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Periferie, Ater: “Condivido le lamentele sulla manutenzione”

“Ora si spaccia anche a mezzogiorno, non più solo di notte, eppure questo non viene raccontato abbastanza. Molti di coloro che sono ingaggiati dalla criminalità romana (immigrati) fanno molto più notizia in quanto stranieri che arrivano e non in quanto assoldati dalla malavita”. Così Adriana Goni Mazzitelli, antropologa, autrice della ricerca per l’Università Roma Tre ‘Vincere il confine’, frutto del lavoro di quasi cinque anni a Tor Sapienza. “Che qui la tensione nel 2014 fosse altissima, è verissimo. Ma se da un lato ci si è resi conto della consistenza della mafia di colletti bianchi in politica – precisa – dall’altra si dovrebbe parlare di più della mafia ordinaria legata ai traffici di droga, senza attendere che il pretesto per farlo sia lo straniero”.

Come ridare al territorio un vissuto quotidiano che lo renda abitabile e sicuro?

Mentre percorriamo i corridoi bui dei palazzoni di via Morandi, teatro delle rivolte di due anni fa, il prof. Carlo Cellammare, docente di Urbanistica a La Sapienza, esprime la desolazione per un progetto che si è rivelato fallimentare, quello che qui risale agli anni Settanta: edifici pensati in modo che dovessero essere autonomi dal resto del quartiere, isolati da un vialone difficilmente attraversabile, di fatto mai più dotati dei servizi ipotizzati all’origine. Eppure ci sono giovani che si danno da fare, tra cui Carlo Gori, regista, responsabile del Centro Culturale municipale Giorgio Morandi. Ci racconta che la maggior parte delle persone arrivate qui venivano dalle baracche del Quarticciolo e dalle aree limitrofe. Via via si sono stratificate altre persone, molte delle quali hanno occupato la spina centrale degli edifici e anche i sotterranei. Alcuni angoli evidenziano un’opera di salvaguardia e di decoro grazie al contributo volontario di alcune associazioni come la nostra, ma nella maggior parte di questi luoghi domina il degrado e l’abbandono. “Noi cerchiamo di fare più progettazione territoriale possibile”, spiega. “Con il gruppo teatrale funzioniamo molto bene. Proponiamo laboratori a cui partecipano i migranti, artisti veri. E’ un lavoro prezioso: loro non si stancano mai quando sono in un centro per immigrati, hanno quindi bisogno di impegni per avere una vita pressoché normale. Così dai loro dignità. E’ un mondo estremamente interessante”.

Se ci fosse maggiore e più costante manutenzione…

Raggiungiamo Giovanni Tamburino, Commissario Straordinario ATER (Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale), già magistrato, il quale condivide le lamentele degli inquilini: “E’ vero che è insufficiente. Io ho voluto indicare nelle linee guida ATER che la manutenzione fosse messa al primo posto per l’anno 2017. Abbiamo aumentato in bilancio di oltre il 30% la quota destinata a questo aspetto. Non sarà sufficiente ma credo che migliorerà la situazione. Vogliamo anche che ci sia un maggior controllo su come questi soldi sono spesi. Deve finire la storia che le aziende demandate alla manutenzione poi non la fanno o la fanno male. Bisogna che la facciano, bene e nei tempi”. E aggiunge l’auspicio “che la collaborazione tra Ater e Comune ci sia e sia piena ed efficace. Altrimenti si rischia di perdere tempo. Per esempio, man mano che recuperiamo gli alloggi, noi li rimettiamo a disposizione del Comune per nuovi ingressi. L’anno scorso circa 400. Ma le nuove assegnazioni sono tardive. C’è qualcosa che non funziona. Il fenomeno delle occupazioni abusive potrebbe così essere superato anche se resta molto complesso giacché persone senza scrupolo fanno commercio di queste case. E’ gravissimo questo e deve essere stroncato. Il fatto è che bisogna ritrovare il senso di una regola comune perché diversamente prevalgono forme di sopraffazione, di violenza e minaccia che ricadono sempre sul più debole. E’ un dato di verità che c’è una guerra tra poveri. Per quanto mi riguarda non è questione di pelle, italiano o non italiano. Io non faccio differenza. Sicuramente ci saranno degli immigrati che starebbero meglio nei loro paesi ma questo vale anche per tanti italiani che si comportano male. Quindi la vera distinzione che dobbiamo fare è tra chi vuole una società secondo le regole e chi non la vuole. Che ci abitino italiani o non italiani a me non interessa, è una enorme sciocchezza per me”.

E’ solo una questione di usare la Forza pubblica?

“L’intervento della forza pubblica alle volte non è possibile – sottolinea Tamburino a proposito delle richieste, che pure emergono da diversi abitanti, circa l’impiego più massiccio della Polizia, vista come paralizzata, a garanzia della sicurezza del territorio – perché le conseguenze sarebbero ingestibili. Chi ha il difficilissimo compito dell’ordine pubblico, in una città come Roma, si deve confrontare con gli effetti di una azione. Conosciamo per esempio circa un migliaio di appartamenti dove vi sono persone che non ne hanno il diritto, ma non si può procedere contro di loro in modo indiscriminato. Le conseguenze vanno preparate e vanno predisposte. Togliere delle persone quando non ci sono strutture alternative causerebbe problemi di ordine sociale. Si tratta purtroppo di situazioni insolubili. Procediamo per approssimazioni progressive”. E intanto annuncia la fase esecutiva della trasformazione del quarto piano di Corviale dove ci si avvia verso una riconfigurazione generale dando un centro a quel modulo abitativo, “il cui famigerato quarto piano non ha funzionato nemmeno per un giorno”. A fronte dell’impegno di tanti abitanti, e non, per creare socialità e integrazione in territori difficili come questo, forse manca un anello di congiunzione con le istituzioni, mancano sostegno e risorse. “Se mancano – conclude Tamburino – vanno cercate, costruite e pretese”.

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