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Triste, solitario e lunare
di Damien Chazelle. Con Ryan Gosling, Claire Foy, Jason Clarke, Kyle Chandler, Corey Stoll USA 2018
Los Angeles 1961, Neil Armstrong (Gosling), reduce dalla Guerra in Corea, partecipa come pilota agli esperimenti della Usa Air Force del programma Man in Space Soonest, distinguendosi per la coraggiosa freddezza con la quale affronta situazioni estreme. Lui e la moglie Janet (Foy) stanno intanto vivendo il dramma della grave malattia della loro figlioletta Karen (Lucy Stafford), che di lì a poco morirà. Nel 1962 la NASA lo convoca per una selezione – consistente anche in controlli medici particolarmente dolorosi – di astronauti, che lui supera brillantemente. Cominciano i corsi, coordinati dal comandante Deke Slayton (Chandler) e lui diventa amico di altri colleghi, in particolare di Ed White (Jason Clarke), pur mantenendo un’ombrosità di fondo (accentuata dal ricordo di Karen) che lo porta spesso ad isolarsi. Nel 1966, insieme a Dave Scott (Christopher Abbott), effettua il primo volo americano nello spazio (per i sovietici aveva già compiuto l’impresa Valentina Tereskova). L’esperimento – detto Gemini 8 – riesce solo in parte, perché un problema tecnico costringe i due piloti ad un atterraggio forzato. Sarebbe andata ben peggio se Armstrong non avesse mantenuto il sangue freddo e non avesse improvvisato scelte coraggiose ma l’incidente provoca qualche ripensamento nel Congresso (anche se i successivi lanci erano andati bene) e Armstrong, con Slayton e il loro capo Bob Gilruth (Ciaràn Hinds) debbono andare a Washington a rassicurare la politica; gli incontri vanno bene ma, rientrati in albergo, vengono raggiunti da una tragica notizia: la capsula spaziale Apollo 1, con a bordo Ed, Gus Grissom (Shea Whgham) e Roger Chaffee (Cory Michael Smith) a causa di un corto circuito è andata a fuoco e i tre piloti sono morti tra le fiamme. Al dolore per la perdita degli amici, Jane – che aveva dovuto, poco dopo, bloccare la moglie di Ed, Pat (Olivia Hamilton), che, in trance, sembrava animata da cupe intenzioni – aggiunge l’angoscia per i pericoli che corre il marito. Questi, dopo un breve periodo di dolorosa assenza, torna al lavoro, preparandosi alla missione che porterà i primi uomini sulla luna. La sera della partenza per la base spaziale, lui prepara silenziosamente il bagaglio ma Jane lo costringe a salutare i due figli, Rick (Gavin Warren) e Mark (Connor Blodgett), dicendo loro la verità sulla pericolosità della missione. Appena ultimate le ultime pratiche di preparazione, il 16 Luglio 1969, l’Apollo 11, con a bordo Armstrong, Buzz Aldrin (Stoll) e Michael Collins (Lukas Haas), viene lanciato dal Kennedy Space Center e il 20 Luglio Neil, seguito qualche ora dopo da Buzz, cammina sulla luna.
Dal meraviglioso Viaggio nella Luna del pioniere George Méliès, i viaggi nello spazio sono stati al centro di centinaia di film: dagli ingenui Uomini sulla Luna del 1950 e Space Man del 1960, agli improbabili La regina di Venere del 1958 (in cui il pianeta Venere è abitato da splendide e, per l’epoca, succinte aliene) e Il pianeta proibito del 1956 (sorta di prequel del barboso Solaris di Tarkovskij), agli horror L’astronave atomica del dottore Quatermass del 1955, Il mostro dell’astronave del 1958 e Alien del 1992, alle parodie con Bob Hope e Bing Crosby (Astronauti per forza, 1962), Gianni e Pinotto (Viaggio al pianeta Venere, 1953), Jerry Lewis (Stazione Luna, 1966), Totò e Ugo Tognazzi (Totò nella Luna,1958), ai cartoon Wallace & Gromit – Una fantastica gita, 1990 e Il pianeta del tesoro del 2002, ai colossal Apollo13 del 1995, Avatar del 2009 e Gravity del 2013, ad art-movie, come Agente Lemmy Caution, Missione Alphaville (1965) di Godard e i due Solaris (quello di Tarkovskij del !972 e il remake di Soderberg del 2002), fino a capolavori acclamati come 2001 – Odissea nello spazio del 1968 e Interstellar di Christopher Nolan del 2014.Chazelle, però, fa dello storico allunaggio del ’69 (con tanto, per noi italiani, di Tito Stagno e Ruggero Orlando) l’occasione per ritrovare l’estro creativo del capolavoro della sua giovane carriera: Whiplash. Non è un caso se mi sono limitato all’essenziale nell’allineare gli accadimenti del plot di First man: la storia è nota ma Chazelle fa di Armstrong non l’agiografico eroe che ci è arrivato ma uno dei suoi personaggi tragicamente soli e dolenti; lui è segnato dallo stesso destino del batterista Andew, che in Whiplash si esercitava alla batteria fino a sanguinare: l’Armstrong di Chazelle (e di Gosling che, con una perfetta recitazione “in levare” ce lo rimanda) non ha tanto il richiamo dell’avventura o del destino storico che lo attende ma la masochistica caparbietà di dover essere lì, agito da inconsci eventi, sorretto da una perfezione tecnica che solo una smarrita e dolente solitudine può dargli. Il cast è perfetto ma il film decolla davvero quando ci sono solo lui e le apparecchiature spaziali. Dopo il corretto e pettinato La La Land, un nuovo graffio del regista trentatreenne.