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Se Asimov incontra Chuky
di Lars Klevberg. Con Aubrey Plaza, Brian Tyree Henry, Gabriel Bateman USA 2019
L’industria elettronica Kaslan, ha delocalizzato in Vietnam la costruzione del richiestissimo bambolotto tecnologico Buddy e qui un operaio, licenziato dal supervisore (Johnson Phan), prima di suicidarsi disabilita per vendetta tutte le funzioni di sicurezza del pupazzo sul quale stava lavorando. A Chicago, Karen Barclay (Plaza), commessa del reparto giocattoli in un grande magazzino della catena Zed-Mart, si è appena trasferita con il figlio Andy (Bateman) in un nuovo quartiere e lui soffre per l’assenza di amici e per la relazione della madre con il mellifluo Shane (David Lewis). Lei ha il suo daffare nel lavoro per contenere le richieste dei clienti che aspettano con ansia l’arrivo del nuovo modello di Buddy e, quando una signora ne restituisce uno, che ha strani difetti di fabbrica, lei – ricattando un sorvegliante (Amro Majzoub) – lo porta al figlio. Andy, lì per lì, è un po’ freddo ma quando il bambolotto comincia a parlare, dicendo di chiamarsi Cucky, gli promette eterna amicizia e, soprattutto, pronuncia vietatissime (nel modello corrente) parolacce, lui ne è conquistato. Chucky è molto protettivo con il suo nuovo amico: sentendolo ostile, spaventa Shane sbucando all’improvviso, lo aiuta a fare amicizia con due ragazzini del palazzo, Falyn (Beatrice Kitsos) e Pugg (Ty Consiglio) ma, quando il gatto di casa graffia Andy, lui gli stringe il collo e starebbe per finirlo se il ragazzo non glielo levasse di mano. Una sera, mentre Andy e i suoi nuovi amici guardano Non aprite quella porta, ridendo da perfetti adolescenti alle efferatezze, Chucky immagazzina informazioni e, armatosi di un coltellaccio da cucina, ammazza lo scontroso micio. Andy riesce a buttarne il corpo nello scarico del condominio, dopo di che chiude il bambolotto in un armadio. Lui riesce a uscire e continua a spaventare Shane, ripetendogli a cantilena le lagnanze di Andy. L’uomo affronta con rabbiosa aggressività nella sua stanza il ragazzo e lui, quando questi esce, sbotta che vorrebbe che scomparisse. Chucky segue Shane, scopre che vive con un’altra famiglia e, dopo averlo fatto cascare da una scala, lo fa a fette, comandando a distanza un tagliaerba. Del caso è incaricato, insieme all’agente Willis (Nicole Anthony), il detective Mike Norris (Tyree Henry) – figlio di Doreen (Carlease Brurke), una simpatica vicina di Karen e Andy – che nota come dal cadavere sconciato sia stata asportata la faccia. E’ stato Chucky che la ha messa su di un cocomero e portata nella stanza del suo amico, per dimostrargli il suo affetto. Ora il ragazzo è terrorizzato e, insieme a Falyn e Pugg, lo disattiva e lo getta nello scarico; vorrebbe gettare anche il macabro cocomero ma, per l’arrivo della madre e del detective è costretto a coprirlo con carta regalo e a darlo a Doreen, con preghiera di aprirlo solo dopo due settimane (giorno del suo compleanno). L’indomani, con la scusa di voler gustare i suoi pranzetti, si fa invitare dalla donna e trova modo di gettare l’involto tra la spazzatura. Il laido custode del palazzo Gabe (Trent Redekop) trova il bambolotto e lo aggiusta con il risultato di essere maciullato da una sega elettrica guidata da Chucky. Ora Chucky – che è stato preso dal ragazzino Omar (Marlon Kazadi), è pazzo di gelosia e – manovrando un taxi senza pilota brevettato dalla Kaslan – uccide Doreen, rea di essere amica di Andy. Andy capisce tutto ma quando cerca di riprendersi Chucky per distruggerlo, Omar, Pugg e Falyn lo scacciano, credendolo un esaltato. Né gli va meglio a casa: la madre, che ha trovato il collare del gatto, lo accusa di avergli fatto del male e lo porta con se allo Zed-Mart, per tenerlo d’occhio mentre impazza la frenesia per l’arrivo di Buddy/2, che il signor Kaplan (Tim Matheson) in persona sta pubblicizzando da settimane. Qui arriva Mike che – sospettandolo autore degli omicidi – ammanetta Andy. Il finale vedrà Chucky – attraverso i suoi poteri di controllo – manovrare droni e bambole contro la polizia e i clienti, contrastato da Andy e i suoi amici che hanno capito la verità.
Nel 1988 lo sceneggiatore Don Martini aveva inventato il bambolotto Chucky, innocuo giocattolo elettronico nei cui meccanismi era entrato lo spirito di un serial killer. Il film che ne era stato tratto, La bambola assassina, diretto da Tom Holland (reduce del successo de L’ammazzavampiri) aveva registrato in tutto il mondo incassi record, tanto da generare 6 sequel – gli ultimi tre diretti da Don Martini – con alterne fortune (il più avvincente era stato La sposa di Chucky che immaginava l’anima della compagna del serial killer – a sua volta assassina seriale – trasferirsi in una bambola vestita da sposa e farne di tutti i colori insieme al fidanzato). Dopo essersi accoppiato, sdoppiato e clonato il bambolotto assassino aveva bisogno di una nuova vita ed ecco pronto il reboot (più o meno letteralmente: riavvio). Ora Chucky non è più posseduto da un anima dannata ma è – sulla falsariga di Io robot – un colposo difetto di fabbrica, in linea, in fondo, con lo spirito della serie che ha sempre avuto un sguardo (vedi La sposa di Chucky che rimandava a La moglie di Frankenstein) al mito di Frankenstein, al quale certamente pensava anche Asimov. Dirige il giovane norvegese Lars Klevberg, che si è fatto notare nel recentissimo horror Polaroid (versione lunga di un suo corto). Lui non ha le astuzie di genere di Tom Holland e la sua compassata anima nordica si fa talora intravvedere ma il risultato è gradevole: non si salta sulla sedia, né si prova colpevole empatia per il sanguinario Chucky ma si segue il buon ritmo del racconto.