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Stefano Boeri: “Prova di forza, ora la camminata riparta dalle periferie”

L’architetto ed ex assessore sulla manifestazione Nessuno tocchi Milano: “In quel raduno c’era voglia di futuro”.

“Quella di domenica è stata una prova di forza, con migliaia di milanesi che hanno voluto riappriopriarsi della città contro chi vuole riportarci indietro, a un clima cupo che ci siamo lasciati alle spalle per sempre”. L’architetto Stefano Boeri era tra le “tute bianche” che due giorni fa si sono radunate nelle strade devastate dai black boc e che hanno ripulito i muri del centro. “Dentro quel raduno, c’è voglia di futuro, lontanissimo dal passato cupo in cui vuole riportarci un gruppo di squadristi”.

Architetto, cosa l’ha colpita dei ventimila di domenica?
“Mi è piaciuto molto il tono del corteo, composto da una somma di individui ognuno con la sua cultura, la sua etica, la sua passione, ma tutti riuniti in un atto civile di riappropriazione della città, scheggiata da una violenza folle. È come se i milanesi avessero sottoscritto in migliaia, uno a uno, un manifesto silenzioso. Sfilare in silenzio in una camminata collettiva, senza striscioni e slogan, è stato bellissimo”.

Lei perché ha partecipato?
“Sentivo il bisogno di esserci. Come per i milanesi, è stata la mia risposta alla follia di due giorni prima. Abbiamo voluto dire che la soluzione non è proibire le manifestazioni, come qualcuno ha proposto, ma anzi lasciare spazio alla potenza pacifica del dialogo e della critica”.

Si aspettava una tale partecipazione?
“Sì. Non avevo dubbi. È stata una grande prova di senso civico, inteso come il prodotto di migliaia di individualità che condividono il senso di appartenenza a una comunità. Non è stata l’adesione a un messaggio politico di parte. Camminare per le strade, pulire i muri, significa sentirsi dentro una storia comune, non voler ripiombare in un passato cupo che Milano non vuole più vivere. Mi ha colpito questo tuffo all’indietro: vedere quello che è successo in via Carducci mi ha fatto venire i brividi, ricordo in quella strada l’omicidio dell’agente Antonio Custra, nel ’77. Per questo è sbagliato vedere nella manifestazione di domenica qualcosa di partitico. È scesa in strada la città che guarda al futuro”.

Soprattutto ora con la partenza di Expo.
“È un successo che dà grande orgoglio. Volevo una Expo diversa, basata più sul concetto di nutrizione che sull’alimentare, ma all’inaugurazione ero orgoglioso che Milano fosse stata capace di costruire un evento di questa forza. In questi giorni Milano ha inaugurato il museo della Pietà Rondanini, il museo delle Culture, la Casa della memoria, la Fondazione Prada. Quattro straordinari esempi di una città che conserva la memoria ma è proiettata al futuro”.

Secondo lei ci sono contatti tra i manifestanti della Mayday e chi è sceso in strada domenica?
“La cosa bella di domenica è stata che era impossibile catalogare i partecipanti per appartenenza politica: c’erano le donne della comunità somala, i compagni del Pd di Quarto Oggiaro, amici lontani dalla politica, commercianti che votano centrodestra, e ragazzi che probabilmente erano stati alla Mayday. Ecco, questo caleidoscopio è la linfa di Milano”.

Pisapia ha parlato di “forza viva della città“.
“Mi ritrovo in questa definizione. Io credo in una cittadinanza che da un lato si dimostri generosa, dall’altra creativa. Milano dà il meglio quando unisce le due cose. Se è solo generosa o solo creativa perde punti”.

Dove può condurre questa prova di cittadinanza?
“La mia idea è che questa attenzione alla Milano che cambia debba estendersi alle periferie, aree di sofferenza che purtroppo sono rimaste lontane dalle politiche del Comune. Mi auguro che nei prossimi mesi questa camminata riparta, fino a Quarto Oggiaro, al Gallaratese, al Corvetto. Dobbiamo recuperare la parte di città che ha perso il contatto con le eccellenze di Milano”.

Il centrosinistra dovrà farlo senza Pisapia.
“Sono convinto che un sindaco debba poter fare due mandati, altrimenti si lascia incompiuta l’opera. Sono stato molto chiaro nei giudizi critici ma ho sempre pensato che Pisapia possa trovare la forza per andare avanti. Se i primi cinque anni sono importanti, i secondi sono fondamentali”.

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