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Smart cities, per farle decollare servono nuovi modelli di business

Secondo il rapporto di Osborne Clarke serve una partnership fra settore pubblico, privato, banche e fondi di investimento per sviluppare nuovi modelli di business. L’Italia si piazza ai primi posti per incentivi a smart meter e riqualificazione energetica degli immobili pubblici.

La tecnologia da sola non basta per trasformare una città in una smart city. E’ vero, lo sviluppo di dispositivi e sistemi innovativi e intelligenti è sicuramente il primo passo per poter ‘pensare’ a un modello urbano smart, ma affinché questi vengano implementati ed inseriti all’interno di un progetto complesso serve di più. Servono un quadro normativo condiviso e un sistema di finanziamenti e incentivi, insomma servono nuovi modelli di business in grado di spingere la domanda dei consumatori.

A rivelarlo è l’ultimo report redatto dallo Studio legale Osborne Clarke, intitolato “Smart cities in Europe”, che raccoglie opinioni e testimonianze di 300 dirigenti di società tecnologiche, fondi di investimento, banche, società di consulenza e esponenti governativi di 11 paesi europei, tra cui l’Italia. Lo studio parte da alcuni dati: il 51% delle 468 città europee con più di 100mila abitanti viene considerata smart, ma soltanto il 28% di queste ha effettivamente sviluppato un piano effettivo, perché il restante ha sviluppato progetti ancora in fase pilota o addirittura non ancora messi a punto.

Mancano investimenti in progetti smart
Sono quattro i settori che sono stati analizzati come concetti-chiave della smartness urbana: smart grid, stoccaggio energetico, efficienza degli edifici e mobilità sostenibile. Chiamati ad identificare i più grandi ostacoli che limitano un reale sviluppo dei singoli comparti, gli intervistati hanno identificato la mancanza di investimenti come la principale causa di rallentamento nel settore della mobilità sostenibile, mentre nel settore dell’energy storage e dei sistemi efficienti per edifici la mancanza di sistemi di finanziamenti è riconosciuto come l’ostacolo, rispettivamente, numero 2 e 3.

La migliore soluzione è il project financing
Il miglior modo per colmare questa mancanza di investimenti è lo sviluppo di partnership pubbliche-private, che secondo tre quarti degli intervistati sarà l’unico strumento in grado di guidare lo sviluppo di programmi infrastrutturali smart nei prossimi tre anni. Sempre secondo i risultati dello studio è soltanto attraverso una collaborazione fra il settore privato e quello pubblico, banche, fondi di investimento e aziende che sarà possibile sviluppare dei modelli di investimento che possano soddisfare tutti i soggetti coinvolti. Secondo il 69% del campione è il project financing l’unico strumento in grado di dare un reale contributo al cambiamento.

Tutti i soggetti coinvolti dovrebbero sviluppare nuovi modelli di business
Le tecnologie ci sono, sottolinea lo studio legale, ciò che manca è la domanda dei consumatori, sopratutto per ciò che riguarda l’implementazione di smart meter e di sistemi di building control. Le aziende produttrici sono state impegnate, in tutti questi anni, nello sviluppo di nuove tecnologie e di sistemi innovativi, ma hanno investito poco nel lancio di modelli di business attrattivi per utilizzatori e investitori. Modelli che dovrebbero ovviamente essere supportati a livello governativo, sia centrale che locale.

L’Italia fra i primi posti per modelli incentivanti
Il report cerca anche di tracciare un quadro della situazione a livello europeo, identificando i paesi che si stanno muovendo maggiormente verso la creazione di modelli per smart cities. E a sorpresa l’Italia è una delle nazioni che ‘incassa’ i migliori risultati, con il 75% delle città con più di 100mila abitanti che vanta iniziative smart. Il Bel Paese si distingue sopratutto nel campo dell’efficienza energetica, con il 90% delle utenze dell’elettricità gestite da smart meter, di contro a una media europea dell’80%, con paesi come la Germania e l’Inghilterra piuttosto indietro. Altro ‘vanto’ per l’Italia le varie tipologie di incentivi previste per la riqualificazione energetica, primo fra tutti l’obbligo per la PA di riqualificare almeno il 3% degli immobili pubblici.

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