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Lady Macbeth

Com’è triste il sesso in brughiera

Lady Macbeth del distretto di Mcensk è un romanzo scritto nel 1865 da Nicolaj Leskov e pubblicato quello stesso anno dalla rivista Epoch, diretta da Dostoeskij, che era un grande ammiratore dello scrittore. Nel 1934 Shostakovich ne trasse un’opera lirica, che il regime comunista bloccò (lo stesso Stalin scrisse di suo pugno un attacco contro la musica del compositore, considerata troppo “occidentalmente” moderna). Nel 1961 il regista polacco Andrzej Wajda ne trasse il film Lady Macbeth siberiana, trasposizione assai fedele del racconto originale. Oldroyd è un famoso regista teatrale inglese e dirige il prestigioso London’s Young Vic Theatre e per, questo suo primo lungometraggio ha usato, come sceneggiatrice, la brillante autrice di teatro Alice Birch, che ne ha modificato non solo l’ambientazione ma anche il finale: nel romanzo i due amanti vengono deportati in Siberia e lì lui la tradirà con un’altra reclusa. Nel film si avvertono anche echi di tragiche eroine della letteratura e del cinema francese: Madame Bovary, certamente, ma anche la Therese Desqueyroux di Francois Mauriac; in particolare Il delitto di Therese Desqueyroux di Franju del 1962 sembra aver suggerito l’atmosfera di rarefatta cupezza che si respira nel film. Lady Macbeth è certamente un’opera interessante ma non riesce a riscattarsi del tutto dall’imprinting teatrale dei suoi autori. Sono perfetti i costumi di Holly Weddington, gli attori (tutti poco noti) sono, a partire dalla bravissima Florence Pugh – che recita con tutto il corpo (il suo sedere offerto all’onanismo del marito è già un racconto di frustrazione) – sono perfettamente in parte e ottimamente diretti ma il racconto è, talora, più emblematico che scorrevole, più un insieme di belle scene che uno snodarsi di vicende conseguenti. Nel complesso, però, è un film che merita di essere visto ed una regia dalla quale si possono aspettare ottime cose.

di William Oldroyd. Con Florence PughCosmo JarvisPaul HiltonNaomi AckieChristopher Fairbank Gran Bretagna 2016

Inghilterra del nord, fine ‘800. La giovane Katherine (Pugh) va sposa al possidente Alexander (Hilton) e la prima notte di nozze, lui, dopo averle ordinato di spogliarsi, si caccia a letto lasciandola in piedi nuda e impietrita. E’ ben presto chiaro che in casa comanda il vecchio Boris (Fairbank), vero padre-padrone che tratta con disprezzo la nuora, rimproverandola di non ottemperare ai propri doveri coniugali; il realtà il sesso tra lei e il marito si riduce al suo stare in piedi nuda e con la faccia al muro, mentre lui si masturba furiosamente. Un giorno Alexander parte per un’incidente ad una miniera di proprietà della famiglia e il suocero continua a trattarla con disprezzo. Anche lui parte per affari e Katherine ha come unica compagnia la cameriera di colore Anna (Ackie), costantemente impaurita dalle durezze dei padroni. Un giorno Katherine sente dei rumori venire dalle stalle e sorprende Anna nuda, mentre lo stalliere Sebastian (Jarvis), insieme ad altri servitori la pesa per gioco con una rudimentale bilancia per maiali; lei ordina alla cameriera di andare a casa e agli uomini di riprendere il lavoro ma Sebastian le risponde sfacciatamente, prendendola in braccio. Poco dopo lui bussa alla porta della sua camera e, mentre lei lo sgrida aspramente, la abbraccia e, dopo poche resistenza della donna, i due fanno l’amore con violento trasporto. Ora sono amanti ma Boris torna e, avvertito dello scandalo – anche il Pastore (Cliff Burnett) aveva cercato di far ragionare Katherine ma era stato congedato con alterigia – prima cerca invano di far parlare la terrorizzata Anna, poi bastona selvaggiamente Sebastian e lo fa rinchiude in un fienile. Lei allora lo avvelena con i funghi e, sotto lo sguardo di Anna, lo chiude in una stanza a morire senza soccorsi. La povera serva, per lo shock diventa muta e lei corre a liberare il suo amato, leccandogli le ferite. I due adesso vivono apertamente insieme ma una notte torna Alexander e lei – dopo che Sebastian è uscito seminudo dalla stanza – lo riceve come se nulla fosse ma lui la insulta, dicendole che è divenuta “grassa e puzzolente” per aver aperto “le gambe e la fica” ad un estraneo ma, quando la minaccia di rinchiuderla per sempre in casa con un libro di preghiere, lei apre la porta e fa entrare il suo amante; i due uomini lottano e lei, armata di un pesante attizzatoio, spacca la testa al marito. Sebastian ne seppellisce il cadavere e lei spara al suo cavallo. Quando il marito scomparso è dato per morto, si presenta alla magione una donna di colore, Agnes (Golda Rosheuvel), con il nipotino Teddy (Anton Palmer) e documenti che comprovano che il bambino – la cui madre è morta da poco – è figlio di Alexander e che, quindi, è loro diritto vivere in quella casa. Katherine accetta, apparentemente di buon grado la situazione (con Teddy, che le si è subito legato, sembra esserci qualcosa di simile ad un affetto), mentre Sebastian, nuovamente relegato nelle stalle, è inferocito e quando lei cerca di comunicargli di aver scoperto di essere incinta non la fa nemmeno parlare. Un giorno lei lo vede passare e, per inseguirlo, spintona via il bambino che voleva giocare con lei. Il piccolo, angosciato, scappa nella brughiera e tutti gli abitanti del palazzo vanno a cercarlo. Lo trova Sebastian seduto su di una scogliera sopra una cascatella e lo spinge di sotto, per poi riportarlo a casa assiderato. Ad Agnes che lo veglia da ore, Katherine offre di sostituirla per lasciarla riposare un po’. La nonna accetta e lei, rimasta sola con il bambino, fa entrare Sebastian e, mentre lui lo tiene fermo, lo soffoca con un cuscino. Arrivano il detective Logan (Ian Conningham) ed il dottore (Bill Fellows) e questi rileva sul corpicino dei segni che comprovano i suoi tentativi di difendersi da un’aggressione. Sebastian, devastato dai sensi di colpa, confessa ed accusa Katherine anche degli altri due crimini ma lei ribalta le accuse contro di lui e la sua vecchia amante Anna, che non può parlare a propria discolpa; Agnes e gli altri le credono e lo stalliere e la serva sono condotti su di un carretto al carcere mentre lei allontana dal palazzo tutti e rimane lì sola come in una prigione.

 

 

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