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«Vogliamo costruire una politica per far incontrare chi ha un progetto culturale di frontiera e non ha gli spazi, con chi ha spazi ma non un progetto per far tornare a rendere economicamente questi edifici, almeno un po’». Il manifesto, 12 marzo 2015
Roma è attraversata da conflitti, una vera esplosione. Sembra che tutti i nodi siano giunti al pettine in una sola volta, e tutti adesso. Non ultimo il sistema di corruzione di Mafia Capitale. «Cambiamo tutto», scriveva Marino in campagna elettorale, sta avvenendo; ma la sensazione è che non ci sia un governo ordinato del cambiamento.
A Roma da lungo tempo mancano politiche urbane di contrasto al capitalismo egoista che ha impoverito il ceto medio. Anche per questo sono proliferate forme di resistenza e di autoaffermazione dei diritti in risposta alle crescenti diseguaglianze. Ma si sono affermate, anche, collusioni tra istanze “di diritti” e scelte politiche basate su “scambi”. Non si può rimpiangere ciò che è stato, né i suoi frutti piuttosto amari e in molti casi indigesti.
Cultura come fonte di cambiamento è quella di un’amministrazione che costruisce percorsi trasparenti per favorire gli usi temporanei di spazi dismessi. Lo abbiamo sperimentato nel terzo Municipio, per favorire la diffusione degli usi temporanei e, in prospettiva, realizzare l’agenzia comunale che agevoli l’affidamento a realtà culturali che fermentano dentro lo spazio abitato. Sì, come avviene a Berlino ora avviene anche a Roma, possiamo aggiornare le analisi.
Esperienze culturali come cuore della rigenerazione urbana. Sappiamo di realtà culturali in cerca di spazi a basso costo e di spazi vuoti in cerca di utilizzazioni, anche a basso rendimento. Come nel caso dei 42 ex cinema chiusi, 28 da oltre dieci anni. Un periodo in cui, con lenta erosione, sono diventati negozi di casalinghi o sale bingo, senza un solo “tweet” di denuncia. Vogliamo costruire un disposi
tivo amministrativo, una politica, per far incontrare chi ha un progetto culturale di frontiera e non ha gli spazi, con chi ha gli spazi ma non ha un progetto creativo per far tornare a rendere economicamente questi edifici, almeno un po’. Un po’ più di niente, e alcuni sono anche immobili di particolare valore storico e architettonico. Far incontrare queste due domande con il Municipio, per sancire il legame tra proposta e territorio. Restituire vita a luoghi morti, quelli sì “obitori culturali” da decenni, che oggi l’amministrazione rimette al centro. Altro che sacco di Roma o chiusura degli spazi sociali!
Città è polis ma è anche polemos, conflitto. E la politica si radica nella città per risolverlo e farlo avanzare oltre. Public policies non è allocare favori ma piuttosto favorire l’azione privata e i processi di simbolizzazione della realtà. La politica non trova soluzioni a chi urla di più. La politica pubblica costruisce percorsi di riscatto a vantaggio di tutti.
Ecco lo sforzo di cambiamento che è in atto a Roma, ecco perché i conflitti sono veri e profondi. Anche questa è bellezza civile. La coalizione che serve alla città, adesso, è quella che ci spinge ad essere ancora più rigorosi, uscendo da una ipocrisia della mediazione e della collusione.
Una città normale ci aspetta già oggi, si sta già realizzando. Una città che fa del suo corpo già costruito il solo luogo della trasformazione. Non un chicco di cemento in 20 mesi è stato autorizzato o anche solo pensato fuori dal costruito o dal costruibile. Ma una città più densa e compatta è anche una città che pone una sfida ai comitati: passare dall’essere contro all’essere per la qualità degli interventi. Abbiamo raccolto dai privati e stiamo disegnando 160 interventi di trasformazione nei tessuti della città produttiva, dentro la città costruita. Scelte urbanistiche fatte solo a sostegno di progetti di sviluppo economico e non mere quantità edificatorie.
Sessanta incontri nei quindici municipi, oltre 200 associazioni e quasi 2000 persone hanno partecipato alla costruzione delle “Carte dei valori del municipio”. Ascolto dal basso da cui è emersa la centralità dello spazio di prossimità e la necessità di risolvere conflitti e contraddizioni tra disegno della città ed esigenze degli abitanti.
Una città normale e responsabile è in vista già oggi. Da costruire in prospettiva, realizzando in pieno la Municipalizzazione e forse il contemporaneo superamento di Roma Capitale e della Regione per far emergere la Roma Metropoli; il territorio abitato di Roma nel suo divenire (Roma2025). E, infine, una politica culturale che dia respiro agli enzimi nella Roma Grande Formato, come sta facendo Giovanna Marinelli. Forse non è ancora percepibile una visione d’insieme, ci sono, però, percorsi da accompagnare, anche in un rapporto dialettico, certamente da non disconoscere. Un’opportunità anche per la sinistra critica, o no?
Tornerà la Politica, una policy diffusa nella città, se saprà ricercare il cambiamento profondo, altrimenti la città resterà vittima di finti conflitti o di armonie apparenti: nulla di vero e quindi nulla di buono.
Intanto, serve realizzare le corsie preferenziali per gli autobus, erano nel programma di Marino: è ora di farle.