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L’era dell’editoria democratica

editoriaPerché dobbiamo imparare a «usare il nostro “voto” con accortezza quando scegliamo di pubblicare o consumare informazioni»
«La democratizzazione dell’editoria», scrive Kirby Prickett, «è quel processo per cui le persone sono sempre più abilitate a far circolare le proprie idee, le proprie storie e le proprie opinioni. E questo sta accadendo soprattutto grazie a Internet».
Il concetto di Internet che «aumenta» la democrazia è poco maneggevole e sicuramente controverso. Io di solito preferisco parlare di volgarizzazione dell’editoria. Ma il lungo articolo di Kirby costruisce un buon quadro storico e porta con sé alcuni concetti interessanti.
Ripercorrendo la storia dell’editoria controllata da pochi, in un breve paragrafo intitolato «Storia del Controllo», si arriva al punto: «queste dinamiche sono cambiate con la rete, con l’apertura dei commenti, con le piattaforme di blogging, i social media e il self-publishing. Da quel momento chiunque (con una connessione a Internet) può pubblicare il proprio punto di vista, in qualsiasi luogo del mondo».
La parte più stimolante del pezzo è quella finale in cui la Prickett si chiede se questa «democratizzazione» può essere considerata una cosa positiva o meno. E conclude con l’idea che «alla fine, esattamente come con la democrazia in politica, il risultato dipenderà da noi, cittadini ordinari». E dalla «nostra capacità di usare il nostro “voto” con accortezza quando scegliamo di pubblicare o consumare informazioni».
Fatti un’idea da solo: The History of the Democratization of Publishing.
Da un altro punto di vista, Jane Friedman (una delle maggiori esperte di editoria digitale negli Stati Uniti, ragiona proprio sul peso che sta avendo il self-publishing nella trasformazione dell’industria editoriale. Il punto di partenza è una conferenza tenuta alla Fiera del Libro di Francoforte, con a tema il «matrimonio tra tecnologia e contenuti».
Jane fa un accurato recap e ci regala i link a diverse ricerche interessanti. «Gli autori oggi», scrive, «hanno il potere di scoprire modi nuovi per raggiungere il proprio pubblico». Mentre gli editori tradizionali sono più lenti ad adottare strategie nuove o più aggressive, come quelle dei prezzi bassi.
È un altro esempio di «disintermediazione» dell’informazione, a scapito del funzionamento dell’industria culturale come la intendevamo nell’epoca della scarsità dei contenuti. Jane ragiona (e riporta opinioni) su tutte le implicazioni di questo passaggio verso nuovi modelli.
Merita la lettura e l’approfondimento dei link: Is Self-Publishing the Most Important Transformation in the Publishing Industry?
Per costruirci un’opinione e per trovare la nostra «giusta educazione» in questo nuovo ecosistema dei media, dobbiamo anche considerare che non ci troviamo di fronte a tendenze destinate a invertirsi. La nostra capacità di pubblicare e accedere alle informazioni tenderà ad esse sempre più facile ed economica. Gli ultimi dati li raccoglie un report ( The Global Media Trends Book) che tra l’altro ci racconta come in molti Paesi i social network siano diventati l’accesso primario all’informazione.
Qui trovi una sintesi: Report details global trends in mobile, video and social.
Ma più ancora può aiutarti a riflettere lo stralcio del libro di Nate Silver pubblicato in italiano da Internazionale. L’occhiello ti racconta subito dove si va a parare: «La mole di informazioni disponibili aumenta a ritmo vertiginoso, ma fare previsioni non è affatto semplice: i dati da soli non bastano, la maggior parte è solo interferenza e il rumore è più forte del segnale. Il libro di Nate Silver spiega perché l’elemento umano è ancora essenziale».
Il titolo è, non a caso, Il segnale e il rumore.
Come link bonus, questa settimana, un post di John Kroll che fa proprio al caso nostro. Siamo stati educati con la cultura della stampa e dobbiamo educarci a pensare (e scrivere) per il digitale. Parlando soprattutto ai giornalisti, John spiega in modo utile come superare la «mentalità della carta»: How to get past the print-first mindset.

GIUSEPPE GRANIERI

Twitter: @gg

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