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A Napoli, il recente susseguirsi delle azioni di bande di ragazzini di 10 -15 anni o poco più, ai danni di altri coetanei, assaliti senza motivi e ridotti in fin di vita o gravemente feriti, è un segno preoccupante del degrado del valore della vita nel nostro Paese.
Il fenomeno della delinquenza minorile non è prerogativa unica della bella città partenopea, ma è sempre esistito in tutto il mondo ed anzi, si deve osservare che, in Italia, non ha ancora fortunatamente raggiunto i livelli delle metropoli d’oltre Oceano od europee.
Infatti, negli stessi giorni in cui i mezzi di comunicazione davano ampio spazio all’impiego delle armi in possesso dei fanciulli, che gioiosamente si rincorrevano tra i marciapiedi, sparando in aria, facendo alcune vittime, colpevoli soltanto di trovarsi nel luogo e nel tempo sbagliato, a Rio de Janeiro i morti si contavano a decine nella favela di Roihna ed a Vittoria, capitale dello Stato di Espirito Santo, ironia della sorte, raggiungevano il numero di 85.
Il salto di qualità nelle attività dei piccoli scugnizzi napoletani è indice del degrado “dell’Università del marciapiede”, che da sempre ha rappresentato la loro unica scuola al ladrocinio, che soffre, come del resto le altre istituzioni ufficiali, della perdita di autorità da parte dei docenti e dei genitori.
La corporazione dei ladri, universalmente diffusa tra tutte le classi sociali, ha sempre seguito regole ben precise, e fin dall’antichità ha goduto di importanti protezioni, incominciando da Mercurio, che si era guadagnato il riconoscimento ufficiale da parte della categoria, per l’abilità e l’astuzia con cui era riuscito a sottrarre ad Apollo il bestiame degli dei, tirandolo per la coda, per non lasciare tracce e per venire a tempi più recenti a San Dismas (25 marzo) ed all’autorevole San Nicola (6 dicembre), che oltre ai commercianti ed ai viaggiatori si fanno carico anche degli esecutori dei furti.
Una delle regole principali che nobilitava la categoria era l’assoluta proibizione di fare ricorso alla violenza e di portare qualsiasi tipo di armi, motivo aggravante.
Per entrare a fare parte della corporazione, era necessaria una elevata preparazione specialistica, legata alle capacità individuali che variavano con l’età, l’attitudine fisica, la preparazione intellettuale, la conoscenza delle lingue, il ceto sociale, ma soprattutto la tradizione e l’ambiente famigliare.
L’arte, la letteratura, il cinema, e la televisione hanno illustrato ladri famosi, che con le loro vite avventurose e spericolate hanno affascinato generazioni di amanti delle forti emozioni, e che a volte hanno cambiato il corso della storia.
In questi ultimi decenni, con la rapida diffusione dell’informatica e dell’elettronica, il percorso formativo dell’“Università del marciapiede”, il cui primo diploma riguarda il furto del portafoglio, della borsetta, della catenina, dell’orologio, della pensione, ecc. non è più sufficiente e la specializzazione richiede tempi lunghi, che non rispondono alle esigenze delle giovani generazioni.
Per riuscire a compiere con successo l’asportazione di gioielli preziosi da una bacheca sorvegliata con un sistema elettronico molto sofisticato, nel volgere di pochi minuti, come si è verificato, di recente nella Mostra, Tesori di Moghul e dei Maharaja a Palazzo Ducale, a Venezia, è necessario un bagaglio conoscitivo delle tecnologie molto approfondito, mentre è più semplice compiere una rapina a mano armata, uccidendo, se necessario, per eliminare ogni ostacolo alla fuga.
La prospettiva allettante per i minori è, quindi, quella di abbandonare la vecchia e tradizionale corporazione dei ladri, per andare ad ingrossare le file di quella più moderna e dinamica dei rapinatori, dove la richiesta di nuove energie e di manovalanza è in aumento, su sollecitazione del ricchissimo mercato della droga.
Alle famiglie dei bambini che hanno difficoltà a risolvere il problema di riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena, il loro futuro interessa relativamente, poiché è importante che si rendano indipendenti, nel più breve tempo possibile.
Ne deriva che si stanno creando con l’impiego criminale dei minori, le premesse per un peggioramento diffuso dei rapporti sociali non solo nelle città, ma anche nei piccoli comuni.
Il presidio del territorio da parte delle Forze dell’ordine è un’esigenza prioritaria, ma non è sufficiente a riportare il rispetto della vita, che è la condizione fondamentale per dare significato alla sopravvivenza dell’umanità.
Lo aveva percepito con grande chiarezza un grande Santo italiano, Giovanni Bosco, due secoli orsono, quando aveva dovuto sostenere, con grande difficoltà e tra la generale indifferenza dello Stato e della Chiesa, il disegno degli oratori salesiani, che hanno contribuito all’inserimento nel mondo del lavoro di migliaia di giovani, costretti a vivere ai margini delle città, dominate dall’ansia della ricchezza.
Per il nostro futuro servono più poliziotti, più carabinieri, ma soprattutto più Salesiani.
Ervedo Giordano