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Intervista a Giovanni Longobardi, Università degli Studi di Roma Tre
Quali approcci di ricerca, punti di vista e metodi avete adottato nell’affrontare il tema e l’area proposti?
Lo slogan che abbiamo adottato è “la rivoluzione dell’ordinario”: dichiarare in qualche modo finita l’epoca delle grandi opere come volani della trasformazione urbana, e cominciare a occuparsi di questioni più quotidiane e più vicine al vissuto degli abitanti.
Quali i vostri riferimenti? Altre città? Altri laboratori di progettazione?
Non un riferimento in particolare, ma guardiamo con interesse tutte le esperienze fondate su numerose e piccole trasformazioni che abbiano un ancoraggio locale, coniugate con il progressivo sviluppo di usi agricoli nelle aree periurbane per la produzione alimentare e con una moderata densificazione abitativa: due questioni centrali per il nostro quadrante, di cui, per esempio in Francia, ci sono esperienze significative.
Come pensate di organizzare il gruppo di lavoro?
Siamo un gruppo multidisciplinare di docenti che lavorerà con studenti dei corsi di laurea magistrale e con dottori e dottorandi di ricerca.
Su quale area state concentrando la vostra attività?
Stiamo focalizzando l’attenzione su alcuni settori in cui le tematiche emerse sono tutte compresenti e che consentiranno di sviluppare strategie progettuali più chiare.
La rigenerazione urbana è ormai uno slogan (in Italia). Quale contributo concreto offrite?
Le periferie romane sono realtà nate male dove c’è sempre uno scarto tra le aspirazioni di partenza (modello siedlungen, garden suburbs sperati) e il risultato concreto. In questi casi rigenerare può anche significare aiutare queste realtà a perseguire il proprio carattere. Puntare sulla qualità dell’abitare non è una scelta al ribasso, una rinuncia alla forma complessiva, ma un modo per ripensare al ruolo che le discipline del progetto di architettura possono avere, oggi, per ritornare a incidere con qualche speranza di concretezza sulla forma della città.
A un non addetto ai lavori cosa pensate di poter comunicare con il vostro lavoro?
L’architettura sconta una lunga e persistente difficoltà di comunicazione dei propri contenuti ai non addetti ai lavori. Presentare questo lavoro come ancorato ai temi della vita quotidiana può essere, in prospettiva, un modo per ricomporre il rapporto tra abitanti, architettura e politica, interrotto da tempo.