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Corviale, una passeggiata nel cemento che pulsa in cerca di identità e riscatto

Sapere qualcosa di più su Corviale era un mio desiderio. Eppure, poco prima dell’evento al quale avevo deciso di partecipare, ero titubante. Mi tormentava l’idea che le persone che vivono lì ci vedessero come visitatori di uno zoo. E un po’ la questione mi stava facendo desistere. Per fortuna, però, domenica 25 settembre ho deciso di andare. Queste incursioni urbane in periferia, come le definisce Irene Ranaldi (presidente dell’associazione culturale Ottavo Colle), sono importanti affinché i romani si riapproprino sempre di più dei propri quartieri. E’ stata lei ad avvisarci che qualche malumore lo avremmo avvertito, che la nostra presenza sarebbe stata avvertita dagli abitanti del quartiere e che saremmo stati accolti soprattutto dal silenzio. Per buona parte della passeggiata è andata proprio così.

Ma Corviale è davvero un mostro? E’ il quesito con il quale si è aperta la visita. Spesso la nostra percezione è distorta, quello che ci appare come brutto lo vediamo anche come distante e pericoloso. “Si tratta di un primo pregiudizio – spiega la sociologa urbana – Corviale è oggetto di tantissimi progetti di riqualificazione, tutti progetti fantastici sulla carta. Ma se Corviale non riesce a dialogare con la città è perché la città non dialoga con lui. Per far arrivare gli autobus le persone hanno dovuto bloccare le strade, accendere i fuochi. Gli ascensori, che sono spesso fuori uso, condannano anziani e disabili a vivere in un carcere. Ci sono corridoi di un chilometro che io non percorrerei mai da sola. A Corviale l’unico bar è quello della biblioteca, non ci sono ristoranti e c’è un solo supermercato. Il Mitreo è l’unica associazione culturale e l’Albergo delle Piante è uno dei pochi esempi che coinvolgono i cittadini e permettono loro di rendere bello e vivo uno dei cinque spazi-cavea inutilizzati”. A Corviale, infatti, non ci sono piazze. E non ci sono perché come spazi di aggregazione l’architetto che ha ideato il “serpentone”, Mario Fiorentino, aveva previsto gli spazi-cavea. Ma su quei gradoni non si riunisce nessuno, sono abbandonati. “L’albergo delle piante, ideato tra gli altri da Mimmo Rubino e Angelo Sabatiello, ha coinvolto i pazienti della Asl di Corviale, ha chiesto loro di adottare delle piante, disporle nella cavea e prendersene cura tra un tè e quattro chiacchiere”, sottolinea la presidente di Ottavo Colle.

Durante la passeggiata la Ranaldi racconta come è nato Corviale e mostra spezzoni di film che sono stati girati nel grande parallelepipedo, da “Sfrattato cerca casa equo canone” di Pier Francesco Pingitore, uscito nel 1983 a solo un anno dall’inaugurazione di Corviale, al dramma “Et in Terra Pax” di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, da “Scusate se esisto!”, la commedia di Riccardo Milani ispirata al progetto (vero) dell’architetta Guendalina Salimei, con Paola Cortellesi e Raoul Bova a “Zeta” di Cosimo Alemà, in questo caso è stato mostrato il videoclip “Serpente” che ha per protagonista Salvatore Esposito (Genny Savastano della serie Gomorra), con la voce del rapper Tormento.

Considerato da alcuni un mostro e da altri un monumento della Roma contemporanea, Corviale è un complesso di 958 metri di lunghezza, 200 metri di spessore, 30 metri di altezza divisi in nove piani il tutto per un totale di 750.000 metri cubi di cemento, su di un’area edificabile di circa 60 ettari. “Si tratta di 1.202 appartamenti in cui vivono tra le 6mila e le 8mila persone. Nessuno sa con esattezza quanti siano i residenti perché molti sono tutt’ora abusivi e l’Ater, che è proprietario dell’edificio, fatica a riscuotere gli affitti e a procedere al censimento – spiega la sociologa – E’ nato seguendo le visioni utopiche del filosofo ed economista francese Charles Fourier (1772-1837), che vedeva nel falansterio (grande edificio destinato a una comunità autonoma e dotato di tutte le istituzioni e i servizi indispensabili, n.d.r.) una risposta all’esigenza di giustizia sociale. Attorno al Corviale ruotano due leggente metropolitane, una legata al suicidio di Fiorentino, che secondo la leggenda sarebbe avvenuto dopo aver visto la bruttezza alla quale aveva dato vita a 10 anni dalla progettazione (e che invece è morto per un arresto cardio-circolatorio dopo un’accesa riunione), l’altra legata alla scomparsa del Ponentino per via dell’enorme edificio. Entrambe sono solo leggende”.

Eppure, Corviale resta una delle eccellenze architettoniche del Paese per la sua unicità. Oltre al fallimento del sistema falansterio, tra i suoi problemi più grandi ci fu l’occupazione abusiva già nel 1982 dei quarti piani, destinati ai servizi come circoli culturali e ricreativi, biblioteche, etc. Nonostante tutte le sue problematiche, Corviale si muove, cerca di trovare al suo interno la sua identità, ha sviluppato una sorta di orgoglio. Qualora la risposta al quesito iniziale fosse affermativa, Corviale sarà anche un mostro ma, come tanti altri mostri, è un mostro che sta cercando un sistema per evolversi e fare meno paura.

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