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Nymphomaniac – Volume 2

di Lars von Trier. Con Charlotte GainsbourgStellan SkarsgårdStacy MartinWillem DafoeMia Goth. Danimarca 2014.

Continuano le confessioni di Joe (Gaisbourg) a Seligman (Skarsgard), che – lo ricordiamo – la aveva trovata pesta ed insanguinata nel proprio cortile e che, ora, le rivela di essere vergine: il matrimonio con Jerome (Shia LaBoeuf) procede con grandi prestazioni sessuali ma nessun orgasmo da parte della giovane Joe (Martin, poi Gainsbourg)) che continua, con l’assenso forzato di Jerome a frequentare altri partner; in particolare, l’incontro con due neri in un alberghetto va maluccio (i due, dotatissimi, smettono subito di fare sesso perché litigano su chi la deve penetrare davanti e chi dietro) ma le fa capire di aver bisogno di nuove sensazioni. Intanto è nato, inatteso, un bambino ma Joe, pur amandolo, lo sente estraneo e quasi ostile. La ragazza va da K (Jamie Bell), una specie di professionista del sado-masochismo e inizia una serie di sedute notturne nelle quali si fa frustare, provando dopo molto tempo di nuovo l’eccitazione. La sera di Natale Joe lascia Jerome ed il figlio e va da K che la frusterà a sangue con un gatto a nove code. Jerome se ne va per sempre portando via il bambino. Lei, pena il licenziamento dal lavoro, è costretta a frequentare una terapia di gruppo per guarire dalla propria sessuo-dipendenza ma dopo poco se ne va insultando la psicologa (Caroline Goodall) e reclamando il diritto alla propria sessualità, ancorchè malata. Decide di vivere completamente ai margini della società e si mette al servizio di L (Dafoe), un malavitoso che le affianca due picchiatori per recuperare crediti insoluti. Joe usa la propria esperienza per tirar fuori dai debitori le perversioni nascoste e, sulla base di queste, ricattarli; tutti pagano anche un gentiluomo (Jean-Marc Barr), che sembrava inattaccabile ma che nascondeva – anche a se stesso- tendenze pedofile. L invita Joe a crescersi una ragazza che un giorno la sostituirà e lei prende con sé P (Mia Goth), figlia di un rapinatore in carcere e la cui madre è morta per overdose. La zona intima di Joe è, a causa dei continui contatti, definitivamente dolorante e lei soffre, a causa della forzata astinenza, di crisi violente. Con P scopre l’amore saffico e comincia a portarla con sé nelle irruzioni. Un giorno si accorge che uno dei debitori è Jerome e prega P di andare da sola e di non fargli del male. Poco dopo scoprirà che P e il suo ex-marito sono diventati amanti e così sapremo come mai Seligman la ha trovata semi-svenuta nel cortile.

Ricordiamo che questo non è il secondo capitolo , rispetto al Volume 1 ma semplicemente la seconda parte di un film di una durata eccessiva per la normale distribuzione. L’impressione complessiva rimane quella di un grande film – il migliore della cosiddetta   Trilogia della depressione (Antichrist, Melancholia e questo). Negli anni ’50, il critico francese André Bazin – il teorico della nouvelle vague – distingueva tra cinema sadico (quello che indugiava sulle pratiche sado-maso) e cinema sadiano, nel senso dell’uso della violenza come veicolo di un discorso profondamente trasgressivo; Bazin citava quale esempio il cinema di Bunuel ( l’occhio tagliato di Un chien andalou ). Credo che per Nymphomaniac si possa fare lo stesso discorso : il film è – anche esplicitamente nelle digressioni di Selgman – un profondo discorso sulla sessualità ed il dolore che von Trier ha iniziato con lo splendido Le onde del destino e che lo ha sempre accompagnato. Qui c’è, in più, una matura consapevolezza psicoanalitica accompagnata dalla percezione che il dolore sia una eterna, ineludibile condanna.