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Quello che avviene quotidianamente intorno a noi racconta di una tristezza disperante, una esigenza di chiudere il cerchio intorno a noi, alzare muri, ostacoli, costruire filtri, distacchi, elencare differenze, qualche volta essenziali qualche volta sottili, allertare sentinelle, selezionare chi entra e chi no.
La mistica del confine che si tramuta in confino. La ruota della fortuna tra chi nasce da una parte e chi no. Come la spieghiamo a noi stessi questa girandola fortunata o sfortunata?
Certo il dibattito si accende tra chi si trova tra i presunti fortunati. Gli altri, i dolenti, hanno negli occhi la disperata solitudine di chi si abbandona alla corrente. Così il mondo sta andando verso un medioevo futuro, c’è poco da fare, c’è poco da sperare, ciò che è rassicurante è la porta della città che si chiude alle spalle. ” E poi dietro la porta per sempre chiusa sarà la notte intera, la frescura, il silenzio “ ci dice la poetessa lombarda Antonia Pozzi (la porta che si chiude – 1931).
Già il silenzio ,che viene da silere, tacere, una forma di rispetto collettivo a raccoglimento delle persone defunte, quelle rimaste fuori. Quindi non disciplina spirituale ma, scelta politica di separazione.
Il noi e il voi affermato e vissuto quale motore del limite.
Gli aforismi presenti nel borgo di San Giulio sul Lago d’Orta ad opera della Madre Anna Maria Canopi, badessa del locale monastero benedettino, l’Abbazia Mater Ecclesiae, avevano lo scopo di separare il mondano dallo spirituale. Noi oggi lo attuiamo separandoci dai corpi e dalle anime dei consimili.
Ci teniamo stretta la povera ricchezza accumulata, il surplus energetico produttore di lipidi e i gadget comunicativi energivori a cui dedichiamo continue attenzioni: c’è campo? Il cavo di ricarica c’è? La presa c’è? La batteria di supporto è pronta all’uso?
Poca attenzione a chi fuori aspetta la conclusione di un destino. Una conclusione svogliata e convogliata dentro il grande contenitore dell’emergenza. Una emergenza che dura da dieci anni, un ordine pubblico e una prevenzione di sicurezza latente che informa scelte, affari e carriere politiche.
Ed invece è semplice ri – conoscere ciò che si vede. Chi ad esempio è uguale a noi e attende sulla porta, spesso neanche bussa, stesse mani stessi occhi. Aspetta qualcosa, forse qualsiasi cosa, stremato da quel che è vissuto alle sue spalle.
Orrori e tradimenti, perdite e disperazioni, testimoniano la mancanza di un futuro possibile, vivibile, attivo.
Dobbiamo scegliere? Come scegliere e chi? E’ chiaro che se scegliamo noi stessi perdiamo noi stessi, non rimane che scegliere di accogliere.
Tutti? Si tutti.
Senza se e senza ma.
Non esiste altra via che vivere pericolosamente. Per Nietzsche il segreto della felicità è nelle difficoltà. E’ la vita stessa instabile ed insicura, la nostra come quella degli immigrati. E’ la natura umana che si definisce limite all’esistenza.
Non possiamo vivere la vita senza attraversarla.
Quindi non c’è alternativa per l’Europa, se vuole vivere la vita, non può non accogliere.
Lo spazio non manca e con – vivere è una avventura, una sfida al destino di primaria forza.
Chi vuole annoiarsi fuggendo?