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Il lutto (non) si addice a Justin
di Woody Allen. Con Jim Belushi, Juno Temple, Justin Timberlake, Kate Winslet (USA 2017)
In Allen, non è certo una novità, sono sempre riconoscibili i richiami letterari o teatrali da Tolstoj (Amore e guerra) a Dostoevskij (Crimini e Misfatti e Match Point) a Sheckley (Il Dormiglione) a Hammett (La Maledizione del Medaglione di Giada), alla tragedia greca (La Dea dell’Amore), a Fitgerald (Cafè Society), alla letteratura francese del primo novecento (Midnight in Paris), a Kierkegaard (Irrational Man) e in Blue Jasmine aveva affidato a Cate Blanchett un ruolo fortemente ispirato alla Blanche DuBois de Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams. In questo film l’omaggio al teatro di Eugene O’Neill e di Williams è dichiarato: Mickey sogna di scrivere in quello stile e di raccontare la grande tragedia americana, Ginny è (sin dal francesizzante nome d’arte) una tragica Blanche e Humpty una delle disperate vittime del Fato che appaiono nelle pagine di O’Neill. Naturalmente Allen usa il materiale alla sua maniera e la tragedia (i grandi tragici greci, rivisti in chiave psicoanalitica, sono alla base di molte delle opere di O’Neill e di Williams) si colora di una luce fiabesca, complice la fotografia di Storaro, che si è dichiaratamente ispirato ai teneri disegni di Norman Rockwell. In America il film (per l’autore non è una gran novità) è andato piuttosto male ma (questo, invece, non gli capita spesso) è anche stato massacrato dalla critica. Da noi sta funzionando discretamente e, a mio avviso, non merita la disapprovazione che ha ricevuto in patria. La scrittura è, a tratti, intellettualistica e scontata ma il delirio finale di Ginny è una bella pagina; certo, anche per merito di un’ottima Winslet che, con la Temple, tiene splendidamente la scena. Bravo, anche se più scontato, Belushi, mentre Timberlake – molto presente e molto parlante – non sembra del tutto a proprio agio nel ruolo di narratore-demiurgo. Per dirla con O’Neill: il lutto non si addice al volenteroso ma acerbo Justin.
New York, anni ’50. Ginny (Winslet), una mediocre ex attrice in disarmo dopo il fallimento (per sue colpa) del primo matrimonio, vive con il vedovo Humpty (Belushi), giostraio con problemi di alcool, a Coney Island; qui lei fa la cameriera e gestisce con difficoltà il figlio Richie (Jack Gore) – nato dal precedente marito – nevrotico, ladruncolo (ruba i soldi al patrigno per andare al cinema) e piromane. Un giorno si presenta da loro Carolina (Temple), la figlia di Humpty che lui aveva misconosciuto quando aveva sposto un gangster, facendo morire la madre di crepacuore; la ragazza è terrorizzata: ha rivelato alla polizia particolari scottanti sull’attività del marito che la maltrattava ed ora i suoi scagnozzi la cercano per ucciderla. Humpty, che ha sempre stravisto per lei, urla un po’ ma poi la accoglie, chiede a Ginny di farla lavorare con lei al ristorante e mette da parte i pochi guadagni (la giostra non va particolarmente bene) per farle frequentare un scuola serale. Ginny in spiaggia conosce Mickey (Timberlake), bagnino e studente di lettere moderne con l’ambizione di diventare un drammaturgo e ne diventa l’amante, immaginando di fuggire con lui e riprendere la via del teatro. Un giorno due gangster, Angelo (Tony Sirico) e Nick (Steve Schirripa), si presentano da Humpty a chiedere notizie di Carolina ma lui, aiutato da Ginny, riesce a depistarli. La ragazza ha conosciuto in spiaggia Mickey che le presta un libro sul rapporto tra Eugene O’Neill e la psicoanalisi, mettendo subito in allarme Ginny. Intanto a causa delle continue assenze da scuola e della sua mania di appiccare piccoli incendi, Richie viene spedito da una psichiatra (Maddie Corman), tra le proteste di Humpty che non vuole intaccare i risparmi destinati all’istruzione della figlia per pagare le sedute. Carolina, intanto, rincontra Mickey, che le dà un passaggio in un giorno di pioggia e, dopo aver parlato con lei in macchina, la invita a cena per il fine settimana; lei si confida la sera stessa con la matrigna e le chiede un consiglio, ricevendo uno sprezzante invito a lasciar perdere il ragazzo, che – dice- è inaffidabile e già impegnato. Ginny, sempre più infatuata e gelosa, ruba 400 dollari ad Humpty e con quelli compra da un antiquario (Jacob Berger), come dono di compleanno per Mickey, un orologio sul quale fa incidere una frase d’amore. Imbarazzato dalla situazione e dal valore del regalo, lui lo rifiuta e le confessa di essersi innamorato di Carolina, alla quale – le dice – si dichiarerà. Ginny, sconvolta e bevuta, va al lavoro e la sua capa Tiny (Jenna Stern) le racconta che due tizi sono venuti a cercare Carolina e lei li ha indirizzati alla pizzeria dove la ragazza è a cena con Mickey; lei capisce che sono i due mafiosi e si precipita a telefonare per avvertire la ragazza del pericolo ma quando il padrone del locale (John Mainieri) risponde riattacca. Carolina, alla quale Mickey ha confessato il proprio amore e le ha raccontato della relazione con la matrigna, confusa lascia il locale e rifiuta di essere accompagnata in macchina: vuole fare due passi per riflettere. Quando gira l’angolo, la macchina con i killer le si accosta e di lei non si hanno più notizie. Humpty angosciato corre alla polizia e Ginny, rimasta sola, si trucca e si veste come se dovesse andare in scena e a Mickey, che ha saputo della mancata telefonata ed è corso da lei per accusarla e esprimerle il proprio odio, risponde con fare trasognato e pose da teatrante. Ora a lei e Humpty, più soli e distrutti, non rimane che riprendere la loro disperata vita di coppia, mentre Richie accende l’ennesimo fuoco in spiaggia.