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“La grande bellezza” un Oscar meritato

imagesIn realtà come romani e come italiani non dovremmo andare troppo fieri dell’ultimo spietato e meritatamente premiato film di Sorrentino. La storia del film narra infatti della grande decadenza esistenziale che attraversa i protagonisti, ricchi e meno ricchi persi in vite vuote di senso e di destino.

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Il protagonista è Jep Gambardella scrittore, di un unico ma fortunatissimo libro, grazie al quale si è inserito in uno dei tanti giri della Roma bene. Giornalista 65enne Jep, interpretato magnificamente da Toni Servillo, si trova all’improvviso a fare i conti con la propria vita “La più sorprendente scoperta che ho fatto subito dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare!”
Da 40 anni a Roma Jep ha ottenuto quello che voleva “”Non volevo essere semplicemente un mondano, volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alla feste, io volevo avere il potere di farle fallire!” ma siccome è evidentemente molto poco ora si trova di fronte allo specchio del tempo che passa e fugge via senza pietà.
Sono tre i personaggi che costringono Gambardella ad un pensiero diverso sulla propria vita: Ramona (Sabrina Ferilli), la figlia di un amico che lo affascina davvero, Romano (Carlo Verdone) che decide di andarsene al paese lasciando quel “tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore” e il marito di una sua vecchia e unica fiamma giovanile, la sua personale “grande bellezza” persa senza sapere il perchè.

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Sono quindi le perdite a trascinarlo nella ricerca di un nuovo possibile senso, decide infatti che scriverà un nuovo romanzo. Cosa scriverà non è dato sapere ma sicuramente il tema è quello della grande bellezza che incontriamo nella vita, ma che non sempre sappiamo riconoscere.

“La grande bellezza sembra essere un film geologico, come fosse l’affioramento improvviso di una stratificazione con i suoi tanti livelli sovrapposti e confusi; sembra essere un film archeologico, come fosse il ritrovamento di un’antica stanza romana con i suoi patrizi e le sue vestali. Sembra essere un film senile, come fosse la lettura postuma del diario di un vecchio dandy che ha vissuto nella Roma degli anni duemila. Sembra essere un film di fantasmi usciti dalla penna di uno scrittore fin troppo compiaciuto della sua arte e del suo mestiere. Infine, sembra essere la risposta erudita e d’autore al To Rome With Love, contraltare e vendetta alla cartolina di Woody Allen

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…Il Fellini della Dolce vita, cui si pensa immancabilmente, aveva una pietas profonda verso i suoi personaggi, e quella compassione permetteva allo spettatore di allora come di adesso, di agire una qualche proiezione emotiva. La grande bellezza di Sorrentino è invece abissale, freddissima, distanziata, un ologramma sullo sfondo. A favorire questo distanziamento c’è anche l’approccio volutamente anti-narrativo, già sperimentato in This Must Be the Place, ma qui ancora più evidente. Citando Celine e il suo Viaggio al termine della notte, Sorrentino sperimenta una narrazione errante, fatta di continue effrazioni, smottamenti, deliberati scivolamenti da un piano all’altro, da una situazione all’altra, lasciando tracce, abbozzi, improvvisi vagheggiamenti. Alla storia preferisce l’elzeviro, l’affondo veloce, la critica sferzante e sempre erudita. Al dialogo preferisce un monologo straordinariamente punteggiato (e nel film si monologa anche quando si dialoga)…”  da http://www.mymovies.it/film/2013/lagrandebellezza/ 

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E come sfondo a questi quadri onirici di cui si compone il film Roma, l’eterna grande bellezza. Dal panorama iniziale del Fontanone al Gianicolo, ai ponti del Tevere, agli sguardi dai terrazzi esclusivi delle feste, agli interni del guardiano delle chiavi mute statue silenti bianche.
Certo Roma e l’Italia non sono solo i frequentatori del film di Sorrentino, ma la loro pericolosa decadenza può essere ed è molto contagiosa, distanziarsene e basta può essere pericoloso.

Infine sul perchè abbia vinto l’oscar provano a spiegarcelo:

sia il Fatto quotidiano in modo un pò malizioso  “Gli americani, che dell’Italia conservano un’idea sempre un po’ stereotipata, hanno pensato (anche perché così gli è stato raccontato) che il film sia una specie di nuova Dolce vita. Dunque gli è piaciuto ancora di più. Nella pellicola ci sono poi degli elementi sicuramente vincenti, specie in terra straniera. Intanto l’estrosità e l’estetica delle ambientazioni e dei costumi, in cui la cura del regista e dei vari reparti danno il meglio, soprattutto agli occhi degli americani. Basti pensare all’invenzione delle giacche rosse e gialle indossate con nonchalance da Tony Servillo, una sfida temeraria allo stile compassato di Armani. Come pure la bellissima colonna sonora, un mix di sacro antico e di profano, che gli americani ci invidiano, non avendo loro né l’uno né l’altro. Infine il coraggio dello stile immaginifico di Sorrentino che per certi versi ricorda l’estro di Federico Fellini. Il maestro romagnolo è rimasto nel cuore degli americani e l’idea che ci sia un suo emulo non poteva non essere premiata.” Dal Fatto Quotidiano del 4 marzo 2014;

che il sito wired.it in modo invece più tecnico e forse veritiero “La Grande Bellezza… arrivava con un ottimo passaparola, lavorando bene in premiazioni alternative, trionfando in Europa (sebbene non a Cannes, il cui vincitore di quest’anno La vita di Adele era fuori dalla corsa agli Oscar perchè uscito troppo tardi in America) e soprattutto vincendo i Golden Globes (premi che vengono dati dalla stampa estera, dunque più incline ad aver visto film stranieri). La Grande Bellezza era quindi già “il film da vedere”, quello che i giurati erano più stimolati a guardare o che se non altro stava in cima alla loro lista di cose da vedere, la stessa lista alla fine della quale solitamente non arrivano. Se a questo si aggiunge che l’età media di un giurato dell’Academy è più vicina ai 60 che ai 30 è evidente che un film su Roma, foriero di suggestioni da cinema d’altri tempi, paragonabile (per la ristretta conoscenza che gli stranieri hanno del cinema italiano) aFellini e costellato di immagini straordinarie di un luogo mitologico della storia del cinema, aveva gioco facile a farsi vedere. Tutto questo non leva di certo i meriti di un film che è autenticamente straordinario, Oscar o non Oscar, ma è sempre meglio intendersi bene sulle motivazioni della vittoria che si celebra.”

Insomma un film bello, triste,  non facile eppur da vedere

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Un film di Paolo Sorrentino. Con Toni ServilloCarlo VerdoneSabrina FerilliCarlo BuccirossoIaia Forte.  Drammaticodurata 150 min. – Italia, Francia 2013. – Medusa

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“Finisce sempre così. Con la morte. Prima, però, c’è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo. Bla. Bla. Bla. Bla. Altrove, c’è l’altrove. Io non mi occupo dell’altrove. Dunque, che questo romanzo abbia inizio. In fondo, è solo un trucco. Sì, è solo un trucco.”

 

 

 

 

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