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Sono figlio della periferia, bisogna portarci la bellezza per fermare il fanatismo distruttivo.
“Settant’anni senza che nessuno se ne occupasse. Parlo del Giambellino, ma da lì il messaggio è universale. Al Giambellino ci sono seimila persone di venti nazionalità diverse”, integrazione e condivisione sono possibili, “sono valori”.
Lo racconta al Corriere della Sera, l’architetto e senatore a vita Renzo Piano, che sta chiudendo in questi giorni un progetto al Giambellino di Milano.
“Io sono un figlio di periferia – spiega Piano -, la periferia genovese, e le periferie sono nel mio cuore”. Sono fabbriche di desideri, dice il senatore avita, “nel bene e nel male. Sono la fonte di energia della città. Ma bisogna buttare acqua, non benzina sul fuoco, in un attimo tutto si infiamma”.
La colpa, aggiunge, è “anche nostra. Bisogna cercare le perle, smetterla di denigrare le periferie e decidersi ad amarle. Giovedì di questo parlerò al presidente Mattarella”. “La vicenda di Parigi – dice anche l’architetto che nella capitale parigina vive – è talmente grande che il silenzio è per me l’unica dimensione ammissibile”.
In un colloquio con la Stampa, Piano invita “a portare la bellezza nelle periferie per fermare il fanatismo distruttivo”. Sul nuovo Palazzo di giustizia che costruirà in una banlieue parigina, osserva: “Bisogna prendere coraggio di fertilizzare le periferie. Nel nuovo Palazzo di giustizia lavoreranno tremila magistrati, ruoteranno diecimila persone… Certamente c’era chi non voleva che fosse costruito in quella zona, e si è opposto, ma non l’ha avuta vinta. Le idee giuste vanno sempre avanti. Il cambiamento trova inevitabilmente degli oppositori, ma non c’è arte che non si alimenti del dovere di cambiare, di rappresentare il cambiamento”.