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Un miracolo lungo 14 anni.
di Agostino Ferrente, Giovanni Piperno. Documentario Italia 2013
Adele ha quattordici anni, va male a scuola perché non si adatta alla disciplina ed ha una sorella maggiore, Jessica, che in realtà sarebbe un fratello ma ha manifestato sempre tendenze femminili e la mamma ne ha preso serenamente atto; Adele, da grande, vorrebbe fare la modella. Anche Silvana ha quattordici anni, il padre è in prigione e la madre si occupa poco di lei, la sua unica consolazione è il ballo per il quale si sente naturalmente portata e che sogna essere il lavoro del suo futuro. Fabio, 12 anni, è un ragazzino estroverso, ha un fratello, risolve con la simpatia i pasticci che combina e vorrebbe fare il calciatore ma sa di non avere particolare talento. Il suo amico Enzo, invece, un talento ce l’ha: con il padre posteggiatore canta le canzoni della tradizione napoletana nelle trattorie; lui ha il progetto di diplomarsi al Conservatorio e di diventare un nuovo Sergio Bruni.15 anni dopo troviamo Adele alle prese con lavori saltuari che alterna alle visite in carcere al proprio compagno, sempre sostenuta dalla madre, con la quale gioisce dei piccoli successi di Jessica, nominata “Miss Trans”, in una selezione locale. Silvana continua, invece, ad avere un rapporto conflittuale con la madre e i suoi sogni di danza si sono ridotti nelle povere esibizioni da cubista in un triste dancing. Fabio (il fratello è morto, una delle tante vittime casuali di una sparatoria nei vicoli) è disoccupato e si arrangia vendendo sciarpe e cappellini del Napoli fuori dallo stadio. Enzo, che è diventato propagandista porta a porta di Tele2, cerca di aiutarlo portandolo con sé ma Fabio capisce che li stanno solo sfruttando senza dar loro nessuna speranza per il futuro e, infatti, di lì a poco anche Enzo sarà disoccupato e dovrà provvedere anche al padre che per ragioni di saluto ha lasciato la posteggia.
Ferrente e Piperno avevano girato nel ’99 per Rai3 il documentario-inchiesta Intervista a mia madre, nel quale apparivano i quattro protagonisti, con le loro piccole storie ed i loro sogni, 14 anni dopo ne hanno ritrovato i protagonisti e da questi incontri, alternati alle immagini dell’inchiesta precedente hanno ricavato questo film che ha già fatto incetta di premi in vari festival e che è un piccolo miracolo di forza, stringatezza ed emozione: la scelta mai banale delle inquadrature, la potenza della fotografia di Piperno e la grande efficacia della colonna sonora fanno de Le cose belle uno dei migliori documentari di questi anni (una menzione va a Cinecittaluce ed a Beppe Attene che lo hanno supportato e distribuito); proprio nella colonna sonora si trova la chiave dell’operazione: il cinema in questi anni ha spesso usato con efficacia la canzone napoletana e il neomelodico (il divertente Song’ e Napule è l’esempio più riuscito) ma Ferrente e Piperno non cadono nella trappola del folklorismo snob e non solo le melodie tradizionali, come Passione, cantate da Enzo bambino ma anche i successi popolari come Guagliuncè di Nino D’angelo, le hit di Gigi D’Alessio e La storia ‘e Maria di Ivan Granatino (sorta di contrappunto alle vicende senza speranza dei protagonisti) sono usate con l’intelligenza e l’umiltà di chi sa raccontare storie popolari, consegnandosi senza (pre)giudizi ai protagonisti.