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Il nuovo attivismo nelle periferie urbane

A latere di una vivace partecipazione referendaria, è possibile rilevare in questi ultimi mesi un ritorno dell’attivismo civico di comitati e gruppi di cittadini. Si tratta di soggetti sempre più coinvolti nella politica locale e nei formati della democrazia urbana. Frequente è in particolare il ruolo dei cittadini organizzati nelle aree periferiche: è il caso di PeriferieMilano e del suo sito web di informazione, del Corviale la voce delle periferie e RadioImpegno, la radio che da Corviale trasmette tutta la notte a Roma, o di Periferiamonews a Napoli. Tutte le aree metropolitane del nostro paese manifestano un attivismo innovativo in termini di organizzazione e comunicazione dei gruppi civici presenti nelle periferie delle città. In questo senso, la frequenza di comitati, gruppi civici e di ogni altro formato organizzativo leggero in ambito di cittadinanza attiva è foriero di alcune riflessioni tutto sommato positive sulla partecipazione politica alla vita metropolitana. Lo spazio urbano non viene più inteso dai gruppi che si attivano come un mero luogo fisico, in cui si collocano più funzioni (abitare, produrre, commerciare, incontrarsi, avere accesso a servizi), ma fornisce una cornice di senso alla relazione tra cittadini che vivono un luogo periferico con una intenzionalità nuova. Così, grazie alla costruzione di relazioni tra soggetti pubblici e privati legati tra loro dal solo nesso della prossimità, ci si attiva per il recupero di spazi urbani abbandonati (discariche più o meno legali, edifici trascurati, aree verdi) e li si trasforma in luoghi di socialità e condivisione, riempiendo, mediante l’impegno volontario condiviso in reti leggere, gli spazi lasciati vuoti dal welfare locale, ritrattosi in ragione dei vincoli posti dal Patto di stabilità. Questo processo di costruzione di innovazione sociale e partecipazione civica nelle periferie urbane non appare sempre lineare e coerente con le premesse di sussidiarietà orizzontale su cui è fondato; difficile sembra anche l’integrazione di tali nuove forme di socialità spontanea sul territorio con i poteri pubblici locali in contesti urbani, come accade nella Roma del Corto Circuito e nella Milano del Corvetto, per ricordare il ruolo che anche i centri sociali hanno in questo nuovo attivismo localizzato. Occorre che i percorsi di cittadinanza organizzata nelle periferie e il ruolo dei poteri pubblici urbani procedano lungo formati di integrazione, in termini di legalità, partecipazione e trasparenza. Questo approccio è necessario per aumentare il valore collettivo del rifiorire delle dimensioni sociali e politiche delle comunità urbane. L’efficace messa a punto di formati e interventi innovativi, fondati sulla tessitura della relazionalità e della socialità comunitaria, serve ad integrare la dimensione dell’intervento di riqualificazione urbana previsto genericamente dai bandi per le periferie. Rigenerare le periferie significa, in questi termini, parlare del rapporto con lo spazio e le funzioni in esso presenti sperimentato delle persone che vivono e animano le aree urbane meno centrali. In questo modo è possibile partire dai bisogni e dalle richieste dei cittadini organizzati alle amministrazioni locali, e valorizzare le esperienze che questi soggetti della cittadinanza organizzata stanno sviluppando in termini di reti di sostegno, di innovazione sociale, di intervento dal basso. Mettere a sistema questo patrimonio relazionale e comunitario sviluppato dai cittadini delle periferie nelle agende della politica urbana non è solo una apertura concreta ad esperienze valide di sussidiarietà orizzontale, ma uno strumento molto operativo per il recupero congiunto di azioni e interventi di welfare locale da parte delle amministrazioni locali.] A latere di una vivace partecipazione referendaria, è possibile rilevare in questi ultimi mesi un ritorno dell’attivismo civico di comitati e gruppi di cittadini. Si tratta di soggetti sempre più coinvolti nella politica locale e nei formati della democrazia urbana. Frequente è in particolare il ruolo dei cittadini organizzati nelle aree periferiche: è il caso di PeriferieMilano e del suo sito web di informazione, del Corviale la voce delle periferie e RadioImpegno, la radio che da Corviale trasmette tutta la notte a Roma, o di Periferiamonews a Napoli. Tutte le aree metropolitane del nostro paese manifestano un attivismo innovativo in termini di organizzazione e comunicazione dei gruppi civici presenti nelle periferie delle città.

In questo senso, la frequenza di comitati, gruppi civici e di ogni altro formato organizzativo leggero in ambito di cittadinanza attiva è foriero di alcune riflessioni tutto sommato positive sulla partecipazione politica alla vita metropolitana. Lo spazio urbano non viene più inteso dai gruppi che si attivano come un mero luogo fisico, in cui si collocano più funzioni (abitare, produrre, commerciare, incontrarsi, avere accesso a servizi), ma fornisce una cornice di senso alla relazione tra cittadini che vivono un luogo periferico con una intenzionalità nuova. Così, grazie alla costruzione di relazioni tra soggetti pubblici e privati legati tra loro dal solo nesso della prossimità, ci si attiva per il recupero di spazi urbani abbandonati (discariche più o meno legali, edifici trascurati, aree verdi) e li si trasforma in luoghi di socialità e condivisione, riempiendo, mediante l’impegno volontario condiviso in reti leggere, gli spazi lasciati vuoti dal welfare locale, ritrattosi in ragione dei vincoli posti dal Patto di stabilità.

Questo processo di costruzione di innovazione sociale e partecipazione civica nelle periferie urbane non appare sempre lineare e coerente con le premesse di sussidiarietà orizzontale su cui è fondato; difficile sembra anche l’integrazione di tali nuove forme di socialità spontanea sul territorio con i poteri pubblici locali in contesti urbani, come accade nella Roma del Corto Circuito e nella Milano del Corvetto, per ricordare il ruolo che anche i centri sociali hanno in questo nuovo attivismo localizzato.

Occorre che i percorsi di cittadinanza organizzata nelle periferie e il ruolo dei poteri pubblici urbani procedano lungo formati di integrazione, in termini di legalità, partecipazione e trasparenza. Questo approccio è necessario per aumentare il valore collettivo del rifiorire delle dimensioni sociali e politiche delle comunità urbane. L’efficace messa a punto di formati e interventi innovativi, fondati sulla tessitura della relazionalità e della socialità comunitaria, serve ad integrare la dimensione dell’intervento di riqualificazione urbana previsto genericamente dai bandi per le periferie.

Rigenerare le periferie significa, in questi termini, parlare del rapporto con lo spazio e le funzioni in esso presenti sperimentato delle persone che vivono e animano le aree urbane meno centrali. In questo modo è possibile partire dai bisogni e dalle richieste dei cittadini organizzati alle amministrazioni locali, e valorizzare le esperienze che questi soggetti della cittadinanza organizzata stanno sviluppando in termini di reti di sostegno, di innovazione sociale, di intervento dal basso. Mettere a sistema questo patrimonio relazionale e comunitario sviluppato dai cittadini delle periferie nelle agende della politica urbana non è solo una apertura concreta ad esperienze valide di sussidiarietà orizzontale, ma uno strumento molto operativo per il recupero congiunto di azioni e interventi di welfare locale da parte delle amministrazioni locali.

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