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Nelle linee guida per la riforma del Terzo Settore il Governo afferma che “Per superare le vecchie dicotomie tra pubblico/privato e Stato/mercato e passare da un ordine civile bipolare a un assetto ‘tripolare’, dobbiamo definire in modo compiuto e riconoscere i soggetti privati sotto il profilo della veste giuridica, ma pubblici per le finalità di utilità e promozione sociale che perseguono. Abbiamo inoltre bisogno di delimitare in modo più chiaro l’identità, non solo giuridica, del Terzo Settore, specificando meglio i confini tra volontariato e cooperazione sociale, tra associazionismo di promozione sociale e impresa sociale, meglio inquadrando la miriade di soggetti assai diversi fra loro che nel loro insieme rappresentano il prodotto della libera iniziativa dei cittadini associati per perseguire il bene comune”. l’approccio è ineccepibile: per passare da un assetto bipolare (Stato-mercato) ad uno tripolare (Stato-mercato-Terzo Settore) è necessario definire in modo più chiaro l’identità del terzo soggetto.
L’identità dei due poli tradizionali, lo Stato e il mercato, non soltanto è infatti ben chiara, ma è anche molto forte. Se, come il Governo (ma non solo il Governo) ritiene, è giunto il momento per la società italiana di passare da un assetto bipolare ad uno tripolare, è necessario che anche il terzo polo abbia un’identità il più possibile chiara e autorevole.
Come spesso accade, il modo migliore per definire un’identità è per contrasto. E’ vero che in questo caso la definizione per contrasto sembrerebbe particolarmente difficile, perchéda un lato abbiamo lo Stato e il mercato e dall’altro una “miriade di soggetti assai diversi fra loro”. Ma tutto diventa più semplice se il confronto lo facciamo non fra i soggetti, bensì fra gli interessi che a questi soggetti fanno capo.
Del resto anche quello che chiamiamo “Stato”, se lo consideriamo nel suo complesso è composto da una “miriade di soggetti assai diversi fra loro” per funzioni, ambiti di intervento, dimensioni, etc.. Fra il comune di Borgo Valsugana in Trentino e il ministero dell’Economia c’è la stessa differenza che può esserci fra un colibrì e un condor, eppure rientrano entrambi nel polo che chiamiamo “Stato”. E lo stesso vale ovviamente anche per la “miriade di soggetti assai diversi fra loro” che compongono il polo che chiamiamo “mercato”.
Per delimitare in modo più chiaro l’identità del Terzo Settore il confronto va dunque istituito fra gli interessi che a ciascun polo fanno capo, perché è intorno agli interessi che i soggetti si aggregano e si riconoscono come appartenenti allo stesso campo (e quindi, per contrasto, non appartenenti agli altri due campi). Le Linee guida stesse ci aiutano in tal senso quando definiscono il Terzo Settore come “la miriade di soggetti assai diversi fra loro che nel loro insieme rappresentano il prodotto della libera iniziativa dei cittadini associati per perseguire il bene comune”.
E’ vero che bene comune e interesse generale non sono concetti del tutto sovrapponibili, ma in questo contesto possiamo considerarli come equivalenti, pur preferendo il concetto di interesse generale, usato dalla Costituzione all’art. 118 ultimo comma.
E dunque, se consideriamo il Terzo Settore come l’insieme dei cittadini associati in vista del perseguimento dell’interesse generale, il nuovo assetto della società italiana non dovrebbe più essere fondato soltanto sulla bipolarità fra interesse pubblico e interesse privato, bensì dovrebbe trovare un assetto più equilibrato basato su tre grandi sfere di interessi, quella dell’interesse pubblico, quella dell’interesse privato e quella dell’interesse generale costituzionalizzato nel 2001 insieme con il principio di sussidiarietà.
Ma se si elencano gli interessi anziché i soggetti balza agli occhi l’incongruità per cui, accettando il bipolarismo Stato-mercato come naturale ed inevitabile assetto di partenza va a finire che la sfera dell’interesse generale, anziché essere la prima, è l’ultima.
L’incongruità è duplice. In primo luogo perché l’interesse generale è una categoria più ampia sia dell’interesse pubblico sia di quello privato e dunque non può “aggiungersi” alle altre due. Ma soprattutto perché mentre l’interesse generale non tollera frammentazioni (non possono esistere, per definizione, molteplici “interessi generali” all’interno della stessa nazione) possono invece esistere (e di fatto esistono) tanti interessi pubblici e privati quanti sono i soggetti pubblici e privati.
Il nuovo assetto tripolare dovrebbe dunque fondarsi sulla preminenza logica e politica dell’interesse generale (e quindi del Terzo Settore), cui dovrebbero poi seguire gli interessi pubblici e quelli privati.
Questo non significa pretendere che il Terzo Settore diventi di colpo il primo polo di riferimento nel nuovo assetto tripolare della nostra società. Più semplicemente, significa attendersi che la riforma governativa disciplini il Terzo Settore in modo da farne uno dei principali protagonisti della “Seconda ricostruzione” italiana, in quanto espressione non tanto della cosiddetta “società civile”, quanto della ben più impegnativa ed impegnata “società responsabile”.
Ai fini dell’identità del Terzo Settore riconoscerlo come il polo dell’interesse generale aiuta a distinguere non soltanto nei confronti dello Stato e del mercato, ma anche al suo interno, fra la “miriade di soggetti assai diversi fra loro”. Quelli per cui il perseguimento dell’interesse generale non è l’obiettivo preminente della propria attività probabilmente non appartengono al Terzo Settore, ma ad uno degli altri due poli.
Obiettivo preminente, si è detto, in quanto iI discrimine è la prevalenza dell’interesse generale su altri interessi, non il suo perseguimento esclusivo. E’ infatti indispensabile prendere atto che nel variegato mondo dei soggetti che appartengono al Terzo Settore possono esserci modi diversi di operare nell’interesse generale, tutti ugualmente validi e utili.
Gregorio Arena 17 giugno 2014 | Il punto di Labsus Notizie articolo collegato, clicca e leggi