie , promettendo fantomatiche erogazioni finanziarie . Un giorno si presenta da loro Richie Di Maso (Cooper) che ,però, dopo aver consegnato l’assegno pattuito si rivela essere un agente FB.I. e li incastra ; in cambio della libertà i due dovranno aiutarlo a smascherare altri truffatori ; i due accettano ma , nel corso delle operazioni, si imbattono in Carmine Polito (Renner), un politico del Jersey che ha il sogno di aprire un casinò per rendere grande la comunità da lui amministrata . Cooper, nevrotico e represso da una madre castrante, è disposto a tutto pur di avere un momento di grandezza , trasformando una normale operazione di polizia in una sorta di Mani Pulite americana mentre Irving e Sydney sono spaventati delle conseguenze ; lo stesso superiore diretto di Cooper, Stoddard (Louis C.K.) , è preoccupato della piega che sta prendendo l’iniziativa ma, preso da un delirio di onnipotenza (quanti nostri p.m. ci ricorda?), l’agente Di Maso prima gli fracassa un telefono in faccia , poi si fa autorizzare dal capo di entrambi (Alessandro Nivola) ad andare avanti. Irving diventa amico di Carmine e, per cementare l’amicizia i due escono con le rispettive mogli : Dolly Polito (Elisabeth Rohm) e Rosalyn (Lawrence), la vera moglie di Irving, alcolizzata, imprevedibile e infantilmente maligna. I quattro si presentano con un finto sceicco finanziatore (Louis Pena) – che in realtà è messicano e sa pochissime parole in arabo – all’appuntamento decisivo ma qui si trovano di fronte Victor Telleggio (Robert De Niro), potente e ferocissimo boss della mafia che chiede una garanzia di 10 milioni di dollari. Intanto Rosalyn si è messa con un mafioso, Pete Musane(Jack Huston), al quale spiffera un po’ troppo . Tutto sembra perduto ma…

Russell . dopo i notevoli “The Fighter” e “Il lato positivo”, mette sullo schermo la sceneggiatura di Eric Warren Singer , tratta dalle cronache della “operazione Abscam”, con la quale l’F.B.I , negli anni ’70 arrestò alcuni politici corrotti. Il contesto , però, è tutto russelliano : i protagonisti sono gli stessi dei due suoi film precedenti – Bale e Adams in “Fighter”, Cooper e Lawrence ne “Il lato positivo” – e il racconto di piccola gente, alle prese una missione resa impervia dalle mille ,crudeli imprevedibilità del lato umano , è il nocciolo della poetica del regista .Qui , però, non tutto funziona ; gli attori sono bravissimi, scenografie, ambientazioni ,costumi, trucco e parrucco sono perfetti ma il racconto è un po’ inceppato. La sceneggiatura originale era rimasta a lungo nei cassetti ed è stata riesumata a furor di critica ma forse poteva rimanervi tranquillamente .Detto questo , magari avessimo noi la capacità ed il coraggio di un’operazione così sincera ed anticonformista !




Un fidanzato per mia moglie

di Davide Marengo. Con Paolo KessisogluGeppi CucciariLuca BizzarriDino AbbresciaFrancesco Villa Italia 2014

Camilla (Cucciari), speaker di una radio locale sarda, sta per sposare Simone (Kessisoglu), venditore d’auto milanese. Per calmare l’ansia per il matrimonio e per il trasferimento a Milano, fuma uno spinello con le amiche e le va a fuoco l’abito; forse è stato un presagio perché la vediamo, annoiata ed infelice nella casa matrimoniale, mentre il povero Simone non ne può più del suo umore costantemente pessimo. I suoi amici Carlo (Abbrescia) – titolare della concessionaria nella quale lui lavora e infaticabile puttaniere – ed Ernesto (“Franz” Villa) e Gianluca (Alessandro “Ale” Besentini) – consolidata coppia gay- lo spingono a separarsi ma lui non è ha il coraggio. Dopo l’ennesima sparata di Camilla (ha insultato tutti gli ospiti del party di compleanno di Carlo), si fa convincere a servirsi del mitico play-boy Falco (Bizzarri), che gli dovrà sedurgli la moglie. Lei, però, non si muove quasi più da casa (mentre Falco ha bisogno di spazi di manovra) e Simone deve pagare Andrea (Corrado Fortuna) il titolare di una radio, perché la assuma come intrattenitrice. Camilla, dopo un’iniziale incomprensione, si appassiona al nuovo lavoro e la radio ha un buon seguito di ascoltatori; anche con Falco le cose sembrano procedere: i due si vedono e lei non è indifferente all’esperto corteggiamento del play-boy. Simone, però, si sta ingelosendo e la situazione precipita.

Il nostro cinema, resosi conto che solo le commedie possono avere qualche esito di botteghino, si è buttato a capofitto nel genere; per maggior sicurezza, talvolta adatta grandi successi stranieri (vedi Benvenuti al sud, Una famiglia perfetta, Fuga di cervelli). Questo film è, appunto, il remake del blockbuster argentino del 2008 Un novio para mi mujer ma l’operazione non si può dire riuscita: mancano spunti di vero divertimento e anche là dove potrebbero essercene, le occasioni vanno sprecate: ad esempio, Camilla in radio tiene una rubrica su ciò che le dà fastidio – occasione da manuale di originalità e cattiveria per una comica – e lei enuncia banalità quali: ”Non sopporto chi non paga le tasse o chi non vota perché dice che sono tutti uguali” (alla faccia dell’anticonformismo!). Marengo viene dall’interessante Notturno bus e fa buona televisione di mestiere (Boris 3, Il commissario Manara). Ha tempo per rifarsi. La Cucciari , invece, continua a sembrare un bel pò sopravvalutata (forse dovrebbe tentare di mettere la sua maschera un po’ rabbiosa in un ruolo drammatico).




Locke

di Steven Knight. Con Tom HardyRuth WilsonOlivia ColmanAndrew ScottBen Daniels  USA, Gran Bretagna 2013

Autostrada Birmingham-Londra, notte. Un uomo, Locke (Hardy), è alla guida della sua BMW. Dalle prime telefonate con il suo capo, Gareth (Ben Daniels/Roberto Draghetti) e con il capo-operaio Donal (Andrew Scott/Alessandro Quarta) apprendiamo che lui è uno stimatissimo manager dell’edilizia e che, all’alba, avrebbe dovuto sovrintendere alla più ingente colata di cemento armato che mai si sia effettuata. Alla moglie Katrina (Ruth Wilson/Marina Guadagno) ed ai figli, Eddie (Tom Howard/Alex PolidorI) e Sean (Bill Milner/Manuel Meli), comunica che quella sera non tornerà a casa; la moglie è confusa ed i ragazzi delusi (lo aspettavano per vedere insieme un partita in tv). Dalle telefonate con Bethan (Olivia Colman/Selvaggia Quattrini), una non più giovane impiegata dell’impresa nella quale lui lavora, sappiamo che lei è incinta di lui e che sta per partorire; qualche mese prima, a seguito di un party aziendale, lui e lei, ubriachi, hanno fatto l’amore e Bethan, senza dirgli nulla, aveva deciso di tenere il bambino; quella sera, però, sola e spaventata in ospedale lo ha chiamato rivelandogli la verità. Lui è figlio di un uomo che, dopo aver ingravidato la madre, è fuggito. Locke non glie lo ha mai perdonato ed ora non vuole comportarsi allo stesso modo, anche se non ha nessun afflato affettivo verso la lagnosa Bethan. Questa scelta estrema gli sta, però, facendo perdere il prezioso lavoro e la famiglia amatissima ma…

Knight è un ottimo sceneggiatore (Piccoli affari sporchi di Stephen Frears, La promessa dell’assassino di David Cronenberg) e nel 2013 ha diretto i suoi due primi film (questo e l’interessante Redemption – Le identità nascoste con Jason Stratman) . Locke, presentato fuori concorso a Venezia, è stato subito accolto come un piccolo capolavoro. E lo è : la scommessa di reggere un film con un solo attore in scena (degli altri sentiamo solo le voci – è il motivo per il quale ho voluto citarne anche i doppiatori italiani), per di più sempre ripreso nell’abitacolo della macchina il regista la ha vinta in pieno. Una cosa del genere la aveva già fatta Spielberg con il suo splendido film d’esordio Duel , in cui però il thrilling era assicurato dalla gara mortale con un minaccioso camion assassino; Knight riesce a tenere sempre altissima la tensione con una sorta di melò etico e lo fa grazie alla bravura di Hardy (ne Il cavaliere oscuro – Il ritorno era il cattivissimo Bane) e ad una sceneggiatura miracolosamente perfetta. La qualità della scrittura (fondamentale per al riuscita di qualunque film) fa venire alla mente un altra fortunatissima opera seconda, Memento, che ha fatto conoscere a ed apprezzare Christopher Nolan.




La Bella e la Bestia. La belle & la bête.

di Christophe Gans. Con Vincent CasselLéa SeydouxAndré DussollierEduardo NoriegaMyriam Charleins. Francia, Germania 2014

Un mercante (Dussolier) , proprietario di tre navi mercantili, vive nella Francia del primo ‘800 con sei figli, tre femmine – Belle (Seydoux), Anne (Audrey Lami) e Anne (Sara Giraudeau) – e tre maschi –Jean-Baptiste (Jonathan Demulger), Maxime (Nicolas Gob) e Tristan (Louka Melliava). Una tempesta li riduce in rovina , il loro bel palazzo viene sequestrato e loro debbono andare a vivere in una casetta di campagna. Ne soffrono tutti tranne la coraggiosa Belle che è contenta di coltivare l’orto e di quella vita semplice. Una delle navi viene ritrovata con tutte le sue merci preziose ed il mercante, felice, chiede alle figlie cosa vogliano di regalo ; le due vanitose chiedono vestite e gioielli e Belle solo una rosa. Giunto in città il padre scopre che i suoi creditori gli hanno sequestrato tutto e che il figlio Maxime ha debiti con Perducas (Noriega) , un criminale che lo minaccia di morte. Fuggito nella notte si ritrova in un castello , in un angolo del quale sono magicamente ammassati i doni preziosi richiesti dalle sue due figlie maggiori ma quando stacca una bellissima rosa per la terza gli appare la Bestia (Cassel) che gli intima di tornare il giorno dopo , pena l’uccisione di tutta la famiglia. Belle si presenta al castello al posto del padre, sicura di essere uccisa. La Bestia la tiene invece prigioniera , facendole trovare bei vestiti e cenando con lei ogni sera. Un incantesimo fa sognare alla ragazza la storia del suo ospite: lui era un principe cacciatore, ossessionato da una cerva d’oro che non riusciva a catturare; sua moglie (Yvonne Catterfeld) si fa promettere che smetterà di inseguire l’animale ma un giorno lui riesce ad ucciderla e scopre che sotto le sembianze la cerva c’era la sua amata principessa, che era una Ninfa ; il padre di lei, inferocito, lo tramuta in mostro. Dopo un po Belle ottiene di tornare a casa per un giorno ma due suoi fratelli, inseguiti da Perducas , le rubano il cavallo e vanno verso il castello per rubarne le ricchezze. Il bandito, con la zingara Astrid (Charleins) ed una banda di accoliti ,li costringe ad indicargli la strada del castello. La Bestia fa strage dei briganti ma muore , trafitto dal dardo che aveva ucciso la cerva magica; una lacrima d’amore di Belle lo salverà , ridandogli le sembianze umane (in realtà, come in una famosa gag di “Helzapoppin’”, Cassel fa più impressione al naturale che truccato da Bestia).

Come tutte le favole famose, “La bella e la bestia” , è apparsa più volte nella tradizione narrativa : è uno dei “Racconti di Mamma Oca” di Perrault , ripresa da M.me de Villenueve e poi editata da Beaumont, ma una storia simile era già ne “L’asino d’oro” di Apuleio e ,con il titolo “Il serpente”, la troviamo ne “Lo cunto de li cunti” di Basile. Ha avuto, tra film con attori e cartoni animati, almeno 5 trasposizioni cinematografiche (due delle quali, il film di Cocteau del ’45 ed il cartoon del ’91 , sono capolavori) . La fortuna del racconto sta, probabilmente, nella perfezione con cui è vagheggiata una metafora sull’iniziazione femminile ( e sul matrimonio di convenienza per secoli imposto alle fanciulle). Gans fa, invece, di Belle una eroina anticonformista e ribelle, accentuando i toni gotici del racconto (non a caso: lui aveva diretto “Il patto dei lupi” e l’horror “Silent hill”). Non è un granchè ma alle giovanissime piace.
 




Sei mai stata sulla luna?

topa

di Paolo Genovese. Con Raoul BovaLiz SolariSabrina ImpacciatoreNeri MarcorèGiulia Michelini Italia 2015

Giulia (Solari) è una ricercatissima redattrice di moda e sta per fare un’ulteriore balzo nella prestigiosa carriera  quando, nel pieno della preparazione alla Settimana della Moda, le arriva la convocazione nel paesino pugliese di origine della sua famiglia per un’eredità, consistente in un’avviata masseria .Arrivata in paese, trova nella fattoria il cugino autistico  Pino (Marcorè), che  non potrà certo essere lasciato solo e, più tardi, nei due bar del paese, gestiti dai rivali Delfo (Sergio Rubini) e Felice (Emilio Solfrizzi) conosce l’affascinante Renzo (Bova), che la fa bere in tutti e due locali per non fare torto a nessuno. Un po’ brilla va nella masseria con lui e ci fa l’amore. L’indomani mattina scopre che Renzo è il massaro vedovo che vive lì con il figlio Tony (Simone Dell’Anna) e, all’arrivo del fidanzato Marco (Pietro Sermonti), commercialista maneggione, gli comunica che vuole vendere tutto e – irritata per essere stata ingannata – lo licenzia, dandogli solo pochi giorni per sistemare le proprie cose. Il notaio De Santis (Dino Abbrescia) le conferma che la masseria è sua e che non ha vincoli se non quello della sistemazione di  Pino. Il paese intanto si coalizza perché il podere non sia venduto: il contadino Oderzo (Nino Frassica), ad esempio, arriva rumorosamente all’alba e le chiede di condividere lavori pesanti e sporcanti e l’agente immobiliare Rosario (Paolo Sassanelli) dissuade i possibili compratori. Giulia, intanto, ha fatto amicizia con Mara (Impacciatore), la sorella zitella di Delfo, della quale Felice è segretamente innamorato e che, invece, sogna di incontrare il vero amore attraverso le chat e, di lì a poco, avendo sistemato Pino in una casa-famiglia, torna a Milano. Dopo poco però le comunicano che lui è fuggito e non ne vuole sapere di lasciare la masseria. Giulia decide così di tornare giù e di farsi raggiungere dalla preziosa assistente Carola (Michelini), per preparare da lì il servizio sulla Settimana. Qui si riconcilia con Renzo ma, quando i due si danno un appuntamento galante, arriva inatteso Marco e lei scopre che il bel massaro ha un amore: la  veterinaria Anita (Isabella Briganti). Parte per Milano e riprende con successo il lavoro ma una telefonata di Mara che le chiede di partecipare alla festa del paese, nella quale si avverano i desideri, le fa venire voglia di tornare. Il ballo in piazza farà fidanzare Mara con Felice e Delfo con Carola. Lei, che ha lasciato Marco, va alla masseria per un’altra notte d’amore con Renzo (che, a sua volta, ha chiuso con Anita).

Genovese (Immaturi, Tutta colpa di Freud) ha dimostrato una mano efficace e delicata nel dirigere commedie non banali e anche stavolta il suo tocco di metteur en scene si fa sentire, così come la Pepito di Agostino Saccà alla sua prima esperienza cinematografica in autonomia (aveva partecipato ad un paio di titoli prodotti da Luciano Martino) dà un buon valore produttivo al film. I limiti dell’operazione sono nella fragilità del testo (aggiornamento poco convinto del vecchio mito del topo di campagna e topo di città) e nella scarsa congruità dei pesi nel cast, troppo ricco di nomi ingombranti anche in ruoli minimi e concentrato sulle belle ma fragili spalle della Solari, che dovrebbero reggere – con un po’ di supporto del convenzionale Bova – il peso della commedia.




Exodus – Dei e Re ( Exodus: Gods and Kings)

mosedi Ridley Scott. Con Christian BaleJoel EdgertonJohn TurturroAaron PaulBen Mendelsohn. Gran Bretagna, USA, Spagna 2015.

Mosè (Bale), nipote del faraone Seti (Turturro) si prepara a guidare una spedizione contro gli ittiti a fianco del cugino Ramses (Edgerton) e l’indovina di corte (Indira Varma) predice che uno dei due giovani salverà la vita all’altro e diverrà re. Mosé salva Ramses e, al ritorno, il faraone (che preferirebbe lui come successore, piuttosto che il figlio), si convince a mandarlo ad indagare in una provincia, dove il corrotto viceré Hegep (Mendelson) sovrintende con metodi disumani al lavoro di migliaia di schiavi ebrei. Qui Mosè smaschera le malversazioni del notabile e viene avvicinato dal rabbino Nun (Ben Kingsley), che gli rivela che lui non è figlio della sorella di Seti, Bitia (Hiam Abbas), che, invece, lo aveva raccolto dal Nilo dove la madre lo aveva nascosto insieme alla sorella maggiore Miriam (Tara Fitzgerald), rimasta a corte come ancella. Mosè è turbato ma non gli crede (le spie del viceré, intanto, avevano sentito tutto) e torna alla reggia in tempo per assistere alla morte di Seti e all’incoronazione di Ramses. Hegep, portato al cospetto del faraone per essere giustiziato, rivela ciò che le sue spie avevano sentito e Ramses chiede, al cospetto di Mosè, a Bitia e a Miriam se la storia che ha sentito sia vera e, quando sta per tagliare un braccio alla serva, Mosè, per salvarla, conferma tutto. La madre di Ramses, Tuya (Sigourney Weaver), vorrebbe che fosse condannato a morte ma il figlio lo esilia nel deserto. Qui lui, dopo essere sopravvissuto a varie insidie, arriva nel villaggio dello sceicco-pastore Jetro (KIevork Malykian) e, poco dopo, sposa la di lui figlia Zipporah (Maria Valverde), dalla quale ha un figlio, Gershom (Hal Heweston). Un giorno, travolto da una frana, vede accanto a sé un bambino, Malak (Isaac Andrews) che lo sprona ad andare a liberare il suo popolo. Mosè capisce che il fanciullo è la voce di Dio e parte per Menfi. Qui va dal faraone e cerca di convincerlo a liberare gli ebrei ma, per tutta risposta, questi vengono perseguitati ferocemente. Malak , che solo lui può vedere, gli comunica che sta per scatenare terribili piaghe sugli egiziani ed ecco i coccodrilli che, divorando i pescatori, arrossano di samgue il Nilo, le rane, le cavallette, la grandine, le malattie e la carestia che devastano il regno del faraone. Questi però non è intenzionato a cedere e allora Malak comunica a Mosè (che ne è inorridito: quello è stato pur sempre il suo popolo per anni) che farà morire tutti i figli primogeniti degli egiziani. Tra questi c’è anche il bambino di Ramses che, distrutto dal dolore, acconsente a lasciare liberi gli ebrei, che in quattrocentomila partono per la terra promessa oltre il Mar Rosso. Sul mare sono raggiunti dalle truppe del faraone ma Dio prosciuga le acque per farli passare, scatenandole poi sugli armati egiziani. Giunto sul monte Sinai, Mosè incide le tavole della Legge e poco dopo, alle soglie di Canaan muore lasciando la guida del popolo a Joshua (Aaron Paul).
Nel 1956 Cecil B. DeMille, maestro del colossal, diresse I dieci comandamenti, remake del suo film muto del ’23 e fu subito capolavoro. Scott è regista ben diverso: raffinato e discontinuo, alterna titoli di fondamentale valore, (I duellanti, Blade runner, Thelma e Louise) , film di notevole impatto (Alien, Black rain, Il gladiatore) a pesanti flop (in particolare gli ultimi due: Prometheus e The counselor). Qui è andato sul sicuro, mettendo insime la scenografica storia di Mosè e il prestigioso Bale ma, a differenza del semplicistico DeMille, ha dato alla messa in scena dell’Esodo la sua intellettuale visone laica: Mosè è spesso attraversato da dubbi e il suo rapporto con Dio (non a caso incarnato in un antipatico ragazzino) è anche conflittuale, Bale, peraltro, non è stato a caso il problematico Batman- cavaliere oscuro dell’ultima trilogia ed è ben diverso dal granitico Hesto/ Ben Hur i cui unici rovelli erano di natura narcisistica. Exodus è certamente un buon film ma le ingenue e un po’ rozze certezze di DeMille ancora affascinano (riproposte dalle televisioni almeno una volta all’anno) gli spettatori. In fondo, questa è la miglior controprova della riuscita di un colossal.