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Chi ha incastrato Timy Yuro?
di Brian Helgeland. Con Tom Hardy, Emily Browning, David Thewlis, Christopher Eccleston, Chazz Palminteri
1966. Nell’East End di Londra Reggie Kray (Hardy) è, insieme al fratello Ron (Hardy),omosessuale e psicopatico, un temuto boss e l’ispettore Nipper Read (Eccleston) – che si è dedicato alla sua incrimazione come ad una missione – lo pedina platealmente, facendosi sbeffeggiare da lui e dai suoi uomini. Una mattina va a prendere il suo autista Frank Shea (Colin Morgan) pronto a punirlo per essere in ritardo ma gli apre la sorella Frances (Browning) e lui se ne innamora subito e la invita a cena, facendo preoccupare la madre di lei (Tara Fitzgerald). Sabato sera la porta nel suo locale, un cocktail bar frequentato da malavitosi, nobili e star; mentre si esibisce Timy Yuro (Duffy), Reggie è chiamato dal suo braccio destro, Mel (Ian Barrie) ad occuparsi di uno scagnozzo, Jack “The Hat” McVitie (Sam Spruell), che ha fatto la cresta; lui la sbriga rompendogli il naso con un pugno e torna a fare il galante al tavolo di Frances. Ron è in prigione e, se riconosciuto insano di mente, dovrà essere internato in un manicomio criminale. Reggie spedisce il forzuto Pat (Adam Fogerty) ad intimidire il dott. Humphries, incaricato di stilare la diagnosi e Ron viene rilasciato ma il medico raccomanda a Reggie, di badare che prenda sempre delle pillole tranquillanti, perché la salute mentale del fratello è assai precaria. L’impero dei Kray è sempre più in ascesa, anche perché Ron è riuscito a coinvolgere Lord Boothby (John Sessions) in loschi affari ed in festini gay; il premier laburista Harold Wilson (Kevin McNally), venuto in possesso di alcune foto delle orge è costretto a mettere tutto a tacere: nelle immagini sono riconoscibili anche membri del suo partito e così i fratelli, che stavano subendo un nuovo processo, vengono, una volta di più, assolti. Non solo: il loro rivale Charlie Richardson (Paul Bettany), dopo aver mandato il suo vice George Cornell (Shane Atwooll) per attirare i gemelli in una trappola (ma i due, a pugni e martellati, avevano steso tutti gli uomini di Richardson e Ron l’aveva giurata a Cornell che lo aveva deriso per la sua omosessualità), era stato arrestato e condannato ad una lunga detenzione. Ora i Kray sono i padroni di Londra, anche grazie alla consulenza di Leslie Payne (David Thewlis), il commercialista della gang. Sarà questi ad organizzare il loro incontro con Angelo Bruno (Chazz Palminteri), il rappresentante a Londra di Meyer Lansky, il gangster che aveva ideato Las Vegas, il paradiso del riciclo di denaro sporco. Ron è recalcitrante (non si fida di Leslie e teme di dover avere un ruolo subalterno rispetto alla mafia USA) ma l’incontro va bene ed i due fratelli acquistano un casinò che moltiplica i loro guadagni. Reggie, però, deve scontare 6 mesi di una vecchia condanna e, appena uscito dal carcere chiede a Frances di sposarlo ma quando escono per festeggiare, trovano il locale, gestito da Ron e dai suoi due amanti, Ronnie Hart (Chris Mason) e Leslie Holt (Charley Palmer Rotwell), in piena rovina; i fratelli si picchiano selvaggiamente e Frances (che il geloso Ron aveva insultato velenosamente) scappa, decisa a troncare al relazione. Reggie le promette di cambiare vita e viene fissata la data delle nozze. Alla cerimonia la madre della ragazza si presenta vestita di nero: sa che quel matrimonio sarà la rovina della figlia. In effetti, Reggie continua la solita vita, è sempre assente e lei diventa sempre più dipendente dagli ansiolitici. Ron fa una nuova sciocchezza: Cornell picchia il proprietario di un locale sotto la protezione dei Kray e lui va nel pub dove sta bevendo e, davanti a sette avventori e alla barista (Lorraine Stanley), gli spara in testa e, tranquillo, va a prendere il tè dalla mamma (Jane Wood). Lì lo raggiunge Reggie, al quale la madre raccomanda di proteggere – come sempre – il delicato fratello. Frances prega Reggie di lasciare che la giustizia faccia il suo corso (Ron, lei lo ha capito, è ormai ingestibile e porterà alla rovina il fratello) ma poco dopo incontra casualmente la barista e, dalla sua espressione terrorizzata, capisce che gli uomini di suo marito hanno intimidito lei e gli altri testimoni. Decide di andarsene, Reggie lo scopre e la picchia ma lei, risoluta, fa le valige e si rifugia da suo fratello. Lì lui la raggiunge e le promette un viaggio ad Ibiza ed una nuova vita e lei, consapevole che non potrà liberarsi di lui, finge di acconsentire e si uccide coi barbiturici. Ora Reggie, solo e disperato, si isola e Ron, approfittando della sua assenza manda “The Hat” ad uccidere Payne. Il sicario lo ferisce solamente ed il commercialista, in cambio di protezione per se e per la sua famiglia, confessa tutto. Reggie va a casa del fratello che ha organizzato un party e, davanti a tutti accoltella “The Hat”. Moriranno entrambi ergastolani.
Dalla storia dei fratelli Kray, nel 1990 Peter Medak aveva già diretto I Krays con Martin e Gary Kemp (i gemelli leader degli Spandau Ballet) nei due ruoli principali, dando alla loro storia un forte taglio psicoanalitico – non a caso il film d’esordio del regista ungherese era stato il pamphlet edipico La classe dirigente. Helgeland nasce sceneggiatore specializzato in noir – L.A. Confidential, Mystic river, Debito di sangue – e la sua prima regia è Payback – La vendetta di Porter, violento remake di Senza un attimo di tregua di John Boorman dal romanzo di Richard Stark e qui prende le mosse dal libro The profession of violence di John Pearson per raccontare, come lui stesso ha dichiarato la leggenda dei Kray(omette volutamente alcuni episodi di efferata violenza dalla loro biografia). Forse non ne è venuto un grandissimo film ma è esemplare la forza e la briosità con la quale le fantastiche e crudeli vicende del lato oscuro della swinging London si muovono sullo schermo: insieme ai fratelli assassini vediamo, in un caleidoscopico balletto, Timy Yuro – oggi pochi la ricordano ma negli anni ’60, grazie alla canzone Hurt (portata al successo anche in Italia da Fausto Leali con la cover A chi) era una grande star– Sonny Liston, Joan Collins, Shirley Bassey, la crème della nobiltà e della politica inglese e la loro storia ci appassiona e ci coinvolge. Aiuta, certo la bella scrittura e il fantastico cast, a partire da Tom Hardy sempre più bravo (posso sommessamente notare che in Revenant quando c’è lui sullo schermo, Di Caprio scompare?), fino al sommo Thewlis, grande fool shakespeariano anche nel ruolo di un arido contabile.