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I popoli d’Europa, nel creare tra loro un’unione sempre più stretta, hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni
(Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea – 7 dicembre 2000, Nizza)
Decisi a portare avanti il processo di creazione di un’unione sempre più stretta fra i popoli dell’Europa…
(Trattato sull’Unione europea – 13 dicembre 2007, Lisbona; entrato in vigore il 1 dicembre 2009).
A parte la circostanza, casuale, che questi eventi fondanti (Nizza-Lisbona) avvengono sempre in dicembre, Diario europeo desidera sottolineare l’uso ricorrente della terminologia “ POPOLI d’EUROPA”.
I cittadini partecipano, quindi, in modo duplice alla costituzione dell’Unione: una volta come appartenenti ad uno dei “popoli” dei rispettivi Stati membri, un’altra come cittadini della futura Unione. Sembrerebbe, pertanto, che la fondazione democratica dell’attuale Unione europea sia ben solida e inequivocabile. Sembrerebbe!
Nel precedente “Diario”, riflettendo sulle elezioni nei Paesi membri, ci siamo chiesti: l’Unione Europea in quanto tale ha qualcosa su cui interrogarsi, su cui riflettere, da comprendere, da mettere in campo? Nel pensiero che ha di se stessa, nel suo disegno strategico?.
Se – solennemente – il PARLAMENTO EUROPEO si convocasse (in forza della sua insita e costitutiva forza espressiva dei “Popoli d’Europa”, che precede e sovrasta i Governi e gli Stati membri e smettendo per una volta di dipendere dalle logiche di partito, movimenti, paesi, lingue, ecc. ecc.) per discutere (i Parlamenti son soggetti e luoghi dove si “parla”, come e in quanto “POPOLI”), per PARLARE di “Europa COME comunità di destino”? Dando la parola-ovviamente – a ciascun/na deputato/a (anche chi non volesse prenderla, dovrebbe alzarsi e dichiarare: “Non ho nulla da dire”). Chiamando tutti gli strumenti di comunicazione ad essere permanentemente collegati a registrare e trasmettere questa solenne “presa di parola”. Anche rischiando – senza infingimenti e senza rete – una tremenda cacofonia di voci e di sentimenti. E se, avendo registrato che la dissonanza è giunta ad un limite estremo – prima di AUTO sciogliersi – mettendo gli Stati (e i loro governi) membri, di fronte alle loro responsabilità ( “rispondere di qualcosa a Qualcuno”), convocasse i “POPOLI d’Europa” a rispondere a questa semplice e ri-fondante domanda: “VUOI, TU, L’EUROPA UNITA”? …affermando nello stesso tempo che si riterrà auto-convocato fino a quando i “POPOLI” non hanno dato la loro risposta: tutti i popoli dei 28 Stati membri, nello stesso giorno, nelle stesse ore (salvo i diversi fusi orari).
SI/NO. (punto)
“Diario europeo” si misura, volta a volta, con specifici problemi; cercando soluzioni, perché è consapevole che: se non porti almeno una soluzione, fai parte anche tu del problema. Ma, è anche consapevole che c’è malessere nella Unione. Tanto malessere. Le forze centrifughe sembrano prevalere sulle forze centripete. I cosiddetti “ populismi” sono molteplici e di numerose fatture.
È urgente agire. Agire. Il metodo “Monet” (un passo alla volta, affrontando e risolvendo un problema alla volta, quando si presenta) non è più adatto.
È una rivoluzione democratica, quella di cui Europa ha necessità ed urgenza. Ci sono le forme, anche istituzionali, che possono essere messe in campo. Ci torneremo nel prossimo “Diario”. L’utopia positiva che abbiamo sopra evocato è un sano, corretto, responsabile POPULISMO COSTITUZIONALE.