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In giro con Ion, raccoglitore informale di rifiuti per alcuni, parassita della spazzatura per altri, waste picker nei Paesi dove il suo lavoro verrebbe legalizzato.
Quando sei in un periodo della vita in cui non hai molto da fare, può capitarti di decidere di seguire un Rom nel suo tour quotidiano di cassonetti, ed è così che ti accodi a Ion.
Origini rumene, vent’anni e due figli, in Italia fin da bambino, dopo un’infanzia spesa in varie attività Ion ha deciso di fare del rovistaggio la sua occupazione principale.
Raccoglitore informale di rifiuti per alcuni, parassita della spazzatura per altri, waste picker nei Paesi dove verrebbe legalizzato, il suo è un lavoro che solo nella Capitale garantisce un reddito fisso a circa 2.300 rom, organizzati in 570 microimprese. È un’occupazione trasversale: impiega uomini e donne, giovani e adulti. E, per quanto venga considerata un’attività (illegale) di economia sommersa, è sotto gli occhi di tutti.
Un cassonetto per ciascuno
Il cartellino si timbra presto, perché chiaramente il numero di oggetti trovati dipende sì dalla fortuna, ma è anche generalmente proporzionale al numero di cassonetti esaminati. Si parte prendendo l’autobus per qualche fermata: se allarghi il giro puoi sperare di imbatterti in strade non ancora battute da altri. E se incontri un collega? Cambi zona, cambi strada. Di cassonetti ce ne sono per tutti.
Sono solo i Rom a frugare? Macché, ci sono gli immigrati, e anche gli italiani. Noi siamo solo più organizzati.
C’è chi gira direttamente in furgone, il che permette tour completi delle periferie romane e la possibilità di caricarsi direttamente rifiuti ingombranti, dal divano all’elettrodomestico, ma la benzina è cara, l’assicurazione anche e, soprattutto, il furgone bisogna averlo.
Per chi come Ion il giro se lo fa a piedi, lo strumento indispensabile è il passeggino, molto più ambito rispetto al carrello del supermercato, figuriamoci rispetto al carrello della spesa. Mentre i carrelli sono rigidi, hanno un volume fisso, il passeggino steso orizzontalmente nella sua massima estensione è perfetto come piastra mobile su cui appoggiare qualsiasi cosa, anche molto lunga o ingombrante.
E, a dire di Ion, è decisamente più resistente.
Si scende dall’autobus e comincia il giro. Ogni cassonetto viene aperto (quando si può), o ci si affaccia per una veloce perlustrazione. Niente guanti, sì bisognerebbe metterli, ma alla fine sono scomodi se bisogna tastare una busta piena o rovistare un po’ alla cieca. Il tatto è importante, le mani capiscono un sacco di cose. Serve invece una sbarra o una stampella stirata per rovistare da lontano.
Il valore dei metalli
Alla ricerca di metalli, prima di tutto. Perché sono l’oggetto abbandonato più prezioso. Si cercano, si raccolgono, si compattano e una volta in settimana – dipende da quanta fortuna hai avuto – si vanno a vendere agli smorzi o ai “Compro Rottami” della periferia romana. Certo il guadagno è sudato: il rame, il più pagato in assoluto, si vende a 3 euro al chilo. E mettere su un chilo non è proprio facile. Qualche serpentina, fili, per lo più pezzi di motori degli elettrodomestici. Poi vengono l’alluminio, a 50 centesimi, e il ferro, a 15-18 centesimi al chilo. Trovare questi è più semplice: oggettini, pezzi di mobili, materiale edilizio di scarto.
Mentre camminiamo ci chiama un uomo che sta rientrando a casa con le buste della spesa. Ha delle barre lunghe di alluminio, i profili che servono per fare i controsoffitti, avanzate dagli ultimi lavori in casa. Entrate, prendetele. Barre nuove, una dozzina. Camminare con il passeggino ora è un casino, ma il colpo è stato notevole. Ci chiediamo se l’interessamento e l’offerta siano dovuti anche alla nostra presenza (meglio un Rom da solo o un Rom accompagnato da tre perditempo dabbene?), ma Ion sostiene che capita a volte, dopotutto sono anche numerosi i casi in cui i raccoglitori forniti di furgone si sono organizzati in piccoli gruppi di Sgombero Cantine. C’è passato anche lui: bei tempi, dice, una volta abbiamo svuotato la cantina di una ricca signora, c’erano lampadari enormi, divani, tutta roba che abbiamo rivenduto esattamente così com’era.
Le notti al mercato
Insomma, metalli ma non solo. Vestiti, scarpe, padelle, un orologio rotto, due flaconi di shampoo. Qualsiasi cosa può essere raccolta, sottoposta a sommaria pulizia, qualche tentativo di messa a nuovo quando è rotta, e poi rivenduta. I mercati, quasi tutti illegali, sono decine in giro per la città.
Dove vive Ion ogni raccoglitore stipa il suo bottino in un magazzino, un pezzo di terra a cielo aperto diviso con una rete da quello del vicino. Passeggiarci ricorda vagamente quei giardini dei sobborghi residenziali americani, quando si svuotano le villette di tutte le cianfrusaglie e si offrono per qualche dollaro ai vicini. Prenestina’s suburbs.
Si accumula fino al sabato pomeriggio, quando si fa ordine, si sceglie cosa può essere venduto e ci si prepara per il mercato. Verso le due del mattino si parte per Tor Cervara a sistemare il banco, generalmente un telo steso per terra. Il mercato è un’ammazzata, dura tutta la notte di sabato e tutta la mattina di domenica, e coinvolge chiunque della famiglia possa parteciparvi. E gli avventori sono rom, ma anche negri, immigrati, e italiani, i gagè. Tutti alla ricerca del piccolo affare o del colpo di fortuna, dovuto a una svista dei raccoglitori: girano storie su piccoli tesori dimenticati in una vecchia borsa rivenduta per un paio d’euro senza averla nemmeno controllata prima, o di banconote dimenticate nelle tasche delle giacche o nelle tele dei materassi.
E se arrivasse il porta a porta?
Ennesimo cassonetto. Ion apre, sbircia, tasta, a volte si immerge. Se sente che potrebbe esserci qualcosa di interessante tira fuori le buste, le rompe e le svuota sull’asfalto del marciapiede. Fruga, cerca – toh, scarpe, i marocchini ci vanno matti, queste le rimettono a nuovo – poi raccoglie tutto e lo ributta nel cassonetto: quelli che si arrabbiano di più quando ci vedono sono quelli che urlano che lasciamo tutta la spazzatura in giro. Succede spesso? No, non così tanto. Di solito ci ignorano.
Fare il raccoglitore in questo periodo di grandi cambiamenti ti rende più precario del solito.
La gestione dei rifiuti a Roma vive da qualche anno la fibrillazione del cambiamento, saltando di sperimentazione in sperimentazione alla ricerca della giusta pratica. Ogni Municipio ha una sua politica, e la mappa del raccoglitore informale è in perenne cambiamento. La differenziata inizialmente ha facilitato il lavoro: permette di avere una prima selezione dei rifiuti, eliminando carta e cartone che, ormai è chiaro, non ci interessano. Certo restano i famigerati cassonetti gialli, quelli dei vestiti, intoccabili. Ma la vera spada di Damocle è la raccolta porta a porta, l’operazione che impedirebbe completamente il lavoro, dunque la sussistenza, di centinaia di famiglie.
E quindi? Bisogna trovare un’altra occupazione? Ion non sembra entusiasta all’idea