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Mia madre

mia madre

di Nanni Moretti. Con Margherita BuyJohn TurturroGiulia LazzariniNanni MorettiBeatrice Mancini [I]  Italia, Francia, Germania 2015.

Margherita (Buy) è la regista di un film politico (è la storia di una fabbrica occupata) dal titolo Noi siamo qui. La sua vita è complicata: separata con una figlia adolescente, Livia (Mancini), ha da poco lasciato Vittorio (Enrico Inanniello), attore protagonista del film e la madre, Ada (Lazzarini) è ricoverata in ospedale per gravi problemi cardiaci, assistita prevalentemente dall’altro figlio Giovanni (Moretti), che per starle accanto ha chiesto una lunga aspettativa dall’azienda nella quale lavora come ingegnere. Lei, ogni volta che la va a trovare si sente inadeguata e teme di essere di peso alla malata. In quelle ore deve anche lavorare con Barry Huggins (Turturro), importante attore americano, guest star del film, che si rivela insopportabilmente gigione e faticosissimo da dirigere: nonostante gli sforzi dell’interprete (Lorenzo Gioielli), non riesce a ricordare le sue poche battute in italiano. L’appartamento di Margherita si allaga e lei si trasferisce nella casa materna, dove i ricordi si fanno ancora più dolorosi. Lì, accompagnata dal padre, Federico (Stefano Abbati), la raggiunge Livia, che deve affrontare una verifica di latino per la quale avrebbe bisogno dell’aiuto della nonna, che era stata un’ottima insegnante. La dottoressa (Monica Scamassa) toglie a lei e a Giovanni ogni speranza: la loro madre non potrà che peggiorare; di li a poco le dovranno, infatti, praticare una tracheotomia; mentre lei è alle prese con una conferenza stampa sul film e la banalità pseudo-politica delle domande (ma anche delle proprie stereotipate risposte) le risulta insopportabile. Di lì a poco ha una crisi di rabbia per l’inettitudine di Barry e, in un incontro notturno con Vittorio, questi la mette di fronte al suo essere incapace di legami se non ego-riferiti. Le riprese con Barry comunque finiscono (e lui si conferma, alla fine, un ottimo attore) e una sera mentre Margherita, Giovanni e Livia sono a cena, lui si presenta con una bottiglia di vino e confessa di soffrire di gravi vuoti di memoria (per questa ragione Kubrick – con cui lui ha sempre raccontato di aver lavorato – lo aveva protestato). Michele lascia il lavoro e con la sorella decide di riportarla a casa. Qui la mamma potrà dara qualche lezione di latino alla nipote, prima di morire. Alla veglia funebre partecipa anche un vecchio ex-alunno (Antonio Zavatteri), che rivela come molti di loro la avessero sempre considerata una preziosa seconda madre.

Mia madre è una tappa importante nella filmografia di Moretti: non solo per la portata autobiografica del soggetto (sua madre, morta da non molto, era, come Ada, un’insegnante di latino e greco) o per l’aver affidato alla Buy il proprio personaggio lasciandosi – come insiste con la protagonista (Anna Bellato) la regista nel film : “…devi essere nel personaggio e accanto a lui” – il ruolo di fratello super-ego ma anche per ragioni strettamente cinematografiche; mai come ora Moretti ha curato la confezione formale, lasciando al bravo Catinari la possibilità di comunicare stati d’animo con le inquadrature. Non intendo dire che i suoi altri film fossero minimamente sciatti (è nota la sua pignoleria) ma in Mia madre (nel sogno Michele dice a Margherita; “Rompi almeno uno dei tuoi duecento schemi!”) Moretti lascia arrivare l’emozione. Le stesse scelte di costumi (Valentina Taviani) e di scenografia (Paola Bizzarri) sono morettianamente rigorose ma anche affettuose (i maglioni con le toppe scelte dalla madre, i veri libri di casa Moretti, l’arredo decorosamente retrò della casa materna ci rimandano un acuto rimpianto). A molti critici questo ha dato fastidio: come si permette Moretti di non essere più Moretti? Invece ha dato una bella ed importante lezione di stile sulla regia cinematografica. E’ come un interessante ri-esordio da cui possiamo aspettarci molto. Non c’entra con il film ma chi ha visto lo spassoso servizio di Enrico Lucci ne Le jene sullo squallido circo dell’anteprima del documentario di un ex ministro dei Beni Culturali avrà notato che Moretti non c’era; rispondendo ad Ecce Bombo: lo si nota, con stima, di più se non c’è!




Birdman

tn_gnp_et_1025_filmdi Alejandro González Iñárritu. Con Michael KeatonZach GalifianakisEdward NortonAndrea RiseboroughAmy Ryan USA 2014

Riggan Thomson (Keaton) è stato un divo acclamato  dalle folle per aver interpretato al cinema il supereroe Birdman ma , arrivato al terzo episodio, angosciato ed alcolizzato ha lasciato Hollywwood. Ora è a New York e sta mettendo in scena un suo adattamento di  Di cosa parliamo quando  parliamo d’amore  di Raymond Carver. Durante una delle ultime prove, alla quale partecipano le due protagoniste femminili del dramma – la sua amante Laura (Riseborough) e Lesley (Naomi Watts), anche lei debuttante sul palcoscenico dopo vari lavori televisivi – si arrabbia con un attore, Ralph (Jeremy Shamos), ancora fuori parte e, con poteri sovrannaturali (così lui pensa ma, in realtà, lo ha brutalmente spintonato)) lo butta a terra,  ferendolo. Chiede al produttore, e suo amico, Jake (Galifianakis), di scritturare Mike  Shiner (Norton), bravissimo ma costoso ed inaffidabile e, già alla prima scena, Mike, che convive con Lesley e perciò sa tutte le battute a memoria, si dimostra un grande animale da palcoscenico. Sam (Emma Stone), la figlia di Riggan che esce da una pesante tossicodipendenza (alla quale non sono estranee le assenze del padre) e che fa da organizzatore generale dello spettacolo, lo accompagna in sartoria e lui si mette nudo davanti a lei, facendo infuriare Lesley. Alla prima anteprima, Riggan si accorge che Mike sta bevendo in scena del vero gin e, rapidamente, glielo  sostituisce con la bottiglia di scena riempita d’acqua; Mike si infuria e fa una scenata, incurante del pubblico, facendo interrompere lo spettacolo. Nel frattempo tra lui e Sam sta nascendo qualcosa che i due nascondono tra finti giochini di ruolo e ciniche battute. La seconda anteprima va molto meglio, anche se Mike in una scena in cui è a letto con Lesley ha un’erezione e tenta di far l’amore sul serio. Lui e Riggan vanno al bar e lì incontrano la terribile critica del New York Times, Tabitha (Lindsay Duncan) e Mike la provoca apertamente. Riggan, intanto, continua a sentire la voce di Birdman che lo deride per la sua scelta  e gli chiede di riprendere il costume da supereroe (l’unica cosa buona, dice la voce, che abbia fatto nella carriera). Un’ intervista di Mike che lo definisce “scimmia ammaestrata” lo fa infuriare e, dopo averlo picchiato, va al bar e cerca di ingraziarsi Tabitha  ma lei gli comunica che farà una recensione stroncante per punire la sua arroganza nel mettere in scena – lui divo ma non attore – un testo così importante, Thomson, disperato, si attacca una volta di più alla bottiglia e si addormenta ubriaco in mezzo alla spazzatura. Siamo alla prima, la sala è stracolma e Riggan, che oltretutto ha appena visto la figlia e Mike che si baciavano, esce in accappatoio per fumare una sigaretta ma la porta di sicurezza si chiude imprigionando l’accappatoio e lui deve rientrare in mutande a recitare l’ultima scena nella quale deve sparare a Mike. Attraversa la platea  in quella mise e, quando è sul palco con in mano la pistola di scena (ma in realtà lui l’aveva sostituita con un arma vera), improvvisa un monologo sulla solitudine e si spara. In ospedale legge la recensione entusiasta di Tabitha e si riconcilia con l’ex-moglie Sylvia (Ryan), con la figlia e  con il Birdman che è in lui.

Inarritu sin da Amores perros aveva dimostrato una bella struttura di cantore della disperazione con venature di melò sfacciato ed  intelligente (21 grammi,Biutiful). Non è un caso che in questo film abbia scelto come terreno di sfida culturale del suo protagonista il testo più noto di Raymond Carver, grandissimo scrittore ma facilmente equivocabile come  una sorta di Prevert moderno e sconsolato; la scommessa è poi ancora più azzardata se si pensa all’ Altman che in America oggi ha trasposto meravigliosamente i racconti di Carver. Il gioco è ancora più labirintico: Keaton ha quasi chiuso la sua carriera dopo i primi due trionfali Batman e Norton ha avuto guai con le major per aver rifiutato il ruolo di Hulk in  The Avengers. Il risultato è un gran bel film, personalissimo ed intenso con un cast impeccabile (Norton, in particolare, è impareggiabile) ed una regia solidamente immaginifica.




American Sniper

di Clint Eastwood. Con Bradley CooperSienna MillerJake McDormanLuke GrimesNavid Negahban USA 2015

Chris Kyle (Cole Konis) è un bambino del Texas e, una volta che ha difeso il fratellino Jeff (Luke Sunshine) da un bulletto, il padre (Ben Reed) lo instrada verso il suo destino:” Il mondo si divide in lupi, pecore e cani pastori che le difendono”. Chris giovane (Cooper) si cimenta in vari rodei, cavalcando tori, sempre seguito dall’adorante Jeff (Keir O’Donnell) e tradito dalla giovane moglie Sarah (Mariette Patterson), che ben presto, stanca della sua vita spesa in costanti sfide, lo lascia. Lui si arruola nei Seals e, durante la durissima fase di istruzione, conosce in un bar Taya (Miller) e scopre di avere una mira infallibile. Di lì a poco, siamo nel 2003, sposa Taya e parte per l’Iraq. Qui ha il suo duro battesimo di cecchino: uccide un bambino che stava buttandosi con una granata contro un drappello di marines e la madre che, raccolto l’ordigno, si preparava a continuare l’attentato. I commilitoni lo acclamano ma lui è, inevitabilmente, sconvolto. Di lì a poco, per la quantità di nemici uccisi, viene chiamato dai suoi La Leggenda e dagli iracheni Il Diavolo di Ramadi. La sua ossessione è quella di uccidere Omar (Jad Mhidi Senhaji),l’altrettanto letale cecchino nemico. Sembra esserci vicino quando un iracheno, Sheik (Nehagban) si dichiara disponibile a portarlo dal Macellaio (Mido Hamada),un dei capi degli insorti, con il quale Omar si accompagna regolarmente ma il Macellaio arriva un istante prima e, dopo aver ucciso con un trapano il suo bambino, spara una raffica letale al padre. Chris rimane in Iraq 6 anni, alternando 1.000 giorni di ferma con 4 rientri a casa, nei quali è sempre più mentalmente assente dalla famiglia (in quel periodo Taya mette al mondo, tutta sola, due figli), preso dai deliri del conflitto. Nell’ultima missione decide più che mai di cercare Omar che ha ferito gravemente il suo miglior amico Biggles (James McDorman) e, con un colpo impossibile a 2 km di distanza, ci riesce. Torna definitivamente a casa ed è un disadattato: ha ucciso più di 160 nemici, per tutti è La Leggenda ma non riesce a rientrare nella vita normale. Uno psichiatra (Robert Clotworthy) gli suggerisce di aiutare gli altri reduci – quelli più profondamente feriti nel corpo e nell’anima dalla guerra – a reinserirsi. Il sistema funziona ma, proprio quando Chris ha ripreso il ruolo di marito e padre presente ed affettuoso, un giovane reduce (Vincent Selhorst-Jones) affidato alle sue cure lo uccide.

Dopo Gunny, Flags of our fathers e Lettere da Iwo Jima, questo è Il quarto film di guerra di Eastwood e, com’è nella sua sorprendente filmografia è, contemporaneamente, diverso da tutti gli altri e riconoscibilissimo nella firma dell’autore. Eastwood, lo possiamo ormai dire, è un grande poeta epico (e non solo nei film bellici), paragonabile, mi viene da dire, ad Omero: la forza dei suoi racconti è nella dolente e coriacea umanità dei suoi protagonisti che, come gli eroi dell’Iliade, sono forti e violenti in battaglia ma fragili prede di un destino deciso altrove. La trasposizione poteva essere una fitta sequela di eroiche imprese (nell’esempio de Il sergente York di Howard Hawks, con Gary Cooper tiratore infallibile) o un complesso intrico pacifista (come La sottile linea rossa di Terrence Malick) ma Clint è Clint e ha scolpito, più che ottantenne, un opera di monumentale asprezza, restituendoci la ineluttabile bestialità e la poderosa umanità di ogni conflitto, al di là di torti o ragioni, di vincitori e vinti.




Guardiani della Galassia – Guardians of the Galaxy

di James Gunn. Con Chris PrattZoe SaldanaDave BautistaVin DieselBradley Cooper USA 2014

Sulla Terra il piccolo Peter Quill (Wyatt Oleff) ha appena perso la madre (Laura Haddock) e, invano fermato dal nonno (Gregg Henry), scappa all’aperto e viene rapito dall’astronave di Yondu Udonta (Michael Rooker), il capo dei banditi Ravagers. Peter (Pratt), ormai adulto e divenuto un abile avventuriero, ha assunto il nome “d’arte” di Starlord e di nascosto da Yondu che lo ha cresciuto va sul pianeta Marag e trafuga una misteriosa sfera. Una banda di armati, guidati da Korath (Djmon Ousou) , il braccio destro del terribile Ronan l’Accusatore (Lee Pace), cerca di sottrargli la sfera ma lui riesce a sfuggire e va sul pianeta Xandar, capitale dell’ Impero Nova; qui ha appuntamento con un broker (Christian Fairbank) che, però, al nome di Ronan lo caccia dal negozio; fuori l’aspettano Gamora (Saldana), una delle figlie adottive di Thanos (Josh Brolin), potentissimo alleato dell’Accusatore, e i cacciatori di taglie Rocket Raccoon, un procione geneticamente modificato (doppiato in originale da Bradley Cooper e in Italia da Christian Insante) e Groot (Vin Diesel – Massimo Corvo), un’albero/umanoide. Mentre i quattro battagliano una pattuglia di polizia guidata da Rhomann Dey (Jhon C. Reilly),ex-commilitone di Peter, li arresta. In prigione Peter salva Gamora che sta per essere strozzata da Dax (Bautista), un omaccione al quale Ronan aveva ucciso la moglie e la figlia. Gamora racconta di essere, in realtà, anche lei vittima di Thanos che le uccise i genitori e di voler impedire che lui e Ronan usino il potere della sfera per distruggere interi pianeti. Insieme a Dax i quattro decidono di evadere e, guidati dall’astuto Rocket, riescono nell’impresa. Peter e Gamora vanno dal Collezionista Taneller Tivan (Benicio Del Toro) per vendere la sfera ma, quando questi ne libera la Gemma dell’Universo – una potente forma di energia alla quale solo pochi esseri superdotati possono resistere – la sua schiava Corinna (Ophelia Lovibona) se ne impadronisce e muore provocando una violenta esplosione. I due si salvano a stento ma vengono raggiunti da Ronan ed i suoi, ai quali si è aggiunta Nebula (Karen Gillan),sorellastra di Gamora, l’Accusatore si Impadronisce della sfera e lancia Gamora semimorta nello spazio. Peter riesce a fuggire e si mette in contatto con Yondu. Il bandito, che aveva messo una taglia sulla testa del ragazzo, arriva e, in cambio della possibilità di appropriarsi della sfera, decide di andare con loro nel covo di Ronan; al gruppo si uniscono Drax, Rocket e Groot che erano andati a salvare i loro amici. Su Xandar, intanto, il Comandante Rael (Glenn Close) viene convinta da Dey, che ha avuto un messaggio da Peter, a mandare le sue truppe contro Ronan e Thanos. Nella battaglia finale Peter, grazie alla scoperta di poter governare la Gemma, uccide Ronan e consegna all’ignaro Yondu una sfera vuota. Rael nomina i cinque eroi Guardiani della Galassia e fa cancellare tutti i loro precedenti crimini.

Il film è il maggior successo di quest’anno in America, dove ha incassato più di 300 milioni di dollari e sta andando bene anche negli altri Paesi, compreso il nostro. In effetti è molto divertente e, soprattutto grazie all’albero e al procione, unisce ai toni di fantasy fracassona ma con risvolti umani tipici dei prodotti Marvel un che di infantilmente favolistico che ne allarga l’audience. Gunn non è molto più che un onesto mettitore in scena ma, grazie alla qualità produttiva del film, il risultato è quasi perfetto. Stan Lee, il creatore della Marvel, appare in ogni suo prodotto in un piccolo ruolo: qui è un vecchio satiro xandariano che corteggia una ragazza.




I Mercenari 3 – The Expendables (The Expendables 3)

di Patrick Hughes. Con Sylvester StalloneJason StathamJet LiAntonio BanderasWesley Snipes  USA 2014

Barney Ross (Stallone) con Lee Christmas (Statham), Gunnar Jensen (Dolph Ludgren), e Toll Road (Randy Couture) prima libera da un treno blindato Doc (Snipes), e poi, su incarico della C.I.A., va all’assalto di un carico d’armi pronto a salpare per la Somalia; al porto li aspetta Hale Caesar (Terry Crews), che ha già predisposto il terreno ma quando arrivano al bersaglio Barney scopre che il capo dei trafficanti è il suo ex-socio Conrad Stonebanks (Mel Gibson) che credeva morto; questi prima ferisce gravemente Caesar, poi butta un bomba contro i mercenari che si salvano a stento. Mentre Caesar combatte con la morte in una clinica, il comandante C.I.A. Max Drummer (Harrison Ford) gli dice che Stonebanks è potentissimo e si è macchiato di enormi crimini e lo incarica di catturalo vivo perché sia processato all’Aja. Barney, consapevole della pericolosità della missione che richiederebbe persone più giovani, riunisce i suoi e comunica loro che ha deciso di sciogliere il gruppo; loro protestano ma lui è irremovibile. Va a Las Vegas e incarica il suo ex commilitone Bonaparte (Kelsey Grammer) di trovargli dei giovani da ingaggiare; si uniscono così all’impresa gli ex-militari Smilee (Kellan Luntz) e Mars (Victor Ortiz), l’hacker Thorn (Glen Powell) e la tostissima buttafuori Luna (Ronda Roussey); falsificando la data di nascita, si presenta anche lo spagnolo logorroico Gango (Banderas) ma Barney non lo ingaggia. I nuovi Mercenari, grazie ad una soffiata di Trench (Arnold Schwarzenegger), vanno a Bucarest, dove Stonebanks sta per vendere una partita d’armi pesanti a Vata (Robert Davi); riescono a catturarlo ma lui ha un gps al polso e i suoi arrivano a liberarlo. Barney riesce a scappare ma Smilee, Mars, Thorn e Luna sono catturati e Stonebanks li porta in Armenia e se ne serve per obbligare Ross a cercare di salvarli per ucciderlo. Trench spiega a Barney che il trafficante in Armenia è difeso dal corrotto esercito locale e, pur confermandogli l’incarico, dichiara che la sua cattura è una missione suicida. Mentre sta per partire lo raggiunge Gango e stavolta lui lo arruola; al momento del decollo si presentano Doc, Lee, Toll e Gunnar e, quasi a forza, si uniscono alla missione. Max decide di raggiungerli, accompagnato da Trench e da Yin Yang(Li). I sei liberano i ragazzi e, insieme a loro, aiutato dal cielo dall’aereo di Max distruggono l’esercito armeno. Stonebanks affronta Barney in un ultimo corpo a corpo e questi lo uccide. I vecchi e i nuovi Mercenari, compreso Caesar che è guarito, si preparano a nuove missioni, mentre Trench fa coming-out e dichiara la sua relazione con Yin.

Il primo I mercenari era il tipico prodotto della società di produzione Nu Image: un forte cast con altri valori produttivi contenuti; il parzialmente imprevisto successo commerciale li ha convinti ad un sequel più costoso che ha avuto incassi notevoli. Questo, invece, in America è andato in maniera deludente ma, probabilmente in altri paesi si rifarà (da noi, ad esempio, sta tenendo bene). Certo, la formula è un po’ ripetitiva e il 3, forse, sconta la lunga pausa narrativa – sulla falsariga de I magnifici 7 – della selezione dei nuovi adepti e, forse, anche l’inutile ricerca di eroi giovani per ragioni di target. In realtà, al prezioso pubblico giovanile, piaceva il meccanismo dei vecchietti impavidi, indistruttibili e brontoloni: i nonni che vorrebbero avere.




Turner ( Mr. Turner)

di Mike Leigh. Con Timothy SpallDorothy AtkinsonMarion BaileyPaul JessonLesley Manville Gran Bretagna 2014

Siamo alla fine del ‘700 e Joseph M. William Turner (Spall) è di ritorno da un viaggio nei Paesi Bassi. A casa lo aspettano Hannah (Atkinson), una cugina povera della ex-moglie in funzione di fantesca tutto (ma proprio tutto) fare, ed il padre William (Jesson), anche lui molto accudente. Di lì a poco arriva in visita polemica l’ex-moglie Sarah (Ruth Sheen), con le figlie Evelina (Sandy Foster) e Georgiana (Amy Dawson) a lagnarsi dell’indifferenza del pittore, completamente assente fisicamente e finanziariamente; lui, infastidito, le congeda per riprendere il proprio lavoro. Eccolo, qualche tempo dopo, nella tenuta del suo mecenate lord Egremont (Patrick Godfrey), dove subisce la discreta corte di miss Coggins (Karina Fernandez), che lo accompagna al piano mentre lui canta con partecipazione Il lamento di Didone di Purcell, illudendola di provare un qualche sentimento per lei; qui incontra anche lo sfortunato pittore Haydon (Martin Savage), che gli dà una stoccata da 50 sterline. Attratto pittoricamente dalle marine, si reca a Margate (il paese di mare nel quale, ragazzo, aveva cominciato a disegnare) e, dando un nome falso per non avere noie, affitta una stanza da mrs. Sophia Booth (Bailey), che vive con il marito (Karl Johnson), ex-maestro d’ascia sulle navi negriere (dai suoi racconti tremendi Turner trarrà uno dei suoi quadri più famosi). I viaggi a Margate si fanno via via più frequenti, finché non nascerà una relazione con la Boooth, rimasta vedova. In una sosta a Londra conosce la famosa scienziata Mary Sommerville (Manville), che è affascinata dalla potenza dei colori e il padre le spiega come avesse dedicato tutto il ricavato della sua professione di barbiere affermato per aiutare il figlio nell’apprendimento della pittura, per la quale sin da piccolo si era mostrato dotatissimo. Lo vediamo poi alla Royal Academy of Arts (nella quale era stato ammesso quindicenne) fornire preziosi e sarcastici consigli ai suoi colleghi. La sua fama convince il giovane ed emergente critico John Ruskin (Joshua McGuire) a comprare un suo quadro (quello della nave negriera) ma, poco dopo, Turner, invitato a casa sua con altri artisti non resiste alla tentazione di rintuzzarne le snobistiche affermazioni. Un giorno, in navigazione per Margate, viene sorpreso da una tempesta e si fa legare sull’alto pennone per poter vedere la furia degli elementi nel modo migliore per poi riprodurli. Ne segue una bronchite ed il dottor Price (David Horovitch), visitandolo, gli diagnostica una disfunzione cardiaca. Mrs. Booth vende la casa sul mare e con il ricavato acquista una villetta nei sobborghi di Londra, dove lui va sempre più spesso. La regina Vittoria (Sinhead Matthews),in visita alla Academy, bolla, da ignorante, i suoi quadri come ignobili e, improvvisamente, si trova ignorato da molti di quelli che lo ammiravano, compresa la Sommerville. Muore la figlia Georgiana e lui non sa far altro che porgere indifferenti condoglianze alla ex-moglie. Di lì a poco muore anche il padre, che gli chiede perdono per aver fatto internare anni prima sua madre divenuta pazza. Hannah, che lo ha sempre amato nonostante i suoi maltrattamenti, distrutta dall’impetigine, scopre la sua nuova vita ma non al coraggio di dirgli niente. Il ricchissimo Joseph Gillott (Peter Wight) gli offre l’enorme somma di 100.000 sterline per tutti suoi quadri ma Turner rifiuta: lascerà le sue opere ad una fondazione pubblica perché tutti la possano ammirare. Morirà di lì a poco.

Turner era in concorso a Cannes e Spall ha, più che meritatamente, vinto come miglior attore ma tutto il cast a partire dalla mite e dolente Hannah di Dorothy Atkinon, è super; né va dimenticata la fotografia di Dick Pope che riesce a riprendere colori ed immagini naturali, rendendoceli come quadri turneriani. Detto questo – e speso un ammirato omaggio su come ci viene porta la grandezza e le miserie dell’artista e dell’uomo Turner – non si può non notare come il vero talento di Mike Leigh sia soprattutto in film quotidiani e dolenti quali Il segreto di Vera Drake e Another year, mentre nei grandi affreschi storici (questo e, qualche anno fa Topsy-Turvy sugli operettisti Gilbert e Sullivan) si rivela un grande maestro della messa in scena, con meno guizzi di partecipazione (ma quando ci sono – vedi la scena con la giovane prostituta – lasciano senza respiro).




Italiano medio

di Marcello Macchia. Con Marcello MacchiaLuigi LucianoEnrico VentiLavinia LonghiBarbara Tabita Italia 2015

I coniugi Verme (Macchia/ Maccio Capatonda e Luciano/Herbert Ballerina), quando una maglietta della nazionale si restringe in lavatrice, decidono di fare un figlio per utilizzarla ma quando il bambino nasce arriva in Italia la tv a colori e i due lo trascurano ipnotizzati dal piccolo schermo. Il bambino, per reazione, rifiuta i condizionamenti della televisione e sviluppa una forte coscienza ambientalista. Giulio (Macchia) arriva all’università e la commissione di laurea, sfinita dalla noiosità della sua impegnatissima tesi gli dà un “110…e basta!”, purché si levi dai piedi. Conosce la altrettanto impegnata – ma più fattiva – Franca (Longhi) e se la sposa e lavora da operaio in centro di raccolta differenziata. Quando la moglie parte per una missione di solidarietà in Africa lui, dopo aver resistito alle avances della vistosa vicina Sharon (Tabita), viene visitato dal testimone di Geova Alonzo (Luciano), al quale confida le proprie frustrazioni e qusti gli dà una pillola; convinto che sia un rimedio per ampliare l’intelligenza, Giulio la ingoia e Alonzo gli spiega che otterrà invece una riduzione al 2% delle facoltà intellettive. I due, ridotti allo stadio di italiani da curva dello stadio, vanno in una discoteca e lui – che ha convinto il buttafuori (Venti/Ivo Avido) di essere Gullitt – se la spassa parecchio, alla fine ruba un suv e, strafatto, sconcia il parco alla cui salvaguardia si era sino ad allora dedicato contro le mire speculative del costruttore Cartelloni (Franco Mari/Rupert Sciamenna). L’indomani ritorna in sé e scopre che il suo atto vandalico ha avuto l’effetto di creare un vasto consenso sulla sorte del parco. Si unisce alla organizzazione ambientalista-estremista Mobbasta, guidata da Rita Levati Mocassini (Gabriella Franchini) e decide con loro di allargare l’impegno alla salvaguardia dell’acqua, inquinando la rete idrica della città. Quando sta per scaricare tonnellate di rifiuti nella centrale è, però, preso dagli scrupoli e va in Via del Tutto Eccezionale dove Alonzo esercita come trans e si fa dare altre pillole. Nel frattempo sposa Sharon, insieme alla quale, unendo i loro due appartamenti, mette su una casa di un kitsch assoluto. La sua tamarraggine (ormai passa allo stadio 2% automaticamente, senza la pillola) gli fa guadagnare il ruolo di concorrente di Mastervip, il reality che premia il prtecipante più cinico, del quale è giudice Cartelloni. Franca, preoccupata per i suoi silenzi, torna in Italia e, scioccata dalla nuova vita di Giulio, decide di andare con Sharon alla finale di Mastervip per capire l’accaduto; qui incontrano Alonzo e capisce che non esiste alcuna pillola ma che Giulio ha una doppia personalità.

Niente come la comicità si adegua camaleonticamente all’audience ed ai media e, naturalmente, ogni nuovo passaggio vede schiere di nostalgici negatori delle novità; è stato così per ogni passaggio: dal teatro al cinema, dal varietà al cabaret, dal cinema alla televisione, dalla televisione al web (probabilmente, nel passato ci sarà stato chi avrà preconizzato la fine della comicità quando i giullari di corte sono diventati comici dell’arte). Eccoci quindi con una nuova generazione di commedianti nati sul web e, come è successo, ad esempio, con I soliti idioti, con Willwoosh, e con Frank Matano, gli altri mezzi li utilizzano, stravolgendo parzialmente le loro peculiarità. Così è stato per Maccio Capatonda e la sua banda; il successo del web la ha portato alla radio, alla televisione, alla discografia (nelle vesti del cantante Mariottide) e ora al cinema. Un successo che dura non è mai casuale e Macchia/Capatonda, pur con tutti i difetti di un esordio frettoloso, dimostra di avere buoni riferimenti cinefili (Italiano medio contiene rimandi a Matilde 6 mitica, a Fight club, ad Arancia meccanica, a Limitless) e, soprattutto di aver presente la lezione sordiana, pur con qualche inceppo di moralismo. A scanso di equivoci diciamo subito che il Giulio Verme/ italiano medissimo ce lo meritiamo, prima che qualche soloncino ce lo chieda altezzosamente.




Si accettano miracoli

di Alessandro Siani. Con Alessandro SianiFabio De LuigiAna Caterina MorariuSerena AutieriGiovanni Esposito  Italia 2015

Fulvio (Siani) è un manager rampante, vice-direttore del personale in una multinazionale taglia disinvoltamente le teste dei dipendenti; il giorno in cui anche lui viene licenziato dà una violenta capocciata al direttore (Mario Zucca) e finisce il carcere. Condannato a 6 mesi di domiciliari, viene affidato al fratello Germano (De Luigi), parroco del paesino della costiera amalfitana Rocca di Sotto, dove vive anche la loro sorella Adele (Autieri), infelicemente sposata con il lamentoso Vittorio (Esposito). Don Germano tira avanti alla meno peggio tra gli impegni della chiesetta in rovina frequentata solo da vecchie beghine e un gruppetto di orfanelli cui provvede come può, aiutato dalla perpetua Ottavia (Maria Del Monte) e dalla nipote cieca di questa, Chiara (Morariu). Fulvio per rendersi utile fa sgorgare lacrime finte dagli occhi della statua di San Tommaso, a cui è dedicata parrocchia. Non contento coinvolge tutto il paese, in particolare il furbo Karim (Miloud Mounar Benamara), in piccole speculazioni (si vendono gadget di ogni tipo – compresa una sim-card per chiamare direttamente il santo – e si prenotano a pagamento piccoli miracoli), per la rabbia del sindaco della rivale Rocca di Sopra, Carmine (Giacomo Rizzo) e del suo braccio destro Umberto (Franco Procopio); intanto tra lui e Chiara nasce l’amore. Fulvio scopre che Adele ha un amante, il cantante neo-melodico Damiano (Massimiliano Gallo) e, quando la sorella è incinta di lui – Vittorio è anche sterile – l’ingenuo don Germano può gridare al miracolo. Tutto per il meglio ma il Vaticano invia un cardinale (Camillo Milli) e un inquisitore (Paolo Triestino) ad accertare la veridicità della lacrimazione prodigiosa e Fulvio (che nel frattempo ha riottenuto il posto nell’azienda) mette in atto mille stratagemmi che culminano nella caduta nel golfo della statua, rendendo impossibile l’indagine.

Siani è stato sin dai suoi primi, primi film un fenomeno di incassi: forte di un forte seguito regionale ha riempito i botteghini anche con titoli senza pretese come Ti lascio perché ti amo troppo e La seconda volta non si scorda mai (entrambi diretti dal professionale Martinotti); è stato usato dal lungimirante Aurelio De Laurentiis in due Vacanze.. e, dopo essere stato decisivo nel successo dei due Benvenuti a…e de La peggiore settimana.., ha esordito alla regia con Il principe abusivo, totalizzando quasi 15 milioni di incassi. Ora si prepara a ri-sbancare con questo film – in pochi giorni è già in vetta – molto più modesto e tirato via, sin dalla scrittura, del precedente. Lui è però furbo e, oltre ad aver ingaggiato De Luigi come spalla di lusso come aveva fatto l’anno prima con De Sica (forse c’è anche un po’ di rivalsa in queste scelte), mette in campo tutto il ventaglio di potenzialità offerte dalla scena napoletana, dal teatro paludato – Gallo eTonino Taiuti – alla macchietta di pregio – Rizzo, Procopio, Del Monte, Tommaso Bianco, Benedetto Casillo e Salvatore Misticone – sino ai suoi compagni di cabaret, in gran parte approdati a Made in sud – Lello Musella, Pasquale Palma, Mimmo Mandredi dei Ditelovoi e Ciro Giustiniani – e, per la gioia dei cinefili, oltre a Milli, eterno cardinale del nostro cinema, ecco nel ruolo di padre spirituale Paolo Paoloni, il gran cav, lup. Mannar. di Fantozzi. Non è proprio un film riuscito ma sentiremo a lungo parlare dell’astuto Siani.




Pane e Burlesque

di Manuela Tempesta. Con Laura ChiattiSabrina ImpacciatoreMichela AndreozziFabrizio BuompastoreGiovanna Rei Italia 2014

Matilde (Chiatti) vive in Puglia e gestisce con il marito Vincenzo (Edoardo Leo) una piccola sartoria-merceria, con loro lavora Teresa (Andreozzi) che si consola mangiando delle difficoltà con il marito Antonio (Buompastore). Quest’ultimo è un operario in cassa integrazione e lavorava con la ditta locale di ceramica, la cui recente chiusura, in seguito, ma non solo (l’azienda era da tempo in bancarotta) alla morte del proprietario, ha messo in ginocchio tutto il paese; la sindacalista Frida (Caterina Guzzanti) fa quello che può ma la crisi appare irreversibile. Un giorno arriva in paese Giuliana (Impacciatore), la figlia dell’industriale che è venuta a vendere le proprietà immobiliari che ha ereditato; lei ora, con il nome d’arte di Mimì Lapetite, calca i palcoscenici del burlesque ed a con sé tre ballerine che ha chiamato Le Divettes. I compratori della villa e della fabbrica di famiglia ci ripensano, le Divettes scappano con gli ultimi soldi e Giuliana si trova sola e quasi sul lastrico. Anche Vincenzo perde il negozietto e quando Giuliana propone a Matilde ed a Teresa di imparare le basi bel burlesque e di esibirsi con lei, le due – dopo un’iniziale resistenza – accettano; a loro si unisce Viola (Rei), la procace barista del paese, stanca delle avences del gestore Gregorio (Domenico Fortunato). Dopo un inizio catastrofico Mimì e le Bombettes (così Giuliana ha chiamato il nuovo trio) hanno un buon successo. Ai mariti Matilde e Teresa avevano detto che sarebbero andate a fare le cameriere di notte in un hotel dei paraggi ma una sera a Bari, per un equivoco con il mago Zep (Marco Bonini) con il quale si esibivano, finiscono in un locale hard e qui vengono riprese dal sempre allupato Gregorio. Tempesta nelle famiglie ma alla fine tutto si aggiusta.

Il burlesque, lo sappiamo, è tornato di attualità e negli ultimi anni sono usciti già due film che lo riguardano: Burlesque di Steven Antin del 2010 e Tournèe del 2011 di Mathieu Amalric. Pane e Burlesque non ha, né potrebbe avere, la patinata efficacia del primo né l’ allegro-dolente genialità del secondo; in realtà non è nemmeno esattamente una commedia: troppo triste, con scarse battute (le poche probabilmente sono dovute alla mano di Massimiliano Bruno) e ritmo insufficiente; se però non si pretende troppo (e si tralascia il blasfemo paragone con Full Monty), si può concordare con il tentativo di far debuttare una regista con una commedia al femminile.




Maleficent

di Robert Stromberg. Con Angelina JolieElle FanningSharlto CopleyLesley ManvilleImelda Staunton USA 2014.

La maga Malefica (Isobelle Molloy) da piccola viveva felice in una bosco con creature fatate e volava grazie a grandi ali; un giorno incontra un ragazzino, Stefano (Michael Higgins) e ci fa amicizia; da adolescenti Malefica (Ella Purnell) e Stefano (Jackson Brews) si scambiano il primo bacio da innamorati. Stefano scompare e va al servizio di Enrico (Kenneth Cranham), il re del paese confinante, che cerca invano di annettere il bosco al suo regno. Enrico e le sue truppe vengono duramente sconfitte da Malefica (Jolie) e lui, morente, promette la mano della figlia ed il trono a chi renderà inoffensiva la maga. Stefano (Copley) va da lei e nel sonno le taglia le prodigiose ali. Re Stefano e la regina Ulla (Miranda Richardson) hanno una bimba, Aurora; ed le fate Fiorina (Manville), Giuggiola (Staunton) e Verdella (Juno Temple) le donano promesse di felicità ma Malefica la maledice :il giorno del suo sedicesimo compleanno si pungerà con un arcolaio e cadrà addormentata per sempre, risvegliata solo dal bacio del vero amore (Malefica sa, per triste esperienza, che questo non esiste). Le tre fate la portano in un casolare sperduto e la crescono come una contadinella. Malefica ed il corvo-servitore Fosco (Sam Riley) ne spiano la crescita ma un giorno Aurora (Fanning) incontra la maga e la conquista con la sua spontaneità. Malefica si affeziona alla fanciulla e cerca, invano, di annullare il maleficio. Aurora ha, intanto, incontrato il principe Filippo (Brenton Twaites) ed i due si sono innamorati. Il giorno in cui compie 16 anni, la ragazza scopre la verità e ,sconvolta, fugge nel castello paterno. Qui, sospinta da una forza misteriosa, trova nelle segrete un fuso, si punge e cade addormentata; il bacio di Filippo non la sveglia ma Malefica…

Dopo Biancaneve la Disney propone una nuova trasposizione con attori di un proprio storico cartone animato .La bella addormentata nel bosco uscì nel ’59 e, pur incassando circa 7 milioni di dollari (un gran successo all’epoca), provocò a causa degli altissimi costi – circa 6 milioni di dollari – una forte crisi alla Disney. La Malefica della Jolie è fortemente appoggiata, da punto di vista visivo, sul personaggio del cartone ma qui viene umanizzata: ama, viene tradita, soffre e, alla fine, perdona; del resto, come è sempre avvenuto nelle trasposizioni moderne delle fiabe di Perrault (come questa) o dei fratelli Grimm, ne sono omessi tutti i particolari sanguinolenti o tragici: nella versione di Perrault il principe non poteva sposare la Bella Addormentata perché la baciava cento anni dopo l’incantesimo e, mentre la principessa si destava ancora fanciulla, lui era troppo vecchio. Comunque, il film sta avendo in USA e da noi un grande successo, il cast è incredibilmente ricco e capace (la Meanville e la Staunton sono tra le attrici più amate da Mike Leigh),gli effetti speciali nelle battaglie sono notevoli: cosa chiedere di più?