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Cos’è la “Gift city” in India? Potremmo riassumerne il senso con questa frase: «Un tempo le città venivano costruite lungo i fiumi, oggi lungo le autostrade. In futuro saranno edificate in base alla disponibilità di reti in fibra ottica e di infrastrutture di nuova generazione». È quanto ha affermato Narendra Modi, il primo ministro indiano, leader del Bjp, Partito del popolo indiano.
Lo scorso luglio, difatti, il governo di New Delhi ha approvato la legge finanziaria e annunciato un piano ambizioso: la futura realizzazione di 100 smart city. Per la partenza sono stati stanziati intanto circa 900 milioni di euro, per rilanciare l’economia e attirare investimenti dall’estero. Sono già della partita i big del settore hi-tech, tra cui IBM e Cisco Systems. Inoltre in India la popolazione urbana è destinata ad esplodere: secondo uno studio di McKinsey&Company, passerà dai 340 milioni del 2008 ai 590 milioni nel 2030.
Tutto il progetto in essere è una spinta molto forte alla modernizzazione; il progetto delle 100 smart city, in un Paese tuttora con enormi diseguaglianze, che avrà un impatto notevole sul tessuto sociale. Le comunità rurali sono già pronte a lottare, col timore di essere spazzate via dai nuovi giganteschi cantieri. Per ora i dettagli del progetto non sono del tutto noti ma lo saranno nelle prossime settimane, – la supervisione del progetto verrà affidata a un’authority indipendente – però una cosa è certa: alcune smart city nasceranno dal nulla, altre funzioneranno da satelliti di agglomerati già esistenti, in particolar modo lungo l’asse industriale Delhi-Mumbai, ovvero una distanza di oltre mille chilometri. Gift city, quindi la prima del genere, sta già prendendo forma: la città capofila del progetto è Gujarat International Finance Ted-City (GIFT per le iniziali dunque, ma il significato è anche “regalo” tradotto dall’inglese ), nello stato del Gujarat, India occidentale. Sarà, almeno sulla carta, una città totalmente efficiente.
È la promessa di «Gift”, ovvero l’ambiziosissima visione di smart city in costruzione nell’ovest dell’India, a un migliaio di chilometri da Nuova Delhi, a 12 km da un aeroporto internazionale. Un progetto faraonico da ultimare, secondo le intenzioni di chi l’ha promosso, primo ministro incluso, entro il 2020. Già in costruzione, verrà completata entro il 2020 come da progetto, e nelle intenzioni di chi l’ha concepita, dovrebbe diventare un centro finanziario internazionale. Una smart city modello, alimentata a energia solare, con un sistema automatico di raccolta dei rifiuti e di riciclo completo delle acque di scarico, mentre i pendolari riceveranno sugli smartphone aggiornamenti via sms sulla situazione del traffico. Sarà come vivere in una dimensione ipertecnologica, in cui in ogni angolo si nasconde un chip.
Qualcuno in tutto questo potrebbe andare coi ricordi alla lettura futuristica di Orwell; ci saranno cinque ingressi e ognuno rileverà i dati biometrici dei non residenti per identificarli in fretta, in caso di necessità. Questo per scoraggiare in partenza chi arriva con cattive intenzioni. Ogni area non privata sarà piena di telecamere e sensori elettronici, con sistemi di riconoscimento facciale di serie per tenere alto il livello di sicurezza. In questo modo se è vero che si rinuncia ad una parte considerevole di privacy, dall’altra almeno tutto ciò dovrebbe essere il modo in grado di garantire il massimo della tranquillità. L’idea di fondo è che per rendere una città davvero intelligente non basta adeguare e modernizzare le strutture già esistenti: bisogna partire da zero, dalle fondamenta. Sta davvero succedendo ora su una distesa di 3,5 milioni di metri quadri, dove dal nulla si sta alzando uno skyline che include edifici come la «Diamond Tower», una torre da 410 metri collocata su un’isola. E poi ecco le torri di cristallo, una considerevole porzione di spazio dedicata all’intrattenimento, hotel di lusso, scuole, ospedali. Praticamente quasi una copia di Dubai. Un’altra Shanghai. Un centro finanziario modernissimo in grado di attrarre investimenti e fare concorrenza seria e agguerrita a istituzioni nel business degli affari come Londra o New York.
Questi alcuni degli elementi innovativi: in città, anzi nella Smart city, si starà al fresco, persino nelle estati più torride (e quelle indiane lo sono per davvero ), grazie a un sistema brevettato che farà circolare acqua fredda tra i muri rendendo superflui e “antichi” i condizionatori. Ogni palazzo sarà coibentato, per ridurre al minimo lo spreco di energia; la pioggia verrà recuperata e depurata, da ogni rubinetto scorrerà acqua potabile. Non si butterà via la spazzatura: i rifiuti verranno aspirati dagli edifici stessi e condotti direttamente fino alla discarica, lasciando le strade pulite. Per lo standard di troppe aree del subcontinente asiatico è quasi un miracolo. La rete di trasporti sarà capillare e soprattutto puntuale: addirittura in ogni momento si potrà sapere quando sono in arrivo l’autobus o la metro, e perfino dove si trova il parcheggio libero più vicino.Un aspetto importante è anche il lavoro : tra le assunzioni dirette e indotto, ci saranno un milione di posti di lavoro. E in generale la tecnologia è la strada scelta dal governo di Delhi per rispondere alle sfide dell’urbanizzazione.
Si tratta di una sfida all’Occidente e agli altri centri occidentalizzati non troppo distanti. Una specie di laboratorio che ha attratto colossi internazionali, a partire dalle banche americane. Ma che, proprio per la sua vocazione hi-tech, ha destato l’interesse delle multinazionali del settore: Ibm, Oracle e Cisco già investono denaro e know-how in questa rivoluzione tecnologica dell’abitare, del lavorare, del vivere e trasformare la città in India e non solo. L’ultimo annuncio, proprio di questi giorni e che ha fatto parlare del progetto, coinvolge anche l’Europa: Alcatel-Lucent Enterprise, azienda con sede in Francia e specializzata in soluzioni di networking e cloud, sarà responsabile e allo stesso tempo protagonista dell’ennesima sfida di Gift. Trasformare la comunicazione da semplice servizio a risorsa strategica: creare un sistema che integri telefonia tradizionale e Ip, connettività locale e internazionale, Wi-Fi, sincronizzazione tra i dispositivi per uso personale e professionale. Il tutto utilizzando un’infrastruttura di rete intelligente.
Insomma, come per i tubi in cui circola l’acqua, come i sistemi per lo smaltimento dei rifiuti, come i tunnel per gas ed elettricità zeppi di sensori per segnalare guasti e disservizi in tempo reale, è necessario anche un robusto scheletro che assicuri una connessione velocissima e stabile al web, al servizio dei cittadini, delle imprese, della sicurezza. Tutto questo è fondamentale per la riuscita di una città che sia smart non solo di nome, ma anche di fatto. Un “Gift ” tecnologico ma in ultima analisi concepito e realizzato al servizio dell’uomo.