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Periferie: “vi si tocca con mano crescita disuguaglianze”

Così nel suo intervento la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini al convegno “Le periferie: un grande progetto per il Paese”

“L’attenzione che la Camera dei deputati ha rivolto al mondo delle periferie è stato uno dei tratti distintivi di questa legislatura. Lo ha fatto la Commissione d’inchiesta, nella sua attività di studio, di riflessione e di ricerca sul campo. E l’ho fatto io stessa, come Presidente della Camera, visitando fin dall’inizio del mio mandato numerosi quartieri difficili delle nostre grandi città: da Scampia a Quarto Oggiaro, da Librino a Corviale, da Tor Bella Monaca allo Zen di Palermo e tanti altri quartieri. È stata una bella esperienza perché ho avuto la facoltà di incontrare direttamente tante persone”.

Ricordo a Corviale una festa che hanno organizzato i giovani del “calcio sociale”. Ma ricordo con altrettanta commozione l’accoglienza delle donne dello Zen che sono state con me per ore; anzi, sono stata io con loro, a casa loro per ore: all’inizio non è stato semplice, ma poi abbiamo stabilito un contatto. E in quelle ore raccontavano le loro giornate, i loro problemi, i loro figli, cosa voglia dire essere donna sola con figli in un quartiere complicato. Così come mi ricordo anche la giornata passata a Quarto Oggiaro, sempre a casa delle persone, per sentire come abbiano anche proposte concrete da sottoporre alle Istituzioni, non solo quelle locali, anche nazionali.

Ricordo ad esempio a Napoli, a Scampia, una riunione piena di persone: era stata organizzata dal Comitato delle Vele, ed era un incontro fatto lì in un sottoscala, con centinaia di persone nel momento in cui si stava decidendo di trasferire queste famiglie fuori dalle Vele. Stare lì con loro e ascoltare la loro contentezza, perché finalmente questo avveniva, per me è stato motivo di grande soddisfazione, mi stavano dando fiducia. E poi mi invitarono anche ad andare ai primi trasferimenti – perché in quel momento si era in procinto di farli – ad andare con loro nel momento in cui uscivano dalle Vele e andavano nelle nuove case: belle, dignitose, pulite, non umide, senza degrado.

Sono stati passaggi che ho trovato per me molto importanti per riuscire a mettere in atto un tentativo di riconciliazione tra le istituzioni e le persone.

Le ragioni di questa mia e nostra attenzione sono evidenti. Una parte consistente dei cittadini italiani vive e lavora in periferia. Chi vive e lavora in periferia normalmente è anche più giovane, quindi i nostri ragazzi e le nostre ragazze vivono in questi quartieri.

E poi è in queste periferie che si tocca con mano cosa voglia dire la crescita delle diseguaglianze: c’è il volto della diseguaglianza in queste periferie. Vuol dire meno lavoro per i giovani e per le donne; maggiore tasso di abbandono scolastico; maggiore carenza di servizi; condizioni di degrado e di forte disagio sociale.

L’Istat – saluto il Presidente Alleva che vedo qui, mi fa piacere che sia con noi – ci dice che nel 2016 il 30 % delle persone residenti in Italia è a rischio povertà o esclusione sociale; e la gran parte di queste persone vive nelle periferie. Non è esagerato dire che il Paese non ripartirà veramente se non si andrà a prosciugare questa vasta area di disagio sociale.

Però nel mio viaggio nelle periferie non ho visto solo degrado, solo disagio, solo insicurezza. Sarebbe non completo fermarci a questa lettura.

Ho visto tante persone – devo dire, tante donne – che al degrado non ci stanno, decidono di reagire, che si associano, che fanno comitati, che fanno laboratori, che fanno associazioni, che si mettono insieme per cercare di risolvere i problemi; fanno proposte concrete,  si rivolgono alle istituzioni sia locali che nazionali.

Sono figure che non accettano una condizione prestabilita: siccome nasci e cresci in periferia non hai scampo. No, c’è una forza che viene da questi quartieri che noi non troviamo in altri quartieri. Io non l’ho trovata la stessa forza e la stessa determinazione nei quartieri meno problematici, dove è più facile: ognuno pensa per sé, perché tanto c’è chi pensa al resto. Nei quartieri, invece, dove c’è il degrado, le persone hanno più tendenza a unire le forze, a mettersi insieme per trovare la soluzione. Allora bisogna ringraziarle, queste persone: io voglio rivolgermi a loro, voglio dire grazie a chi fa questo sforzo di reazione, che non aspetta dall’alto la soluzione; voglio dire grazie alle associazioni di questi quartieri, ai comitati, grazie perché non c’è la resa, non c’è la rassegnazione, non c’è lo sconforto, ma c’è la capacità di reagire.

Però queste persone noi non dobbiamo mica deluderle: perché, se al comitato che riesce a aggregare le persone e a perorare la causa della soluzione attraverso il contatto con le istituzioni, le istituzioni voltano le spalle, allora il problema diventa molto grave. Per questo io penso che di fronte a chi si rivolge alle istituzioni con una soluzione non bisogna mai e poi mai voltare le spalle.

Il Governo ha finanziato numerosi progetti di rigenerazione urbana, dando séguito al Programma straordinario per le periferie varato dal Parlamento con la legge di stabilità 2016. Diversi di questi progetti erano stati elaborati insieme ai cittadini. E questo anche è un aspetto importante. Ma queste misure non possono rimanere occasionali, né sperimentali. Devono diventare certe e permanenti, perché non basta intervenire una tantum per incidere veramente sulla qualità della vita di questi quartieri.

Allora la nostra presenza – quella mia e quella della Commissione – nei quartieri di periferia ha anche un valore politico che non può essere sottovalutato: perché in un tempo in cui c’è sfiducia verso le istituzioni, c’è distacco, non ci possiamo limitare a fare buone leggi – che già è tanto – ma dobbiamo uscire dal palazzo; dobbiamo stare fuori, stare con le persone, avere l’umiltà di ascoltarle e dare alle persone la possibilità di far parte del sistema decisionale.

A me ha fatto molto piacere che in questo viaggio io abbia anche potuto ricambiare le visite. Io sono andata a visitare questi quartieri, ma non c’è stata una volta in cui le associazioni, i cittadini e le cittadine di quei quartieri non siano stati poi invitati da me a venire qui, a Montecitorio. Perché Montecitorio non è solo il palazzo dei deputati e delle deputate, ma è la casa di tutti gli italiani e le italiane.

C’è un gruppo di cittadini di Tor Bella Monaca che non si perde una domenica di ‘Montecitorio a porte aperte’: ogni prima domenica del mese, quando noi apriamo ai cittadini e io faccio la guida turistica, loro sono sempre in prima fila, vengono continuamente perché c’è un evento culturale. Mi piace, è democratico che si vada nell’istituzione parlamentare e fruire di cultura: tutti devono avere accesso alla cultura, non può essere l’esclusiva solo di chi paga. Mi piace che sia gratis la cultura, per tutti i cittadini, e questo facciamo e abbiamo fatto in questi anni.

Le donne dello Zen sono venute qui, non erano mai andate a Roma, non avevano mai preso un aereo, non erano mai entrate in un’Istituzione. Anche questo è democratico: sono venute e sono state una giornata con noi, abbiamo fatto vedere loro il palazzo, abbiamo spiegato il sistema legislativo, le abbiamo invitate a pranzo. E sapete perché sono venute? Perché avevamo mantenuto la promessa, perché la mattina in cui eravamo andati lì con il Sindaco Orlando, loro ci avevano fatto delle richieste molto chiare: vogliamo il campetto da calcio per i nostri figli; vogliamo l’elettricità nella strada principale, dove non c’è più; i cassonetti devono essere rimessi nelle posizioni dove stavano prima che fossero portati via non si sa da chi. La sinergia con le istituzioni: il sindaco Orlando si impegna a farlo, e dopo un mese tutto questo viene fatto; le donne dello Zen cambiano opinione riguardo alle istituzioni, “allora si può fare”. E vengono a Montecitorio, con la convinzione che stanno ricambiando una visita che a loro stava particolarmente a cuore.

E così abbiamo fatto con tutti, lo abbiamo fatto con i ragazzi di Scampia, “la Scugnizzeria”: figli di persone che quasi tutte hanno problemi con la giustizia, magari un padre o una madre in prigione; ma non può essere che la colpa dei genitori ricada sui figli. Se i figli fanno attività sportiva, o teatro, allora si sentono attori, sì, attori anche del loro futuro, perché nel fare l’attore poi diventano capaci anche di riscattare una condizione. Qui a Montecitorio hanno fatto la prima rappresentazione teatrale: erano felici, erano ragazzi che si sentivano accettati, riscattati. E tantissimi altri sono gli esempi che vi potrei portare.

La periferia non è solo un luogo geografico, è una condizione sociale. Io nella mia precedente attività, quando mi è capitato di lavorare in tante parti del mondo, ho visto la periferia nei centri di tante città africane; a riprova che la periferia non è un luogo geografico, è una condizione. E dunque è su quella condizione che noi dobbiamo lavorare.

La periferia non chiede assistenza, no: la periferia chiede uguaglianza delle opportunità, chiede l’applicazione dell’articolo 3 della Costituzione. E chiede anche empowerment, coinvolgimento nelle decisioni: “noi ci siamo, siamo i primi esposti, vogliamo esserci, dare il nostro contributo, contare”. Questo vuole la periferia, non vuole assistenzialismo!

Penso – ha concluso Boldrini – che l’impegno della Camera vada nella direzione giusta e mi auguro che nella prossima legislatura non si perda questa attenzione, anzi spero che si rafforzi. Spero che Luciano e Rita da Tor Bella Monaca continuino a venire a Montecitorio ogni prima domenica del mese. E mi auguro anche che i ragazzi del “calcio sociale” – Giorgia, Massimo ed Alessio – possano continuare a contare sulla Camera per le attività che svolgono con i ragazzi di Corviale. Mi auguro tutto questo, ma dipenderà da noi e da voi. Cerchiamo di mantenere viva questa attenzione insieme”.

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