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Le città si riempiono di sensori e sistemi di controllo per diventare evolute. Ma siamo realmente pronti a gestire le nuove tecnologie escludendo il rischio di ‘tilt’ e di sfruttamento di dati personali?
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e città per diventare intelligenti si affidano alla tecnologia. E attualmente parlare di tecnologia significa perlopiù riferisi allo sviluppo di sistemi innovativi, integrati e connessi grazie alle immense possibilità offerte dalla rete. Ecco che le città del futuro vengono immaginate (e progettate) come modelli gestiti e controllati attraverso sensori, app e sistemi di monitoraggio che funzionano grazie all’implementazione di software sempre più complessi.
Le insidie che si nascondono dietro il progresso
Il cosiddetto Internet of things affascina per le possibilità che potrebbe offrire, ma al tempo stesso spaventa proprio per la sua fatuità ed inconsistenza. I dati che si raccolgono possono essere considerati sempre attendibili? Quante sono le possibilità che un sistema software possa essere intaccato da hacker e quante quelle di un blackout? I timori e le perplessità sono ormai noti, ma la comunità scientifica non smette di ribadirli. “Le tecnologie IT si stanno diffondendo con una rapidità inimmaginabile e in modo disordinato. E ciò che ne consegue è la mancanza di serie valutazioni dei rischi”, avverte Anthony Townsend, ricercatore senior presso la New York University e autore del saggio “Smart Cities: Big Data, Civic Hackers, and the Quest for a New Utopia”, in cui mette in guardia sull’attuale tendenza a progettare le città basandosi esclusivamente su algoritmi piuttosto che sull’esperienza umana.
Città del mondo sempre più smart e integrate
In tutto il mondo è un prolificarsi di città dove la tecnologia la fa da padrona. Londra, Seul e Stoccolma utilizzano da anni un sistema di sensori per monitorare il traffico e gestire la congestione urbana. Singapore è allo stesso modo interamente gestita da dispositivi di controllo basati su rilevatori di informazioni di ogni genere. Rio de Janeiro è famosa per la sua centrale operativa high-tech dove circa 400 collaboratori monitorano ogni elemento, dal traffico alle parole chiave presenti nei social media locali, con l’obiettivo di individuare tendenze o criticità prima che si verifichino.
Il modello innovativo di Santander
Ma uno dei modelli più evoluti, e a cui progettisti e governatori di tutto il mondo guardano con molto interesse, è tuttora rappresentato da Santander, antica città portuale sulla costa atlantica della Spagna. Un progetto su cui l’Unione Europea ha investito, circa quattri anni fa, più di 11 milioni di dollari per creare un vero e proprio prototipo di smart city che potesse essere replicato anche altrove. Alla base del modello spagnolo, sviluppato grazie alla partnership con la facoltà di ingegneria dell’Università di Cantabria, vi è un sistema di sensori, più di 10 mila, che monitorano ciascun elemento urbano: dall’illuminazione al traffico, dai livelli di temperatura e umidità a quelli delle emissioni nocive, dagli spostamenti delle persone alla quantità di rifiuti. I dati raccolti vengono immediatamente inviati al laboratorio IT dell’Università di Cantabria, che ha il compito di controllarli e di intervenire in caso di criticità.
Ma la rilevazione di dati sensibili non è l’unico aspetto su cui si fonda la “smartness” di Santander. Grande importanza è stata data anche al coinvolgimento dell’interapopolazione in questo percorso verso l’innovazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie. Grazie allo sviluppo dell’app “El Pulso de la ciudad” è possibile per i cittadini ottenere numerose informazioni e in tempo reale: si va dalle informazioni sulla viabilità urbana ai tempi di arrivo dei mezzi pubblici. Basta poi puntare lo smartphone su esercizi commerciali o monumenti per ottenere informazioni su orari di esercizio nel primo caso e descrizioni e breve cronistoria nel secondo. Ma l’interattività non finisce qui. L’applicazione permette anche di fotografare un incidente o un guasto (come la canonica buca nel manto stradale) e di inviare al municipio o agli organi preposti la propria lamentela o richiesta di intervento.
L’informatizzazione della città si estende anche alla gestione dei dati pubblici che, grazie a un sistema informatizzato aperto e trasparente sono resi liberamente consultabili da chiunque fosse interessato. Per finire, il lancio di un social network che accoglie al suo interno tutti gli abitanti di Santander, per creare un un nuovo rapporto di collaborazione e interazione tra il popolo e il governo della città.
Il rischio di blackout e di attacco hacker è tutto fuorché remoto
Concettualmente, nulla da obiettare. Ma affidare l’intera gestione urbana al funzionamento di sensori e app aumenta necessariamente il rischio di un blackout di sistema. Il recente ‘tilt’ delle due applicazioni per messaggistica mobile e condivisione delle foto è un esempio lampante di come disfunzioni e interruzioni dei servizi siano una possibilità tutt’altro che remota. Perché i server in caso di sovraccarico possono bloccarsi e i software possono essere facilmente intaccati dagli hacker. “L’esempio del software Y2K, meglio noto come Millenium Bug, è significativo. E ripararlo è costato ad aziende e governi più di 300 mln di dollari- dichiara Towsend, aggiungendo che “il governo israeliano abbia più volte denunciato attacchi esterni ai sensori, fra cui la nota debacle che ha colpito la città di Haifa, mandandola letteralmente in tilt per un paio d’ore.” Ci sono, poi, una serie di aspetti ancora poco considerati, come l’esistenza o meno di dispositivi in grado di gestire queste emergenze o di allertare in tempo la popolazione e sopratutto i responsabili dei sistemi. Non si è ancora pronti, avverte Towsend, per una diffusione così capillare dell’IT.
Città evoluta o Grande Fratello?
Senza considerare, poi, la questione della privacy e quindi quella della sicurezza nella gestione dei dati. I sensori sono in grado di catturare moltissime informazioni e non c’è ancora una chiara legislatura che stabilisca quali sono quelle che possono essere divulgate ed utilizzate e quali quelle che potrebbero, in caso di diffusione, danneggiare enormemente i soggetti coinvolti. Il rischio, avverte Rob Ritchin, direttore del National Institute for Regional and Spatial Analysis dell’Università di Irlanda- è che si passi da una società democratica a una autocratica. Perché mettere una città, e i suoi abitanti, sotto stretto controllo, significa trasformarla in un sistema molto simile a un Grande Fratello.”