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Arrivano 300 alberi per contrastare il degrado e l’abbandono nella piazza del XI municipio.
Più che un giardino nel cemento o un progetto di riqualificazione – termine spesso abusato quando si parla di arte in periferia – più che la retorica del colore contro il grigio, “l’Albergo delle piante” è prima di tutto un luogo di partecipazione nato dove prima c’era il nulla.
La Cavea di Corviale, meglio nota come piazza del mercato, anfiteatro quadrangolare che nella visione dell’architetto Mario Fiorentino, artefice nel 1972 del controverso progetto architettonico, doveva essere una sorta di agorà, è una spianata di cemento a ridosso del “Serpentone” circondata da scalinate, fredda d’inverno e torrida d’estate. Fino ai primi mesi del 2015 ha ospitato, nello spazio interno sottostante, il mercato ortofrutticolo, poi chiuso. La piazza su cui si affacciano la comunità residenziale e il centro diurno del Dipartimento di Salute Mentale Roma XI era tornata nel degrado, nell’abbandono e nell’isolamento.
Almeno fino ad ottobre dell’anno scorso, quando Mimmo Rubino e Angelo Sabatiello, artisti dalla diversa formazione ma uniti dal comune desiderio di avviare un progetto creativo, partecipato, inclusivo e aperto, hanno portato il primo vaso nella Cavea e dato vita all'”Albergo delle piante”, un vivaio collettivo in cui tutti sono invitati a portare una pianta e contribuire al suo mantenimento. “L’albergo è un progetto orizzontale, aperto alle influenze e a possibili variazioni e variabili, proprio come una pianta spiega Rubino, street artist “stufo di interventi imposti” e desideroso di confrontarsi per un lungo periodo con un luogo e i suoi abitanti.
Ispirati dal pensiero del filosofo Leibniz, secondo cui viviamo nel migliore dei mondi possibili, l’Albergo è il “migliore dei giardini possibili”. Anzi, con un pizzico d’autoironia Rubino e Sabatiello lo definiscono “il giardino più bello di Roma”. E non sono gli unici a crederlo. Nonostante i mesi invernali, l’assenza di fondi e di permessi, e alcuni avventori che, soprattutto nel primo periodo, facevano sparire le piante (“non usiamo il termine rubare – sottolinea Rubino – speriamo che se le siano portate a casa e le stiano curando meglio di come potremo fare noi”), il vivaio sta generando un piccolo miracolo. Sta riattivando il posto.
Ogni mercoledì, alle 5, gli ospiti della comunità aprono la struttura per un tè. Al momento conviviale, un allegro caos, settimana dopo settimana si aggiunge una nuova presenza. Dai ragazzi del centro di aggregazione giovanile (Cag) “Luogo Comune” dell’Arci di Corviale, a residenti del complesso popolare; ma ci sono anche esterni, incuriositi dal progetto che si avvale di una efficace campagna di comunicazione su Facebook. C’è chi porta una pianta, chi porta qualcosa da mangiare, chi, come Dario Guerrentini “er Poeta de Corviale”, porta una poesia.
“Avevamo provato in passato ad aprire la struttura al pubblico – spiega Alessandra Sabbatini, operatrice della comunità residenziale – ma alle nostre feste non partecipava mai nessuno. E’ bello vedere che oggi i pazienti vengono accettati e non stigmatizzati. E’ la dimostrazione che, insieme, si può fare qualcosa di bello. Fino a poco tempo fa i ragazzi venivano qui solo per tirare pietre contro le finestre, mentre oggi quando s’incontrano si salutano e scherzano insieme”, conclude.
Sono proprio i dieci pazienti ospiti nella struttura i principali soggetti impegnati nella manutenzione del vivaio. “Non è facile, le piante sono tante ed è un grosso lavoro, abbiamo solo un tubo per l’acqua, quindi dobbiamo riempire i secchi e farci il giro di tutta la Cavea”, racconta Enrico, da due anni ospite del centro, che confessa di essere un po’ preoccupato per l’arrivo della calura estiva. Ai ragazzi del centro di aggregazione invece è affidato “l’incubatore”. Nel loro cortile, non distante dalla Cavea, si prendono cura delle piantine prima che siano forti abbastanza da essere portate nella destinazione finale.
L’obiettivo finale è quello di riempire la piazza di piante. Oggi sono 80, ma il progetto, per definirsi concluso, ne dovrebbe ospitare 300. “Non abbiamo imposto regole, ma ci atteniamo ad un ‘manuale di stile”, spiega Sabatiello, già artefice di altri interventi di arte pubblica “verde”. “Non compriamo piante, devono essere tutte in vaso e non devono superare l’altezza di un uomo, in modo da non interferire con l’architettura del luogo e poter essere spostate facilmente in base alla stagione”.
“Il sogno è che chiunque possa venire qui a coltivare il proprio giardino, magari stimolare anche un po’ di competizione per chi ha la pianta più bella – aggiunge Rubino – e soprattutto che continui a vivere senza la nostra presenza quotidiana. Siamo consapevoli delle alte possibilità di fallimento del progetto, ma non ci importa. La vera opera d’arte è la partecipazione. E se
un giorno qualcuno del posto ci verrà a dire di interrompere il progetto perché la Cavea serve per altri scopi, anche quello sarà un successo. Vorrà dire che avremo creato un luogo di vita in cui il quartiere possa incontrarsi e identificarsi”. Intanto la prima conquista in questo senso è stata raggiunta. Digitando “Albergo delle piante” su Google Maps si viene dirottati proprio alla Cavea di Corviale, tra via Poggio Verde e via Mazzacurati 23.